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Eschilo

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 42-45)

2. Evoluzione macrostorica del diritto: la vasta storia di un’idea

2.1. I primordi di una storia

2.1.2. Eschilo

Intese come riti collettivi della polis, le tragedie greche devono essere considerate non solo cassa di risonanza per idee e problemi di natura politica concernenti la società ateniese, ma anche come occasione per condividere riflessioni su questioni più generali e astratte di ordine filosofico-politico e religioso. Non deve quindi stupire che già in alcune tragedie greche sia

5 A. McClintock, Il 753 a.C. L’anno zero del diritto, in F. Casucci (a cura di) Diritto di parola. Saggi di diritto e

letteratura, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009, pp. 243-256.

6 Ivi, p. 246.

7 M. Caroselli, La fondazione della città nel mito veterotestamentario, in G. Romagnoli (a cura di) Il mito in Sicilia, Palermo, Carlo Saladino Editore, 2007, p. 73.

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possibile rinvenire considerazioni concernenti l’evoluzione macrostorica del fenomeno giuridico. Infatti, l’Orestea (460-459 a.C.) di Eschilo8, unica trilogia tragica a noi pervenuta per intero, può esser letta come tentativo di cristallizzare in forma artistica la cruciale transizione tra due epoche giuridiche ben distinte, vale a dire il passaggio dal (pre)diritto basato su legge del taglione e pratica vendicatoria, al diritto basato sull’autorità dei giudici. Tale interpretazione dell’Orestea è suggerita da François Ost in Mosè, Eschilo e Sofocle. All’origine dell’immaginario

giuridico9. Ad incipit del secondo capitolo dedicato appunto all’analisi dettagliata dell’Orestea, Ost spiega in questo modo la sostanziale metamorfosi del fenomeno giuridico messa in scena da Eschilo nella trilogia:

Non è vietato pensare – gli storici del diritto ci esortano a farlo – che il giudice fosse, prima del legislatore, e molto prima dell’amministratore, la figura giuridica originaria: la prima autorità che, distaccandosi dalla comunità, sia stata investita del compito di dire il diritto per la comunità. Ma sarà stato necessario, per questo, che la comunità superasse un ostacolo veramente incommensurabile e nel quale si può vedere l’atto fondatore del diritto nella sua interezza: la rinuncia a farsi giustizia da sé e il ricorso a un terzo imparziale – al di sopra delle parti – per mettere fine a una disputa. Questo capitolo racconta tale passaggio, del resto mai interamente compiuto.10

Passando all’analisi dell’Orestea, si può allora anzitutto notare che il mondo che si rivela attraverso Agamennone e Coefore, primi due episodi della trilogia, è totalmente dominato dalla logica del taglione. Clitennestra uccide il marito Agamennone per vendicare la morte della figlia Ifigenia, sacrificata dal padre per propiziarsi le divinità in vista della guerra di Troia: non nasconde il suo delitto, lo rivendica in quanto totalmente legittimato dalla legge del taglione, ovvero dalla giustizia delle Erinni. Di questa giustizia “arcaica” si fa portavoce il Coro: «Oltraggio giunge su oltraggio: difficile giudicare. Chi preda è predato; chi uccide paga. Fin quando, nel tempo, rimane Zeus, rimane che chi agisce subisce: è legge»11. Nelle Coefore, similmente, protagonista indiscussa è la legge del taglione: Oreste uccide la madre Clitennestra per vendicare l’assassinio del padre Agamennone, dandosi poi alla fuga consapevole di esser divenuto egli stesso bersaglio dell’implacabile legge del taglione per il matricidio commesso12.

8 Eschilo, Orestea, Milano, Mondadori, 1981.

9 F. Ost, Raconter la loi. Aux source de l’imaginaire juridique, 2004, trad it. Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine

dell’immaginario giuridico, Bologna, Il Mulino, 2007.

10 Ivi, p. 75.

11 Eschilo, Orestea, cit., p. 141, vv. 1560-1564.

12 Numerosi studiosi dei sistemi di giustizia vendicatoria, tra i quali ad esempio Antonio Pigliaru, hanno sottolineato come la legge del taglione rischi di avviare una catena infinita di delitti che sono al tempo stesso sanzioni, con la conversione del predatore in preda, della vittima in colpevole, del giustiziere in giustiziato. Questo rischio è secondo Ost limitato dal fatto che la legge del taglione non impone come unica soluzione la vendetta, ma ammette

