• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 1. LO STUDIO DELLE EMOZIONI

1.5 La misurazione delle emozioni

Stabilire cosa si intende per emozione condiziona anche il modo di come le si misurano. Se prendiamo in considerazione le emozioni dal punto di vista delle teorie cognitive, la misurazione si concentrerà prevalentemente sui fattori situazionali e concettuali che hanno innescato le reazioni, e la valutazione sarà attuata mediante l’auto-descrizione. Se invece ci si rivolge verso le teorie motivazionali, la misurazione sarà effettuata sulle modificazioni

fisiologiche del soggetto, modificazioni che fanno riferimento al sistema nervoso autonomo e, così come per l’approccio evoluzionistico, prenderemo in considerazione le espressioni facciali che comunicano le emozioni.

In ogni caso, qualsiasi sia l’approccio teorico, poiché c’è integrazione tra le teorie c’è anche integrazione delle tecniche. Quando si misurano le emozioni si può fare riferimento a quattro modelli di analisi: l’auto-descrizione, la valutazione del comportamento, la valutazione del prodotto del comportamento, le modificazioni fisiologiche e/o neuronali.

1.5.1 Misure autodescrittive

L’auto-descrizione come modalità di misurazione delle emozioni è uno dei più comuni modi di indagine degli stati emozionali degli adulti. Si basa sulla ingannevole semplicità dell’uso di aggettivi che descrivano lo stato d’animo provato. Uno dei problemi dell’uso di liste di aggettivi per la licitazione di stati emozionali è che molte delle parole adoperate sono vaghe e non è chiaro cosa implichino, dal punto di vista delle emozioni, per il soggetto che le preferisce. Una delle prime ricerche fatte in questo ambito (Goug, 1960) ha messo in evidenza come sia difficile stabilire quali parole sono emozioni e quali no. Il termine affetto era adoperato, per esempio, per indicare sia stati positivi che negativi. Un nuovo problema riguardava la suddivisione delle parole in gruppi. Tra gli studiosi, comunque è d’uso suddividere i termini che identificano affetti positivi ed affetti negativi 35 (Watson, Clark e Tellegen, 1988). Alcuni esempi di emozioni positive possono essere: interessato, eccitato, forte, orgoglioso, vigile, attivo. Esempio di parole che esprimono emozioni negative possono essere: angosciato, turbato, colpevole, ostile, nervoso, spaventato. Da questi studi, inoltre, è emerso che spesso i soggetti indagati circa i loro stati emozionali, hanno proposto associazioni inaspettate. Molti i modi di raggruppare ed analizzare i termini usati per identificare gruppi di parole che esprimono dei cluster di sensazioni collegate, uno di questi è il MAACL36 (Zuckerman e Lubin, 1965), formata da 132 aggettivi, novanta dei quali esprimono punteggi per l’ansia, la depressione e l’ostilità.

Il POMS37 (Lorr e McNair, 1984) è un sistema che raggruppa una lista di aggettivi: si tratta di sessantacinque parole che rappresentano sei dimensioni emozionali, quali rabbia/ostilità, depressione/abbattimento, vigore/attività, fatica/inerzia, tensione/confusione, amichevolezza. Il POMS è stato uno strumento molto utilizzato soprattutto in ricerche concernenti gli effetti

35 Il termine affetto è spesso, nella terminologia anglosassone è spesso usato in modo intercambiabile con la parola emozione.

36 Multiple Affect Adjective Check List.

sull’umore di droghe ed antidepressivi.

Il più breve strumento di auto-analisi è la lista redatta da Plutchik (Plutchik, 1995) composta da otto aggettivi: felice, impaurito, ben disposto, arrabbiato, interessato, disgustato, triste, sorpreso. Il soggetto ha la possibilità di indicare cinque livelli di intensità, oggetto di valutazione: per nulla, leggermente, moderatamente, fortemente, moltissimo.

