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Emozione come esternazione dello stato dell’essere

CAPITOLO 2. LE ESPRESSIONI FACCIALI

2.14 Il Baby F.A.C.S.: Facial Action Coding System for Infants and Young Children

2.14.1 Emozione come esternazione dello stato dell’essere

Nei bambini molto piccoli le espressioni facciali possono essere codificate nei termini della esternazione della loro condizione (Oster, 1997), e diversi ricercatori infatti, sono concordi nel riconoscere in tali espressioni emozioni di tipo neutrale, positivo e negativo (Oster ed al. 1992). Essi sono anche concordi nel giudicare l’intensità di tali espressioni (Messinger, 2002; Oster, 2003). Poiché le emozioni segnalate dalla azione di un particolare muscolo facciale dipende generalmente dalla presenza concomitante di ciò che avviene sul resto del volto, azioni isolate possono risultare ambigue, anche in relazione al tono positivo o negativo del soggetto. Per esempio, il rialzamento delle guance (AU 6, orbicolare dell’occhio parte orbitale) come parte del sorriso Duchenne intensifica la valenza positiva del sorriso e come elemento del pianto intensifica la valenza negativa dell’espressione negativa (Messinger, 2002). Dal canto suo, l’arricciamento del naso nell’adulto (AU 9) è una conseguenza della espressione di disgusto e, solo in combinazione con altri elementi negativi di emozione nella

106 Nel F.A.C.S. la AU 4 definisce l’azione congiunta del muscolo corrugatore del sopracciglio e del muscolo procerus, la contrazione indipendente di questi due muscoli è inibita nell’età adulta.

107 Ekman, P., Friesen, W.V., Tomkins, S.S., “Facial Affect Scorino Technique: A first validity study”, Cambridge, England, (1971), Cambridge University Press.

parte bassa del volto, risulta essere una componente negativa sul volto del bambino, soprattutto come responso all’aver assaggiato sostanze sgradevoli (Rosenstein e Oster, 1988) ma non solo. Infatti, il sorriso che contempla anche l’arricciamento del naso (AU 9) non è percepito come un’emozione negativa o come qualcosa di positivo che si trasforma in negativo, a meno che non siano presenti talune azioni muscolari del volto associabili a sensazioni completamente positive o negative e che queste non siano contraddittorie. Il principale componente del sorriso (AU 12 che coinvolge il muscolo zigomatico maggiore) è un segnale positivo non ambiguo nel senso che esso comunica sensazioni positive quando non sono presenti altre azioni muscolari, ed esso, quindi non è elemento che comunica emozioni negative. L’abbassamento delle sopracciglia da solo (AU 4, depressore delle sopracciglia e/o procero) da solo o in combinazione con l’innalzamento (AU 1 e/o 2, frontale) e/o l’avvicinamento delle stesse sopracciglia (AU 3, corrugatore del sopracciglio), senza la presenza di altre azioni negative, non è necessariamente un segno di emozione negativa (Oster, 1978) come già descritto. L’Action Unit 10 (elevatore del labbro superiore), diversamente dall’Action Unit 9, è segno non ambiguo dello stato negativo.

Ciò che sembra interessante è il fatto che le maggiori differenziazioni tra espressioni positive e negative sono emerse dal tentativo di descrivere le espressioni facciali di neonati sottoposti all’assaggio di sapori differenti. Nella ricerca di Rosenstein e Oster (Rosenstein e Oster, 1988) effettuata su bambini a due ore dalla nascita, ai quali sono state somministrate sostanze amare, acide e salate, si è rilevato come questi siano stati in grado di produrre dei responsi di espressioni facciali negative differenziate, corrispondenti alla sostanza somministrata (chinino diluito, acido citrico e soluzione salina rispettivamente) così come si sono ottenuti responsi differenziati alla sostanza dolce (soluzione glucosata). I neonati, in tutte e tre le somministrazioni di sostanze non dolci, hanno esibito azioni del volto negative nella parte media ed alta del volto, incluso l’arricciamento del naso (AU 9) e/o il sollevamento del labbro superiore (AU 10) che corrispondono alla espressione di disgusto nell’adulto – concordemente quindi con l’ipotesi di Darwin secondo il quale l’espressione di disgusto ha la sua origine nel rigettare sapori amari, cattivi o comunque ritenuti tali. Nella somministrazione dell’acido citrico i neonati hanno protruso le labbra verso avanti, mentre la soluzione amara ha fatto ritrarre le labbra ed aprire la bocca. Tali sapori, e la loro somministrazione hanno dimostrato la capacità di riconoscimento e quindi di discriminazione da parte di bambini tanto piccoli. Tali capacità quindi, possono essere anche viste nei termini della loro funzione adattiva, nella prevenzione alla non ingestione di sapori amari, potenzialmente pericolosi, o per la deglutizione di liquidi acidi (la contrazione delle labbra e delle guance stimolano la

