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L’esperienza estetica come fase primaria e come sviluppo artistico

Nel documento Esperienza esteticaA partire da John Dewey (pagine 197-200)

di John Dewey

In un recente numero di questa rivista, il dottor Romanell ha so-stenuto che, nel mio Arte come Esperienza, io parlo di due forme o specie di esperienza estetica. Senza dubbio è vero; il dottor Romanell, tuttavia, ha deciso che nel far ciò vi sia una qualche sorta di incoe-renza. Non mi sembra però che egli sia stato in grado di dimostrare che il mio riconoscere le due forme le abbia anche rese talmente in-compatibili da spezzare in due la mia estetica, a meno di non voler considerare una prova il fatto che io parlo sia di esperienza “estetica” che di «fase estetica dell’esperienza». Dal momento che la spina dor-sale, e invero la linfa vitale della mia teoria estetica, così come essa è effettivamente, è costituita dal fatto che ogni ordinaria esperienza completa, ognuna che compia interamente il suo corso, è estetica nella sua fase consumatoria; e dal momento che la mia teoria afferma anche che le arti e le esperienze estetiche che le riguardano sono sviluppi intenzionalmente coltivati di quella fase estetica primaria, l’accusa di incoerenza dell’intenzione principale, e irrinunciabile, della teoria do-vrebbe essere accompagnata dalla presentazione di prove. Poiché, per quanto mi è dato di vedere, nessuna prova è fornita a parte l’uso, fatto di proposito al fine di evidenziare mediante due differenti espressioni la forma primaria e quella intenzionalmente sviluppata dell’esperienza estetica, e visto che non vi è nemmeno il più remoto riferimento al ruolo giocato nella mia teoria estetica dalla questione dello sviluppo artistico che scaturisce dalla fase primaria, non penso vi siano degli elementi rispetto ai quali dovrei articolare una replica.

Fornire prova del fatto che il tema dello sviluppo della forma o del modo artistico a partire dalla fase estetica primaria costituisca “il cuore, l’anima e la mente” (l’intenzione) dell’intero libro, equivarrebbe a scriverne una sinossi completa. Visto che il libro è a disposizione di chiunque voglia leggerlo, tale operazione sarebbe tanto superflua quan-to impossibile da compiere in un articolo di rivista. Di conseguenza, in questa occasione mi limito a richiamare l’attenzione, per quanto con-cerne la fase primaria dell’estetico, sui primi due capitoli. I loro titoli, “la creatura vivente” e “fare una esperienza” (con l’accento su “una”), sembrerebbero piuttosto espliciti, senza che si avverta la necessità di molti altri riferimenti al loro contenuto; quindi faccio appena

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zione qui del fatto che la maggior parte del resto del libro è dedicata alla discussione delle arti in quanto sviluppi di aspetti estetici primari. Aggiungo anche che un considerevole spazio è utilizzato per mostrare che le “opere d’arte” non derivanti dallo sviluppo di una fase delle esperienze primarie sono artificiali più che artistiche; un fatto che in sé più che mostrare l’incoerenza della mia posizione, prova l’irrilevanza della critica del dottor Romanell verso di essa.

Vi è tuttavia un’affermazione nel suo articolo che, sebbene non ri-chieda una replica, mi offre l’opportunità, della quale lo ringrazio, di dire qualcosa riguardo la filosofia generale dell’esperienza, di cui la discussione dell’estetico non è che una varietà.

La frase in questione è quella in cui il dottor Romanell asserisce che sviluppare, ciascuno per proprio conto, quanto sostengo riguardo l’esperienza estetica «darebbe luogo a due filosofie dell’esperienza tra loro incompatibili». Dal momento che ho parecchi motivi per pensare che il dottor. Romanell non sia l’unico a non aver afferrato pienamente questa teoria generale, sono ben lieto di cogliere l’occasione per dire qualcosa su questo tema.

