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6. Visioni, percezioni e pratiche dell'emergenza

6.3 Uno sguardo integrato sulla complessità

Affinché variabili come quelle sociali, culturali, simboliche vengano contemplate, l’esperienza della malattia e i significati che la informano devono essere oggetto di interesse anche da parte di discipline che possiedono gli strumenti teorico-metodologici per comprenderle. Le Scienze Umane e Sociali in particolar modo hanno rilevato come studi in cui dominano metodi di ricerca solo quantitativi possiedano limiti significativi nel cogliere la variabilità dei comportamenti umani, in quanto tendono a ignorare i contesti discorsivi e sociali entro cui emergono le conoscenze,

129 Tra le esperienze europee, l'approccio che ho trovato più attento alla complessità della condizione di malessere proviene dalla Svizzera. Si veda Jackson et al.,.2010, 2011.

collettive e individuali, che fondano l’esperienza della malattia e della sofferenza che essa produce. Per tale ragione e sempre più di frequente, le strategie di ricerca qualitativa130, proprie di alcune scienze umane e sociali, varcano i confini disciplinari delle scienze dure e integrano strumenti di ricerca quantitativa.

Il tentativo di guardare al Chagas in maniera integrata ha richiesto un iniziale inquadramento finalizzato ad approfondire sia da un punto di vista epidemiologico e demografico che da una prospettiva socio-antropologica la presenza latinoamericana in Emilia-Romagna. Quindi è stata svolta un'analisi quantitativa che si è andata parallelamente “informando” delle osservazioni realizzate nelle principali associazioni di e per immigrati; con interlocutori latinoamericani e con informatori chiave grazie ai loro vincoli con le realtà territoriali impegnate nell’ambito della migrazione (non solo latinoamericana). Rispetto a tali interlocutori, gli interessi del gruppo di ricerca -e i miei in particolare- si sono orientati a un'indagine sulle caratteristiche dei differenti percorsi migratori; a una rilevazione di conoscenze e percezioni sulla malattia di Chagas; a una comprensione delle relazioni con i servizi sanitari; a un inquadramento delle problematiche contestuali di ordine socio-economico che hanno ricadute sulla sfera del benessere e sulla gestione della malattia. Tutti i dati e le riflessioni che sono emerse attraverso questo approccio interdisciplinare rappresentano fondamentalmente la sostanza di questo lavoro e sono disseminate nei differenti capitoli.

Da un punto di vista quantitativo, in particolar modo le colleghe medici di sanità pubblica, hanno realizzato delle analisi su differenti banche dati tra cui, per il profilo demografico, quella dell'Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e quella dell’Osservatorio Provinciale delle Migrazioni, mentre per il profilo epidemiologico sono state analizzate, per il contesto regionale e locale, le schede di dimissione ospedaliera; i certificati di assistenza al parto; i registri di due ambulatori della città di Bologna per migranti senza regolare permesso di soggiorno; il registro regionale dei donatori di sangue; i registri regionali delle associazioni di donazione di organi e tessuti. Tale analisi ha rilevato come nel quinquennio 2005-2009 ci sia stato un costante aumento (sia a livello della provincia di Bologna che della Regione Emilia-Romagna) del numero di latinoamericani provenienti dai 21 paesi endemici (a livello regionale erano circa 15.000 alla fine del 2008131) con

130 Quando parlo di metodi qualitativi mi riferisco a una serie di strumenti (intervista, gruppo di discussione etc) che cominciano a essere familiari anche nel campo della Sanità Pubblica. Li menziono perché mi sembra importante che la medicina cominci a identificare quegli strumenti che le Scienze Umane e Sociali hanno da offrire e con cui interagire. Tuttavia, facendo riferimento specificamente alla disciplina antropologica, non intendo cadere nell'errore -oggi diffuso- di ritenere che l'etnografia, che è una pratica complessa di indagare la realtà, possa essere ridotta al mero utilizzo di metodi qualitativi. A riguardo rimando alla chiara riflessione su etnografia, tecniche qualitative e ricerca in salute che Oriol Romaní (2013) propone nell'introduzione di un bel testo di recente pubblicazione da lui curato.

