• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 4 Presentazione dei risultati: analisi dei temi emergenti

4.5 La relazione educativa

4.6.3 Elementi discriminanti nella relazione educativa

Gli elementi discriminanti nella relazione educativa riguardano sia le caratteristiche degli operatori che quelle degli utenti.

Per quanto riguarda gli operatori si fa riferimento, in modo prevalente, alla necessità che possiedano una professionalità chiara e ben definita, connettendosi quindi implicitamente al bisogno di competenza professionale. Tale esigenza viene esplicitata in modo diretto e si articola secondo tipologie diverse di azione/approccio.

I guess but it is important in our work to do our job and not become friends with them. (Svezia 2).

As you saw, we are all up to 30 years old, and they are almost 18 or 19. So, we have to be trained for this, because loving them won’t be enough (Cipro 1).

Quindi che poi tu, dentro la struttura, per far capire al ragazzo che deve seguire quell'indicazione, da non fare quella cosa, tu fai un certo tipo di lavoro, non vai dritto al punto in maniera a gamba tesa, tu fai un lavoro, quello è quello che ci può mettere effettivamente la struttura e la professionalità dell'educatore che fa la differenza (Italia 1).

Deve essere una relazione fatta di competenze che deve mettere in gioco. Quindi più o meno consapevolmente l’educatore deve essere in grado di mettere in gioco nella relazione educativa delle competenze. Deve tirare fuori degli strumenti specifici (Italia 1).

Il primo elemento ad essere evidenziato è il bisogno di formazione (Italia), con particolare riferimento alla formazione e alla successiva padronanza di conoscenze tecniche e burocratiche. Documentazione, burocrazia, rete istituzionale sono gli

elementi conoscitivi che vengono considerati imprescindibili affinché possano esistere le condizioni per la costruzione di una solida relazione di tipo educativo (Italia).

Secondo me per iniziare è bene capire come è strutturata la situazione, quindi partirei dalla documentazione (Italia 3).

Quella è la base per prendersi cura di un minore. Capire dove sono i vari CPA, dove poter iscrivere un ragazzo… E poi da lì i rapporti con i ragazzi si instaurano e diventa tutto automatico (Italia 3).

Su tale base è possibile innestare ulteriori elementi, la cui cifra comune è data dalla consapevolezza e dalla capacità di discriminare. Tale dimensione appare essenziale secondo diverse declinazioni: consapevolezza che la relazione educativa è lo strumento centrale della propria professionalità, consapevolezza relativa alle modalità di azione e interazione più indicate di volta in volta, capacità di mettere in gioco competenze e strumenti specifici, abilità nella gestione della relazione educativa, capacità di riconoscere i risultati (Italia), di ricordare che non è possibile sostituire una figura parentale (Svezia) e di non fare differenze tra minori stranieri e minori comunitari (Spagna)126.

E poi la capacità - e anche questa si acquisisce - come dire sapere che è una professione dove non è solo importante appunto la relazione educativa nel rapporto con l’altro, ma è tutto (Italia 1).

Ovviamente al minore non è chiesto di instaurare una relazione. Lui non sa com’è una relazione educativa. Non è dentro uno script. Quindi lui instaura una relazione così come gli viene. È l’educatore che deve usare questo elemento come suo strumento principe (Italia 1).

Quindi l’educatore la relazione deve saperla costruire in modo magistrale, perché deve sapere che come instaura il rapporto con chi ha in carico e di cui deve prendersi cura, fa la differenza. Quindi l’educatore deve essere in una relazione educativa il più possibile consapevole (Italia 1).

Quindi l’operatore che usa la relazione educativa come strumento deve essere in grado di leggersi, di controllarsi. L’educatore deve sapere se quel giorno deve frenare sull’aspetto di autorevolezza e accelerare su un altro aspetto, o se fare il finto scemo, o fare il colloquio fatto apposta ad hoc per lavorare su determinate cose (Italia 1).

You have a lot of adults in your life but no one you can really rely on in the same manner as your family and although he sees me and other social workers and they know we are there to do our jobs and we could never fill that spot. (Svezia 1).

