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CAPITOLO 3 La ricerca

3.6 Il contesto della ricerca: il Consorzio Agorà

3.6.1 Mission ed evoluzione storica dei servizi ai migranti

Il Consorzio Sociale Agorà, a cui ad oggi aderiscono otto cooperative sociali, si costituisce a Genova nel 1995, come risultato formale di un percorso di integrazione, di scambio e di confronto dell’esperienza di gestione dei servizi dedicati al disagio minorile di quattro cooperative attive da diversi anni sul territorio urbano e regionale. Lo sviluppo che negli anni ha caratterizzato il Consorzio è andato nella direzione dell’ampliamento e diversificazione dei servizi, a partire dalle tipologie tradizionali di servizi socio-educativi, sviluppandosi in modo significativo nei settori dell’assistenza alla persona, della formazione e dell’orientamento, della creazione di opportunità di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Mission del Consorzio è la facilitazione all’interno delle comunità locali di percorsi di solidarietà, accoglienza ed integrazione attraverso l’attivazione delle risorse del territorio, progettando e dando vita ad iniziative capaci di portare benefici non solo in termini di sviluppo economico locale ma anche di maggiore solidarietà, promuovendo l’integrazione sociale tra cittadini.

Le prime esperienze di Agorà nell’ambito dell’accompagnamento di minori stranieri risalgono ai primi anni ’90, quando i beneficiari dei servizi erano i minori albanesi, sprovvisti di figure parentali significative sul territorio, e le famiglie Rom, presenti negli insediamenti autorizzati del Comune di Genova.

Le attività rivolte ai primi consistevano nella presenza di educatori professionali che si occupavano di integrare il lavoro degli educatori delle strutture del territorio - dove i minori erano collocati nelle fasi di prima accoglienza - al fine di strutturare un progetto educativo individualizzato finalizzato all’acquisizione dell’autonomia, in prospettiva della maggiore età, vicina in termini di tempo. Per le comunità Rom invece la presenza educativa era rivolta all’attenzione della cura genitoriale e alla ricerca di forme di socializzazione anche al di fuori dei campi nomadi. In entrambi i casi l’approccio si caratterizzava per la forte dinamicità, al fine di facilitare momenti di ‘aggancio’ e di relazione. Le collaborazioni con altre realtà del territorio hanno successivamente condotto il Consorzio Agorà (negli anni 2007-2008) alla progettazione e alla successiva apertura delle prime strutture per minori stranieri richiedenti protezione internazionale presenti in Liguria.

Ad oggi il Consorzio ha attive due comunità per Minori Non Accompagnati, che rientrano nel circuito di seconda accoglienza SPRAR e che operano per lo sviluppo e il sostegno dell’azione educativa verso i ragazzi al fine di favorirne l’inclusione nella società. Operano tramite l’appoggio educativo, avendo come obiettivo il benessere personale e l’accompagnamento di percorsi verso l’autonomia, fornendo il necessario sostegno nella fase di integrazione nel nuovo tessuto sociale, l’orientamento, la formazione e l’inserimento lavorativo e abitativo, oltre all’accompagnamento nel percorso di richiesta di riconoscimento di uno status. Ciascuna delle due Comunità offre ospitalità ad un numero massimo di 23 MNA, di età compresa indicativamente tra i 13 ed i 18 anni di età, inviati dall’Ufficio Cittadini Senza Territorio - UCST della Direzione Politiche Sociali del Comune di Genova e dal servizio centrale Sprar.

3.6.2 Il funzionamento del servizio di Agorà

All’ingresso in Comunità gli operatori dei servizi attivano un periodo di osservazione del minore, della durata di tre settimane, durante le quali (laddove possibile) il minore frequenta - partecipando attivamente alle attività previste - una delle strutture durante il giorno e rientra nella struttura di prima accoglienza per la notte. L’osservazione viene svolta dall’equipe degli educatori attraverso una griglia che tiene in conto dei seguenti assi fondamentali: psico-affettivo; socio-relazionale; cognitivo; narrativo rispetto alle memorie e al percorso migratorio.

Durante il periodo di osservazione il minore viene accolto, gli vengono presentate le regole e le opportunità, viene presentato al gruppo degli ospiti e viene analizzata la sua condizione di salute, la tipologia del vestiario di cui dispone, le sue condizioni complessive. Vengono inoltre organizzate occasioni di socializzazione con altri ospiti e si cerca di instaurare un rapporto fiduciario all’interno del contesto normativo della struttura. Se già nel periodo di osservazione iniziano attività quali l’alfabetizzazione e la scolarizzazione (con l’inserimento in classi opportune propedeutiche al conseguimento dei titoli minimi), al momento dell’inserimento - immediatamente preceduto da un incontro con l’Assistente Sociale della struttura e un educatore referente- si inizia a definire il progetto educativo individualizzato (PEI). Questo prevede una serie di attività, esterne e interne, mirate a garantirne lo stato di salute, favorirne l’integrazione, instaurare rapporti all’interno e all’esterno della struttura, favorirne la piena autonomizzazione rispetto alla gestione del sé e maturare competenze spendibili in ambito lavorativo, dopo aver raggiunto il titolo di studio minimo della terza media.

Le attività proposte - oltre a quelle necessarie per il disbrigo delle pratiche burocratiche e per la garanzia delle cure medico-sanitarie - sono legate alla realizzazione del PEI e alla concretizzazione della dimensione comunitaria. Le attività della Comunità definiscono pertanto il setting complessivo attraverso cui si veicolano le proposte educative. Si sviluppano dunque attività legate alla formazione scolastica, alle routine quotidiane e alla loro gestione, allo studio, alla gestione del denaro e delle proprietà personali, alle riunioni e ai colloqui con gli operatori.

Le due equipe educative sono costituite da educatori, uno dei quali con funzione di coordinatore. Ad essi si aggiungono gli operatori notturni, un assistente sociale e - a cavallo delle due strutture - un legale, un etnopsicologo e due mediatori culturali.

Gli educatori si occupano della gestione del quotidiano, condividendo e perseguendo i progetti educativi di tutti gli ospiti, con particolare riferimento a quelli di cui sono stati nominati referenti. L’assistente sociale si occupa della determinazione degli elementi di contesto nei quali inserire l’intervento di accoglienza e delle modalità per facilitare il rapporto con i servizi del territorio. L’etnopsicologo fornisce consulenza nei casi di accoglienza di Minori Non Accompagnati particolarmente fragili o con difficoltà ad inserirsi nella vita di comunità. I mediatori culturali facilitano - soprattutto all’ingresso in struttura - la costruzione di rapporti tra i minori e la Comunità.

Tutta l’equipe partecipa a riunioni settimanali durante le quali viene fatto il punto sul progetto complessivo e sui singoli minori, oltre che alle supervisioni che, a cadenza quindicinale, permettono il confronto con un supervisore esterno.