salivazione). I neonati hanno dimostrato effetti negativi in presenza tutte e tre le somministrazioni negative, in tutte le regioni del volto, ma non hanno pianto e non hanno mostrato il classico “volto di pianto” con la bocca a forma angolare, quasi quadrata, tali espressioni non hanno fatto rilevare alcun stato di stress indifferenziato. Va comunque sottolineato che la precisa natura delle sensazioni soggettive provate non possono essere riportate con certezza (Oster, 1997).

2.15 MAX, AFFEX E Baby F.A.C.S., tre sistemi di codifica delle espressioni facciali a confronto

Il nostro lavoro mira ad osservare le espressioni di bambini sani, privi di patologie, capaci di attuare le espressioni del volto correttamente, codificabili quindi anche con altri sistemi di codifica quali il MAX (Maxinally Discriminative Facial Coding, Izard, 1982, 1995) e il sistema analogo, l’AFFEX (Affettive Expressions Scoring System, Izard, 1982). Noi abbiamo ritenuto di utilizzare il Baby F.A.C.S. (Facial action Coding System for Infants and Young Children, Oster 1978, 2007) poiché esso si concentra sulla regolazione delle emozioni, ponendo l’accento sulla loro organizzazione, se e come mutano d’intensità, se sono prototipiche o idiosincratiche, e se le esperienze di un neonato o di un bambino molto piccolo sono aspetti emotivi simili o diversi dalle esperienze di un adulto.

Alcune delle assunzioni sottolineate dai sistemi MAX ed AFFEX sono opposte rispetto al sistema che abbiamo deciso di usare, il Baby F.A.C.S., appunto. Rimangono comunque aperte alcune controversie sulla comprensione del fatto che i sistemi di codifica e di analisi hanno mostrato che la maggior parte delle espressioni facciali, presenti sul volto degli adulti, sono presenti anche nella mappa delle espressioni positive e negative, in reazione a stimoli corrispondenti, già durante i primi momenti di vita.

F.A.C.S., MAX ed AFFEX hanno molte cose in comune: per esempio tutti si concentrano sulla contrazione muscolare della fronte, degli occhi, delle guance e della bocca; essi concordano anche sulla maggior parte di quei movimenti facciali che costituiscono i segnali emozionali. Le differenze si evidenziano non tanto nella descrizione, quanto nell’orientamento teorico e sul significato assegnato a tali azioni.

Il MAX e l’AFFEX si focalizzano su un paradigma teorico di un limitato gruppo di espressioni prodotte dal volto adulto, il Baby F.A.C.S., invece, contempla tutti i movimenti facciali possibili ed in tutte le loro possibili combinazioni. Il MAX si concentra su tutti quei movimenti facciali che sono “approssimativamente” descrittivi di nove emozioni

specificatamente umane, risulta essere più immediato nell’applicazione, anche se tende ad operare un certo controllo nella regolazione dei movimenti delle nove emozioni descritte (interesse, sorpresa, gioia, rabbia, tristezza, paura, disgusto, contentezza e vergogna); esso contempla anche la combinazione di espressioni facciali che farebbero riferimento ad emozioni miste, quali, ad esempio la paura e la tristezza, comuni nei bambini.

