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Note sulla produzione della conoscenza scientifica

Uno degli obiettivi di questo lavoro è stato quello di riflettere sulla produzione della conoscenza scientifica, tentando di far emergere come i processi epistemici siano inseparabili da quelli politici. L'analisi delle modalità di costruzione della Malattia di Chagas ora come patologia “negletta”, ora come “emergente” permette di rilevare come gli interessi scientifici vengano negoziati, discussi, interpretati, costruiti attraverso discorsi e pratiche che rispondono a scopi, valori, ruoli, influenze, retoriche, storicamente e localmente fondate. In tal senso la costruzione della conoscenza scientifica ha una connessione intrinseca con specifiche configurazioni sociali. Se assumiamo che la produzione della conoscenza sia complessa e interrelata (Geertz, 999); che sia contemporaneamente globale, locale, plurale (Longino, 2002); che le forme di modernità siano ibride, multiformi, alternative, costantemente mutevoli (Anderson, Adams, 2008) allora emerge la necessità di contestualizzare, interpretare, chiarire le visioni che di volta in volta animano la produzione scientifica; di evidenziare come gli standard di verità dipendano da specifiche risorse socio-culturali, materiali, politiche all’interno di contesti dati, e di provare a cogliere l'impatto che certe costruzioni scientifiche hanno nei distinti contesti sociali, a partire da un'analisi delle realtà locali e delle problematiche storico-epistemologiche rilevanti. La letteratura offre numerosi contributi critici provenienti da diversi campi disciplinari che rilevano come la posizione degli esperti nella definizione delle conoscenze scientifiche finisca spesso per minare il ruolo dei cittadini in seno a regimi economici neoliberali che hanno ridotto i termini e lo spazio dei discorsi politici (Hackett et al., 2008). Tali contributi manifestano l’urgenza di identificare nuove arene di contestazione politica; di ripoliticizzare i domini delle tecnologie (Lock, 2008); di favorire modelli di mobilitazione democratica per una partecipazione pubblica della scienza (Scheper- Huges, 2009); una partecipazione che si appella a un ideale di cittadinanza attiva, informata, consapevole (Thorpe, 2008). Ripensare le arene politiche della scienza è centrale nel tentativo di comprendere le implicazioni della contemporaneità globalizzata nei mondi sociali.

Alla luce dei suoi nessi di ordine sociale, politico, economico, normativo, la configurazione della malattia di Chagas come oggetto scientifico mi pare rappresentare un buon materiale di indagine per riflettere su alcune delle questioni appena sollevate. Con l'obiettivo di indagare il passaggio significativo nella costruzione della patologia da dimenticata a emergente, assistendo alla nuova visibilità che assume all’interno dei flussi migratori che uniscono aree rurali e urbane, paesi endemici e non endemici, Sud e Nord del mondo, ho tentato di ricostruire la rete dei principali attori europei coinvolti nella produzione della conoscenza sulle patologie tropicali dimenticate e sulla malattia di Chagas nello specifico.

Da una parte ho preso in esame documenti e report istituzionali prodotti dalle agenzie internazionali, oltre alla letteratura di riferimento. Dall'altra ho rilevato discorsi (Foucault, 1980) e pratiche di distinti attori83 che occupano differenti campi (Bourdieu, 1987) sociali, e che sono caratterizzati da diversi strumenti di espressione, interpretazione, negoziazione. Ho tentato di cogliere, attraverso un'osservazione attenta ai significati personali e sociali, come quelle conoscenze scientifiche orientino le interpretazioni locali e riconfigurino, tra le altre cose, le modalità con cui i pazienti vivono la propria condizione di malattia.

Tra le testimonianze raccolte mi è sembrata significativa quella di Alvaro, un signore boliviano di 41 anni conosciuto a Modena. Ho rilevato nella sua storia alcuni elementi comuni a molti altri informatori. Tenterò pertanto di coniugare la descrizione e l'analisi delle politiche di presa in carico della patologia di Chagas con alcuni elementi biografici tratti dalla sua narrazione.

Alvaro non è sposato, non ha figli, non è felice. Parla della sua vita sempre in termini privativi, rispetto a quello che non ha. Ha vissuto in Bolivia fino a quando aveva trenta anni. Quando sua sorella e suo cognato hanno deciso di partire per l'Italia, hanno pensato di portarlo con loro. In fondo non stava più studiando, non aveva un buon lavoro, non aveva dei legami per cui valeva la pena rimanere. La decisione di migrare è arrivata quando la mamma di Alvaro, subito dopo suo padre, è venuta a mancare. Era sempre stanca; soffriva molto; un giorno le venne un infarto e non si svegliò più. Le avevano detto che aveva il Mal de Chagas (nome in spagnolo) e che non c'era niente da fare. Alvaro e le sue sorelle non sapevano nulla di quella malattia. Il medico disse che era una condizione abbastanza comune per chi passava periodi lunghi in campagna per la raccolta. Non disse altro. Loro la accettarono come un destino piuttosto prevedibile per chi aveva avuto una vita di fatiche e di miseria come lei.

Credo che per comprendere questa modalità “naturalizzata” di accettare, di convivere con l'infezione, sia necessario fare un passo indietro e cogliere le ragioni che rendono il Chagas una patologia “dimenticata”.

83 Nei tre anni di ricerca dottorale ho avuto modo di interagire con il referente della Malattia di Chagas del Dipartimento delle Malattie Tropicali Dimenticate dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO); con i referenti sanitari dei principali studi e progetti sulla malattia di Chagas in distinti paesi europei (Spagna, Francia, Inghilterra, Svizzera, Italia) ed extra-Europei (Argentina, Bolivia, Canada, Stati Uniti); con alcuni referenti istituzionali dell'Agenzia Sociale e Sanitaria della Regione Emilia-Romagna; con numerosi operatori sanitari di diversi contesti italiani, in particolare con quelli impegnati in studi specifici sulle malattie in oggetto di analisi; con numerosi interlocutori provenienti da aree diverse dell'America Latina, in particolare da Perù, Ecuador, Argentina, Brasile, Bolivia. Alle testimonianze raccolte negli ultimi tre anni si aggiungono quelle emerse durante i periodi di ricerca realizzati tra il 2005 e il 2009 in Argentina che continuano a contribuire allo sguardo che sto costruendo sui fenomeni di mio interesse.