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Protagora e Platone

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 45-49)

2. Evoluzione macrostorica del diritto: la vasta storia di un’idea

2.1. I primordi di una storia

2.1.3. Protagora e Platone

Passando dal piano della tragedia greca a quello della filosofia antica, è similmente possibile individuare riflessioni concernenti l’evoluzione macrostorica del fenomeno giuridico, ad esempio in pensatori come Protagora e Platone. Bisogna chiarire fin da subito che nel caso di questi filosofi i temi dell’origine e dell’evoluzione macrostorica del diritto non sono riconosciuti e approfonditi nella loro specificità, ma affrontati solo a margine di una più ampia riflessione concernente la storia e il progresso del genere umano. Si tratta cioè di ricostruzioni relative all’evoluzione sociale e culturale del genere umano in cui si trova qualche riferimento all’evoluzione macrostorica del fenomeno giuridico e non di sistematiche teorie evolutive del diritto. Ciò premesso, quindi, si può volgere l’attenzione al sofista Protagora, il cui pensiero in relazione all’evoluzione progressiva del genere umano ci viene tramandato da Platone in uno dei suoi dialoghi. Come sostiene Norbert Nisbet in History of the Idea of Progress, non v’è motivo di pensare che Platone non abbia riportato fedelmente le idee del sofista:

Per render conto in maniera esaustiva della concezione protagorea del progresso umano, è necessario volgere l’attenzione al dialogo platonico intitolato Protagora. Non v’è alcuna ragione per dubitare che Platone si sia impegnato a rendere accuratamente e fedelmente l’effettiva visione di Protagora. Il rispetto

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per Protagora emerge a più riprese e il resoconto dettagliato che è fornito della vita politica e intellettuale di Atene consente di supportare l’idea che attraverso il Protagora platonico trovi onestamente espressione la filosofia protagorea.17

Nel dialogo platonico Protagora18, dunque, il celebre sofista discute con Socrate della possibilità per gli uomini di apprendere le virtù politiche e propone al suo interlocutore una storia non solo relativa alla creazione del mondo e del genere umano, ma anche concernente la genesi di società e diritto. La narrazione di Protagora si ispira esplicitamente al mito di Prometeo. La storia è nota: gli dèi incaricano i titani Epimeteo e Prometeo di dotare tutte le creature viventi di qualità che garantiscano loro la sopravvivenza. Epimeteo, nel distribuire le qualità, dimentica gli uomini e, per compensare tale mancanza, Prometeo fornisce loro fuoco e conoscenza delle arti tecniche, rubati rispettivamente ad Efesto ed Atena. Gli uomini riescono, con questi doni, a sopravvivere, ma rimangono soggetti a continue minacce esterne come, ad esempio, gli assalti delle belve. In cerca di riparo, si riuniscono in città, ma le acredini fra i cittadini rischiano di sfociare in guerre così feroci da mettere a rischio di estinzione l’intero genere umano. Nel racconto di Protagora, si rivela a questo punto provvidenziale l’intervento di Zeus che decide di distribuire equamente fra gli uomini il rispetto (aidos) e la giustizia (dike):

Zeus, temendo per la nostra specie, minacciata di andar tutta distrutta, inviò Ermes perché portasse agli uomini il rispetto [aidos] e la giustizia [dike] affinché servissero da ordinamento della città e da vincoli costituenti unità di amicizia. Chiede Ermes a Zeus in quale modo debba dare agli uomini il rispetto e la giustizia: «Debbo distribuire giustizia e rispetto come sono state distribuite le arti? Le arti furono distribuite così: uno solo che possegga l’arte medica basta per molti profani e lo stesso vale per le altre professioni. Anche giustizia e rispetto debbo istituirli negli uomini nel medesimo modo o debbo distribuirli a tutti?». «A tutti, rispose Zeus, e che tutti ne abbiano parte: le città non potrebbero esistere se solo pochi possedessero pudore e giustizia, come avviene per le altre arti. Istituisci, dunque, a nome mio una legge per la quale sia messo a morte come peste della città chi non sappia avere in sé pudore e giustizia».19

In Mosè, Eschilo e Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, François Ost propone un’interessante lettura di questo passaggio, sottolineando il fatto che «Zeus non offre la legge, ma il rapporto con la legge»20, ovvero «una disposizione favorevole nei suoi confronti,

17 Trad. mia dall’originale inglese: «For Protagoras’ full conception of mankind’s progress, we must go to Plato’s dialogue Protagoras. There is no reason whatever to believe that Plato did other than set down as accurately as he could the actual, stated views of Protagoras. The respect for Protagoras is evident throughout, and the detail that is provided of Athenian political and intellectual life gives a high degree of support to the view that it is in fact Protagoras, and not Plato speaking his own views through the personage of Protagoras, who come to the fore» (N. Nisbet, History of the Idea of Progress, cit, p. 22).

