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L'ascesa del filosofo tra emotività, creatività e razionalità

L'ascesa del filosofo proposta nel Simposio è costituita da passaggi, gradini, tappe in

cui l'individuo prova amore per la bellezza di oggetti sempre più astratti, sempre più lontani dalla dimensione fisica, fino a giungere ad un'ultima tappa in cui, come vedremo, la dimensione emotiva che caratterizza il sentimento amoroso non è più chiamata in causa e cede del tutto alla ragione. A questo proposito potremmo parlare di una “purificazione dell'impulso erotico”38 e, adottando il modello proposto da Cornford nel suo lavoro già citato, possiamo dire che eros come flusso del desiderio finisce per essere canalizzato prevalentemente verso la razionalità.

Questa interpretazione, secondo la quale eros non è più visto solamente come sentimento, ovvero come qualcosa che appartiene alla dimensione emotiva dell'individuo, ma come una corrente di energia che può essere variamente direzionata fra emotività e ragione è effettivamente una chiave interpretativa utile per la comprensione della scala amoris.

Socrate dice, per l'appunto, che per giungere alla meta ultima è necessario che il filosofo sia abbastanza “irrobustito e cresciuto” (Symp. 210 d). In questa espressione possiamo leggere la necessità che il flusso di eros sia canalizzato il più possibile verso realtà ideali, rinforzando e apportando energia a quella facoltà dell'anima che possiede appunto la capacità di scorgere il Bello ideale. Benché nel Simposio non si parli della struttura interna dell'anima e della possibilità di individuare al suo interno parti o aspetti a cui attribuire distinte funzioni, come avviene invece nel Fedro e nella Repubblica, vedremo che durante l'ascesa al mondo ideale entrano in gioco diversi fattori che è possibile distinguere.

Prima di entrare nello specifico del percorso di iniziazione all'amore, occorre

38 Sassi, Eros come energia psichica, in Interiorità e anima, a cura di Migliori, Napolitano Valditara, Fermani, V&P, Milano, 2007, p. 291.

precisare che non si tratta di un percorso che tutti, indifferentemente, possono intraprendere. Wolfgang Detel39 mette in luce la distanza, dal punto di vista epistemologico, fra chi lo percorre e chi non lo fa, osservando che possiamo distinguere due meta-stati erotici che caratterizzano le diverse tipologie di amanti: l'eros che caratterizza chi non intraprende l'ascesa può essere descritto come quello di chi prova esclusivamente un desiderio fisico, senza sviluppare un apprezzamento estetico, per così dire, della bellezza dell'altro. Non si trovano in questo stato solo coloro che, di fronte ad un individuo che suscita loro desiderio fisico, non sono interessati a niente di più che soddisfare fisicamente tale desiderio, ma anche coloro che amano gli onori e la fama: tutti, allo stesso modo, non sanno e non riescono a raggiungere la consapevolezza che ci sono ulteriori possibili stadi erotici. Per intraprendere l'ascesa, infatti, occorre avere una qualche consapevolezza che c'è la possibilità di progredire, di sviluppare il proprio sentimento erotico, elevarlo e sublimarlo avvicinandolo sempre più ad una dimensione divina.

Il primo passo, quindi, affinché l'ascesa sia intrapresa è costituito dalla trasformazione del desiderio erotico in contemplazione per la bellezza della persona amata, e in questo passaggio è indubbiamente presente un primo distacco di eros dalla dimensione fisica.

Ad ogni gradino vengono introdotti oggetti d'amore sempre più lontani dalla sfera sensibile, di modo che il filosofo si trova di fronte a tappe che si succedono gerarchicamente e corrispondono a diverse modalità di espressione di eros.

Il passaggio da una tappa all'altra è favorita dall'intervento di tre diversi fattori, come ha notato J. M. E. Moravcsik in un'acuta lettura della scala amoris: uno è la componente

39 Cfr. W. Detel, Eros and knowledge in Plato's Symposium, in Franz Steiner Verlag Stuttgart (a cura di),

emotiva che caratterizza il sentimento erotico, quello che è comunemente chiamato “amore”, ma che abbiamo visto non esaurire il concetto di eros platonico, un'altro è la ragione, grazie alla quale si ottengono di volta in volta importanti conquiste cognitive, e l'ultimo è la creatività, che si esprime per lo più nella creazione di discorsi capaci di predisporre l'anima in direzione di nuove consapevolezze.

