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Esempi di eccellenza: Fandango e Cattleya.

DANIA FILM

4.1.3 Esempi di eccellenza: Fandango e Cattleya.

A questo punto vale la pena aprire una breve parentesi su due case che proprio negli ultimi anni hanno saputo imporsi a livello nazionale e internazionale, riuscendo a tener testa a Medusa e Rai Cinema, sia in termini di fatturato che di numero di film prodotti all’anno, imponendosi quali esempi di un nuovo modello di imprenditorialità capace, soprattutto nel caso della Fandango, di dar vita a positive sinergie tra i vari comparti dell’industria culturale.

Il Gruppo Fandango, fondato a Roma nel 1989 da Domenico Procacci, assomma diverse società alla “casa madre” Fandango srl, dedicata alla produzione cinematografica e dal 2000 anche alla distribuzione, a cui sono state via via affiancate altre attività più o meno affini, come la Fandango Home Video, le case estere Fandango Australia Pty, The Works Group Plc di Londra e Last Kiss Picture (tutte in ambito cinematografico), la Fandango Tv produttrice del programma Parla con me condotto da Serena Dandini su RaiTre, la

Fandango Libri (dal 1999) in collaborazione con lo scrittore Alessandro Baricco, l’etichetta discografica Radiofandango, il portale web con web tv e web radio,198 il Politecnico Fandango (sala cinematografica nel quartiere Flaminio), la casa editrice di Fumetti Coconino Press dal 2009 e il Caffè Fandango, book bar aperto il 12 settembre 2006 nel cuore del centro storico romano. Il core business resta però identificato nel cinema, con una produzione in grado di portare il fatturato complessivo al raddoppio nel 2008.

L’intuizione banale, ma forse neanche troppo banale data la singolarità del “metodo Fandango”, risiede nella consapevolezza che un film è, prima di ogni altra cosa, soprattutto un nodo nevralgico dell’industria culturale contemporanea, in cui convergono un numero elevatissimo di prodotti realizzabili e commerciabili: un film è un testo, quindi un libro (romanzo, sceneggiatura o saggio di approfondimento che sia), una colonna sonora, ma soprattutto è un mondo. Un mondo fatto di personaggi, di storie, vere o fittizie poco importa, in cui un determinato tipo di pubblico può riconoscersi, rispecchiarsi, ritrovare riferimenti valoriali e identitari. Un mondo che lo spettatore/lettore/fruitore non solo può consumare, ma a cui – distinguo non da poco – può scegliere di aderire, anche fisicamente, recandosi a bere una birra, una cioccolata calda o un caffé, come nel caso del locale di Piazza di Pietra. Gli economisti la chiamano “strategia di diversificazione”199 e consiste nel tentativo

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A ben vedere, però, la web tv a cui si ha accesso dal sito della casa di produzione (www.fandango.it) non ha alcuna struttura, ed è in realtà una mera collezione di filmati caricati sul portale di youtube e riferiti a interviste agli autori della casa, ai trailers dei film ed altri eventi connessi all’universo Fandango.

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La strategia di diversificazione può essere suddivisa in due principali tipologie: A) La diversificazione concentrica, nella quale l’impresa fuoriesce dalla filiera industriale e aggiunge delle nuove attività complementari a quelle già esistenti. In questo modo l’impresa può sfruttare la sinergia causata dalla complementarità delle attività e può sviluppare le proprie potenzialità. Essa dunque ha l’obiettivo più in generale di attirare nuovi gruppi di clienti e ingrandire il proprio mercato di riferimento. B) La diversificazione pura. In questo caso l’impresa si lancia in attività nuove e diverse che non sono collegate con le solite attività sia sul piano tecnologico che su quello commerciale. In questo caso l’impresa si pone l’obiettivo di espandere il proprio portafoglio delle attività orientandosi verso dei settori totalmente nuovi. Si tratta perciò di una strategia che comporta alti rischi dovuti alla novità, la quale richiede inoltre grandi sforzi strategici e finanziari. Cfr. P.KOTLER –G.ARMSTRONG, Principi di marketing, Milano, Pearson, 2006.

da parte di un’impresa di allargarsi su più mercati rispetto a quello di origine, cercando di capitalizzare le risorse e il know how accumulati per raggiungere nuove nicchie di clienti. Strategia che in questo caso specifico si lega anche all’esplicito intento di diventare una marca-culto, simbolo ad ampio raggio del concetto di creatività,200 prodotti che siano cioè popolari ma innovativi, divertenti ma al contempo impegnati. Ovvero, quel che da sempre la Fandango cerca di fare, promuovendo al contempo i progetti di Matteo Garrone, promessa (mantenuta) della cinematografia italiana che con la casa di Procacci firma tutti i suoi film da L’Imbalsamatore in poi, l’esordio cinematografico di un’icona pop e trasversale come Luciano Ligabue (Radio Freccia, 1998; Da zero a dieci, 2002), il guru della commedia tardo-adolescenziale Gabriele Muccino, fino a una schiera di autori più o meno noti che condividono con la casa di produzione quella stessa inclinazione all’indie(pendenza), ovvero all’essere liberi, creativi, innovativi. Ovvero, cult.201 Ma a differenza di molti altri colleghi e operatori del settore, la factory Fandango crea anche un mondo commerciale e commercializzabile. Il film impegnato e impegnativo di Guido Chiesa, Il partigiano Johnny, diventa un Dvd della serie Collector’s Edition venduto on line a 15,99 euro, come Fascisti su Marte di Corrado Guzzanti, della medesima collezione.202 O ancora, il film di Chiesa può essere acquistato nel cofanetto “autori italiani” insieme all’Imbalsamatore di Garrone e all’opera seconda di Daniele Gaglianone, Nemmeno il destino, per 24.99 euro. O ancora, per 9 euro è possibile comprare la colonna sonora sempre del film di Chiesa, benché la più venduta – come segnala il sito internet della casa di produzione – resti quella di