18 Platone, Protagora, in Platone, Opere complete, Roma-Bari, Laterza, 1996, vol. 5, pp. 61-131.

19 Ivi, pp. 82-83.

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un’inclinazione alla civiltà, una certa capacità di stima interiore»21 che è il presupposto di qualsivoglia esperienza della giuridicità, la condizione affettiva a priori del diritto. Infatti, spiega Ost, «dike è la giustizia, che rimanda, da un lato, all’eguaglianza, alla parte dovuta, e dall’altro, alla legalità, al rispetto delle spartizioni fissate dalla legge»22, mentre aidos – che significa nello stesso tempo onore, dignità, pudore, vergogna, timore rispettoso, devozione religiosa – corrisponde a «quel sentimento di ritegno che mette in discussione insieme il rapporto con noi stessi e il rapporto con gli altri»23. Chiariti significato di aidos e dike, Ost conclude:

Laddove ci si aspettava che Zeus affidasse agli uomini un codice di leggi determinate, comandamenti precisi, divieti sanzionati, istituzioni e procedure politiche pronte all’uso, offre invece doni più indiretti ed enigmatici: aidos e dike […] Più che contenuti normativi determinati, aidos e dike sono dunque affetti politici che sono come le “condizioni affettive a priori della legge”, i quali, fondando i legami della philia (amicizia tra cittadini), suggellano l’appartenenza alla comunità. Essi sono come il trascendentale della solidarietà civica e nello stesso tempo le ringhiere che preservano la società dagli straripamenti passionali.24

Nella ricostruzione di Platone si può, dunque, riscontrare un Protagora che, nel contesto di una ricostruzione mitica concernente la storia sociale e culturale del genere umano, si rivela interessato alla questione delle origini del diritto (o nella lettura di Ost: alle condizioni trascendentali di possibilità dell’esperienza giuridica). Una posizione ed un approccio simili si ritrovano anche nel Libro Terzo delle Leggi25, opera della maturità, in cui Platone – per tramite dell’enigmatica figura dell’Ateniese che è generalmente considerato suo portavoce – propone una storia filosofico-congetturale riguardante «l’origine delle costituzioni dello Stato»26. La storia che Platone descrive si articola come processo graduale che ha luogo in un arco di tempo molto ampio. Incipit della narrazione platonica è una catastrofe naturale: un diluvio azzera totalmente le conquiste materiali, sociali, culturali del genere umano. L’umanità si ritrova al punto zero, senza alcun ricordo delle vestigia del glorioso passato. In questo nuovo inizio che ricolloca gli uomini agli albori del vivere associato, è possibile constatare, secondo Platone, assenza di istituzioni complesse, di competenze tecniche e ricchezze. In questa sorta di stato di natura, l’uomo è inoltre caratterizzato da innocenza morale e semplicità. Platone così descrive tali inizi:

21 Ibidem.

22 Ivi, p. 36.

23 Ibidem.

24 Ivi, pp. 36-37.

25 Platone, Le Leggi, in Platone, Opere complete, Roma-Bari, Laterza, 1987, vol. 7, pp. 33-418.

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Prima di tutto quegli uomini fra loro si amavano, si volevano bene perché erano pochi e soli e poi non dovevano combattersi per mangiare. Non c’era scarsità di pascoli, se non per qualcuno forse in principio, e dai pascoli allora traevano la base del loro alimento. Non erano mai poveri infatti di latte e di carni e anche quando cacciavano avevano modo di procurarsi un cibo che non era vile né poco […] Perciò non erano proprio poveri e non divenivano discordi sotto la spinta della povertà; e nemmeno ricchi divennero mai perché erano senza oro e senza argento; così vivevano allora. Nella società ove non sia presente ricchezza né povertà, necessariamente i costumi saranno nobilissimi: infatti non sorge violenza né ingiustizia, rivalità ed invide non possono nascere. Erano buoni in grazia di questa vita e di quella che si dice “semplicità”; ciò che sentivano definire bello o brutto ritenevano esser detto con verità, senza limitazione, e vi si conformavano, essendo appunto uomini semplici.27