Yo simplemente añado, que como lo experimentan en un principio si que se abren, ven que no hacemos diferencias ente unos y otros, sean de aquí o de allí (Spagna 2).

La mancanza di una professionalità viene vista come potenziale fattore di rischio, che conduce all’idea di un operatore ‘amico’, incompatibile con qualsiasi dimensione educativa della relazione (Italia).

This is what we’re doing and what we have to do, because if you don’t have experience and you come to work in this place it’s very dangerous to start building a relationship with the boys (Cipro 1).

126 A tale riguardo si sottolinea la radicale differenza del centro di accoglienza spagnolo in

cui lavorano gli operatori intervistati, unico - tra quelli coinvolti nella ricerca - ad avere come utenti sia Minori Non Accompagnati che minori non accompagnati con cittadinanza.

Poi ci sono persone che hanno bisogno di farsi accettare dai ragazzi e in quel caso è come dire che uno vuole diventare amico dei suoi figli… Lì la relazione educativa è finita (Italia 5).

Altri elementi caratterizzanti gli operatori riguardano la necessità di tenere in considerazione la differenza di genere (operatori/operatrici).

Hay diferencias entre un educador y una educadora (Spagna 2).

Tale differenza viene percepita dai partecipanti italiani in termini di potenziale rischio. Le educatrici, infatti sembrano poter incorrere in maggiori difficoltà a causa dell’istinto materno che potrebbe entrare in gioco all’interno della dinamica relazionale.

D’accordo. Parto dalle fatiche che ho visto negli anni. C’è bisogno di tutto questo perché io ho notato una difficoltà che ha anche l’operatore, soprattutto se donna (Italia 2).

C’è bisogno di tutto questo perché io ho notato una difficoltà che ha anche l’operatore, soprattutto se donna - per l’istinto materno ad esempio (Italia 2).

Anche l’età appare come un elemento di potenziale rischio da tenere in considerazione (Italia). Le operatrici più giovani, infatti, sembrano essere percepite come maggiormente a rischio di confusione di ruoli - e come conseguenza più in difficoltà nella costruzione di una relazione di tipo educativo - a causa dell’età molto simile a quella degli utenti. In questo senso la relazione con figure educative più adulte viene percepita come potenzialmente più ‘vera’.

Sì però in realtà secondo me il tipo di persone che vanno a fare questo lavoro erano tutte persone un po’ più adulte, senza particolari ambizioni creative. E lì secondo me veniva fuori la relazione più vera del ragazzo (Italia 1).

C’è bisogno di tutto questo perché io ho notato una difficoltà che ha anche l’operatore, soprattutto se donna - per l’istinto materno ad esempio - e tanto più una volontaria del servizio civile o un tirocinante che per definizione è molto giovane e quindi molto vicino all’età del minore, che non sempre è minore ma a volte è più grande del volontario (Italia 2).

Rispetto alle caratteristiche degli utenti emerge il tema della dimensione culturale quale elemento discriminante, o comunque di forte impatto, nella costruzione della relazione con riferimento, ad esempio, alla capacità dei minori di sviluppare una forma di attenzione e rispetto nei confronti degli operatori (Spagna).

Está el tema cultural (Spagna 2).

Tenemos ventaja porque culturalmente le dan un papel a la autoridad al adulto, al educador, mucho más que en nuestra sociedad (Spagna 2).

Emergono inoltre dimensioni relative alla padronanza linguistica, intesa come elemento necessario alla costruzione di una comunicazione efficace e profonda (Spagna).

El idioma, que es lo mas difícil (Spagna 1).

Yo creo que las principales herramientas son el idioma, para que se vayan soltando (Spagna 1).

Ulteriore elemento specifico riguarda l’età degli utenti. A tale proposito la relazione viene riferita come inficiata in tutte quelle occasioni relative alla dichiarazione, da parte dei migranti, di un’età minore rispetto a quella reale, a suggerire che la tipologia di relazione costruita dagli operatori (si fa riferimento in questo caso agli operatori di Cipro) sia rivolta in modo specifico a minori e che in caso di adulti che dichiarano la minore età sia impossibile riuscire a creare una relazione altrettanto autentica o efficace.