Il MAX e l’AFFEX risultano essere due sistemi di codifica che stabiliscono “a priori” le configurazioni facciali dei neonati etichettandole sui prototipi delle espressioni facciali degli adulti, anche se tale strategia non da conto di almeno tre problemi fondamentali. Il primo, creando una sorta di espressione “tipo” per ciascuna emozione non si fa distinzione tra i

pattern organizzati di ogni singola espressione emozionale e quelle attività muscolari che

possono essere copresenti in modo fortuito o momentaneo. Secondo, questi due sistemi usano un numero ristretto di azioni facciali per categorizzare le espressioni del volto dei lattanti. Come già accennato, l’evoluzione dell’attività di taluni muscoli in una determinata espressione facciale non può essere codificata e quindi isolata da altre azioni che, per quanto leggermente simili, sono comunque diverse. Non c’è modo, infatti di descrivere le differenze tra le espressioni “prototipiche” degli adulti e le espressioni effettivamente osservate sui bambini e studiare quindi i continui cambiamenti nella forma di tali espressioni. Infatti, le espressioni negative dei neonati, così come descritte in tali sistemi, fanno riferimento ad emozioni negative discrete quali la rabbia, la tristezza e la paura, per esempio, anche se esse hanno una configurazione molto diversa dai prototipi previsti per gli adulti proprio nei termini dello sviluppo della muscolatura facciale (Oster, Hagly e Nagel, 1992). Terzo elemento, e forse il più importante, in questo approccio è l’implicita assunzione che i neonati che mostrano espressioni facciali identificate da tali sistemi di codifica sono considerate come esperienze che corrispondono a stati emozionali.

Sorgono inoltre problemi in presenza di attività muscolari che possono sembrare ambigue: non è previsto infatti un modo per rilevare se tali differenze sono significanti. Soltanto per fare un esempio si consideri l’abbassamento degli angoli della bocca e la contrazione del muscolo mentale (nel F.A.C.S. AU 15 e 17). Entrambe possono essere presenti nella cosiddetta espressine del “broncio” e della “bocca a ferro di cavallo”, seppure ad intensità differenti. (Oster e Ekman, 1978; Oster, 1982). Queste due forme del volto differiscono marcatamente da qualsiasi altra, differiscono le circostanze in cui vengono tipicamente prodotte e differiscono anche i loro correlati comportamentali. Con il sistema MAX la codifica dell’abbassamento degli angoli delle labbra e la contrazione del mento non può essere fatta separatamente, cosicché le due tipologie tipiche del “broncio” e della “bocca a

ferro di cavallo” non possono essere differenziate. Entrambe dovrebbero essere identificate come una presunta espressione di “tristezza-sconforto”. E’ un errore raggruppare assieme diverse espressioni facciali ed assumere che hanno lo steso significato emozionale senza tener presente che, se associate ad evidenze comportamentali, esse hanno significato distinto.

Con il sistema di codifica F.A.C.S. e conseguentemente con il Baby F.A.C.S. abbiamo la possibilità di descrivere compiutamente e con oggettività le espressioni che compaiono in differenti contesti comportamentali, con la possibilità di scoprire empiricamente quali messaggi queste espressioni trasmettono.

Capitolo 3.

Due espressioni facciali a confronto: il sorriso ed il pianto

Molto prima di incominciare a parlare il neonato è in grado di comunicare i propri bisogni e desideri usando diversi vocalizzi e gesti oltre alle espressioni. Il pianto è normalmente interpretato come un indicatore di dolore o comunque come un segno di disagio. Il sorriso, presente già prima della nascita nella sua forma endogena e successivamente, nella forma esogena, è l’espressione facciale con la quale il bambino ci comunica il suo agio, il suo benessere ed il suo piacere. Pianto e sorriso sono la prima forma di espressione vocale ed espressiva del bambino appena nato il cui scopo è quello di influire sull’ambiente sociale. Nel pianto, la quantità, l’alternanza e le pause, sono fattori determinanti per chi si prende cura del bambino al fine di comprenderne l’origine. Secondo Camaioni, Volterra e Bates (1986) questa è la fase preintenzionale, dove i diversi comportamenti assumono un significato per chi si trova vicino al bambino, ma non sono prodotti in modo conscio. Nel sorriso, l’ampiezza e la durata modificano la risposta emotiva dell’adulto che si avvicina al neonato in modo empatico. Il pianto ed il sorriso sono per il bambino un modo per dialogare, per “istruire” i suoi interlocutori a rispondere adeguatamente, per modificare l’ambiente ed iniziare a comprendere dinamiche e significati.