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Fatima Mernissi: il profilo complesso di una studiosa musulmana

Fatima Mernissi è stata una sociologa, scrittrice di fama mondiale, che ha pubblicato molti libri su argomenti legati al genere e le donne nell'Islam. Eclettica nelle sue interpretazioni e nelle sue metodologie, tutto il suo corpus può essere letto come una difesa e una rivalorizzazione delle donne arabe che non solo ha ispirato moltissime donne, ma ha influenzato anche lo sviluppo teorico del femminismo islamico. La sua interdisciplinarità, la volontà di sfidare i tabù radicati ovunque li trovasse, e il suo vero dono per la scrittura narrativa le hanno permesso di dare contributi significativi in più campi.216 Il suo percorso intellettuale e militante mostra la volontà di voler decifrare e

216 In grado di muoversi su diversi terreni della produzione intellettuale, dalla critica teologica alle rivendicazioni della società civile, il suo approccio situato nell’incontro tra la storia politico-culturale del mondo musulmano e l’etnografia ha influenzato il lavoro di molti accademici ed è diventato punto di riferimento indiscusso per gli studi di genere in Marocco. Ricordiamo che grazie al suo lavoro venne fondata nel 1979 a Rabat l’Union des femmes universitaires, vero e proprio laboratorio di genere che ha rappresentato la base del collettivo Femmes, famille et enfants creato nel 1981 dalla stessa Mernissi per

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contribuire alla questione della donna in Marocco e, più in generale, nel mondo musulmano. Fortemente impegnata a minare l'autorità patriarcale attraverso una rilettura dei testi sacri per creare un modello alternativo sia del narratore che della storia, viene per questo considerata una delle più rappresentative figure del femminismo islamico.217 Ciononostante, il suo approccio nel corso del tempo è stato soggetto a radicali cambiamenti, tanto che secondo una delle principali esperte dell’opera della Mernissi, Raja Rhouni, il suo lavoro può essere suddiviso in tre fasi: una prima definita “rivoluzionaria”, contraddistinta da un vivace interesse nei confronti dell’accesso femminile al lavoro salariato e critici verso le politiche di aggiustamento strutturale adottate in Marocco; una seconda, in cui si è avvicinata fortemente al femminismo laico, criticando l'impianto discriminatorio dell’Islam; e una terza fase molto vicina al femminismo islamico perché distinta da un forte attaccamento alle radici islamiche, il cui manifesto è Le harem politique.218

Inizialmente, grazie al contributo della sociologia e agli strumenti dell’etnografia, diede vita ai suoi primi lavori, tra cui ricordiamo Gender and religion studies, incentrato sui pellegrinaggi femminili nella prima società islamica219, e Le Maroc raconté par ses

femmes, In cui si confronta con la situazione reale delle donne nel mondo islamico

contemporaneo, concentrandosi in modo speciale sul caso marocchino. Si tratta, in generale, di studi sul campo in cui vengono condotte delle interviste a vari gruppi di donne come contadine, cameriere ecc. Con il contenuto delle interviste e i suoi commenti, riesce a fornire una concreta descrizione della realtà femminile marocchina, oltre a mostrare la vita delle donne, nella loro costante lotta contro l'esclusione, la povertà, l'analfabetismo e l'oppressione sessuale. In questo modo, cerca di dare voce a gruppi tradizionalmente relegati al silenzio per rendere la loro situazione più visibile, sottolineare la loro importanza sociale e mostrare la necessità di dare loro un'entità politica.220

sviluppare il discorso scientifico sulla condizione delle donne e, a partire da ciò, contribuire al suo miglioramento. Cfr. S. Borrillo, Femminismi e Islam, p. 66.

217 R. Pepicelli, Femminismo Islamico, pp. 69-70. 218 S. Borrillo, Femminismi e Islam, p. 36.

219 Questi pellegrinaggi avevano come obbiettivo la visita delle tombe dei Marabutti. Questi personaggi, cui venne in seguito attribuito anche il carattere di eletti, cioè discendenti del Profeta, sono considerati gli antenati di numerose famiglie e tribù "marabuttiche" che si sono integrate nel tessuto sociale nordafricano, pur mantenendo un'aura di sacralità per tutti gli appartenenti alla famiglia, che sono tutti considerati marabutti. Ad essi vengono di solito demandate le principali funzioni di gestione del sacro. www.treccani.it

220 J. Cepedello Boiso, “Fatima Mernissi: un hito esencial en la historia del feminismo islamico”, Revista

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Successivamente, sulla scena internazionale, apparirà il suo primo libro Beyond the

