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Come abbiamo detto, la teoria erotica di Platone si pone sulla scia del pensiero socratico. Tuttavia, Platone vede l'eros presente nella relazione d'amore tra due individui come un aspetto particolare di un più generale eros, che egli definisce come desiderio di possedere il bene e possederlo per sempre (Symp. 206a). Come abbiamo anticipato, prima di far esporre la sua visione erotica per bocca di Socrate, Platone fa presentare cinque discorsi di elogio nei confronti di eros da esponenti dei vari campi del sapere contemporaneo. Passiamo velocemente in rassegna gli aspetti di tali discorsi che sono in qualche modo connessi con la nostra indagine sul collegamento tra eros e conoscenza.

Nel primo discorso, quello di Fedro (Symp. 178a-180b), che riporta la voce della morale tradizionale, vediamo che prima di tutto amore è un dio, e ritroviamo quegli elementi caratteristici delle relazioni pederastiche diffuse ad Atene a cui abbiamo fatto riferimento nel primo capitolo20 per contestualizzare la figura di Socrate come amante- filosofo:

Ciò che deve servire da guida per tutta l'esistenza agli uomini che intendono vivere degnamente, né la parentela è in grado di installarlo né gli onori né la ricchezza né altra cosa alcuna se non l’amore. E cosa intendo con questo? Vergogna di fronte a ciò che è brutto, aspirazione alle cose belle, senza le quali né città né individuo possono compiere imprese nobili e grandi. Affermo anzi che un uomo innamorato, se fosse colto a commettere un’azione riprovevole oppure subirla senza reagire per mancanza di coraggio, non si cruccerebbe di essere visto da suo padre o dai suoi amici o da chiunque altro quanto dal suo amato. E possiamo notare che lo stesso vale per l’amato, che sente vergogna soprattutto di fronte all’amante, se lo si scopre immischiato in qualcosa di brutto. Così se si potesse fare in modo che una città o un esercito fossero esclusivamente composti di amanti e di amati, si realizzerebbe il miglior governo possibile in quanto essi si asterrebbero da qualsiasi azione riprovevole e gareggerebbero in reciproca emulazione; e combattendo gli uni accanto agli altri, anche in pochi avrebbero la meglio, oserei dire, su tutta l'umanità (Symp. 178c-179a).

Nelle parole di Fedro viene sottolineata la capacità di eros di aiutare gli uomini a vivere in maniera onorevole, attraverso il particolare rapporto di educazione e guida che si instaura tra amante e amato. Il nucleo del suo discorso è costituito dalle conseguenze etiche, ovvero dagli effetti buoni e utili che eros produce su coloro che sono coinvolti nella relazione amorosa. La consapevolezza di essere sotto lo sguardo del proprio amante, da un lato ispira azioni coraggiose e onorevoli, dall'altro porta entrambi i membri del rapporto ad astenersi dal compiere azioni che li potrebbero far vergognare. Nella società greca, ciò che conta è la visibilità dell'azione, che viene ritenuta virtuosa in base a parametri di giudizio condivisi dalla comunità.

Le parole che Fedro pronuncia a proposito della funzione fondamentale della vergogna ci riportano alle riflessioni che abbiamo fatto nel primo capitolo a proposito del ruolo di tale emozione nella confutazione socratica, e mostrano che all'interno della tradizione greca vi era una certa consapevolezza del forte legame presente tra eros e

vergogna21. Benché Socrate sfruttasse questo legame per ottenere maggiore effetto sull'anima del suo interlocutore, abbiamo già precisato gli aspetti fondamentali che nella sua attività filosofica lo portavano a distaccarsi profondamente dalla tradizione: la relazione erotica che Socrate instaurava con i suoi giovani discepoli non aveva lo scopo di favorire comportamenti decorosi che si mantenessero in linea con la morale corrente, ma intendeva porre le basi di una vita buona e autentica proprio mettendo in discussione tale morale. La vergogna e il suo legame con eros erano sfruttati dal filosofo per favorire la svolta verso l'interiorità, che abbiamo visto stare alla base della conoscenza e della cura di sé.

Nel discorso di Fedro la vergogna non sembra avere tuttavia un ruolo positivo nei confronti della cosiddetta “svolta verso l'interiorità”, non compare il legame con una virtù interiore, con la saggezza filosofica, ma il parametro con cui è misurata tale emozione è il punto di vista dell'altro, dell'amante, che non fa altro che rispecchiare i valori diffusi nella cultura ateniese. Il vantaggio offerto dalla relazione amorosa agli innamorati sta in una maggiore spinta a rendere il proprio comportamento adeguato alle aspettative sociali. In altre parole l'obiettivo finale dell'eros non è la “vita nobile” o virtuosa come per l'eros socratico. Viene mantenuta la visione di eros come una potente forza motivazionale che è capace di trasformare i comportamenti dell'individuo grazie alla volontà di compiacere la persona innamorata, ma ciò a cui si cerca di adeguare la propria condotta non è un alto ideale di saggezza filosofica, bensì solamente l'aspettativa di una società i cui valori fondamentali sono onore e ricchezza. E questo a patto che l'amante sia veicolo di tali valori: Fussi fa notare che quello che Fedro sta proponendo è di fatto un desiderio di soddisfare le aspettative dell'amante, qualsiasi esse siano, solo per non provare vergogna