Un’altra modalità per la valutazione delle emozioni è costituita dai questionari auto-descrittivi, in cui al soggetto viene chiesto di indicare quale di una serie di emozioni sia stata presente in un determinato episodio, indicandone l’intensità in base ad una scala suddivisa da tre a più valori. Un esempio di questionari autodescrittivi è l’Emotion Profile Index (EPI) elaborato da Plutchik e Kellermann (Plutchik e Kellermann, 1974). Per quanto riguarda le singole emozioni Tiberi (Tiberi, 1990) ha inventato la Chronic Boredon Scale, che permette di distinguere quattro tipi di noia: banale, culturale, metafisica, patologica. Ziv38 (Ziv, 1981) ha elaborato uno strumento per misurare il senso dell’umorismo, il Situational Humor Response Questionnaire, che mira a stabilire quanto frequentemente una persona sperimenta l’umorismo in situazioni diverse. Ma esistono scale per la misurazione della sindrome di Burnout, per la valutazione dell’umorismo in situazioni potenzialmente stressanti, per la valutazione dell’intensità di sintomi depressivi, per la valutazione della vergogna e del senso di colpa, per la valutazione dell’ansia, dell’amicizia, del disgusto, dell’amore, della rabbia, persino della gelosia.

1.5.2 Scale di valutazione del comportamento

Nello studio e nell’analisi delle emozioni, non sempre è possibile ed attendibile l’uso dei questionari autovalutativi utilizzati con i pazienti psichiatrici gravi, le persone affette da ritardo mentale grave, i bambini, soprattutto se molto piccoli, i lattanti, o gli animali. Lo studioso, in questi casi deve affidarsi all’osservazione di classi di comportamento che si presume riflettano emozioni, oppure analizzare stati emotivi, senza necessariamente indagare specifici comportamenti. Per i pazienti psichiatrici, per esempio, sono state sviluppate un gran numero di scale di valutazione dei comportamenti attinenti all’ansia (Clancy e Noyes, 1976)

Per i pazienti con grave ritardo mentale le scale di valutazione sono generalmente basate sulle capacità cognitive e funzionali, ciò non di meno, però, alcune includono degli items di valutazione dello stato emotivo. In una delle scale di valutazione più usate (Nihara, Foster ed altri, 1970) valutano tratti comportamentali inerenti la rabbia, l’aggressività e la timidezza.

1.5.3 Scale di valutazione per bambini e lattanti

Per l’ovvio fatto che i lattanti non sanno parlare ed i bambini più grandicelli abbiano incapacità linguistica sufficiente a descrivere i propri stati interni, per lo studio delle emozioni si fa largo uso di scale di valutazione del comportamento.

Birch, Thomas ed altri (Birch, Thomas ed altri, 1962) hanno effettuato uno studio che valutava il temperamento dei lattanti e le modificazioni che si attuavano nel tempo, con intervalli di tre mesi nel primo anno di vita e di sei mesi nel secondo. Per l’analisi erano prese in considerazioni attività fisiche e comportamentali quali il livello di attività, la prevedibilità del comportamento nel tempo, il ritmo respiratorio, la distraibilità, la durata e la persistenza dell’attenzione. Lo studio fu successivamente ripreso e sviluppato da Scarr e Salapetek (Scarr e Salapetek, 1970), sottoponendo i lattanti a degli stimoli molto vari: dalla presenza di persone estranee, dalla distanza dal pavimento, da una scatola a sorpresa, un cane meccanico, da rumori forti e da maschere. Lo studio ha dimostrato che la paura alle altezze aumentava progressivamente fino a circa diciotto mesi, mentre la paura agli altri stimoli rimaneva costante fino ai due anni. La paura agli estranei cresceva fino ai dieci mesi e poi rimaneva costante. Infine sembrava esserci stabilità nelle reazioni di paura quando il lattante veniva sottoposto più volte allo stesso stimolo. Tra le varie cose Scarr e Salpatek osservarono che il comportamento di paura era correlato ad un particolare schema comportamentale.

Tra le prime scale di valutazione emozionale dei bambini si ricorda la Fels Child Behavior Scales (Richard e Simons, 1941), con la quale vengono valutati i tratti di aggressività, affettuosità, capacità di controllo delle emozioni e l’efficacia dell’attività.

Un’altra scala di valutazione è quella descritta da Brody, Plutchik ed altri (Brody, Plutchik, Reilly e Peterson, 1973) con la quale cercarono di mettere in relazione i disturbi di comportamento in bambini di terza elementare con i tratti di personalità e assenze dalla scuola con il quoziente di intelligenza. L’analisi veniva effettuata su due livelli: il primo teneva in considerazione dodici tratti di personalità valutati dall’insegnante, il secondo si riferiva a dodici tipi di problemi incontrati normalmente incontrabili in classe, quali i problemi di lettura, di linguaggio, di isolamento, d’ira di iperattività, di aggressività ed altri.

Questi ed altri studi hanno permesso di concludere che è possibile misurare e quindi studiare le emozioni in lattanti e bambini anche se molto piccoli.