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Questa conquista della verità da parte dell'anima, che si ottiene grazie ad eros, viene accostata nel Simposio alla generazione: un aspetto di eros che già Agatone aveva accennato33. Socrate sostiene che, desiderando di possedere il bene “per sempre” gli uomini di fatto desiderano l'immortalità (Symp. 207a) ed è evidente che per gli esseri umani, data la loro condizione mortale, raggiungere l'immortalità non è possibile, se non lasciando tracce di sé, attraverso una qualche forma di generazione (Symp. 207d).

Si può vedere qui anche una ripresa del discorso di Fedro, poiché un modo in cui gli uomini possono cercare di ottenere l'immortalità è la fama, conquistare l'onore e fare in modo che di tale onore resti memoria il più a lungo possibile: questo è quello che ha mosso all'azione Achille quando ha deciso di sacrificare la sua vita per Patroclo. Diotima interpreta gli esempi di sacrificio per amore presentati da Fedro come tentativi di ottenere l'immortalità mediante l'esecuzione di atti gloriosi. Ne sottolinea l'irrazionalità spiegando come gli uomini ambiziosi «sono investiti dalla veemente passione di diventare celebri e di lasciare gloria immortale per l'infinito avvenire, e per questo sono pronti ad affrontare qualsiasi pericolo ancor più che per i figli, e a dilapidare i propri beni e a sopportare qualunque fatica e a morire a questo fine» (Symp. 208c-d). Fussi34 fa notare, richiamando la trattazione dell'Etica Nicomachea di Aristotele, che l'onore, la fama, il riconoscimento sociale che qui si ricercano sono cose che dipendono da qualcun altro a cui viene delegato il potere di stabilire se siamo o meno in possesso di certe qualità. È qualcosa che poggia sull'opinione, sull'apparenza, e questa è la ragione per cui Platone non parlerà di questo

33 Vedi supra, 18.

tipo di amore quando fa esporre a Diotima la sua dottrina erotica, che, come vedremo più avanti, è caratterizzata da un progressivo distacco dall'apparenza sensibile e da un legame sempre più stretto con la verità ideale.

Per tornare al discorso di Socrate, dopo aver ripreso le parole di Fedro vengono distinti due tipi di generazione: una che si ottiene tramite i figli e l'altra conquistabile con la virtù. La prima è legata alla dimensione corporea, mentre la seconda è legata alla sfera dell'anima:

Dal momento che l'amore consiste sempre in questo […] questa attività consiste nel partorire in bellezza sia nel corpo sia nell'anima. […] Tutti gli uomini, o Socrate, concepiscono e nel corpo e nell'anima, e una volta che siano giunti a una determinata età, la nostra natura desidera partorire (Symp. 206b-c).

Questa riflessione non può non riportare alla mente la “maieutica” socratica, che era ovvero la tecnica che Socrate nel Teeteto dice di utilizzare per portare alla luce la verità che ritiene già presente nell'anima dell'interlocutore: ne abbiamo visto un esempio pratico nel primo capitolo, in particolare quando abbiamo descritto nell'Alcibiade I la cosiddetta pars construens del metodo socratico35. Se la confutazione costituisce il procedimento attraverso il quale Socrate conduce il suo interlocutore alla consapevolezza della propria ignoranza o della falsità delle sue opinioni, l'arte maieutica è quella che permette al filosofo di far scoprire ai suoi interlocutori verità preziose che essi non erano consapevoli di possedere già.

Nel Teeteto Socrate afferma: «il dio mi costringe a fare da levatrice, ma mi ha

proibito di generare» (Theaet. 150 c), e poco prima aveva detto in riferimento ai suoi allievi: «da me non hanno imparato mai nulla, ma da loro stessi scoprono e generano molte cose belle» (Theaet. 149a). Ricordando come sua madre Fenarete fosse un'abile e stimata levatrice, Socrate rivendica l'ascendenza divina dell'arte di entrambi, «ricevuta in dono da un dio: lei per le donne, io per i giovani nobili e per quanti sono virtuosi» (Theaet. 210 c- d). Ritroviamo nel Simposio questa distinzione tra la generazione che avviene attraverso i corpi e quella riguardante le anime. Anche in questa riflessione, possiamo pensare che Platone sia debitore al pensiero e alla pratica filosofica del maestro, e possiamo leggervi il tentativo di integrare questo dato nel proprio quadro concettuale, in cui istituisce una connessione decisiva tra generazione e contemplazione delle Idee: questa diviene ancor più evidente nel Fedro, in cui si afferma che il raggiungimento del mondo delle Idee può avvenire attraverso l'anamnesi, che consiste nel portare alla luce qualcosa che è già presente dentro la propria anima36.

