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Elettra: la rappresentazione del signore di Delfi come ἀλάστωρ

Le implicazioni politiche dell’oracolo delfico nelle tragedie attiche

2.4 L’oracolo politico nel teatro di Euripide

2.4.5 Elettra: la rappresentazione del signore di Delfi come ἀλάστωρ

In questa prospettiva, risulta interessante, anche se complessa, l’analisi dell’Elettra che sembra gettare una luce altrettanto negativa su Apollo e Delfi. Un primo ostacolo per la corretta interpretazione dell’opera deriva dalle difficoltà di datazione del dramma: non

259 A. Lesky (op. cit., pp. 552-553) ravvisa in questo un ulteriore elemento di prossimità di questo dramma con

le Supplici. Nel fr. 35 N = 42 Austin, infatti, Eretteo afferma che si può cominciare una battaglia solo col favore degli dèi, mai contro la loro volontà (ὡο ζὺλ ζενη̃ζη ηνὺο ζνθνὺο θηλεη̃λ δόξπ ζηξαηειάηαο ρξή, ησ̃λ ζεσ̃λ δε κὴ βίαη): in questo c’è perfetta concordia con Supp. vv. 594 ss.

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sembra infattti possibile individuarne con certezza l’anno di rappresentazione e, anche se alcuni elementi sembrano far propendere per gli anni venti, resta in ogni caso possibile

arrivare fino alla metà del decennio seguente.261 Pur ammettendo tale incertezza, credo sia

significativo osservare come le datazioni proposte si orientino complessivamente per un periodo successivo alla guerra archidamica, quando ormai i rapporti fra Delfi e Atene sembravano all’insegna di una nuova sintonia.

Nonostante ciò, nell’Elettra sembra pesare ancora un giudizio fortemente negativo nei confronti di Apollo. Allora, probabilmente, ciò non dipende da una precisa ostilità per Delfi ma da una diffidenza di Euripide nei confronti della divinità, eventualmente accentuata dalla situazione politica: ma tale ipotesi dovrà ancora essere verificata.

A differenza dell’atteggiamento che traspare nella trilogia eschilea, qui Oreste, in più punti del dramma, manifesta un atteggiamento di sfiducia e, in un certo senso, di ostilità verso il dio pitico. Nella prima parte della tragedia, l’oracolo di Delfi non viene mai menzionato esplicitamente: si fa allusione a diversi dèi, ma Apollo è citato solo due volte, la prima durante una preghiera di Elettra (ω̙ Φνη̃β' Ἄπνιινλ, πξνζπίηλσ ζε κὴ ζαλεη̃λ, v. 221) in occasione della comparsa di Oreste, la seconda quando il giovane afferma che gli oracoli del Lossia, a differenza delle profezie umane, sono ‘saldi, stabili’ (ἴζσο δ' α̕λ ἔιζνη· Λνμίνπ γὰξ ἔκπεδνη / ρξεζκνί, βξνησ̃λ δὲ καληηθὴλ ραίξεηλ ἐσ̃, vv. 399-400).

Invece, i due brani concernenti l’oracolo in maniera più ampia sono collocati immediatamente prima e dopo il matricidio, probabilmente perché, fino a questo punto, Oreste non aveva manifestato alcun dubbio: dopo avere ucciso senza alcuna esitazione

261 Gli studi statistici di Devine-Stephens (Devine A. M. – Stephens L.D., «A New Aspect of the Evolution of

the Trimeter in Euripides», TAPhA, 111 (1981), pp. 48-49) hanno individuato un intervallo possibile, compreso fra il 423 e il 411, con una propensione per il 417; diversamente le più recenti analisi di Cropp – Fick (M.J. Cropp – J.H. Fick., Resolution and Cronology in Euripides, London 1985, pp. 23 e 60-61) hanno proposto l’arco cronologico 422-417. Più di recente W. Burkert (Ein Datum für Euripides' Elektra: Dionysia 420 v. Chr., Mus. Helv., 47 (1990), pp. 65-69) ha proposto la data del 420 in base all’atmosfera di accordo con Sparta che egli suppone sia a partire dal ruolo che nel dramma hanno alcuni personaggi protagonisti di miti spartani (i Dioscuri, Clitemnestra ripetutamente presentata come Tindaride), sia ricordando come alle Dionisie del 420 fossero presenti i delegati spartani per rinnovare i giuramenti della pace. A. Giuliani (op. cit., p. 164 nota n. 60) trova molto interessante questa ipotesi, tanto più in considerazione del trattamento negativo riservato ad Apollo e, di conseguenza, a Delfi nella tragedia, pur riconoscendo che non si tratta, in ogni caso, di argomenti decisivi.

