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In seguito all’analisi di alcune tra le principali classificazioni degli approcci di pro- gram evaluation, operate da Stufflebeam & Webster, Madaus, House & Gredler e Stake, operate secondo differenti categorie, si procede ad una rassegna dei diversi modelli di valutazione del curricolo.

È opportuno ricordare che la program evaluation ha origini negli USA, nazione nella quale l’insegnante ha un ruolo marcatamente sociale e persegue lo scopo di integrare gli allievi nel tessuto socio-culturale, non a caso gli studi valutativi riguardano i ser- vizi socio-sanitari al pari del servizio d’istruzione.

L’esame dei vari modelli di valutazione del programma è teso ad individuare, al loro interno, l’insorgere di un’attenzione alla valutazione del docente, che, ricordiamo, è anche un operatore sociale oltre che culturale. L’accento è posto sul ruolo dell’in- segnante, sia per l’attuazione del programma, sia nello svolgersi della valutazione attraversa, nei vari modelli, diverse declinazioni.

Si volgerà particolare interesse ai passaggi nei quali il docente, da soggetto informa- to degli esiti della valutazione del programma, diviene un informatore attivo e un partecipante alla valutazione. Ancora più che rilevare l’esistenza di un momento in

cui l’insegnante sia oggetto di valutazione si punterà a mettere in luce il suo coin- volgimento attivo nel processo valutativo del programma, fino all’insorgere di una vera e propria self evaluation.

2.1.a La valutazione per obiettivi

L’applicazione di questo modello si è imposta nella scuola italiana per la sua logica razionale e per la sua indiscutibile utilità nel gestire e controllare la programmazio- ne didattica. L’approccio di Tyler, centrato sugli obiettivi, sulla loro misurazione e comparazione con il criterio prestabilito, appare, tuttavia, poco versato a prende- re in considerazione altro rispetto al programma nei suoi obiettivi. Questo è vero, in particolar modo, per le forme impoverite che sono state riprodotte fino a noi, nell’intenzione originale dell’autore vi era una partecipazione locale e attiva degli insegnanti nella definizione degli obiettivi da verificare, la ricerca di una corrispon- denza tra il curricolo e, tramite la valutazione degli apprendimenti, la valutazione del curricolo stesso.

La coerenza interna tra curricolo e valutazione ha una valenza positiva in termini di programmazione e valutazione formativa, oltre che esercitare una certa suggestione come modello da utilizzare per la valutazione degli insegnanti. Nell’operare una trasposizione, non prevista dal modello Tyleriano, alla valutazione dell’insegnante, è immediato il richiamo ad una valutazione dell’azione di insegnamento del docente in virtù del conseguimento, da parte degli studenti, degli obiettivi di apprendimento. La procedura sarebbe lineare se il processo di insegnamento-apprendimento fosse governato dalle sole leggi di causa ed effetto e determinato da un solo fattore, l’inse- gnante. Permane, inoltre, rispetto a questo modello, la necessità di entrare nel merito del valore e dell’adeguatezza degli obiettivi stessi, aspetto non garantito da una loro coerenza logica.

Nel curricolo vissuto intervengono molteplici variabili, tali da rendere d’obbligo una certa cautela nel dare credito ad una valutazione mono-fattoriale, nella quale la pre- parazione e l’attività degli insegnanti riveste un ruolo di rilievo, da correlare però alla provenienza sociale, economica, culturale degli studenti, al loro potenziale di ap- prendimento, al contesto territoriale della scuola, alle risorse delle quali dispone ed

allo stile con il quale l’Istituto è diretto. Per tentare di annullare, o meglio, di ridurre l’incidenza di alcune di queste variabili, da alcuni decenni una nutrita schiera di stu- diosi si è dedicata all’obiettivo di isolarle e, quindi, di misurare il “valore aggiunto” allo studente dalla sua partecipazione ad un determinato percorso di apprendimento (Giovannini & Tordi, 2009).

