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Una versione moderata di evoluzionismo unilineare

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 181-185)

3. Hans Kelsen e l’evoluzione macrostorica degli ordinamenti giuridici

3.4. Dall’ordinamento giuridico primitivo all’ordinamento giuridico statale

3.4.2. Una versione moderata di evoluzionismo unilineare

Presa in esame l’interpretazione kelseniana del processo che conduce alle configurazioni statali di ordinamento giuridico, diviene necessario mettere in evidenza come Kelsen, arrivando a generalizzare la sequenza di evoluzione macrostorica individuata, paia farsi portavoce, benché con poche e fugaci battute, di un evoluzionismo unilineare non dissimile da quello proposto dagli antropologi evoluzionisti nel XIX secolo. Infatti, Kelsen sembra non volersi limitare – come invece esplicitamente Weber e Vinogradoff – a render conto delle sequenze di evoluzione macrostorica caratterizzanti il percorso che ha condotto alle configurazioni statali del fenomeno giuridico tipiche del mondo occidentale, pretendendo piuttosto di presentare la sequenza evolutiva individuata come universale, caratterizzante l’evoluzione macrostorica di tutti gli ordinamenti giuridici. In tal senso, ad esempio, in Law and Peace in International

Relations, Kelsen scrive:

La storia insegna che l’evoluzione procede ovunque dalla vendetta di sangue all’istituzione di corti e allo sviluppo di un potere esecutivo centralizzato; cioè verso una centralizzazione progressivamente crescente dell’ordinamento sociale coercitivo.130

Poche pagine più avanti, in un paragrafo dal titolo The Law of Evolution, Kelsen ritorna in maniera ancora più netta e articolata a farsi portavoce della possibilità di generalizzare le sue conclusioni concernenti l’evoluzione macrostorica degli ordinamenti giuridici:

Il fatto che l’applicazione del diritto sia centralizzata molto prima della sua creazione è della massima importanza. Ciò sembra manifestare una certa regolarità di evoluzione, che ha la sua origine nella natura sociologica, e in particolare in quella socio-psicologica, del diritto […] Esiste forse nel campo sociale una qualche analogia con il fenomeno chiamato legge biogenetica, cioè la legge secondo la quale l’embrione umano nel ventre materno passa per gli stessi stati attraverso i quali è passato l’uomo come specie, nel processo di evoluzione da uno stadio di vita inferiore ad uno stato di vita superiore.131

130 Ivi, p. 51.

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Come emerge dalla citazione riportata, nel procedere alla generalizzazione delle proprie conclusioni relative all’evoluzione macrostorica degli ordinamenti giuridici, Kelsen – al pari di Maine e altri antropologi evoluzionisti – è guidato dal concetto di evoluzione (come sviluppo) tipico dell’embriologia del XIX secolo. In particolare, come Kelsen stesso chiarisce in un poco noto articolo del 1935, dal titolo International Order and the Legal Process132, è la teoria embriologica del biologo tedesco Ernst Haeckel ad essere per lui d’ispirazione. Riferendosi all’evoluzione del diritto internazionale, in questo articolo del 1935, Kelsen scrive:

Ammesso che sia consentito tracciare analogie tra la sfera del diritto e quella della natura, al fine di stabilire un parallelo tra lo sviluppo della comunità giuridica nella storia culturale e sociale del genere umano con lo sviluppo dell'essere umano stesso, forse possiamo postulare che il cosiddetto principio fondamentale di biogenesi, caratterizzante appunto lo sviluppo dell’essere umano, trovi, in un certo senso, la sua applicazione anche per quel che riguarda lo sviluppo del diritto pubblico. Il principio di biogenesi, formulato dal famoso biologo Ernst Haeckel, afferma, come noto, che il singolo essere umano individuale attraversa, nelle fasi embrionali, tutte le fasi di evoluzione che ha attraversato l'intera razza umana fino ad ora. Nella sfera del diritto il processo si svolgerebbe però al contrario: l'intera comunità vincolata dal diritto internazionale, per superare la condizione embrionale in cui oggi versa, deve passare attraverso tutte le fasi da cui è passata ogni singola comunità statale.133

Alla luce di quanto detto finora, sembrerebbe possibile concludere che Kelsen sia un sostenitore convinto dell’evoluzionismo unilineare. Una tale conclusione, tuttavia, è tutt’altro che pacifica. Infatti, Kelsen stesso procede a relativizzare il senso della generalizzazione proposta, chiarendo, in Law and Peace in International Relations, che «le leggi che determinano l’evoluzione sociale non sono così rigorose come quelle biologiche e fisiologiche»134 e, di conseguenza, che non possono essere escluse linee di sviluppo degli ordinamenti giuridici differenti da quelle da lui individuate. Tale variabilità dei percorsi di evoluzione macrostoria degli ordinamenti giuridici, continua Kelsen, è riconducibile al fatto che «la volontà umana diretta a un determinato fine è in grado di modellare la vita sociale in modo arbitrario, seppur

132 H. Kelsen, International Order and The Legal Process, 1935, in G. O. Mazur (a cura di) Twenty-five Year

Commemoration to the Life of Hans Kelsen, New York, Semenenko Foundation, 1999.