With the kids it’s easy to put boundaries, to make the roles clear, to have an understanding of what it is that we’re doing here but when I’m telling to a man who is older than me that I’m here to protect you and help you with your homework, the relationship that we’re going to build is completely different, the dynamics of the relationship are completely different and in occasions that happened it’s different when a 15 years old comes at you “ooh I’m in love with you”. (Cipro 2).

A child is here for everything love, accommodation, everything in a very specific frame but when it’s an adult, an overly adult here and they say that they are a minor the relationship you build is ridiculous. (Cipro 2).

There’s two possibilities I see: they think you’re an idiot probably because you look at them and you should know that they’re adults but still you do nothing about it or it becomes even more complicated: they know you know they know you know and somehow you complex in this and it’s very wrong maybe not at that moment but later in the relationship on how it develops and the things they’re expecting you to do because I know you know so we’re together in this. It’s very complicated. (Cipro 2).

Anche i comportamenti e gli atteggiamenti degli utenti risultano di rilievo rispetto alla costruzione della relazione educativa, nella misura in cui la relazione viene percepita come realmente educativa quando esiste una presa di consapevolezza da parte dei minori rispetto alla loro condizione e vi è la possibilità di far emergere il loro lato più autentico. In questo senso il rischio da evitare, nella relazione educativa, è quello di promuovere o avallare comportamenti indotti dal desiderio, da parte del minore, di adeguarsi in modo artificioso alla relazione. Il rischio di interpretare un ruolo che sia idoneo all’interazione con l’educatore appare dunque inficiante - ancora una volta - il carattere educativo della relazione (Italia).

Allora su quello ci potevi lavorare. Perché anche loro, i ragazzi, devono essere attori, devono dimostrarsi adeguati, anche se non lo sono. Perché non sono gli elementi che lui deve interpretare per essere adeguato. Poi magari la sera scopri che è adeguato perché ce li ha veramente, quegli elementi, però di giorno c’è sempre il dubbio che lo debba fare perché ha capito che se non lo fa c’è il rischio che esca dal sistema. E devono mettere in gioco una serie di cose per far vedere che hanno certe caratteristiche e che sono bravi. Poi magari sei uno spacciatore… c’è quello che ti piglia per il culo così. Però di giorno con l’educatore devi interpretare un ruolo (Italia 1).

Tale rischio introduce l’ulteriore dimensione discriminante, data dalla dinamica che si instaura ed intercorre tra operatori e utenti. In questo senso appaiono come elementi essenziali la volontà e il desiderio di costruire la relazione, necessario da ambo le parti (Svezia) e - in termini sistemici - il rapporto numerico tra operatori e utenti e il sistema di referenze (Italia).

I mean, it takes two to tango if you put it like that. (Svezia 2).

Non solo con quelli che seguo, perché poi il ragazzo è abile nello scegliersi il referente, e non è detto che quello che tu segui è quello con cui hai la relazione principale (Italia 4).

È uno spazio esclusivamente tuo e suo. È l’esaltazione del singolo. Non sei più uno della comunità, ma sei te con il tuo educatore. La relazione è differente. Non necessariamente solo in due. Poi è ovvio che nel rapporto uno ad uno è differente (Italia 3).

Infine, l’assenza di obiettivi specifici o di vincoli ad adempiere qualcosa è quella che viene percepita come promotrice di relazioni a carattere realmente educativo (Italia). Tale assenza va a caratterizzare in modo specifico i momenti che operatori ed utenti trascorrono al di fuori della struttura. In questo senso vengono ritenute come educative tutte quelle interazioni che possono attuarsi al di fuori degli spazi della struttura, a suggerire come una de-strutturazione, anche di tipo materiale, possa contribuire a porre le condizioni per un carattere realmente educativo dell’interazione utente - operatore.