nei suoi confronti. Se si tratta di compiere azioni eclatanti ma per niente nobili e virtuose, possiamo pensare che l'amato sarebbe disposto a compierle. Tuttavia, secondo Fussi, Fedro non intende proporre una tale concezione relativistica dell'eros: la sua convinzione di fondo è che eros possa portare l'amato a compiere azioni nobili anche se in contrasto con la propria natura22.

La crescita dell'amato, che consiste nell'adottare certi comportamenti moralmente corretti di fronte agli occhi dell'amante, è inserita in un contesto di asimmetria23 tra amante e amato, e trova conferma là dove si dice che gli dei mostrano maggiore ammirazione per atti compiuti per amore da parte dell'amato nei confronti dell'amante, piuttosto che il contrario, «essendo l'amante, in quanto è invasato dal dio, cosa più divina dell'amato» (Symp. 180b). Fedro richiama l'esempio di due personaggi omerici, Achille e Patroclo, in cui il sacrificio di Achille per il suo amante viene notevolmente onorato e ricompensato dagli dei, proprio perché , inaspettatamente, proveniente da un amato nei confronti del suo amante. Il punto principale di questa asimmetria è costituito dal fatto che l'amore dell'amante proviene direttamente dal dio, mentre quello dell'amato sembra avere una ragione diversa.

A questo proposito, Fussi distingue le motivazioni di fondo che muovono amante e amato: il primo ama il secondo per la sua bellezza ed è in preda al sentimento amoroso, mentre il secondo è mosso da vanità, vuole di fatto compiacere l'amante e ottenere il suo apprezzamento24. Achille, in qualità di amato, ha sacrificato la sua vita non per salvare il suo amante, o poter stare con lui, ma solamente per vendicare la sua morte, in nome dell'onore.

22 Cfr. Fussi, The desire for recognition in Plato's Symposium, in Arethusa 41, 2008, p. 245. 23 Cfr. Ivi, p. 243.

La condizione di asimmetria evocata nel discorso di Fedro assorbe inerzialmente una visione tradizionale, ma ricorda quella che si pone a proposito del rapporto tra Socrate e Alcibiade nell'Alcibiade I25. In questo caso, la simmetria sembra venir meno per volontà del filosofo, che si preoccupa di porsi sullo stesso piano di Alcibiade dicendogli che entrambi, allo stesso modo, necessitano di ricevere un'educazione (Alc. I, 124b-c). Ora, la mitigazione di questa simmetria è peculiare dell'eros socratico e si spiega con l'idea che sia finalizzata ad un percorso “condiviso” da parte di entrambi gli individui coinvolti nella relazione d'amore.

La valenza educativa dell'amore emerge anche dal discorso di Pausania (Symp. 180c- 185c), per il quale esistono specie migliori e specie peggiori d'amore. In questo discorso emergono lati negativi di eros che non erano stati presi in considerazione da Fedro, per il quale amore è un dio che favorisce esclusivamente la crescita e il miglioramento degli individui coinvolti nella relazione amorosa. Pausania riprende esplicitamente la questione dell'eros paidikos, ovvero del rapporto insieme erotico e educativo istituzionalizzato nella città greca Atene, e distingue un tipo di amore ispirato da Afrodite volgare e uno ispirato da Afrodite celeste:

Ed è ignobile quell'amante volgare che si innamora piuttosto del corpo che dell'anima; e del resto non può essere nemmeno costante, giacché è innamorato di qualcosa che costante non è. Non appena appassisce il fiore del corpo, di cui era innamorato, s'invola lontano, smentendo tanti discorsi e tante promesse; ma chi si innamora di un nobile carattere, ne resta amante per tutta la vita, in quanto si fonde a cosa che resta. […] Tale è l'amore della dea celeste, e degno di sommo onore così da parte della collettività come dei singoli, in quanto costringe sia l'amante che l'amato a tendere alla virtù con tutte le loro energie, ognuno per la sua parte. Tutti gli altri generi d'amore appartengono all'altra, alla dea volgare (Symp. 183d-185c).