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Naturale il sodalizio con lo scrittore torinese Alessandro Baricco, icona pop della letteratura contemporanea e già fautore ancora prima di Procacci di una sua propria factory della creatività (ampiamente remunerativa), ovvero la Scuola Holden, con annessi e connessi.

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Attributi questi, si badi bene, da riferirsi al brand Fandango e all’universo semantico a cui rimanda, e non a una qualifica “effettiva” della casa di produzione e dei film prodotti, che non spetta a noi attribuire.

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Nella collana fanno parte anche A throw of dice di Franz Osten (1929), un classico del cinema muto indiano, rivisitato attraverso l’opera dell’artista contemporaneo anglo-indiano Nitin Sawhney, con annesso Cd della colonna sonora; Bad boy Burby di Rolf De Heer (1993); Soy

Gomorra, giustamente più costosa (13 euro). Se si è invece interessati ad avere le locandine in formato originale dei film o si vuole una maglietta riportante il logo del 25ennale della società, basta riferirsi ancora una volta al sito o recarsi presso il Caffè Fandango per effettuare l’acquisto. Come si può vedere, quindi, anche il cinema d’autore, quando accuratamente scelto e confezionato, può creare business. E non certo di second’ordine.

Leggermente diverso il caso del Gruppo Cattleya, più ridotto nelle dimensioni ed esclusivamente incentrato sul settore della produzione cinematografica e televisiva, ma comunque in grado di creare un circuito virtuoso di artisti che in questi ultimi anni hanno realizzato film dal duplice, e auspicato, successo di pubblico e critica. Costituita nel 1995 da Riccardo Tozzi, allora capo delle produzioni di Mediaset, la società ha visto l’ingresso nel 1999 di due soci, Giovanni Stabilini, ex direttore generale Mediaset, e Marco Chimenz, ex vicepresidente Medusa e responsabile della rappresentanza Medusa e Mediaset di Los Angeles. Ai tre azionisti si sono affiancati nel 2000 la De Agostini Communications e il fondo di private equity San Paolo Imi Investimenti, entrambi con il 10 per cento, e nel 2008 Universal Pictures col 20 per cento.203

Il vantaggio della Cattleya consiste fondamentalmente nell’abbinare a una produzione di film cosiddetti d’autore – Cristina Comencini con Matrimoni (1998), Liberate i pesci! (2000), Il più bel giorno della mia vita (2002), La bestia nel cuore (2005) e Franco Zeffirelli con Un tè con Mussolini (1999), Callas Forever (2002) – film della nuova commedia italiana, quella generazionale di Luca Lucini e quella maggiormente impegnata di Giulio Manfredonia e Paolo Virzì. Tra i suoi successi, comunque, va citato il caso di Romanzo criminale (2005), progetto sviluppato direttamente dalla casa di

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Cattleya spa controlla totalmente anche l’etichetta discografica Radiocattleya srl e Olympia Entertainment limited, ma resta una società votata alla produzione cinematografica (vi realizza il 98,95% del fatturato), in linea con gli obiettivi e l’approccio prettamente industriale e manageriale dei suoi tre promotori, che si dividono le cariche di presidente (Tozzi) e di amministratori delegati.

produzione che, dopo aver acquisito i diritti del libro di De Cataldo, lo ha proposto inizialmente a Marco Tullio Giordana per una co-produzione con la Rai.204 Accordo che è però fallito lasciando il progetto in stand by per diverso tempo, prima di essere rilanciato grazie anche all’interessamento della major statunitense Warner Bros. con cui si è deciso di affidare la regia a Michele Placido. Al film è quindi seguita la celebre e apprezzata serie televisiva firmata da Stefano Sollima e venduta con successo anche all’estero.205

Sebbene non ai livelli della Fandango, anche Cattleya in tempi recenti ha iniziato a ritagliarsi uno spazio d’azione che vede la produzione di film impegnati come uno dei suoi cavalli di battaglia, prodotti declinati non solo nelle forme del film per la sala ma anche per la televisione, mercato (quello delle fiction e delle serie tv) su cui la società sta ampiamente investendo, affidando la gestione e il coordinamento del comparto relativo alla produzione per il piccolo schermo a Maurizio Tini, già produttore televisivo indipendente.