Diotima, dopo aver detto a Socrate che difficilmente da solo sarebbe in grado di “percorrere i gradini della visione suprema”, lo invita a seguirlo nella sua descrizione della scala amoris, all'inizio della quale

chi si dirige per la retta via, deve amare un determinato corpo e in esso generare discorsi belli e poi riconoscere che il bello di ciascun corpo è fratello al bello di un altro corpo, e quando si deve andare a caccia di ciò che è bello in apparenza, sarebbe troppo sciocco non ritenere che unica e indifferenziata è la bellezza che alberga in tutti i corpi (Symp. 210a-210b).

L'ascesa prende inizio con l'amore che un individuo dirige nei confronti di un altro, dal cui corpo è attratto. Ci troviamo quindi, inizialmente, su di un piano fisico, ma, come abbiamo accennato, segue subito un certo distanziamento da tale dimensione corporea attraverso il riconoscimento della bellezza estetica dell'amato. Avviene già su questo livello un atto creativo, che consiste nella generazione di discorsi belli. Non viene specificato il carattere dei discorsi che vengono creati, ma si pensa, anche sulla base del fatto che qualche riga prima sono stati nominati Omero ed Esiodo, che possa trattarsi di composizioni poetiche ispirate dalla bellezza dell'amato. È possibile individuare un'anticipazione di questo aspetto nel discorso che era stato pronunciato dal poeta Agatone, che aveva proprio sottolineato la capacità di eros di rendere poeti gli uomini40. Tuttavia

Agatone non aveva fatto riferimento alla bellezza come fattore decisivo per la creazione, mentre abbiamo visto che Socrate sottolinea abbondantemente, nella prima parte del suo discorso, il legame tra la bellezza e ogni tipo di generazione. Senza dubbio, i discorsi che vengono creati sono discorsi in grado di favorire un progresso, un avanzamento nel percorso del filosofo, una conquista cognitiva che permetta all'anima di elevarsi. Già in questo passo possiamo vedere che viene raggiunta una nuova consapevolezza: si riconosce che la bellezza di un singolo corpo “è sorella” di quella di ogni altro corpo bello. Questa importante conquista, che avviene attraverso l'attività della ragione, fa sì che l'eros inteso come sentimento provato nei confronti di un individuo subisca un qualche mutamento, se non altro nel proprio orizzonte di riferimento, in quanto viene sciolto dal legame con ciò che è puramente corporeo, e con una prima forma di “sublimazione”, si dirige “verso l'alto”, trascinando con sé l'anima.

Con questo passaggio l'amante può ascendere al gradino successivo, tappa in cui diviene capace di vedere la bellezza come qualcosa di “intellettuale”:

E quando uno se ne sia reso conto, bisogna far sì che si innamori di tutti i corpi belli, e che allenti la veemente passione per uno solo, giungendo a disprezzarla e a considerarla meschina, e poi prenda a stimare la bellezza che è nelle anime come più preziosa di quella che è nei corpi, di modo che, se l'altro è eccellente nell'anima ma possiede un ben modesto fiore di bellezza, sia contento di lui e lo ami e ne abbia cura ricercando e partorendo discorsi capaci di rendere migliori i giovani, affinché in seguito egli sia costretto a contemplare il bello che è nelle istituzioni e nelle leggi e ad avvedersi che la bellezza in ogni sua parte nata da un solo parto (Symp. 210b-210c).

L'amore che prima era diretto verso la bellezza di un solo corpo, adesso è rivolto alla bellezza che accomuna tutti i corpi belli, ritenuta superiore alla precedente, tanto che quella viene “disprezzata” e considerata “meschina”. A questo punto l'individuo si può ritenere abbastanza allenato da essere capace di spostare la sua attenzione dalla bellezza dei corpi a

quella dell'anima, con un passaggio accompagnato ancora una volta dal riconoscimento della superiorità di questo tipo di bellezza rispetto a quella che veniva apprezzata precedentemente. I giudizi negativi che l'anima formula via via in riferimento alle tappe precedenti mostrano il carattere gerarchico dell'ascesa, che prevede un progresso da qualcosa di più “basso” a qualcosa di più “alto” anche da un punto di vista del valore e della nobiltà della modalità con cui eros si esprime.

