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Che farne della complessità: la produttività di un approccio integrato

6. Visioni, percezioni e pratiche dell'emergenza

6.5 Che farne della complessità: la produttività di un approccio integrato

La disciplina antropologica ci permette dunque di rilevare che paradigmi come quelli di salute, malattia, assistenza, benessere, cura possono essere studiati come fenomeni culturali che devono essere analizzati all’interno dei cambiamenti sociali, delle strutture economiche, dei sistemi di pensiero in cui vengono di volta in volta prodotti.

Il fatto che le percezioni e le rappresentazioni personali, così come le più ampie condizioni di vita e lavoro, possano avere un impatto significativo sull’aderenza o meno da parte degli individui a una proposta di intervento sanitario, ha reso visibili tutti i limiti di programmi di screening verticale che, per quanto utili alla luce dei risultati di prevalenza, avrebbero nel nostro caso “lasciato fuori” sia coloro che prendono le distanze dalla problematica a causa dello stigma che la malattia produce, sia coloro che non la riconoscono come prioritaria in una sfera di bisogni e difficoltà più urgenti.

Questo ha condotto all'idea secondo la quale introdurre lo screening per la malattia di Chagas nel più ampio ventaglio delle attività preventive -in particolar modo quelle vincolate alla salute di genere- promosse dal Sistema Sanitario potrebbe contribuire a evitare un approccio verticale e ad aumentare l’offerta e la copertura a livello di popolazione. È parimenti emersa l'idea per cui il livello del sistema più adatto a prendere in carico la complessità dei bisogni rilevati da noi (e percepiti dalla popolazione) sia quello delle cure primarie; complessità che un approccio specialistico difficilmente riesce a “tenere insieme”. Questo è un punto assolutamente centrale. Il coinvolgimento del livello dell'assistenza primaria è stato recentemente menzionato anche dagli esperti sul Chagas in ambito europeo, specie vincolato al fatto che l'infezione, in seno all'ultima transizione epidemiologica, si accompagnerà sempre più spesso ad altre patologie cronico- degenerative tipiche dell'anzianità. C'è da dire che nonostante gli esperti menzionino l'assistenza

137 Comelles, dialogo informale.

primaria138, manca ad oggi la fase dell'implementazione di esperienze in cui il Chagas viene “curato” in maniera orizzontale e integrata. Quello che voglio enfatizzare è che la centralità delle cure primarie così come emerge da questo lavoro si riferisce innanzitutto ai principi su cui l'assistenza primaria si fonda139 nei termini di accessibilità diffusa, di equità, di continuità assistenziale, di solidarietà e di coordinamento con altri settori, quello della tutela sociale in primo luogo, direi.

Questa è la ragione per cui informazioni connesse sia alla specificità dell'infezione; sia al “peso” di un certo tipo di dimenticanza; sia alle problematiche più profonde che caratterizzano la vita di molti immigrati, dovrebbero essere condivise in particolar modo con i medici di medicina generale, i consultori e gli ambulatori per gli stranieri, oltre ad altri interlocutori territoriali come associazioni, referenti del privato sociale. In tal modo i servizi sanitari potrebbero sì estendere la disponibilità di strumenti diagnostici e terapeutici per la malattia di Chagas ma attraverso una valutazione delle percezioni dei propri bisogni da parte dei pazienti. Si contribuirebbe inoltre a promuovere una riduzione delle barriere di accesso ai servizi individuati, e a ridurre quelle disuguaglianze nell'utilizzazione dei servizi socio-sanitari che minano l'efficacia di qualsiasi intervento. Qualora riflessioni di questo tipo informassero dei programmi di formazione per il personale sanitario, ciò aiuterebbe a essere in grado di raccogliere, come operatori, in una storia clinica tutti quei fattori che incidono sullo stato di salute e giocano un ruolo importante nello sviluppo della malattia.

Un ulteriore passo sarebbe quello di integrare un approccio centrato sulla malattia con uno partecipativo. Proprio dall'America Latina arrivano numerosi esempi di ricerca-azione a livello comunitario che riescono a promuovere un diritto ampio alla salute (Santos, 2000)140. La letteratura mostra infatti che coinvolgere i soggetti e le comunità nei programmi di salute, contribuisce a pratiche efficaci e a interventi sanitari di successo (Franco, Merhy, 2011; Iriart et al., 2002). Tali pratiche si rivelano tanto più importanti quanto più coinvolgono individui e gruppi emarginati, consentendo loro di partecipare attivamente alle decisioni relative al miglioramento delle condizioni che influiscono sul proprio benessere. Inoltre, la strategia di ricerca-azione, se formulata in chiave collettiva, consente di adattare progressivamente gli interventi alla realtà locale; di avvicinare quindi i servizi sanitari alla popolazione, migliorandone la risposta.