Il modello del calcolo del valore aggiunto presenta elementi di forte complessità, dalla necessità di misurare con buona approssimazione l’indice sociale, culturale ed economico che interviene su ogni allievo, alla discontinuità dell’operato di una gran parte dei docenti (precariato, trasferimenti di sede), alla difficoltà nel determinare l’apporto di un singolo docente laddove su un gruppo classe agisce uno staff. An- che l’irregolarità nella costituzione del campione, gli allievi ripetenti o trasferiti, costituisce un elemento problematico, al quale si aggiunge la necessità di condurre la ricerca su di un ampio campione statistico. In conclusione si può affermare che “l’uso del modello del valore aggiunto sarebbe quindi utilizzabile perché produttore di utili feedback, ma non come unico indicatore (Scherrer, 2011 in rosa, 2014. p.182)” per la misura dell’efficacia di scuole e classi.

2.1.b Il modello CIPP di Stufflebeam

Fundamentally, the use of the cipp model is intended to promote growth and help the responsible leadership and staff of an institution systemati- cally to obtain and use feedback so as to excel in meeting important needs, or, at least, to do the best they can with the available resources (madaus, Scriven & Stufflebeam 1983. p. 118)

Il modello cIPP si presenta come sviluppo, rispetto al modello per obiettivi, nella direzione di valutare il programma nella sua globalità. Stufflebeam, nell’elaborazione della sua proposta, non si limita ad un appello al tenere conto del contesto, piuttosto introduce il contest come criterio esplicito della valutazione. Analogamente l’autore punta l’attenzione sui process che portano, dati determinati inputs, al product finale. Attraverso ripetuti cicli di definizione, raccolta e consegna dell’informazione che

avvengono tra il valutatore e lo staff si innesca un processo di analisi, valutazione e decisione per il miglioramento del programma.

L’intervento valutativo è riferito ad un campo più ampio rispetto all’azione didattica del singolo insegnante, prende in esame l’Istituto, il territorio nel quale è inserito, le risorse delle quali può disporre, l’attività e i giudizi dei diversi partecipanti al programma, la misurazione degli outcomes rispetto agli obiettivi prestabiliti. L’at- tenzione è particolarmente rivolta a quello spazio, finora inesplorato, tra l’obiettivo e l’esito dell’azione didattica, con una valutazione integrata nella vita dell’istituzione educativa.

Il docente è chiamato a collaborare attivamente nella valutazione, quale una delle fonti privilegiate d’informazione e uno dei soggetti responsabili del processo di mi- glioramento.

L’azione valutativa del cIPP include sia un orientamento qualitativo, soprattutto nel coinvolgimento del personale e dei soggetti destinatari dell’intervento educativo (in modo particolare nella fase relativa all’individuazione dei bisogni e della valuta- zione degli esiti), sia un orientamento quantitativo. Il modello cIPP supera la veri- fica dell’esito per concentrarsi verso la comprensione del processo, la considerazione del contesto, dei bisogni; costituisce un orientamento dell’agire educativo attraverso la conduzione di un programma complesso. Nel cIPP il momento valutativo, deci- sionale e dell’azione divengono connessi e inseparabili.

La valutazione dell’insegnante non risulta come elemento singolo e specifico, piut- tosto come uno dei tasselli che compongono il quadro valutativo d’insieme. Nel modello cIPP non viene conferito particolare rilievo alla self-evaluation, piuttosto si considera il contributo del docente come una importante voce, insieme a quella degli amministratori, dei decision-makers, dei destinatari del programma.

L’autore, in risposta alle critiche di Scriven, sostiene la funzione sommativa del mo- dello cIPP al pari della funzione formativa, bisogna però ammettere che le caratte- ristiche del modello stesso indirizzano ad un dinamismo di sviluppo più che ad una definizione globale dell’evaluandum.

Il diagramma che segue rappresenta il flusso della valutazione cIPP, finalizzata a valutare e a promuovere il miglioramento del sistema.