Per Pausania i due tipi di amore diversi corrispondono a due tipi di amanti diversi. Vi sono quelli ispirati da Afrodite volgare, che, amando sia uomini che donne, prediligono il corpo piuttosto che l'anima, e per questa ragione desiderano principalmente l'appagamento fisico. Agli amanti ispirati da Afrodite celeste, invece, corrisponde un tipo di amore che coinvolge solo gli uomini. Si tratta della relazione omoerotica in cui l'amante prova amore per l'anima piuttosto che per il corpo, e che è finalizzata alla trasmissione della sapienza. Mettendo in luce la superiorità delle relazioni omoerotiche rispetto a quelle tra uomini e donne, Pausania riflette il pregiudizio della superiorità maschile che era diffuso nella società ateniese. Tuttavia, sottolineando i benefici intellettuali che un giovane può ricavare da questo tipo di rapporto, presenta spunti di riflessione comuni alla teoria erotica che Platone espone nel Fedro26: la figura dell'amante virtuoso descritto da Pausania è molto vicina a quella del filosofo educatore inteso come colui che può guidare il ragazzo fino alla conquista della sapienza e della virtù.

Nel passo citato, Pausania dice anche che il sentimento di chi ama l'anima è destinato a rimanere costante in quanto ama ciò che non muta. Questa affermazione, insieme alla distinzione tra un tipo di amore rivolto all'anima e uno rivolto al corpo, non possono non farci pensare al passo dell'Alcibiade I in cui Socrate fa notare ad Alcibiade come lui sia l'unico tra i suoi corteggiatori ad essere rimasto al suo fianco (Alc. I, 131c-d), mentre tutti gli altri si sono allontanati una volta che la sua bellezza corporea ha cominciato a svanire27. In quel frangente Socrate sottolineava la maggior autenticità di un amore rivolto all'anima: è l'anima che costituisce quella che è l'essenza dell'uomo. Anche nella concezione erotica

26 Vedi infra, p 27 Vedi supra, p. 22.

di Platone, come vedremo più avanti, l'anima è posta su un piano più alto rispetto al corpo e la presa di consapevolezza della superiorità della bellezza dell'anima rispetto a quella corporea è una tappa necessaria del progresso del filosofo verso la virtù.

Dopo che si è concluso il discorso di Pausania, la parola passa al medico Erissimaco (Symp. 185c-188e), il cui intervento segna una rottura significativa rispetto a quelli dei due oratori precedenti. Il medico amplia il raggio di azione di eros, spostandosi dal piano delle azioni dell'uomo al piano cosmico. Egli descrive eros come una forza cosmica che genera attrazione e desiderio in esseri dissimili, e genera accordo e armonia fra gli opposti. Questo principio di conciliazione degli opposti viene derivato da Erissimaco dall'arte della medicina. Di fatto, Erissimaco si preoccupa di elogiare la techne, in particolare quella medica, piuttosto che eros. La medicina è definita la scienza delle «inclinazioni amorose a riempirsi e a vuotarsi» (Symp. 186c) e il medico aggiunge che «colui che riesce a distinguere, all'interno di queste inclinazioni, fra l'amore bello e l'amore brutto, questo è medico veramente competente» (Symp. 186c).

Alla luce di questa definizione, eros sembra essere un flusso che attraversa l'anima come desiderio di riempimento e svuotamento. Inoltre, agisce come principio di armonia che riesce a rendere concordi gli elementi contrari del corpo. Il medico spiega che secondo il medesimo principio agisce anche la musica, che crea armonia fra i suoni discordi, l'astronomia da cui dipendono le stagioni, la ginnastica che conserva e produce ciò che nel corpo permette di ottenere la salute, l'agricoltura, che consiste nell'infondere eros buono nelle piante per farle crescere correttamente, e infine la mantica, che ha il compito di custodire e curare eros per garantire il rapporto fra gli dei e gli uomini.

Eros, dunque, nell'argomentazione di Erissimaco, viene depersonalizzato, dato che non è più considerato all'interno del rapporto fra due individui, ma è posto su uno piano

molto più generale, come una forza, un'energia che genera equilibrio e armonia. Benché la dottrina platonica dell'eros che emergerà più avanti nel dialogo si distacchi nelle sue linee essenziali da quella di Erissimaco, è possibile riscontrare un aspetto comune di de- individualizzazione. Come vedremo, per Platone il filosofo è invitato a sublimare progressivamente l'amore, in particolare l'impulso erotico e il relativo coinvolgimento emotivo nei confronti di un altro individuo, distaccandolo da esso e intraprendendo un percorso in cui eros è diretto verso oggetti via via sempre meno fisici e più generali.

Un altro aspetto importante del discorso di Erissimaco è la nozione di eros come flusso. Benché Platone nel Simposio non si esprima in questi termini, è da ricordare a questo proposito l'interpretazione dell'eros platonico come flusso del desiderio, proposta da F . M. Cornford in un suo importante saggio28. Si tratta di un'interpretazione che è stata ripresa da vari studiosi e di cui ci serviremo ampiamente più avanti per gettare luce sulla connessione tra eros, educazione e dialettica in Platone, ma è il caso di notare già qui che nel discorso di Erissimaco è possibile individuare un primo accenno a tale caratterizzazione di eros.