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Egisto, il giovane tentenna al momento di colpire la madre. Nel dialogo con la sorella Elettra, ai vv. 967-987, quest’ultima interpreta la parte di difensore di Apollo, mentre il fratello mette in dubbio la parola dell’oracolo e così si esprime:

Οξ. πσ̃ο γὰξ θηάλσ ληλ, η̘ κ' ἔζξεςε θα̗ηεθελ; Ζι. ω̘ζπεξ παηέξα ζὸλ η̘δε θἀκὸλ ω̗ιεζελ. Οξ. ω̙ Φνη̃βε, πνιιήλ γ' ἀκαζίαλ ἐζέζπηζαο. Ζι. ὅπνπ δ' Ἀπόιισλ ζθαηὸο ᾖ ηίλεο ζνθνί;

Οξ. ὅζηηο κ' ἔρξεζαο κεηέξ', η̖λ νὐ ρξε̃λ, θηαλεη̃λ. (vv. 969-973)

Quella che, fino a poco prima, sembrava ad Oreste una decisione ferma ed inequivocabile diviene ora fonte di incertezza ed esitazione, e, quando domanda alla sorella come dovrebbe uccidere la madre (πσ̃ο γὰξ θηάλσ ληλ), ella risponde: ‚Come lei ha ucciso il padre‛ (ω̘ζπεξ παηέξα ζὸλ η̘δε θἀκὸλ ω̗ιεζελ). In questo modo, Elettra sembra appiattire la portata del dubbio del fratello, che in quel πσ̃ο aveva racchiuso non tanto un’incertezza sulla modalità di esecuzione del gesto, quanto la difficoltà in sé

dell’attuazione di una simile atrocità.262 Nell’accorata domanda del giovane è evidente

l’angoscia che accompagna la sua grave decisione.

Nella medesima sticomitia, rivolgendosi al dio Febo, Oreste lo accusa di aver vaticinato con grande ‘stoltezza’ (πνιιήλ ἀκαζίαλ), quasi ‘ignoranza’, espressione che risulta ossimorica se applicata al dio della sapienza e della divinazione e che rivela la diffidenza da parte del giovane. Nel momento in cui Elettra fa notare al fratello, forse in maniera provocatoria, la contraddizione insita nelle sue parole (‚chi possiede allora la sapienza se Apollo viene tacciato di ignoranza?‚), Oreste incalza affermando che il dio non avrebbe dovuto vaticinare di uccidere la madre. In questo verso, Euripide gioca sapientemente col contrasto, pur nell’affinità radicale, fra ἔρξεζαο, nel senso di ‚profetizzare / emettere un oracolo‛, e νὐ ρξε̃λ, come ‚dovere‛: il soggetto di entrambi i verbi è Apollo, pertanto appare addirittura empia la sentenza pronunciata da Oreste, il quale afferma che il dio ‚non avrebbe dovuto‛ esprimere un tale vaticinio.

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Ancora più severo è il giudizio emesso dal giovane pochi versi dopo (vv. 979-981) quando, sempre rivolgendosi alla sorella, afferma:

Οξ. α̙ξ' αὔη' ἀιάζησξ εἶπ' ἀπεηθαζζεὶο ζεσ̃η; Ζι. ἱεξὸλ θαζίδσλ ηξίπνδ'; ἐγὼ κὲλ νὐ δνθσ̃. Οξ. νὔ ηα̕λ πηζνίκελ εὖ κεκαληεπ̃ζζαη ηάδε.

Oreste qui dice che in realtà, sotto le sembianze di un dio, avrebbe parlato un ἀιάζησξ, un ‚demone funesto‛: viene così attribuita ad Apollo l’intenzione di averlo mandato in rovina. Ecco perché, rispondendo ad Elettra, il giovane continua affermando chiaramente che egli non si persuaderà mai (νὔ ηα̕λ πηζνίκελ) che il dio abbia vaticinato giustamente (εὖ κεκαληεπ̃ζζαη ηάδε). E’ evidente la distanza rispetto alla concezione eschilea del matricidio.