Nel Simposio si afferma prima di tutto che c'è uno stretto legame tra la generazione e la bellezza:

la nostra anima desidera partorire; però non può partorire nel brutto, ma solo nel bello. E l'unione di un uomo e di una donna è il partorire. Questa è cosa divina, e negli esseri mortali è cosa immortale il concepire e il generare, che d'altra parte non possono realizzarsi nella disarmonia. E il brutto è in disarmonia, il bello in armonia con tutto ciò che è divino. Dunque per la generazione Bellezza è Moira e Ilitia. Di conseguenza quando ciò che è pregno si accosta al bello, diventa lieto e per la gioia va in deliquio e partorisce e genera; quando invece si accosta al brutto, si fa torvo e per il dolore si contrae e ne è respinto e torna indietro e non genera, ma soffre di dover trattenere il feto. Pertanto l'essere pregno e ormai turgido è colto da grande eccitazione alla vista del bello, poiché il bello libera chi lo possiede da una doglia immensa (Symp. 206c-d).

Il ruolo decisivo della bellezza è uno dei punti centrali della teoria erotica di Platone: poiché la bellezza è in armonia con tutto ciò che è divino, permette che avvenga la generazione, come desiderio di immortalità, che è per l'appunto, qualcosa di esclusivamente divino. Vedremo tra poco che la scala amoris, ovvero il percorso d'amore che il filosofo può compiere per raggiungere il mondo delle Idee, vedrà in ogni sua tappa come elemento di progresso imprenscindibile proprio la bellezza. Il passo che abbiamo riportato è immediatamente seguito da un chiarimento: Diotima precisa che l'amore non è “amore del bello”, come credeva Socrate, bensì amore “della generazione e del partorire nel bello” (Symp. 206e). Non resta che specificare che cosa accada di preciso quando ha luogo la generazione. Un individuo che sia gravido spiritualmente

qualora incontri un'anima e bella e nobile e bennata, agogna intensamente e l'anima e il corpo e subito con questo individuo si profonde in discorsi sulla virtù e su come debba essere un uomo virtuoso e quali attività debba praticare, e si sforza di educarlo. Infatti, credo, venendo a contatto con chi è bello e frequentandolo, partorisce e genera ciò di cui era pregno da tempo, e che sia presente o lontano, lo ha sempre in mente e alleva il generato insieme con lui, al punto che simili persone hanno fra loro una comunanza molto maggiore che se fosse comunanza di figli, e un affetto molto più saldo, dal momento che hanno avuto in comune figli più belli e più immortali (Symp. 208e-209c).

In questo passo Socrate parla dell'amore tra due anime “simili”, che condividono lo stesso desiderio di divenire virtuose, e che trovano nella relazione erotica la possibilità di realizzare il loro desiderio. Platone presenta una relazione idealizzata fra amante e amato simile a quello che Socrate instaura con i suoi allievi: si tratta di una relazione in cui l'oggetto dell'amore è l'anima piuttosto che il corpo, e in cui entrambi gli individui coinvolti condividono la ricerca della virtù. In Platone però, come abbiamo già accennato a

proposito del discorso di Erissimaco,37 vi è un aspetto di de-individualizzazione dell'eros che lo distingue da quello socratico, per cui l'amore che caratterizza la relazione erotica tra due individui risulta essere manifestazione particolare di un eros più generale:

in generale ogni desiderio del bene e della felicità si identifica per chiunque nel sommo e astuto amore; ma di coloro che lo cercano per molteplici sentieri, attraverso gli affari o la ginnastica o la filosofia, non si dice né che amano né che sono amati; coloro invece che tendono e si appassionano a una certa forma particolare prendono il nome dell'intero, amore e amati e amanti (Symp. 205d).

Eros non si realizza esclusivamente nel sentimento presente tra i due individui coinvolti in una relazione d'amore, ma è una forza desiderativa che può indirizzare l'individuo per molteplici e distinte vie. La questione erotica in Platone si fa così più profonda e complessa rispetto alla dottrina socratica, che si muoveva interamente sul piano umano. L'eros di cui Platone parla nella scala amoris mostra subito aspetti di distinzione rispetto a quello socratico: è una forza propulsiva che spinge e poi accompagna l'innamorato lungo un percorso che lo conduce alla sapienza, agendo come una corrente desiderativa che può essere variamente canalizzata all'interno dell'anima e che possiede la capacità di elevarla dal mondo sensibile a quello ideale, dove potrà attingere alla verità (Symp. 212b), e raggiungere quella sfera di esistenza che è l'unica in cui «la vita è per l'uomo degna di essere vissuta» (Symp. 211d).