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L'ostilità di Euripide verso Apollo: rivalità politica o irrazionalismo?

Le implicazioni politiche dell’oracolo delfico nelle tragedie attiche

2.4 L’oracolo politico nel teatro di Euripide

2.4.10 L'ostilità di Euripide verso Apollo: rivalità politica o irrazionalismo?

Il fatto che, in opere quali l’Andromaca, le Supplici e l’Elettra, Euripide manifesti un’ostilità più circoscritta e indirizzata specificamente contro Apollo pitico, molto probabilmente risente del conflitto fra Atene e Delfi durante la guerra archidamica, tanto che diversi studiosi accomunano questi drammi per tale ragione: tuttavia, arrivare a concludere che la finalità delle suddette tragedie vada interpretata in senso prettamente politico credo rischi di forzare l’intento e il significato del testo tragico.302 Penso che sia

invece più proficuo concludere quest’analisi affermando che il poeta, rispetto ai suoi predecessori Eschilo e Sofocle, quando nei suoi versi tratta della divinità, lo fa spesso con una modalità forgiata sul dubbio e sullo scetticismo, frutto del clima culturale in cui egli si

trova a produrre le sue tragedie.303

Nella Ionia del VI sec. a. C. affonda le sue radici quella temperie filosofica nota come ‚Aufklärung‛, ‚illuminismo‛, che va distinta dal movimento sofistico, il quale è

molto più recente, e che opera già in Ecateo, Eraclito e Senofane.304 Dodds fa notare come

302 Come sosterebbe Giuliani nel VI capitolo del suo saggio (A. Giuliani, op. cit., pp. 139-177).

303 In effetti, già nell’opera di Sofocle si riscontra un atteggiamento scettico verso gli dèi: ne è prova, come si è

già osservato, l’ostinazione con cui, all’interno dell’Edipo re, Giocasta nega ripetutamente la veridicità degli oracoli del dio (Ἄθνπε ηἀλδξὸο ηνπ̃δε, θαὶ ζθόπεη θιύσλ / ηὰ ζέκλ' ἵλ' η̘θεη ηνπ̃ ζενπ̃ καληεύκαηα, vv. 952-3). A tal proposito, tuttavia, è molto significativo quello che afferma D. Roberts sostenendo che, al contrario che in Euripide, il ruolo della mantica nei drammi tebani di Sofocle, non viene in ogni caso delegittimato: ‚In Sophocles’ plays the hero is not allowed to debase the prophet completely, as the playwright ultimately protects the mistery and power of the prophet’s words. But in Euripidean ‚Theban‛ plays, even if Tiresias is somehow ‚right‛ in the end, he seems toh ave little to do with the outcome‛ (D. H. Roberts, op. cit., p. 117).

304 Ecateo (fr. 1 Jacoby) fu il primo a confessare di trovare ‚ridicola‛ la mitologia greca. Senofane, invece, suo

contemporaneo, oltre ad attaccare i miti omerici ed esiodei, diffidava profondamente della καληηθή, l’arte divinatoria (cfr. Cic., Div. 1, 5; Aezio 5, 1, 1 = Senofane A 52). Fu decisiva anche la sua teorizzazione del fatto che le idee religiose sono relative, cosa che, in breve tempo, avrebbe minacciato l’intera struttura delle credenze religiose tradizionali. Inoltre, Senofane (fr. 34) affermava che, per quanto ciascuno possa avere delle opinioni personali, nessuno potrà mai avere cognizioni sicure riguardo agli dèi: questa distinzione tra ‚conoscibile‛ ed ‚inconoscibile‛ ricorre continuamente nel pensiero del V secolo (cfr. Eraclito, fr. 28; Alcmeone, fr. 1; Gorgia, Hel., 13; Eur., fr. 795). Socrate (che abitualmente udiva e obbediva ad un δαίκσλ, una sorta di voce interiore) prendeva molto sul serio sogni e oracoli, ma ammoniva i suoi uditori a non considerare la καληηθή come un surrogato del ‚contare, misurare e pensare‛ (Senofonte, Mem., 1, 1, 9): essa era un supplemento e uno stimolo al pensiero razionale, non un suo sostituto. Nell’ultimo terzo del V sec. ad Atene vennero processati e condannati una serie di intellettuali per offese alla religione. Intorno al 432 a.C. dubitare del soprannaturale divenne un reato perseguibile penalmente, e nei tre decenni successivi si