Alla fine del dramma, la comparsa ex machina dei Dioscuri sancisce ulteriormente il giudizio negativo sull’operato di Apollo. Essi infatti, ai vv. 1244-47, affermano: ‚Σὺ δ' νὐρὶ δξα̃ηο./ Φνη̃βνο δέ, Φνη̃βνο˙ἀιι' α̗λαμ γάξ ἐζη' ἐκόο,/ ζηγσ̃· ζνθὸο δ' ω̕λ νὐθ ἔρξεζέ ζνη ζνθά‛ Qui, ancor più chiaramente, la responsabilità del delitto viene attribuita non ad Oreste (ζὺ δ' νὐρὶ δξα̃ηο) ma esclusivamente al dio delfico (Φνη̃βνο δέ, Φνη̃βνο), il quale, pur essendo sapiente (ζνθὸο δ' ω̕λ), non avrebbe pronunciato un responso sapiente (νὐθ ἔρξεζέ ζνη ζνθά). Pertanto la divinità sarebbe stata saggia, il suo oracolo no: le parole di Castore sembrano suggerire la riluttanza nel criticare un superiore piuttosto che la consapevolezza

del fatto che Apollo possa non essere saggio.263

Dunque nessuna colpa graverebbe sul giovane: unico responsabile dell’efferata uccisione sarebbe il signore di Delfi. Ciò viene ribadito da Castore anche successivamente, ai vv. 1296-97 (Φνίβῳ ηήλδ' ἀλαζήζσ / πξα̃μηλ θνλίαλ) e al v. 1302, nel quale le parole di Febo vengono definite α̗ζνθνη, ‚stolte, prive di sapienza‛. Nuovamente e con un leggero spirito

263 Cfr. anche D. H. Roberts, op. cit., p. 100. In questo contesto si sottolinea anche la scelta dell’aggettivo

‚ζνθόο‛piuttosto che ‚δίθαηνο‛ o ‚ἀςεπδήο‛ (quest’ultimo frequentissimo in Eschilo per alludere al dio oracolare e ai suoi responsi): infatti, un Apollo ‚ἀςεπδήο‛ non potrebbe pronunciare un responso menzognero, mentre nel caso di un Apollo che parla per bocca di Zeus, dio strettamente identificato con la δίθε, i suoi oracoli non possono che essere ‘giusti’.

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dissacratore, il dio della sapienza viene accusato di parlare in modo non sapiente. Nella versione di Euripide, pertanto, a differenza di Eschilo, Oreste viene assolto non in quanto ha ucciso per eseguire un comando di Apollo che parlava per bocca di Zeus (dio giusto per eccellenza), ma poiché la colpa dell’efferato gesto non è del giovane ma del dio.

E’ chiara anche la sfiducia nei confronti della rettitudine di Apollo dimostrata dai Dioscuri i quali affermano che, per l’avvenire, l’operato di Oreste non sarà più sottoposto al vaglio del dio Febo bensì al giudizio di Zeus e della Moira (ηἀληεπ̃ζελ δὲ ρξὴ / πξάζζεηλ α̖ Μνη̃ξα Εεύο η' ἔθξαλε ζνπ̃ πέξη, vv. 1247- 48). Come afferma A. Giuliani: ‚E’ naturalmente un fatto di notevole rilievo che la prospettiva negativa in cui viene presentato l’oracolo delfico ad Oreste venga oggettivata e sottolineata con decisiva autorevolezza da due semidèi comparsi ex machina.‛264

Tuttavia, a differenza del finale delle Eumenidi, in cui l’assoluzione del giovane riscattava anche il monito divino, qui le parole dei Dioscuri suggeriscono che Oreste ed Elettra avranno prosperità non perché l’oracolo fu giusto, ma anche se esso non fu giusto. Inoltre, la promessa di felicità rivolta ai due figli di Agamennone non sembra provocare in loro una sensazione di gioia e conforto ma, al contrario, essi sembrano sempre posseduti da un senso di dolore e amarezza: ciò dimostra che la soluzione del conflitto tragico, nonostante le parole dei Dioscuri, non è stata affatto completa.

Da un punto di vista politico credo che, pur non potendo datare la rappresentazione dell’Elettra con sicurezza, il fatto che la maggior parte degli studiosi concordino nel collocarla dopo il 421 dimostrerebbe che la critica al responso di Apollo non dipende da un’ostilità di fondo fra Atene e Delfi (presumibilmente cessata con la fine della guerra archidamica), bensì da un generale atteggiamento scettico da parte di Euripide, eventualmente accentuato dalla precedente tensione fra la città e l’oracolo.

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