Per tornare ai discorsi pronunciati in elogio dell'amore, vediamo che al medico Erissimaco segue il poeta comico Aristofane (Symp. 189a-193e), nel cui discorso è contenuto quello che è divenuto uno dei passi più celebri del Simposio, ovvero l'esposizione del “mito dell'androgino” (Symp. 189d-193a). Aristofane ricorre a questo racconto per spiegare la genesi di eros, narrando che l'umanità era originariamente divisa in tre specie: uomo, donna e androgino. Ognuno di essi possedeva un corpo rotondo con due braccia, due gambe e due volti rivolti in direzioni opposte. Ad un certo punto queste

28 F. M. Cornford, The Doctrine of Eros in Plato's 'Symposium' , in F. M. Cornford, The unwritten

creature, ambiziose e dotate di grande forza, iniziarono a cospirare contro gli dei per prenderne il posto, così Zeus decise di tagliarle a metà al fine di renderle più vulnerabili. Una volta separati, questi esseri cominciarono a cercare la propria metà perduta, senza darsi pace fino a che non l'avessero trovata, e soffrendo terribilmente per l'impossibilità di potervisi riunire. Così Zeus, impietosito, avrebbe spostato i genitali in modo tale che fosse per loro possibile unirsi di nuovo, dando così vita alla natura umana attuale.

Il mito di Aristofane ha l'intento di spiegare l'origine dell'amore omosessuale e eterosessuale a partire dal desiderio di ricomposizione dell'originaria unità perduta. Secondo il mito, l'amore omossessuale deriva dalla riunificazione delle creature che in origine erano costituite dall'insieme di due uomini o due donne, mentre l'amore eterosessuale discende dall'androgino che, per metà donna e per metà uomo, ricerca il proprio corrispondente in una metà di genere opposto. Sulla base di tale storia, Aristofane offre l'importante tesi per cui eros è desiderio di interezza, bisogno di riappropriarsi di ciò di cui si è privi.

Questa riflessione anticipa un'affermazione che lo stesso Socrate pronuncerà in seguito, definendo eros come amore di ciò di cui si è mancanti (Symp. 200e). Questa riflessione emerge nel momento del dialogo in cui Socrate sta confutando la tesi sostenuta dal poeta Agatone, l'ultimo dei partecipanti al simposio a pronunciare il suo elogio nei confronti di eros. Prima di approfondirla vediamo nel dettaglio quest'ultimo discorso.

Agatone, la cui vittoria nell'agone tragico è all'origine dell'organizzazione del banchetto, sostiene la necessità di definire eros prima di passare ad elogiarlo (Symp. 194d- 195a). Si tratta di un atteggiamento che, dal punto di vista metodologico, Socrate approva, in quanto soddisfa l'esigenza di dare priorità, all'interno di una argomentazione, alla definizione di ciò di cui si va a parlare (Symp. 199c; Fedro 237c). Agatone definisce,

dunque, eros il più beato, il più bello ed il più insigne fra gli dei (Symp. 195a), aggiungendo che è giovane, in quanto rifugge la vecchiaia e si «accompagna sempre ai giovani» (Symp. 195b) e tenero, poiché si muove tra le cose più tenere, ovvero tra le anime degli uomini, e in particolare, ancora, tra di esse si insedia in quelle dal carattere più tenero (Symp. 195e). Descrive poi le virtù di cui si costituisce la natura di eros, ossia la giustizia, la temperanza, il coraggio e la sapienza. La giustizia di eros si ravvisa nel comportamento non violento con cui opera, la sua temperanza nella capacità di dominare desideri e piaceri, mentre la sua sapienza consiste nella poesia e nella creatività. Agatone, da letterato quale è, sottolinea proprio la capacità di eros di rendere poeti gli uomini e lo definisce «creatore valente in ogni creazione che attiene alle Muse» (Symp. 196e): è sotto il suo influsso, infatti, che sono state inventate le arti e la poesia. Su questa scia Agatone accenna al ruolo decisivo dell'amore nella procreazione, nella nascita e nella crescita di tutti gli esseri viventi, anticipando così una delle questioni che Socrate affronterà prendendo la parola subito dopo di lui.

Infine, il poeta afferma che eros è quel dio che possiede la capacità di ristabilire la pace e l'amicizia, ma soprattutto afferma che esso possiede una natura fluida, con quello presente nella caratterizzazione di eros data da che gli permette di entrare e di uscire di nascosto dall'anima (Symp. 196a). Questo riferimento alla sua fluidità è, insieme alla definizione di eros data da Erissimaco, un altro accenno significativo alla teoria platonica di eros come flusso del desiderio.