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La ‚necessità oracolare‛ nella tragedia attica

La nozione di ‚oracolo tragico‛: specificità, prerogative e meccanism

3.1 La ‚necessità oracolare‛ nella tragedia attica

Con l’espressione ‚oracolo tragico‛308 mi riferisco a quella particolare

rappresentazione dell'elemento oracolare all'interno della tragedia attica. Come abbiamo osservato in precedenza, quest’ultima si rivela sempre come un universo problematico e conflittuale, lacerato al suo interno da continue tensioni e ambiguità, e la realtà che essa porta sulla scena è resa continuamente instabile da parole e situazioni che la inquadrano nella cornice di precarietà ad essa connaturata.

Ora, alla luce di quanto osservato nei capitoli precedenti, cerchiamo di analizzare con maggiore precisione quale sia all’interno delle tragedie il ruolo degli oracoli, sia come espedienti tecnici della struttura drammatica sia come elementi essenziali del messaggio tragico.309 Enuncio, qui di seguito, alcuni aspetti fondamentali del rapporto tra oracolo e

tragedia che saranno approfonditi nel corso di questa sezione.

Innanzitutto, poniamoci un interrogativo: è giusto considerare l’elemento dell’oracolo come una semplice convenzione drammaturgica?

E. Bächli ritiene che l’unico modo corretto di analizzare la presenza di tale tipo di fenomeni, all’interno del testo tragico, consista nel considerarli come «espedienti tecnici» mirati ad acuire la tensione e il senso di suspense nelle menti degli spettatori.310 Senza

negare che la consultazione degli oracoli nella tragedia abbia anche questa funzione (o, piuttosto, quest’effetto!), non si può non tener conto di un dato inconfutabile: lo spettatore greco conosceva quasi sempre l’esito della vicenda cui stava assistendo, e il poeta teneva ben presente questo elemento nella composizione del suo dramma (ne sono prova i numerosissimi esempi di ironia tragica presenti nei testi). Pertanto, considerare la divinazione esclusivamente come un espediente narrativo della trama, mirato a sortire

308 Riprendo questa espressione e parte delle riflessioni qui di seguito da J. P. Vernant – P. Vidal-Naquet,

op.cit., pp. 149-152.

309 Sull’argomento, cfr. J. C. Kamerbeek, «Prophecy and Tragedy», Mnemosyne 18 (1965), pp. 29-40.

310 E. Bächli, Die künstleriche Funktion von Orakelsprüchen, Weissagungen usw. in der griechischen Tragödie, Diss.

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determinati effetti psicologici, equivale a ridurne la portata che essa rivestiva nell’ambito

dei problemi dell’esistenza e dell’azione umana.311

Piuttosto che considerare l’oracolo come una convenzione drammaturgica bisogna ricordare l’importanza che la consultazione oracolare aveva assunto per il pubblico e, più in generale, per l’individuo greco dell’età classica312: per lo spettatore ateniese, essa era

parte integrante della vita, era uno dei modi normali di comunicazione, e la presenza della stessa all’interno di un dramma costituiva un fatto assolutamente naturale, per nulla inaspettato né, tantomeno, artificiale. La sovranità degli oracoli è ciò che il coro non contesterà mai, e l’impressione che essi dovevano produrre nelle menti e nell’immaginario del pubblico, contrariamente a quello che sostiene Bächli, probabilmente era molto meno forte di quanto potremmo pensare.

La tragedia greca, trattando essenzialmente delle lacerazioni e dell’incertezza delle azioni umane, non può non prevedere la divinazione come un aspetto fondante: infatti, sia nella dimensione privata che in quella collettiva, le decisioni di primaria importanza (e non solo!) venivano prese, di regola, dietro consultazione di un oracolo o di un indovino, ed i loro responsi erano assunti come norme di un comportamento da evitare o da assumere. Il legame fra la responsabilità dell’individuo e la parola soprannaturale

dell’oracolo costituisce, così, uno dei principali nuclei drammatici della tragedia attica.313 E

nella realtà tragica che, come abbiamo osservato in precedenza, si rivela priva di punti di riferimento saldi, intimamente ambigua, l’oracolo, con l’enigma che lo contraddistingue, trova una dimensione ed un ruolo assolutamente adeguati alla sua natura intrinseca: esso, infatti, s’inquadra perfettamente nella cornice di problematicità che caratterizza le vicende dei personaggi.

