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Eros e la soddisfazione del piacere fisico

Come abbiamo accennato, una relazione d'amore del genere, volta al miglioramento dell'anima attraverso la filosofia, non è per tutti:

L'uomo la cui iniziazione risale a tanto tempo fa o che ormai corrotto non si slancia rapidamente di qui a là, verso la bellezza in sé, quando guarda quello che sulla terra porta il suo nome: così, invece di elevare il suo sguardo con venerazione in quella direzione, si abbandona al piacere, cercando come una bestia di montare e di spargere il suo seme; compagno dell'eccesso, non teme né si vergogna di inseguire piaceri contro natura (Fedro, 250e-251a).

Una relazione di eros filosofico come quella che abbiamo descritto non può esistere tra persone che provano solamente il desiderio di soddisfare il piacere fisico, ma si addice a coloro che hanno un'anima filosofica e amano trascorrere la vita in discorsi ispirati dalla filosofia. Queste caratteristiche che contraddistinguono gli individui sono considerate in un certo senso “innate”, poiché derivano dall'esperienza che l'anima ha avuto prima di incarnarsi. In questo passo i filosofi vengono distinti da coloro che provano esclusivamente il desiderio di soddisfare i propri impulsi fisici, ma, come abbiamo visto indagando la natura dell'anima, la questione è ben più complessa. Nel Simposio il desiderio erotico, con il relativo aspetto passionale, è presente, ma è il primo che va incontro ad una sublimazione trasformandosi in apprezzamento “estetico”, o per così dire “contemplativo” della bellezza dell'altro. Abbiamo a questo proposito sottolineato il contrasto con l'eros socratico, che prevedeva piuttosto una repressione del desiderio. N e l Fedro viene presentato un quadro più ampio della condizione umana, i cui molteplici desideri e spinte motivazionali, come il desiderio di onori o, appunto, quello passionale, sono ricondotti alla composizione interna dell'anima, di cui nel Simposio non si parla. Anche se Socrate sembra sostenere che la felicità risieda nel raggiungere gli scopi del desiderio razionale, si può ipotizzare che i desideri non razionali possano contribuire all'avere una vita felice, svolgendo un ruolo positivo in due sensi: il primo è che possono essere un'importante fonte di motivazione all'azione, e il secondo è che in quanto rispondono alla bellezza possono

guidare in vista del perseguimento del bene79. F. Sheffield fa presente che questa inclusione degli elementi non razionali nel Fedro può essere vista come una compensazione dell'eccessivo razionalismo del Simposio, ovvero come un completamento della dottrina erotica esposta da Diotima, il che favorirebbe un'interpretazione “debole” del confronto tra i due dialoghi, che viene solitamente contrapposta ad una “forte”, secondo la quale la teoria del Fedro sarebbe un tentativo di correzione di quella del Simposio80. Nel Simposio l'unica distinzione che ritroviamo tra gli individui è basata su una diversa concezione di quale sia il bene che sta al centro di una vita felice: gli affari, la ginnastica o la filosofia. Gli studiosi fanno notare che, per sostenere il parallelismo con la tripartizione dell'anima che emerge nel Fedro e nella Repubblica, occorrerebbe mostrare che ogni individuo contiene in sé tutte e tre queste tendenze e, nella formulazione della sua concezione del bene, si trova a privilegiarne una piuttosto che un'altra. Alla luce della Repubblica possiamo affermare che per distinguere le diverse parti dell'anima occorre un qualche criterio, come quello di “opposizione” presente in quest'ultimo dialogo platonico81. Questo non è possibile in relazione al Simposio, perché Platone non dà informazioni sufficienti per estrapolare una teoria dell'anima82. Tuttavia, per Sheffield, la teoria della tripartizione dell'anima non è incompatibile con la dottrina erotica del Simposio83.

Nel Fedro, rispetto al Simposio, è enfatizzato l'aspetto irrazionale di eros: come abbiamo visto, quando l'individuo si trova colpito dal sentimento amoroso accade qualcosa che la ragione non è del tutto in grado di comprendere, ma entra in gioco la mania. Gli aspetti non-razionali presenti nell'anima, ovvero la passionalità e l'animosità, come

79 Cfr. Sheffield, op. cit., p. 226. 80 Cfr. Ivi, p. 219.

81 Vedi infra, pp. 110-115. 82 Cfr. Sheffield, op. cit., p. 217. 83 Cfr. Ivi. p. 232.

abbiamo visto descrivendo la lotta interna all'anima durante il processo di reminiscenza, sono prima di ostacolo e poi di aiuto nel movimento verso l'alto dell'anima, che però è sempre guidata dalla ragione. In questo senso, la teoria della virtù e della felicità non subisce sostanziali modificazioni in Platone. In entrambi i dialoghi lo scopo eros tende al bene, che si ottiene attraverso la contemplazione delle Idee (Fedro 247c e Simposio 211d), e in entrambi il processo è innescato dalla visione della bellezza.