Le strutture vengono menzionate non solo nella loro ‘assenza’ (in termini di facilitazione), ma anche come luoghi ‘istituzionali’ che si caratterizzano per mandato specifico. In questo senso viene sottolineato come la modalità di costruzione e di impostazione della relazione educativa non solo si differenzia tra servizi per minori stranieri e per minori comunitari, ma si trasforma anche, all’interno dello stesso servizio con il trasformarsi e l’evolversi nel tempo (quindi con mandati istituzionali diversi) dello stesso (Italia).

Anche perché a differenza delle comunità educative non c’è una grande quantità di ore di compresenza, e quindi spesso e volentieri è la tirocinante o più che altro la volontaria a fare moltissimi accompagnamenti, e quindi c’è una facilità soprattutto durante l’accompagnamento a creare una relazione più intima e profonda e più facilitante rispetto alle relazioni che si hanno in struttura, dove ci sono sempre cose da fare o è più facile avere conflitti, o si è sempre in mezzo agli altri ragazzi ed operatori (Italia 2).

Credo che ritagliarsi dei momenti con i ragazzi, esterni alla comunità, sia fondamentale (Italia 3).

Se ad esempio hai da fare un accompagnamento, io magari ci vado mezz’ora prima e dico: ‘ci mangiamo un panino, un pezzo di focaccia’. Sono lassi di tempo in cui io sono fuori, perché se no non uscirebbero (Italia 3).

Ma anche con due ragazzi negli spazi esterni è diverso (Italia 3).

Più che altro quindi è lo spazio che è differente. È uno spazio esterno alla comunità. Sono sensazioni differenti. Ti fa sentire meno parte di una struttura collettiva, di uno spazio in cui ti hanno messo e di cui devi far parte (Italia 3).

Tendenzialmente i momenti all’esterno come gli accompagnamenti sono quella cosa che fa scattare la confidenza, il racconto. Ho accompagnato un ragazzo che credeva di star perdendo peso, mentre invece era ingrassato, e in quel frangente siamo stati un paio di ore insieme, abbiamo preso il caffè eccetera, e a quel punto mi ha raccontato la sua situazione prima di partire, e cose che non erano ancora emerse. E quella era una situazione non formale, non strutturata. Eravamo in giro in macchina (Italia 3).

Banalmente sai che il tempo è utilizzato e speso solo con te. È un rapporto uno ad uno e sai che non c’è nessuno che può venire a disturbare, mentre quando siamo in ufficio c’è sempre qualcuno che bussa per chiedere qualcosa. Quindi c’è sempre qualcuno che in qualche modo si intromette. Invece nello spazio esterno paradossalmente ti senti più protetto, perché sai che puoi iniziare un discorso e terminarlo (Italia 3).

Ultima dimensione cui è possibile fare riferimento è quella del tempo/dei tempi, per cui sono necessarie forme di cura specifiche (in questo caso da parte degli operatori) affinché l’attenzione ai minori venga data non solo al loro ingresso nel servizio (Svezia).

That’s probably we see them more at the beginning because we don’t have any relationship, child is totally new, he doesn’t know anyone so we give them a lot of attention. (Svezia 1).

Rispetto a tale dimensione si individua come elemento limitante la difficoltà nel costruire una relazione educativa quando i minori desiderano o sono costretti ad andare via ‘da un momento all’altro’, senza quindi che vi possa essere una progettualità definita, innanzitutto in riferimento al tempo a disposizione per azioni di tipo educativo (Italia).

Yeah of course. I have an example of one of the kids who is living currently that he moved in October last year and we’ve been hearing since months that maybe next month he will be moved and we don’t know what we can do, we cannot sit on our hands or even build a relationships because it takes time but he’s still living there in uncertainty. (Svezia 1).

A tale riguardo, il fatto che per gli operatori la gestione della dimissione abbia una potenzialità educativa sottolinea l’importanza di coinvolgere i minori in modo attivo rispetto a tale passaggio.

Quindi finisce che il tempo per la relazione è poco, risicato (Italia 3).

Quindi questo ha conseguenze sulla relazione educativa, su cui va ad incidere direttamente: non si possono fare cose in cui il ragazzo non viene coinvolto e reso responsabile (Italia 2).