• Non ci sono risultati.

II. PANORAMICA STORICA

2.1 L’eredità del neorealismo.

Ad imprimere sulla pellicola il marchio dell’impegno è sostanzialmente il neorealismo, l’azione di un gruppo relativamente ristretto di registi e sceneggiatori che diedero una significativa sferzata alle commediole dei telefoni bianchi pre-bellici, glorificando l’arte cinematografica in Italia e nel mondo. Si deve a Zavattini, De Sica, Rossellini, Visconti, se il cinema di finzione (diverso il caso della documentaristica, che fa storia a parte) si indirizza verso forme di analisi del reale che abbiano come primo e assoluto scopo quello di restituire al pubblico una fotografia – più o meno impietosa – di se stesso, facendolo riflettere sulla sua condizione e ottemperando in questo modo al proprio compito (auto-assunto) di poeta civile.

L’epoca storica è determinante. Il silenzio di molti intellettuali che durante il fascismo si astengono (quando non collaborano direttamente) da ogni valutazione critica e ufficiale al regime, scoppia al termine della guerra nella necessità di un impegno concreto. Necessità che intercetta allo stesso tempo un

45

diffuso bisogno da parte della popolazione italiana di riappropriarsi di quei valori morali che l’epoca mussoliniana aveva tacitato, e che la fazione partigiana ha nuovamente fatto propri. Anche per questo motivo si spiega l’enorme successo di Roma città aperta (Rossellini, 1945), film considerato il manifesto del neorealismo che incassa in quattro mesi di sfruttamento ben 61 milioni e 668mila lire, posizionandosi nel suo anno di uscita al secondo posto assoluto, appena dietro alla Carmen di Christian Jaque che guadagna 62 milioni e 878mila lire, ma esce nove mesi prima.46 Nonostante il buon riscontro commerciale di alcune pellicole del movimento neorealista, però, è proprio in questo periodo che si concretizza la frattura ideologica tra industria e cinema come forma d’arte. Come mette chiaramente in luce Barbara Corsi nel suo volume dedicato alla storia economica del cinema italiano:

La veemenza di certi attacchi alla loro categoria [dei produttori] e la chiusura di fronte alle esigenze economiche della produzione da parte di critici militanti a sinistra, inducono a pensare che la radice degli annosi problemi dell’industria cinematografica italiana sia in fondo anche ideologica e risieda, oltre che nei retaggi del pensiero idealistico- crociano, nell’acceso conflitto di mentalità del dopoguerra.47

Attorno al movimento del neorealismo, infatti, si crea il mito del pauperismo e dell’atto artistico disinteressato. Benché sia effettivamente vero che alcune pellicole, specialmente quelle realizzate nei primi mesi successivi alla liberazione, siano state lavorate in regimi di ristrettezze economiche per cause di forza maggiore (gli studi di Cinecittà erano inagibili in quanto utilizzati come accampamenti per gli sfollati di guerra e mancavano, tra l’altro, mezzi e materiali per girare, tra cui la stessa pellicola), già a partire dal ‘46 le condizioni iniziano a migliorare. Al punto che uno dei protagonisti del tempo, Carlo

46

Gli incassi dei film italiani, in «Cinespettacolo», n. 4, dicembre 1946 (articolo non firmato). L’incasso complessivo aggiornato al 31 dicembre 1952 è stato di 125 milioni di lire (Fonte: CHITI –POPPI –LANCIA, Dizionario del cinema italiano. I film. Dal 1945 al 1959, Vol. II, Gremese Editore, Roma, p. 313).

47

B.CORSI, Con qualche dollaro in meno: storia economica del cinema italiano, Editori riuniti, Roma, 2001, p. 55

Lizzani, arriva a smentire quel falso immaginario che vuole i neorealisti armati di pochi mezzi, una cinepresa e poco più, scendere per strada senza grandi progetti se non quello di riuscire a fissare l’epifania del reale. In realtà, come dichiara Lizzani in un’intervista al Contemporaneo nei primi anni Sessanta:

Non c’è un solo film del movimento neorealista che non sia stato prodotto a prezzi industriali e secondo schemi produttivi normali o addirittura in economia allegra.48

L’ambiguità di oggi, insomma, ha radici ben salde nel passato. Così, nonostante il film di Rossellini abbia inaugurato un movimento in grado di attrarre un buon numero di spettatori verso tematiche considerate sicuramente più “impegnate” rispetto alle coeve commedie di Matarazzo, ben presto il pubblico si stanca di piangere e torna a cercare ciò che lo diverte o lo affascina. I flop si susseguono: da Paisà (Rossellini, 1946) che incassa un ancora discreto risultato, ovvero 100milioni e 300mila lire, a Sciuscià (De Sica, 1946) con 56 milioni di lire, fino a La terra trema (Visconti, 1948) che incassa solo 35 milioni e 800mila lire, a fronte di un Riccardo Freda che nel 1947 guadagna ben 375milioni di lire con il suo Miserabili. Vero è che al botteghino i film ascrivibili al neorealismo ottengono risultati altalenanti e i 252 milioni di Ladri di biciclette (De Sica, 1948),49 insieme ai 200 milioni di Achtung Banditi! (1951) di Carlo Lizzani o ai 270 milioni di Roma ore 11 (1952) di Giuseppe De Santis dimostrano che c’è ancora spazio per registi diversi da Mattoli, Paolella o Steno. Ma si tratta di casi sporadici (quasi tutte le pellicole di Visconti, ad esempio, saranno un salasso per le case che le producono, compreso il celebre Gattopardo che porterà la Titanus al tracollo definitivo).50

48

C.LIZZANI, Cinema e industria del film, in «Il Contemporaneo», n. 37, giugno 1961. 49

E’ però con L’oro di Napoli e i suoi 735 milioni che Vittorio De Sica raggiunge una delle cifre più alte della sua carriera da regista.

50

I dati relativi agli incassi sono tratti da CHITI –POPPI – LANCIA, Dizionario del cinema

italiano. op. cit. Per citare qualche altro dato di interesse: Germania anno zero (Rossellini, 1948)

incassò 52milioni 500mila lire; Bellissima (Visconti, 1951) 160 mila lire; Miracolo a Milano (De Sica, 1951) 180milioni 600 mila lire; Umberto D. (De Sica, 1952) 106milioni 500mila lire.

Gli anni Cinquanta, in realtà, si rivelano ben presto quelli della commedia all’italiana – il ciclo dei Pane, amore e… diretti da Risi e Comencini ottengono guadagni che solo la saga di Don Camillo riesce ad eguagliare51 – la quale, specialmente agli inizi, ha comunque un debito di riconoscenza verso il neorealismo, basandosi su uno stile di scrittura fortemente aderente alla realtà e presentando spaccati sociali con pungente satira di costume. Sarà compito di un nuovo gruppo di cineasti, che non a caso vede la propria formazione sotto l’ala illuminata dei neorealisti, recuperare in anni successivi quella stessa veemenza e quel medesimo pathos dei loro padri putativi.