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È bene chiarire che la pratica vendicatoria di cui si parla non deve essere intesa come reazione istintiva e animalesca, ma come oggetto di una codificazione consuetudinaria rigorosa, come pratica istituzionalizzata che si inserisce in un articolato sistema di giustizia che, all’insegna della compensazione, mira non solo a ripristinare l’onore dello offeso (funzione privata), ma anche ad assicurare l’equilibrio necessario a che possa ricominciare il libero scambio nel contesto sociale (funzione pubblica). Ost scrive:

Compresa come istituzione del sistema vendicatorio, la vendetta dipende a doppio titolo dalla dike: essa si inscrive sotto il codice d’onore delle società di eguali, come mezzo per rispondere all’offesa e recuperare la propria dignità e, d’altra parte, manifesta la preoccupazione di restaurare la reciprocità degli scambi che l’affronto ha sbilanciato.13

Il superamento di questa forma arcaica di giustizia, di questo (pre)diritto basato su legge del taglione e vendetta (come una tra le tante possibili pratiche compensatorie), è messo in scena da Eschilo in Eumenidi. Un ruolo cruciale nel terzo episodio della trilogia è giocato dalla dea Atena cui spetta il compito non solo di persuadere le Erinni, protettrici della giustizia vendicatoria, ma anche di istituire l’Areopago, tribunale composto dai migliori cittadini ateniesi. Attraverso la fondazione dell’Areopago, che proclama Oreste innocente, si «consuma la rottura con l’universo magico del prediritto, costituito da ordalie e giuramenti» e si «entra, con lo scrupolo della giustizia vera e propria, nel mondo delle prove obiettive e delle argomentazioni razionali»14. Ost evidenzia come tale superamento non sia assoluto, ma un superamento che ingloba (Aufhebung). Infatti, le Erinni non scompaiono ma, tramite il discorso persuasivo di Atena, si trasformano in Eumenidi. Protettrici della città e del nuovo ordine, le Eumenidi «continuano a simboleggiare il timore salutare delle sventure che comporterebbe l’oblio delle leggi»15. Come sottolinea Ost, il permanere delle Eumenidi si rispecchia in qualche modo anche

anche altre forme non violente di compensazione: «La vendetta è spesso qualificata come poiné (da cui il termine moderno di pena) ed è precisamente la contropartita di cui, in cambio, è prevista la compensazione. Aristotele sottolinea in maniera netta questo senso: la vendetta è “contraccambiare” […] Ma questa compensazione non esige necessariamente la morte dell’offensore. Ci si ricorderà inoltre che era stata citata, per crimini meno gravi, la possibilità di una compensazione finanziaria. Courtois sottolinea, a questo proposito, la grandissima creatività del diritto arcaico» (F. Ost, Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, cit., p. 130). Altre caratteristiche della giustizia vendicatoria sono: il fatto che si applica indifferentemente al colpevole e ai suoi discendenti; che può essere scatenato dalla violazione, non veramente intenzionale, di divieti impliciti, di tabù più o meno oscuri; che si mantenga nella memoria la somma dei misfatti passati, perché determinano meccanicamente il futuro. Per un approfondimento relativo alle caratteristiche della giustizia vendicatoria, si rimanda a: I. Terradas, Justicia vindicatoria: de la ofensa e indefensión a la imprecación y el oráculo, la vindicta y el

talión, la ordalía y el juramento, la composición y la reconciliación, Madrid, CSIC, 2008.

13 F. Ost, Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, cit., p. 129.

14 Ivi, p. 115.

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nella realtà storica, nella misura in cui effettivamente i giudici si limiteranno per lungo tempo all’accertamento dei fatti condizionanti e all’ordine della sanzione, lasciando alla vittima o ai suoi congiunti l’onere dell’esecuzione. Ost osserva:

Di fatto l’intervento dei giudici pubblici, si limiterà per lungo tempo (in caso di furto, stupro, omicidio, adulterio ecc.) a verificare se tutte le condizioni per l’esercizio della vendetta privata si siano verificate e, in caso di risposta positiva, ad affidare il colpevole alla vittima o alla sua famiglia. Solo molto tardi nella storia del diritto la repressione pubblica si sostituirà interamente alla compensazione privata.16

Pur non trattandosi, dunque, di un tentativo sistematico di affermare e spiegare l’evoluzione macrostorica del fenomeno giuridico, l’Orestea di Eschilo mette in scena un passaggio epocale nell’evoluzione dell’amministrazione della giustizia e, con ciò, consente di cogliere come già nel mondo classico vi sia consapevolezza di un evolversi macrostorico del diritto. Un passaggio talmente epocale, quello da forme di giustizia vendicatoria a forme di giustizia in cui un ruolo di primo piano è giocato dal giudice come terzo al di sopra delle parti, che sarà sottolineato poi anche in numerose teorie evolutive del diritto a venire come, fra le tante, quelle di Kelsen, Lampe e Gil.

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