Nell'ultimo passo citato si parla nuovamente di creazione di discorsi, ma questa volta viene specificato che sono discorsi capaci di rendere migliori i giovani: possiamo pensare che si tratti di discorsi con enfasi morale, o semplicemente intellettuali e confutatori, volti a migliorare l'anima. Alla luce dello stretto legame tra elenchos socratico, emozioni e miglioramento dell'anima, di cui si è parlato anche in relazione al rapporto tra Socrate ed Alcibiade, viene spontaneo pensare che anche in questa formulazione teorica Platone sia debitore nei confronti del maestro e della sua pratica filosofica. Qualcosa di simile a ciò che accadeva con l'elenchos socratico, infatti, sembra accadere anche qui: i discorsi hanno come conseguenza un miglioramento dell'anima che permette all'individuo di progredire ancora nell'ascesa, dirigendo il proprio amore verso oggetti via via più staccati dal sensibile. Una volta compiuto questo passo, emerge ancora una volta un tipo diverso di consapevolezza, una conquista cognitiva che consiste nel cogliere l'unità della bellezza propria delle istituzioni e delle leggi.

Alla luce di queste prime tappe dell'ascesa vediamo che Platone ripropone due volte lo stesso schema: l'individuo prova prima di tutto “amore”, inteso come attrazione verso un qualche oggetto, che è di fatto una forza, un impulso che egli avverte a livello emotivo. Alla contemplazione dell'oggetto d'amore segue puntualmente un atto creativo, una produzione di discorsi che apre ad una conquista cognitiva decisiva affinché l'individuo

progredisca nella scala erotica. Sono tali chiarimenti cognitivi a conferire una maggiore conoscenza e consapevolezza riguardo agli oggetti per cui l'individuo provava attrazione.

Dopo aver notato che si potrebbe pensare, sulla base di questo, che eros non sia in grado di valutare gli oggetti a cui si rivolge, come se fosse una qualche cieca passione, Moravcsik avverte che, in realtà, l'amore non viene indirizzato di volta in volta verso nuovi e diversi oggetti in modo casuale, ma tenendo in qualche modo conto della loro natura, che possiede un qualche tipo di conoscenza riguardo ad essi che gli permette di avviare il successivo processo intellettuale41. Questa riflessione si connette facilmente a quegli studi che si sono occupati di indagare il “contenuto cognitivo delle emozioni”, cioè l'aspetto delle credenze valutative, dei giudizi di valore, che le emozioni portano con sé, e che Platone avrebbe ben presente. Ritorneremo su questo punto quando ci occuperemo dell'educazione nella Repubblica, dialogo in cui, grazie all'esplicita esposizione della dottrina della tripartizione dell'anima, potremo analizzare in modo più completo il rapporto tra emozioni e razionalità configurato da Platone.

Nella scala amoris, il successivo e ultimo livello dell'ascesa, quello che conduce l'individuo alla sua meta ultima, a differenza dei precedenti, non prevede più tappe emotive: lo spostamento della contemplazione verso la bellezza di oggetti sempre più astratti avviene ancora una volta grazie ad un atto creativo, ma questo non segue la scia dell'emotività, quanto piuttosto quella della ragione.

E dopo le istituzioni essa lo conduca alle scienze, perché ora veda la bellezza delle scienze, e guardando a un bello ormai molteplice, non sia più un individuo gretto e meschino che servendo presso un solo padrone, come uno schiavo, agogna la bellezza di un fanciulletto o comunque di un

41 Cfr. J. M. Moravcsik, Reason and Eros in the “Ascent”-Passage of the Symposium, in J. P. Anton – G. L. Kustas, Essays in Ancient Greek Philosophy, State Univ. of New York Press, Albany, 1971, p. 294.

solo individuo o di una sola istituzione, ma rivolto ormai al grande mare del bello, partorisca in virtù della speculazione molti e belli e magnifici discorsi e pensieri in un illimitato desiderio di conoscenza finché, irrobustito e cresciuto in questa sfera, penetri in un'unica scienza siffatta, la quale è scienza di un siffatto bello (Symp. 210c-d).