Si tratta in buona sostanza di questo: il caso dell’esperienza estetica con il suo sviluppo coltivato di tipo artistico a partire da ciò che è natu-rale e spontaneo nell’esperienza primaria fornisce, con ogni probabilità, il modo più semplice e diretto di chiarire ciò che vi è di fondamentale in tutte quelle forme di esperienza che vengono tradizionalmente (ma in modo erroneo) considerate come tante partizioni differenti, isolate e indipendenti dell’oggetto in esame. L’abitudine tradizionale, tuttora in voga, di dividere l’uno dall’altro argomenti che sono rispettivamente politici, economici, morali, religiosi, educativi, cognitivi (con il nome di epistemologici) e cosmologici, trattandoli di conseguenza come se fos-sero auto-costituiti, intrinsecamente differenti, è un esempio di ciò che io rifiuto nel caso dell’estetico. Gli antropologi hanno mostrato come le comunità relativamente primitive facciano tutto ciò che è in loro potere per rivestire quelle attività che sono necessarie per la sopravvivenza del gruppo con l’abito dell’immediatezza, dell’esteticamente piacevole – tra-scurando perfino di coltivare ciò che è “utile” ma prosaico in se stesso. Tali fatti forniscono – lo ripeto – la maniera più semplice di presen-tare e comprendere cosa è accaduto nel caso di tutti quegli argomenti che le filosofie non curanti dell’esperienza, o contro di essa, hanno costruito come tanti compartimenti isolati, indipendenti e strettamente chiusi in se stessi, nobilitati poi con nomi altisonanti come domini, rea-mi, sfere, dell’Essere. È difficile trovare alcunché di misterioso nelle arti della danza, del canto, del dramma, della narrazione, che prolungano e perpetuano la fase immediatamente soddisfacente dell’esperienza pri-maria. Il dipingere, lo scolpire, le costruzioni architettoniche, portano avanti lo stesso tipo di sviluppo, solo che lo fanno in modi indiretti, più complessi e quindi più mascherati.

L’influenza di questi fatti su una filosofia che è decisa a fare tutto ciò che è in suo potere per restare fedele, nelle sue posizioni teoreti-che, ai fatti che riguardano l’origine e lo sviluppo di forme differenti di contenuti di cui si fa esperienza, non è così difficile da capire nei termini che le sono propri. Ciò che costituisce un ostacolo, ciò che in-tralcia, arresta e rende irriconoscibile, proviene da quelle filosofie nelle quali gli sviluppi funzionali della fase soddisfacente delle esperienze primarie sono stati pietrificati, congelati e reificati in una moltitudine di generi dell’Essere e della Conoscenza, costitutivamente separati al-l’origine.

Non vedo quindi modo migliore per terminare questo mio breve articolo che non sia quello di riportare un passo da un mio scritto com-posto e pubblicato indipendentemente e qualche anno prima di Arte

come esperienza. Il passo ha il merito non solo di esporre la versione

corretta della mia posizione circa i due modi dell’estetico, il primario e l’artistico, ma illustra anche quel principio dello sviluppo che circola universalmente nella mia teoria della varietà di fasi dell’esperienza, siano esse quelle della morale, della politica, della religione, della scienza, della filosofia stessa, così come dell’arte bella, in modo da rispondere anticipatamente a quelle critiche che trasformano la distinzione tra gli aspetti primari e quelli artisticamente sviluppati di un unico argomento in due materie incompatibili. Il passo recita: «Ci sono sostanzialmente due alternative. O l’arte è una continuazione, per mezzo di una com-binazione e di una selezione intelligenti, di naturali tendenze di eventi naturali, oppure l’arte è un’aggiunta peculiare alla natura, che sboccia da qualcosa che alberga in seno all’uomo, comunque la si voglia chia-mare. Nel primo caso, la percezione piacevolmente intensificata ha la stessa natura del godimento di qualsiasi oggetto consumatorio. È il ri-sultato di un’abile e intelligente arte di trattare le cose naturali al fine di intensificare, purificare, prolungare e approfondire quelle soddisfazioni che esse (le cose delle esperienze primarie quotidiane) spontaneamente ci offrono».

Sembra quasi inutile aggiungere che, qualunque possano essere i meriti e i demeriti di una tale teoria, c’è una differenza radicale tra continuità di sviluppo e incompatibilità intrinseca; in particolare quan-do la natura della differenza riguarda in moquan-do fondamentale ciascuna e ogni varietà di temi trattati dal punto di vista di una filosofia del-l’esperienza generale e comprensiva.

Nel documento Esperienza esteticaA partire da John Dewey (pagine 197-200)