Platone, dunque, chiarisce che i primi gruppi sociali, composti da uomini così semplici e moralmente innocenti, sono di dimensioni ridotte e che le relazioni interpersonali si basano su nuclei familiari patriarcali, tradizioni e diritto consuetudinario non scritto:

Possiamo allora dire che c’erano omini allora di costumi più semplici e più coraggiosi ed anche più saggi e in tutto più giusti? […] Tutto questo sia da noi enunciato e quanto seguirà si intenda da noi detto al fine di comprendere quale bisogno quegli uomini avevano delle leggi e quale era il loro legislatore […] Perché non è forse vero che quelli non potevano avere bisogno di legislatori né in quei tempi la legislazione soleva essere realizzata? Infatti, non hanno neppure in alcun modo la scrittura quelli nati in questa parte del periodo di tempo necessario all’evoluzione, vivono seguendo i costumi e le leggi che si dicono tramandate dagli avi […] Mi pare che tutti chiamino la costituzione in vigore a quel tempo “patriarcato”, e c’è ancora in molti luoghi, sia presso i Greci che i barbari.28

Tuttavia, la situazione vigente fino a quel momento è destinata a mutare in quanto, per limitare i rischi provenienti dal mondo naturale e animale, avviene l’incontro di diversi gruppi familiari e la formazione di gruppi sociali più complessi:

[Gli uomini] si radunano poi in comunità più numerose e formano organismi politici più grandi; si rivolgono dapprima alle campagne poste ai piedi dei mondi e stendono recinti a guisa di siepe come mura a difesa dalle fiere, e compiono allora una sola casa grande e comune.29

È con l’incontro tra diversi gruppi familiari patriarcali, ognuno avente le proprie norme consuetudinarie, che secondo Platone ci si avvia tanto verso la nascita di una legislazione positiva risultante dall’accordo tra i capifamiglia, quanto verso l’istituzione di organi preposti alla creazione e all’applicazione della legge:

27 Ivi, p. 92.

28 Ivi, p. 93.

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Queste organizzazioni più grandi crescono per l’aggregarsi delle prime e più piccole, e ciascuna delle minori è presente, per ciascuna singola stirpe avendo come suo capo il più vecchio e certi suoi costumi particolari a lei sola per il fatto che sono vissute separate le une dalle altre; essendo stati diversi fra di loro i capostipiti e gli educatori, diversi devono essere stati anche i rapporti loro consueti con gli dèi e con gli uomini, più prudenti quelli che discendevano da antenati più prudenti, più virili quelli discendenti da antenati più virili. A questo modo ciascuna stirpe forma secondo le sue concezioni i suoi figli e i figli dei figli e così come stiamo dicendo vengono nella comunità più grande avendo norme particolari. E a ciascuno necessariamente vanno bene le proprie norme, e dopo quelle degli altri […] Si rende quindi necessario che tutti questi uomini convenuti insieme scelgano alcuni di loro per tutti, i quali, esaminate le norme proprie d’ognuno, mostrino in comune e chiaramente ai capi ed ai condottieri di quei popoli, come si farebbe coi re, quelle che per loro sono le più adatte e le diano loro da vagliare. Essi verranno chiamati “legislatori”. Saranno da loro poi stabiliti i magistrati e costituita una aristocrazia o anche una monarchia, traendola dai capi del patriarcato, e governeranno così in questa fase di sviluppo della costituzione.30

Benché a margine di una riflessione generale concernente la storia sociale e culturale del genere umano, Platone rende dunque conto del passaggio epocale da società semplici basate sul diritto consuetudinario a società complesse che invece si fondano sulla legislazione positiva: passaggio che implica, ovviamente, l’istituzione di organi specifici preposti alla creazione e all’applicazione delle norme giuridiche.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 45-49)