133 Trad. mia dall’originale inglese: «If we may be allowed to draw analogies in the sphere of law from that of nature, to establish a parallel between the development of the legal community of mankind with the development of man himself, subject as he is to the so-called fundamental law of biogenesis, we may, perhaps, postulate that this law, in a certain sense, finds its application no less in the development of public right. That law as formulated by the famous biologist Ernst Haeckel says, as we know, that the individual human being, as an embryo, passes through all the stages of evolution that the whole human race ha up to now passed through. In the sphere of law it is the other way round, here, as is appropriate to the species, the entire community bound by international law has to pass through all the stages of the individual State-community has passed through, to reach the embryonic condition in which it still is today» (H. Kelsen, International Order and The Legal Process, cit., p. 170).

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solo entro certi limiti»135. Una avvertenza simile è proposta anche nel precedente saggio

International Order and the Legal Process, quando Kelsen chiarisce che «non bisogna trascurare

la differenza tra l’evoluzione naturale che è completamente indipendente dalla volontà arbitraria dell'uomo e il progresso tecnico dell'istituzioni sociali, le quali devono la loro esistenza allo spirito degli uomini e alla loro tendenza all’azione»136.

Ma, al di là di tali esplicite avvertenze, che Kelsen non possa essere considerato sostenitore di un radicale evoluzionismo unilineare emerge anche tenendo a mente il fatto che egli è fautore di una teoria relativistica della giustizia e della morale137, la quale – in tutta la sua complessità – consta anche di argomenti profondamente affini al relativismo culturale contrapposto da Franz Boas alle teorie degli antropologi evoluzionisti del XIX secolo. In che senso, la teoria relativistica della giustizia e della morale rappresenti un freno all’accettazione incondizionata della tesi dell’evoluzionismo unilineare, è Kelsen stesso a chiarirlo nella prima lezione di un corso dedicato alle origini degli istituti giuridici, tenuto alla Berkeley University of California nel 1951, presso la facoltà di Scienze Politiche138. In queste lezioni – ancora inedite, ma consultabili presso l’Hans Kelsen Institut di Vienna139 – Kelsen torna a confrontarsi con esponenti dell’antropologia evoluzionistica del XIX secolo come Maine, Bachofen, Morgan, Tylor ed Engels, le cui teorie aveva già dimostrato di conoscere e padroneggiare in Society and Nature. Nel corso delle lezioni del 1951, Kelsen provvede più che altro ad un’esposizione degli sviluppi del dibattito tardo ottocentesco – sorto a seguito della pubblicazione di Ancient Law di Maine nel 1861 – relativo alle origini di istituti giuridici come la proprietà e la famiglia (il matrimonio).

135 Ibidem.

136 Trad. mia dall’originale inglese: «One must not overlook the difference between a development which is natural and fully indipendent of the arbitrary will of man and the technical progress of social institution, owing their existence to the spirit and the active impulsion of men» (H. Kelsen, International Order and The Legal Process, cit., p. 170).

137 Per un’analisi delle varie sfaccettature e della complessa articolazione della teoria relativistica della giustizia e della morale di Kelsen, si rimanda a S. Sammarco, Giustizia e morale: relativismi kelseniani, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», 2/2018, pp. 351-380. Per una panoramica degli scritti originali e delle traduzioni italiane delle opere che Hans Kelsen ha dedicato al problema della giustizia, si rimanda a M. G. Losano, Opere di

Hans Kelsen sulla giustizia, in H. Kelsen, Il problema della giustizia, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2000, pp.

XLIII-XLVII. Per un approfondimento sulla posizione di Kelsen in merito al problema del rapporto tra diritto, scienza giuridica e morale, nonché per render conto delle critiche rivolte a tale versante della riflessione kelseniana, si rimanda invece all’ormai classico articolo di N. Bobbio, La teoria pura del diritto e i suoi critici, in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1954, 2, pp. 356-377 (rist. in N. Bobbio, Studi sulla teoria generale del diritto, Torino, Giappichelli, 1955, pp. 145-162), nonché al saggio di M. G. Losano, Introduzione, in H. Kelsen, Il problema della

giustizia, op. cit., pp. XV-XLII.

138 È al professor Paolo Di Lucia e al professor Lorenzo Passerini Glazel che si deve la segnalazione all’Hans Kelsen

Institut della reperibilità, presso gli archivi della Berkeley University of California, della trascrizione dell’intero corso

kelseniano del 1951 intitolato Origins of Legal Institutions.

