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rappresentata da stake in forma di orologio 1

2.1. l Elementi d’analisi e d’interesse

ogni autore tra quelli trattati, nell’elaborare una teoria della valutazione e il relativo modello operativo o approccio, intraprende le sue riflessioni a partire dal tema che reputa fondamentale trattare e tiene sempre presente la funzione per la quale uti- lizzare la valutazione stessa. Dalla rassegna condotta risulta che, nell’ambito della valutazione dei programmi, la valutazione del singolo docente non sia un argomento sul quale gli autori abbiano posto l’attenzione in modo specifico, piuttosto sia stata considerata uno tra gli altri elementi, all’interno della valutazione dell’evento edu- cativo.

Ripercorriamo brevemente i principali autori trattati, tenendo in considerazione gli apporti specifici di ognuno alla valutazione dei programmi e i contributi prodotti,

in modo diretto o indiretto, rispetto al ruolo dello studente, del docente e di una sua ipotetica valutazione.

Dalla misurazione alla comparazione

L’esigenza, all’inizio del ventesimo secolo, di passare dalla misurazione ad una e vera e propria valutazione che scaturisse dalla comparazione tra gli obiettivi attesi e i risultati conseguiti, viene recepita e codificata da Tyler nel suo modello per obiettivi. Inizialmente il modello prevedeva il coinvolgimento dei docenti nell’elaborazione degli obiettivi, per non smarrire la dimensione locale e concreta del curricolo, in seguito quest’aspetto è stato tralasciato. Lo scopo della valutazione per obiettivi è il miglioramento del percorso di insegnamento - apprendimento che si scontra però principalmente con due limiti, la standardizzazione degli obiettivi e il fatto che la valutazione giunga al termine del processo. Lo studente valutato rimane un sogget- to passivo nel corso dell’accertamento e non riceve particolari indicazioni dall’anda- mento della prova, se non sul suo esito.

Anche l’ipotetica valutazione dei docenti secondo questo modello, ricalca le me- desime caratteristiche e gli stessi limiti, suggerisce la necessità dell’elaborazione di obiettivi, o delle più attuali competenze, e della loro verifica tramite la comparazione con un modello atteso. Tuttavia, se la finalità rimane il miglioramento, la valutazione per obiettivi si compie su un soggetto che la riceve dall’esterno, in genere al termine dell’evento educativo e che potrà beneficiarne soltanto se, per sua volontà, indagherà gli elementi da potenziare e il modo in cui farlo, in funzione dell’esperienza succes- siva.

Dai risultati alla globalità del programma

L’urgenza di un modello operativo di valutazione che tenga conto non soltanto dei risultati d’apprendimento, ma della globalità del programma, è fortemente avver- tita da Stufflebeam che vi risponde con l’introduzione del cIPP. Gli elementi che concorrono alla formulazione di una valutazione divengono quindi: il contesto nel quale il programma si svolge, gli inputs che vengono immessi, il processo che si attiva. L’autore prevede la valutazione come un feedback continuativo che generi un

fattivo miglioramento del programma, in virtù di decisioni informate, nel corso del suo svolgimento. I partecipanti sono chiamati in causa sia come una delle fonti di informazione, sia come attori del cambiamento.

Il modello cIPP, nella sua procedura operativa, è trasferibile alla valutazione degli insegnanti. ciò nonostante, rimane non percorribile, in questa proposta valutativa, la scissione della valutazione del docente da quella del programma e del contesto nel quale il programma si realizza. L’insegnante e il suo operato restano uno tra gli elementi inscindibili che compongono l’evento educativo nel suo complesso; la rica- duta della valutazione risulta, indubbiamente, di utilità per le persone coinvolte, ma sempre in funzione del miglioramento globale. Potrebbe, quindi, risultare difficile individuare linee di sviluppo e crescita del profilo professionale del singolo docente. cronbach sviluppa, invece, l’idea di valutare il programma senza tralasciare aspetti che parrebbero secondari, pone particolare cura nell’osservare e analizzare le variabili di contesto e nel considerare sia gli effetti imprevisti che gli esiti scomposti, non solo i risultati complessivi di un evento educativo. Fondamentale, per il miglioramento del programma, la partecipazione degli operatori che sono coinvolti attivamente nel processo decisionale. Il valutatore, all’interno del modello UToS, opera in in- terazione con i partecipanti e assume un ruolo comunicativo - educativo, non solo certificativo rispetto ai giudizi che formula.

In quanto ad una eventuale valutazione dei docenti è da rilevare l’originalità della figura del valutatore, con un ruolo pressoché da mentore per l’insegnante valutato. Un altro punto di rilevo è la necessità che il docente partecipi alla valutazione e che, similmente a ciò che avviene nella valutazione del programma, venga messo in con- dizioni di effettuare scelte di sviluppo professionale.

La Discrepancy evaluation di Provus si pone in continuità con la progressiva atten- zione verso la valutazione di tutti gli aspetti del programma, prevede che la valu- tazione sia chiamata in causa già nella fase di progettazione iniziale. concepisce, infatti, il nucleo che qualifica una buona valutazione del programma nell’interazione tra la valutazione e la progettazione, il processo valutativo è condotto in stretta colla- borazione tra lo staff progettuale e lo staff di valutazione. Quest’impostazione rende costitutiva la circolarità tra progettazione e valutazione e agevola i processi decisio-

nali e di miglioramento. L’autore trasferisce, inoltre, la titolarità della formulazione degli standard agli insegnanti, recuperando la dimensione locale del curricolo. Im- portante, nel disegno valutativo di Provus, l’indicazione della metodologia del pro- blem solving come elettiva, laddove si ravvisi una discrepancy tra la realtà e lo standard. Una valutazione dei docenti prospettata secondo le linee tracciate da Provus, si po- trebbe configurare come un confronto per rilevare una discrepancy tra quello che si osserva dell’insegnante e gli standard professionali. Il problem solving applicato in funzione del profilo professionale dell’insegnante, dei suoi punti forti e deboli, co- stituirebbe un interessante dispositivo per il miglioramento.