Se riprendiamo l'interpretazione di eros come energia psichica delineata da Cornford, possiamo pensare alla lotta interna all'anima come a una ricanalizzazione del flusso del desiderio che, mentre nel Simposio andava incontro ad una progressiva sublimazione dirigendosi verso oggetti sempre più astratti, nel Fedro si presenta come una ridistribuzione dell'energia in quantità diversa all'interno delle distinte parti dell'anima. Questo processo avviene in maniera immediata, attraverso uno sconvolgimento interiore intenso e irrazionale, per cui l'energia che in un primo momento si dirige come un fiume in piena verso la parte passionale dell'anima finisce, nel caso dell'eros che si instaura tra anime filosofiche, per essere canalizzato perlopiù verso la parte razionale, quella divina, che, attraverso i discorsi filosofici, ricerca la conoscenza. In questo modo una minor quantità di energia affluisce alla parte passionale dell'anima, e il cavallo nero può più facilmente essere domato. La temperanza che caratterizza l'eros filosofico può essere vista, così, come una distribuzione equilibrata dell'energia psichica all'interno delle tre parti dell'anima, che, come viene ribadito anche nella Repubblica, prevede che ad essere privilegiata sia la parte razionale.

Il Fedro, aggiunge, rispetto al Simposio, che, in quanto umani, siamo sensibili a spinte motivazionali presenti nella nostra anima che possono essere in contrasto tra loro. Sostiene anche, però, che possiamo raggiungere una condizione di armonia tra di esse tale

che le passioni contribuiscono alla nostra felicità. Platone non afferma da nessuna parte che dobbiamo eliminare gli appetiti fisici o la sete d'onore, ma invita semplicemente a domarli come si addestrano dei cavalli ineducati. Il desiderio razionale che mira alla contemplazione e alla conoscenza delle Idee resta l'aspirazione più alta che il filosofo, se vuole essere virtuoso, deve assecondare e porre alla base della sua vita, senza lasciare che le altre motivazioni presenti nell'anima lo distraggano da questo scopo, ma facendo in modo che invece vi contribuiscano.

Secondo Fussi, la differenza tra un cavallo nero educato che si muove verso l'alto in modo unitario insieme a tutta l'anima, e uno ineducato che si ostina ad opporsi alla direzione imposta dall'auriga, corrisponde alla differenza tra un semplice appetito, quello proprio ad esempio degli animali, e un appetito umano: nel bisogno umano vi è un'interruzione della continuità con l'elemento naturale, un taglio del cordone ombelicale che lega direttamente l'essere vivente alla natura, dovuto alla relazione dell'ala con la verità84, che permette il movimento verso l'alto. Grazie all'ala l'anima entra in contatto con “ciò che veramente è”, si stacca dalla dimensione terrena, e prova un tipo di desiderio che può essere guidato o influenzato, anche se con difficoltà, dalla ragione. Lo stesso non può accadere negli animali, in cui il legame con la natura è caratterizzato da una continuità che non può essere interrotta, e i cui bisogni sono caratterizzati da un approccio assimilativo, quello che abbiamo visto caratterizzare il tipo di amore descritto da Socrate nel suo primo discorso, in cui l'amato era per l'amante «come cibo per saziarsi» (Fedro, 241c). Il desiderio che prova chi mette le ali, al contrario, non mira a trasformare l'oggetto del desiderio in qualcosa da consumare e trasformare, ma riconosce il carattere sovrabbondante, inesauribile e generoso della verità. Risulta evidente l'affinità con

l'atteggiamento adottato degli dei durante il loro percorso di contemplazione delle Idee: essi non lottavano tra loro per riuscire a nutrirsi in maniera maggiore della verità, ma comprendevano come essa fosse inesauribile e non assimilabile85.

Questa lettura invita ad immaginare che come il cavallo nero che mette le ali conferisce all'anima un modo di desiderare moderato e rispettoso dell'alterità dell'oggetto del desiderio, allo stesso modo un cavallo bianco alato conferisca all'animosità quella temperanza per cui essa non degenera in arroganza e vanagloria. D'altronde, una ragione senza ali può essere qualcosa che allontana dalla verità piuttosto che una mezzo per raggiungerla, ovvero un semplice strumento di conformismo del tutto opposto ad una forma di pensiero libera e indipendente, capace di percorrere la strada della filosofia86.