Insieme ai profeti e alle loro predizioni, gli oracoli all’interno delle saghe mitiche, oggetto della tragedia, facevano parte di quel materiale che i poeti tragici avevano ereditato dalla tradizione arcaica, ma non va trascurato l’apporto di innovazione,

311 Cfr. J. C. Kamerbeek, op. cit., p. 32.

312 Cfr. supra, Introduzione, Il ‚miracolo delfico‚.

313 Cfr. infra, Cap. 3.6, La lacerazione interiore fra δαίμων ed ἦθος: la parola dell’oracolo e la ‚responsabilità‛ dell’eroe

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soprattutto in termini ermeneutici, fornito dal nuovo linguaggio tragico: Eschilo, Sofocle ed Euripide, infatti, anche se in molti casi si limitano a riproporre l’elemento dell’oracolo così come lo avevano conosciuto dai poeti precedenti (Omero innanzitutto) dovendo conservare le grandi linee del mito, in altri casi innovano, specialmente riguardo ad alcuni dettagli (come la formulazione dei responsi), così da configurare un’interpretazione diversa del fenomeno della consultazione e dell’incidenza che esso ha sull’azione drammatica.

Anziché affermare che il dramma rappresenti l’interpretazione dell’oracolo (come nel caso di Edipo), si potrebbe arrivare a chiedersi se non sia vero, piuttosto, il contrario, ossia se la parola del dio (come accade, ad esempio, al termine delle Trachinie o dello Ione) non diventi piuttosto un modo per interpretare quanto accaduto ai personaggi alla luce di una volontà soprannaturale: tale problematica, strettamente legata al senso del tragico, appare, di conseguenza, complessa da districare.

Poiché tutto il materiale mitologico che sta alla base della tragedia classica fissa, in qualche modo, lo sviluppo dei diversi drammi, gli oracoli in esso presenti, applicandosi a storie passate di cui si conosce già l’esito, sembrano rassomigliare ad un vaticinium ex

eventu. Per questa ragione potremmo considerare più spesso l’oracolo come

interpretazione degli eventi piuttosto che vedere gli eventi come il risultato dell’oracolo, e in questo senso i tragici, Sofocle innanzitutto, hanno più volte modificato i responsi oracolari in funzione della chiave interpretativa da tenere presente all’interno della storia.314

Walter Benjamin, analizzando l’oracolo nella tragedia come elemento costitutivo della trama tragica, parla di ‚necessità oracolare‛ affermando:

314 Nell’Edipo re, pur essendo narrati entrambi i responsi dell’oracolo di Delfi – quello dato a Laio prima della

nascita di Edipo, e quello ricevuto da quest’ultimo prima della fuga da Corinto – perfettamente simmetrici e coincidenti fra di loro, in nessuno dei due si fa menzione di una colpa da parte di Laio: da parte di Sofocle, tale omissione volontaria è, probabilmente, dovuta all’intenzione di accentuare l’assoluta arbitriarietà del fato e la non colpevolezza dell’individuo, contemporaneamente e assurdamente vittima e cacciatore. La manipolazione dell’oracolo da parte dell’autore accentua i tratti di questo paradosso.

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‚The oracle in tragedy is more than just a magical incantation of fate; it is a projection of the

certainty that there is no tragic life which does not take place in its framework. The necessity which appears to be built into the framework is neither a causal nor a magical necessity‛.315

E’ la dimensione tragica dell’esistenza che richiede e, contemporaneamente, giustifica la presenza dell’oracolo all’interno di essa e, di conseguenza, quest’ultima perde un po’ i connotati del soprannaturale per manifestare, al contrario, un conflitto profondamente umano, come quello che oppone l’eroe tragico al compimento del proprio destino, profetizzato dalla parola del dio.

La presenza degli oracoli, punto di congiunzione fra la realtà umana e quella soprannaturale del divino, all’interno del testo tragico che più di ogni altro genere letterario dell’antichità scava negli animi dei personaggi mettendone a nudo le passioni e le angosce più recondite, diviene estremamente significativa in quanto delinea in maniera indelebile alcuni caratteri per tutta la durata del dramma. All’inizio delle Trachinie, ad esempio, mentre Deianira parla col figlio Illo, dopo aver sentito il nome dell’Eubea, in lei riaffiora, in maniera immediata, il ricordo, forse ormai sopito, di quel responso che il marito le aveva lasciato prima di partire e che, in quanto parola del dio, non può non avverarsi: così l’elemento dell’oracolo, con l’atmosfera di presagio soprannaturale presente fin dal prologo del dramma, accompagnerà l'intera tragedia e il personaggio di Deianira in particolare, dandole la capacità e la fiducia necessarie per portare avanti il suo piano.