Questo passo mostra la più alta “sublimazione” di eros, che, pur essendo partito dalla dimensione corporea, approda ad un livello in cui di corporeo non compare più niente. ll passaggio dalla contemplazione delle istituzioni a quella della bellezza delle scienze, infatti, non prevede l'emotività: la produzione di discorsi che accompagna, ancora una volta, l'ascesa verso l'alto, è frutto di un atto esclusivo della ragione. Dalla contemplazione della bellezza delle scienze scaturisce la conquista cognitiva per cui si comprende, a livello razionale, l'unità della bellezza di tutte le scienze, e i discorsi che vengono generati hanno a che fare con un “illimitato desiderio di conoscenza”. Siamo così portati a pensare che il prodotto di tale atto creativo coincida con la filosofia, dato anche che Platone afferma spesso che in essa consiste l'attività più propria ed esclusiva della ragione.

Siamo giunti così al culmine dell'ascesa, dove finalmente l'individuo raggiunge la sua meta ultima, la contemplazione delle Idee:

Colui che sia stato educato fino a questo punto nell'amore, contemplando le cose belle una dopo l'altra secondo la retta via, scorgerà all'improvviso, una volta giunto al termine ultimo delle cose d'amore, un bello per sua natura meraviglioso, quello appunto o Socrate, in vista del quale sono state sopportate tutte le fatiche precedenti (Symp. 210 e).

La meta del percorso erotico è la visione del Bello in sé, una bellezza che è di natura meravigliosa. Al termine dell'iniziazione amorosa, l'individuo coglie una bellezza completamente diversa da quella che ha contemplato mentre si trovava ai gradini precedenti: essa è divina, lontana dalla bellezza corporea e sensibile. Si presenta come una

visione immediata, molto vicina ad un'intuizione improvvisa. Il fatto che si tratti di un'“intuizione” e non di una conquista cognitiva come quelle che abbiamo visto fino a questo momento, apre ad una delle questioni più spinose che gli studiosi platonici si sono trovati di fronte: cercare di comprendere come possa di fatto avvenire questa contemplazione delle Idee. Non si tratta di qualcosa ad opera della ragione, ma è qualcosa di non discorsivo che può avvenire esclusivamente attraverso la noesis, la visione intellettuale.

Platone, infine, dice che il Bello in sé si mostra come qualcosa che

esiste perennemente e non nasce e non muore mai, e non aumenta e non scema, e inoltre non è in parte bello e in parte brutto, né ora sì e ora no, né bello per un verso e brutto per un altro, né qui bello e là brutto, e come se fosse bello per alcuni e brutto per altri; né d'altra parte il bello gli apparirà come un volto o una mano o qualcos'altro che fa parte del corpo, né come un discorso o come una scienza, e neppure gli apparirà risiedere in qualcosa di diverso da sé, come a dire in un animale o nella terra o nel cielo o in qualche altro luogo, ma come qualcosa che è sempre in sé e per sé e ha un'unica forma, con tutte le altre parti facenti parte di quello in un certo modo siffatto che, mentre le altre cose nascono e periscono, esso non diventa in nulla né maggiore né minore e non è soggetto a nessun evento (Symp. 211 a-c).

L'oggetto finale di eros è dunque la bellezza ideale, qualcosa che sta al di là del mondo del divenire: il risultato dell'esperienza erotica è costituito da una verità che non si trova su questo piano di realtà, ma nel regno dell'immutabile. La bellezza che è possibile riscontrare sul piano sensibile, infatti, è imperfetta: anche se “partecipa” del Bello ideale e rimanda ad esso, è una realtà soggetta al mutamento, ben distinta da ciò che è veramente bello, che abbiamo visto trovarsi al di là del mondo del divenire.