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Euripide sia il primo ateniese di cui possiamo affermare con una certa sicurezza che avesse letto Senofane, il quale negava ogni valore alla καληηθή e sosteneva che le idee religiose

fossero relative.305 Ma al tempo del drammaturgo, l’illuminismo si era spinto molto oltre,

anche in seguito alla diffusione del pensiero sofistico: nelle tragedie di Euripide, il mondo demonico, quello degli dèi e del soprannaturale, sembra ritirarsi per lasciare il posto solo agli uomini ed alle loro passioni. Per questa ragione, Dodds trova che la definizione che

meglio si addica al drammaturgo sia quella di ‚irrazionalista‛.306

Pur individuando nel poeta tragico un atteggiamento generalmente scettico verso gli dèi, l’analisi appena condotta sulle sue opere ha dimostrato come sia un dato di fatto che, nella maggior parte dei suoi drammi, la divinità maggiormente presa in causa e condannata sia Apollo. Ora, io mi trovo a dissentire parzialmente dalle conclusioni di Giuliani dal momento che ho difficoltà a pensare che tale ostilità abbia un fondamento

unicamente, o anche solo prettamente, politico.307 Penso, invece, che la ragione vada

ricercata altrove.

Intanto non si può trascurare la diffidenza che il drammaturgo, proprio a seguito del sostrato culturale e filosofico in cui era immerso, doveva nutrire in particolare nei confronti del dio della καληηθή. Ma va considerato un altro elemento: nella maggior parte delle saghe mitiche che la tradizione teatrale eredita è proprio il dio di Delfi a comparire più frequentemente (nell’Orestea e, più in generale, nelle vicende degli Atridi, nella maledizione della casa dei Labdacidi, in diversi segmenti del ciclo troiano<).

Ora, io ritengo che Euripide, con l’atteggiamento ‘filosofico’ che lo contraddistingue abitualmente, abbia sfruttato le possibilità drammaturgiche che gli venivano offerte dalla tradizione mitica, accentuando ed ampliando il ruolo dell’elemento oracolare all’interno

tennero numerosi processi per eresia, unici nella storia ateniese. Fra gli imputati, oltre ad Anassagora, Diagora e Socrate, vi fu forse anche Euripide. (Per questo excursus sullo sviluppo del ‚razionalismo‛ greco, cfr. E.R. Dodds, I Greci e l’irrazionale, Rizzoli, Bologna 2010, pp. 230-231, pp. 238-9 e note n. 7, 10, 37).

305 Già Ateneo aveva notato la somiglianza fra Euripide, fr. 282 e Senofane fr. 2 (cfr. E.R. Dodds, op. cit., pp.

230-232 e note n. 7, 10, 20).

306 Dodds, tuttavia, crede anche che Euripide rifletta non soltanto l’illuminismo ma anche la reazione contro

di esso, giacchè reagì contro la psicologia razionalistica di alcuni esponenti dello stesso (cfr. E. R. Dodds, op.

cit., pp. 236-9).

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delle sue tragedie. E poiché, come si è già osservato in precedenza, a partire dal V sec. a. C. il santuario di Delfi aveva raggiunto una fama ed un prestigio tale da offuscare qualunque altro strumento profetico, non è insolito che il drammaturgo arrivi a plasmare la problematicità di molti dei suoi personaggi attorno alla voce oracolare di Apollo e al conflitto che con esso s’instaurava.

Concludendo, dunque, e cercando di trarre una sintesi da quanto analizzato in

precedenza, credo che, nel caso di Euripide e delle accuse rivolte al dio pitico, si possa parlare essenzialmente di finalità drammaturgiche nutrite da un atteggiamento scettico che, in particolari frangenti storici (come quello della guerra archidamica), hanno assunto anche le forme di un’ostilità più accentuata, risentendo maggiormente della temperie politica e della situazione reale dei rapporti tra Atene e Delfi.

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CAPITOLO 3

La nozione di ‚oracolo tragico‛: specificità, prerogative e