138 Per maggiori informazioni si veda: Albajar-Viñas, 2007; Dias, 2013; Gascon et al., 2010; Sosa Estani, 2007; Villa et al., 2007; WHO, 2010d; WHO, 2014.

139 http://www.who.int/publications/almaata_declaration_en.pdf

140 Sarebbe probabilmente opportuno, a questo punto, delineare il paradigma teorico-metodologico della Salute Collettiva, tuttavia non è uno degli scopi di questo lavoro orientato piuttosto a delineare le cornici teoriche europee in cui certi fenomeni di malattia sono venuti a configurarsi. Per quel che riguarda la Salute Collettiva, la letteratura di riferimento è vastissima. Per un inquadramento iniziale si veda: Almeida-Filho, 2006; Breilh, 2003, 2008; Haro, 2013; Iriart et al.,.2002; Martino, 2012; Menéndez, 2008.

Ai nostri interlocutori dobbiamo, per esempio, un insegnamento essenziale da considerare, e cioè che sembra non avere più senso (contestuale) continuare a parlare di Chagas come malattia della povertà, una configurazione che inficia la presa in carico, allontanando dai servizi anziché creare alleanze. Non ha senso continuare a utilizzare una categoria che viene rifiutata in quanto percepita come disumanizzante; che priva i soggetti della loro agentività141; una categoria che nel nostro contesto non rappresenta chi non si sente povero; chi ha pagato -migrando- un prezzo estremamente alto pur di non essere povero; che si affatica giorno dopo giorno per sostentare una vita dignitosa anche da un punto di vista economico; chi sente di avere una vita piena. Questo non significa che io intenda omettere la categoria della povertà come uno dei determinanti sociali del Chagas, in quanto resta tale, anzi, ritengo che il processo di determinazione sociale della malattia debba essere denunciato senza ambiguità. Tuttavia, se utilizzata come mera cornice, senza poi mettere in discussione la legittimità del sistema e della presa in carico, finisce per essere una categoria percepita come controproducente e poco aderente alla nostra realtà. In tal senso, come suggerito da Schapira e Mellino (1991), se non permettiamo ai soggetti di partecipare, considerandone le rappresentazioni, corriamo il rischio di pianificare strategie che mancano di destinatari reali, cosa che ne comprometterà -quasi sicuramente- l'efficacia.

Lavorare con alcuni interlocutori latinoamericani che vivono nella nostra Regione ci ha permesso in sintesi di comprendere come, al fine di agire efficacemente sulla malattia di Chagas, è necessario inquadrare il fenomeno attraverso un approccio più ampio, mirato a rendere i servizi socio-sanitari più inclusivi, più integrati e orientati all'equità; una strategia volta in generale a promuovere il diritto alla salute e all'assistenza sanitaria attraverso la promozione dei diritti umani e civili connessi.

Il Chagas è emerso dunque come uno strumento in grado di offrire l'opportunità di sperimentare approcci innovativi, capaci di superare confini disciplinari e di colmare il divario che esiste tra servizi e comunità così come tra questioni sanitarie e sociali.

CAPÍTULO II: ÁLVARO

ENTRE “OLVIDO” Y “EMERGENCIA”. LA CONSTRUCCIÓN DE UNA

ENFERMEDAD TROPICAL DESATENDIDA.

142

Adriano NASUTI-WOOD, Tenebra (contagio), 2012, Milano

«Las infecciones son como monstruos durmientes. No las ves. No las notas. Pero debes hacer todo lo que esté en tu mano para contenerlas. Porque cuando los monstruos despiertan no puedes controlarlos. […] El monstruo ahora está despierto y tu, ya no puedes hacer nada».143

142 Traduzione spagnola di Adriano Nasuti-Wood

143 Grey’s Anatomy 9X21 “El monstruo durmiente”. Serie de televisión estadounidense de drama médico comenzada en el 2005.