E’ il divino a forgiare il suo carattere, un divino però che, come nel caso di Edipo (il quale trova nelle parole dell’oracolo di Delfi la forza per fuggire dalla ‘sua’ patria Corinto), ambiguo e misterioso, si rivela all’individuo col suo volto più crudele. L'oracolo, che di questo divino è emblema, all’interno della tragedia, rende presente l’assente, divenendo

simbolo di quel mondo invisibile nel quale l’uomo è, malgrado il suo volere, coinvolto316

315 W. Benjamin, The origin of German Tragic Drama, trans. John Osborne, London, NLB 1977.

316 Leggiamo a proposito dell’Agamennone: ‚The whole tragedy and the character of Kassandra herself win

belief and meaning with the audience, not because Aeschylus believes beyond any shadow of doubt in the literal existence of furies or the details of divine intercourse between girl and god, but because they are for

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Ora, nel suo frequente ricorso agli oracoli la tragedia riflette un cambiamento nelle pratiche mantiche tradizionali in quanto l’interazione del richiedente con l’oracolo di Delfi e con quelli degli altri santuari era considerata un progresso rispetto alle vecchie forme di divinazione induttiva: la consultazione oracolare sembrava permettere virtualmente la

comunicazione fra il dio ed il mortale.317 Il rapporto fra i due diveniva così più immediato

e diretto, come afferma anche J. P. Vernant, il quale ritiene che i Greci preferivano, rispetto alle altre forme di divinazione, quella che R. Crahay chiamava il ‚dialogo oracolare‛, nel quale il dio risponde direttamente alle richieste di chi lo consulta, senza l’aiuto di un intermediario: il linguaggio oracolare degli dèi, una volta formulato, è identico a

qualunque altro linguaggio, accessibile a chiunque.318 E tuttavia ciò non vale per la

tragedia greca: in essa, come afferma anche R. Bushnell, l’accessibilità dell’oracolo rimane un’illusione in quanto, da un punto di vista teatrale, il suo ruolo non è quello di

chiarificare ma di confondere ulteriormente i momenti drammaturigici.319

Riassumendo, potremmo dire che gli oracoli della tragedia, ben lungi dall’essere meri espedienti drammaturgici, rivestono, invece, numerose funzioni: innanzitutto essi sono presenti nei testi tragici poiché nella quotidianità dell’individuo greco dell’età classica la consultazione divinatoria costituiva un fatto assolutamente ordinario e, dunque, atteso, prevedibile. Poi, rappresentando la tragedia un universo complesso e problematico, l’elemento dell’oracolo, con la sua ambiguità ed enigmaticità, ben si colloca all’interno di tale rappresentazione della precarietà dell’esistenza. Inoltre, anche se tutti gli eventi di cui parlano i tragici sono desunti dalla tradizione mitica e, dunque, ben noti al pubblico ateniese, l’oracolo (applicandosi al passato) può offrire al poeta la possibilità di investire il proprio dramma di significati nuovi, attraverso la manipolazione dei responsi che diventano, in tal modo, diverse chiavi d’interpretazione degli eventi.

him effective symbols of the unseen world in which man is willy-nilly involved‛ (P.G. Mason, Kassandra, J.H.S. 1959, 86, cit. in J. C. Kamerbeek, op. cit. p. 31).

317 R.W. Bushnell, op. cit., p. 13.

318 J.P. Vernant et al., Divinazione e razionalità, Einaudi, Torino 1982. 319 R. Bushnell, op. cit., p.14.

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Ancora, la struttura stessa dell’oracolo, che partecipa contemporaneamente della natura umana e di quella divina, consente agli autori tragici di far sentire all’interno delle proprie storie, popolate da personaggi così umani e terreni nell’Atene del V sec., le voci del soprannaturale, eco di un mondo che coinvolge gli attori del dramma in problematiche sempre più profonde e laceranti, e che li forgia con l’impronta stessa del divino. Come si approfondirà in seguito, nella tragedia greca il responso profetico non illumina gli eventi ma li confonde ulteriormente: l’accessibilità dell’oracolo rimane un’illusione.

Va infine considerato un ultimo elemento: l’ambiguità e la contraddittorietà dell’oracolo tragico tendono a mantenere l’individuo all’interno di un conflitto insoluto che, lungi dal risolversi alla fine del dramma, crea una problematicità che rimane anche al termine della vicenda. Questo 'conflitto tragico' non può essere separato né isolato dal valore e dal ruolo dato alla profezia nella cultura che ha generato la tragedia greca: l’eroe che sfida l’oracolo, fraintendendo, trascurando o rifiutando con le sue parole il messaggio divino, crede di opporsi al linguaggio dell’autorità, che ‚prescrive‛ la sua vita, identificando, così, la sua libertà con il suo discorso. Quando il personaggio tragico lotta contro il suo asservimento alla parola dell’oracolo, la sua opposizione riflette anche una più generale crisi politica e culturale dell’autorità proprio all’interno della tragedia attica, che drammatizza le tensioni di una società imbrigliata nei problemi della responsabilità umana, dell’autorità religiosa e della tirannia.320

La tragedia porta in scena i desideri di rivalsa dell’individuo sublimandoli col suo linguaggio specifico: il dramma celebra la volontà dell’eroe di sfidare l’autorità rappresentata dalla profezia dell’oracolo, mentre nella realtà un tale atto di sfida implica il

desiderio dell’eroe di impossessarsi del potere all’interno di una città o di uno stato.321

320 Cfr. R.W. Bushnell, op. cit., pp. 5-6. 321 Ibidem., p. 7.

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