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Pur sottolineando talvolta limiti e contraddizioni di alcune di queste teorie, Kelsen perlopiù evita di prendere decisamente posizione a favore di soluzioni definitive circa le origini di istituti come proprietà e matrimonio. Nella prima di queste lezioni, come accennato, Kelsen dimostra consapevolezza delle problematicità intrinseche a quelle teorie evolutive del diritto che pretendono di individuare sequenze di evoluzione macrostorica che siano universali, prendendo peraltro le distanze dalla tipica retorica del progresso ad esse sottese proprio in virtù di una visione relativistica della morale e della cultura140. In tal senso, Kelsen sostiene:

Per risalire alle origini della proprietà, del matrimonio e del governo – sempre ammesso che ciò sia possibile – è inevitabile volgere l’attenzione alle condizioni sociali e alle idee dei popoli che sono ancora in una fase di cultura relativamente primitiva o che lo erano prima di entrare in contatto con i rappresentanti delle nazioni civili. Tale impostazione di ricerca vale, tuttavia, solo in base ad un assunto che durante il diciannovesimo secolo, a ragione dell'influsso della teoria dell’evoluzione, era considerato pressoché autoevidente, ma che oggi è molto discusso, ovvero l’assunto che i popoli civili siano passati attraverso uno stadio di civiltà che, nel complesso, corrisponderebbe a quello dei popoli primitivi del nostro tempo. È certamente frutto di una semplificazione eccessiva quella teoria evolutiva secondo la quale esiste un'evoluzione uniforme dell'intera umanità (o persino dell'intero universo) e per la quale ogni circostanza sociale che si ritrova oggi ai più alti livelli di civilizzazione si sarebbe sviluppata attraverso una serie di stadi di sviluppo transitori. L'idea di evoluzione implica quella di progresso e, a sua volta, l'idea del progresso presuppone un giudizio di valore, poiché progresso significa sempre un movimento da una fase inferiore a una più alta di civiltà. Tuttavia, i giudizi di valore hanno un carattere soggettivo e ciò che appare come progresso stando ad un certo sistema di valori, può essere considerato, dal punto di vista di un altro sistema, come un regresso.141

140 È innegabile che alla teoria evolutiva del diritto elaborata da Kelsen sia sottesa l’idea che le configurazioni statali di ordinamento giuridico siano una sorta di progresso verso il meglio rispetto alle configurazioni primitive degli ordinamenti giuridici. È tuttavia altrettanto innegabile che in Kelsen non v’è traccia alcuna di progressismo morale o culturale. Per Kelsen, infatti, attraverso il passaggio da ordinamenti giuridici primitivi a ordinamenti giuridici statali v’è solo un miglioramento tecnico-giuridico, non un progresso di ordine morale o culturale.

141 Trad. mia dall’originale inglese: «If it is possible at all to find the origins of property, marriage and government it is only by a study of the social conditions and ideas of peoples which are still, or have been at the time they came in contact with representatives of civilized nations, in a relatively primitive stage of culture. This holds, however, only under a presupposition which during the nineteenth century, due to the influence of the doctrine of evolution, was considered to be most self-evident, but which today is very much discussed; it is the presupposition that the civilized peoples, too, have passed through a stage of civilization which, by and large, corresponds to that of the primitives of our time. The evolutionary doctrine that there is a uniform evolution of the whole mankind, or even the whole universe, and that every social condition now found in higher civilization must have developed from some condition far removed from it through a series of transitional stages, is certainly too far-going a simplification. The idea of evolution implies that of progress, and the idea of progress presupposes a value judgment, since progress means a movement from a lower to a higher stage of civilization a movement from a lower to a higher stage of civilization. Value judgments have a subjective character, and what appears from the point of view of one system values as a progress may be considered, from the point of view of another system, a regression» (H. Kelsen, Origins of Legal Institutions, 1951, cit., p. 1)

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A fronte delle avvertenze kelseniane e alla luce di quanto affermato ad apertura del corso dedicato alle origini degli istituti giuridici, si ritiene sensato concludere che a Kelsen possa essere attribuita solo una versione decisamente moderata di evoluzionismo unilineare, in virtù della quale egli pretende non di indicare sequenze evolutive costanti e universali di evoluzione macrostorica del fenomeno giuridico, ma solo di mettere in evidenza una tendenza evolutiva che, in fin dei conti, può anche non essere confermata dalla realtà storica dei concreti ordinamenti giuridici. Inoltre, come si avrà modo di valutare nei paragrafi a venire, l’affermazione di una tale tendenza generale degli ordinamenti giuridici ad evolvere in direzione di una sempre maggiore centralizzazione risponde, nella teoria di Kelsen, anche ad esigenze pratico-politiche, ovvero alla volontà di promuovere, tramite argomenti storico-evolutivi, una specifica riforma del diritto internazionale che egli ritiene essenziale per la pacificazione delle relazioni interstatali.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 181-185)