una maggioranza (62%) di donne. Una successiva analisi132 delle Schede di Dimissione Ospedaliera svolta per il decennio 2003-2012 ha rivelato che in tale periodo sono stati registrati 23 ricoveri attribuibili a residenti in Emilia-Romagna in cui compariva la diagnosi la malattia di Chagas.133

Fin dai primi confronti all'interno del gruppo di ricerca, le riflessioni comuni si sono concentrate sulla necessità di elaborare delle strategie sanitarie che da un lato non producessero allarmismo o dinamiche stigmatizzanti (alla luce delle percezioni rilevate sull'infezione), e dall’altro favorissero il mutuo avvicinamento tra immigrati e servizi sanitari attraverso politiche partecipate (Di Girolamo et al., 2010). Per questa ragione, durante tutto il corso della ricerca si è cercato di creare degli “spazi” in cui i soggetti potessero riflettere, dialogare, raccontarsi.

I primi risultati hanno “guadagnato” l'attenzione delle istituzioni sanitarie locali. Da ciò ha preso vita un'ulteriore attività di ricerca realizzata dentro l'Ospedale Universitario di Bologna. Nell'ultimo capitolo condividerò il materiale principale delle osservazioni realizzate in ambito ospedaliero con pazienti e operatori.

Come dicevo, gli interessi clinici e di sanità pubblica si sono orientati a una stima della prevalenza dell'infezione in un campione di popolazione presente nel nostro territorio, oltre alla formazione del personale sanitario impiegato presso i servizi di interesse. Questo secondo aspetto è stato curato congiuntamente a me e un'altra collega antropologa, in quanto si è deciso di non circoscrivere i contenuti della formazione agli aspetti epidemiologici e clinici, ma di avanzare questioni vincolate agli aspetti socio-culturali e a problematiche più ampie connesse alla realtà migratoria. In tal modo le problematiche attinenti alla migrazione sono state prima “raccolte” attraverso la voce contestuale degli immigrati, e poi selezionate in modo da poter essere condivise con i professionisti sanitari. Gli operatori dal canto loro sono stati coinvolti attraverso tutta una serie di attività134 in cui, in ogni occasione, la nostra rappresentazione del fenomeno Chagas si avvaleva sia delle caratteristiche tecnico-cliniche che di quelle di natura socio culturale e storico- economica. Inoltre, sempre in maniera integrata e alla luce delle percezioni che i nostri interlocutori latinoamericani avevano dell'infezione, si è riflettuto sulle modalità per informare i soggetti (immigrati e no) interessati, sia sull'infezione che sui percorsi di diagnosi e cura attivati nel territorio. Un obiettivo comune, durante tutta la ricerca, è stato quello di contribuire a favorire

132 Realizzata da Chiara Di Girolamo.

133 Dei 23 ricoveri, 18 sono avvenuti nelle strutture della Regione Emilia-Romagna, 2 in una struttura della Regione Veneto e 3 in strutture della Regione Toscana. Delle persone ricoverate in Emilia-Romagna, 17 avevano cittadinanza italiana e 2 cittadinanza boliviana. Tra i 17 pazienti di cittadinanza italiana, 1 era nato in Argentina, 2 in Brasile. Di 3 non sono state registrate informazioni sul luogo di nascita.

134 Incontri informativi in ospedale; presentazione del protocollo di studio in congressi, gruppi di lavoro o seminari; organizzazione di momenti di formazione più istituzionali; gruppi di discussione, interviste e incontri informali.

l’accesso alle risorse sanitarie territoriali da parte di coloro che soffrivano delle barriere.

È stato quindi implementato un servizio gratuito di diagnosi insieme alla costituzione di una rete tra distinti specialisti clinici per la presa in carico di eventuali complicazioni patologiche (cardiologiche e gastro-intestinali in particolare). Nel prossimo capitolo entrerò in maggiori dettagli; qui mi basta condividere il fatto che a inizio progetto la maggior parte degli attori coinvolti -sia i decisori politici, che i professionisti sanitari, che i latinoamericani- percepiva un'assoluta inesistenza dell'infezione, mentre l'indagine diagnostica ha rilevato una prevalenza del 7,94% (dato quantitativamente rilevante allo sguardo di Sanità Pubblica). I dati hanno confermato che la Bolivia rappresenta il paese di provenienza di maggiore endemia.