L’evoluzione apportata da Scriven, in un ipotetico continuum degli approcci valu- tativi, è l’esclusione dal processo valutativo degli obiettivi predefiniti, che lascia la visuale del valutatore più aperta verso ogni aspetto del programma, anziché soltanto su quelli previsti. Questo rovesciamento avvicina la valutazione alla finalità destina- tale da Scriven, la definizione del valore dell’oggetto valutato.

Il valutatore, un enlightened surrogate consumer, opera per conto dell’utente, con lo scopo di metterlo in condizioni di effettuare delle scelte consapevoli rispetto al pro- gramma che meglio risponda alle sue esigenze.

L’autore, uno dei protagonisti del dibattito sul merit e sul worth, invita a verificare a monte il valore degli obiettivi verso i quali il programma tende, si può presumere muova la medesima esortazione per la definizione e la verifica degli standard pro- fessionali del docente.

Dal quantitativo - preordinato al qualitativo - Responsive

Il modello di valutazione dell’azione educativa predisposto da Hadji, rappresenta il punto di transito da una valutazione improntata ai paradigmi quantitativi ad una valutazione qualitativa. Si fonda su una struttura preordinata, nonostante questo, tende ad una comprensione piena dell’evento educativo. Prevede che il momento va- lutativo sia un dispositivo informativo per l’adattamento dell’attività didattica e per l’autoregolazione dei processi cognitivi da parte del soggetto che apprende. L’autore pone le fondamenta per l’elaborazione e la definizione di un modello che realizzi la funzione formante della valutazione.

Nell’operazione, condotta in via ipotetica, di trasposizione del modello di valutazio- ne di Hadji alla valutazione dei docenti, si delinea un processo nel quale l’autovalu- tazione risulta come l’elemento fondante. L’insegnante, attraverso il giudizio sugli esiti non disgiunto dalla comprensione del risultato, in un percorso di conoscenza assistita dalla valutazione, potrebbe trasformare la valutazione in autoregolazione del proprio apprendimento.

owen e Wolf, nell’elaborare i modelli giudiziari, sviluppano una valutazione di tipo qualitativo che assegna un ruolo fondamentale alla testimonianza personale, al pun- to di vista individuale e alle diverse sfaccettature dell’evento educativo. Il confronto intersoggettivo arricchisce i partecipanti e attenua la soggettività, nonostante questo nella proposta non è prevista esplicitamente una finalità formativa della valutazione. Lo scopo ultimo del giudizio è una decisione sulla prosecuzione del programma, nell’adversary model, o per lo sviluppo del programma, nel Juidicial model.

L’eventuale applicazione dei modelli giudiziari alla valutazione dei docenti solleva molte questioni, prima fra tutte il rischio che nel confronto tra le parti si giunga, per il carattere di conflittualità insito nella struttura della proposta, ad una personaliz- zazione della valutazione che oltrepassi i reali meriti; in secondo luogo, l’espressione di un giudizio sull’operato di un professionista richiede una preventiva e accurata informazione, difficilmente attuabile da tutti i membri della giuria.

La responsive evaluation rappresenta, per eccellenza, la concezione costruttivista della conoscenza, applicata alla valutazione: l’idea che la valutazione di un program- ma debba essere costruita dallo scambio dei significati e dei punti di vista dei suoi protagonisti. Nella proposta di Stake è presente un aspetto formativo per i parteci- panti, insito sia nell’intervento del valutatore che nel processo di valutazione di per se stesso.

In merito alla valutazione dei docenti, sempre evinta dalle principali linee della re- sponsive evaluation, risulta ineliminabile la partecipazione dei soggetti valutati, sia nel fornire le informazioni, sia nel formulare i criteri di valutazione. Le osservazioni si baseranno principalmente sulle attività reali condotte dal docente, più che sulle intenzioni, nell’ottica di una valutazione client centered.

Il modello di valutazione dei programmi di Eisner si situa in posizione antitetica rispetto all’intento positivista di rendere la valutazione oggettiva e trasparente, pro- muove la valutazione come riconoscimento delle qualità particolari e specifiche di un oggetto educativo. La finalità del processo valutativo è portare i partecipanti a percepire ed apprezzare l’evento educativo. Il connoisseurship, secondo l’autore, ha anche il compito di formare, nei protagonisti della valutazione, la sue medesime capacità che verranno affinate con l’esperienza.

Per la sua connotazione indissolubilmente legata alla capacità e padronanza del va- lutatore, resta problematica la comunicazione del giudizio o apprezzamento, e il coinvolgimento, in chiave formante, dei protagonisti (o degli oggetti) della valuta- zione.

La rappresentazione grafica dell’excursus presentato, appare come un continuum che procede dal paradigma della valutazione quantitativa al paradigma qualitativo, co- mincia da Tyler fino a giungere ad Eisner.