Veil: Male-Female Dynamics in Modern Muslim Society (1975), che divenne un classico

istantaneo, inaugurando la possibilità di uno studio di genere delle società musulmane. La data di pubblicazione posiziona Mernissi saldamente all'interno della fiorente curva generazionale del femminismo marocchino. Il suo progetto di studiosa e scrittrice era semplice: fare spazio nel presente e recuperare dal passato l’attivismo delle donne musulmane, difendendo un'interpretazione femminista dell'Islam, cercando di offrire nuove opportunità alle donne musulmane che cercano di conciliare la loro identità religiosa con le tensioni contemporanee sull'autonomia individuale e sui ruoli tradizionali di genere. Tuttavia, in Beyond the Veil emergono nozioni sulla famiglia e sulla sessualità nell’Islam che forniscono un’immagine di quest’ultima molto diversa dai suoi ultimi scritti. Infatti, nonostante non manchi di evidenziare come l’Islam prescriva un certo grado di uguaglianza, in questa fase si dimostra particolarmente critica nei confronti della religione e del mondo islamico, mettendo sotto accusa tutta una serie di pratiche e istituzioni che hanno come fine ultimo quello di rendere la donna sottomessa all’autorità maschile.221 Un libro del genere ha avuto ovviamente un grande impatto sull'aumento della coscienza femminista tra le donne marocchine in quanto le ha portate alla consapevolezza del loro corpo e della loro sessualità. Ha contribuito alla trasformazione della coscienza delle donne nel senso che ha generato una critica radicale delle affermazioni e delle opinioni della società musulmana araba sulle donne svelando questioni così controverse nella società musulmana moderna come la sessualità femminile, la segregazione sessuale, la divisione dello spazio sessuale e il rapporto dinamico tra i due sessi.222

Beyond the veil è dunque un libro sui confini dello spazio sessuale. Partendo da

domande apparentemente innocue: com’è che la società musulmana disegna lo spazio sessuale? come proietta nello spazio una visione specifica della sessualità femminile? Cerca di esplorare la profondità delle dinamiche sessuali dei musulmani e il loro campo di convivenza e interazione da una prospettiva femminista. Fin dall'inizio del suo libro, si scaglia contro la società moderna musulmana, che si basa sul monopolio maschile e sulla gerarchia di genere, suggerendo che c'è una contraddizione latente tra ciò che i musulmani

221 R. Pepicelli, Femminismo Islamico, p. 73.

222 H. Aissi, “Moroccan Women’s Writings: Rethinking their Female Body and Sexuality”, Journal of

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effettivamente fanno nella loro vita quotidiana e il discorso rappresentativo che producono su sé stessi.223 Questa contraddizione è visibile nel trattamento delle donne e nel loro approccio alla questione di uguaglianza.

Non molto tempo dopo, si verifica però un ulteriore cambiamento di rotta nella produzione della studiosa, sintomo di una più generale trasformazione del discorso femminista in Marocco e nel mondo islamico in cui, come abbiamo avuto modo di osservare tra gli anni Ottanta e Novanta, molte donne allora allineate su posizioni laiche che criticavano apertamente l’Islam, si sono gradualmente avvicinate ai discorsi di genere basati sulla reinterpretazione del messaggio religioso. È da questo momento che la religione comincia ad essere vista come un prezioso alleato nella lotta per la liberazione della donna. Questo sentimento viene espresso all’interno de Le harem politique: le

Prophète et le femmes. E infatti con quest’opera che Mernissi afferma la conciliabilità tra

richieste di uguaglianza e religione, proponendo una rilettura in chiave di genere del messaggio islamico.224 Secondo la studiosa, l’Islam è portatore di un messaggio di uguaglianza oscurato però nel corso della storia da letture maschiliste; mettendo sotto accusa determinati hadith molto diffusi nel mondo musulmano che favoriscono il dominio maschile sulle donne, tenta di decostruire le basi della misoginia. Secondo la studiosa, la volontà del Profeta era quella di dar vita a una società giusta e democratica, in cui uomini e donne potevano insieme amministrare – secondo i principi etici del Corano – l’intera comunità.

Nella prima comunità islamica fondata dal Profeta, ricorda Mernissi, le donne godevano del diritto alla piena cittadinanza proprio come gli uomini, e potevano addirittura partecipare alla gestione degli affari militari e politici.225 In questo libro, il Profeta viene presentato come un forte sostenitore della dignità delle donne e del Corano come sostentamento teorico religioso dell'uguaglianza tra i sessi, stabilendo come principio essenziale che gli uomini e le donne sono completamente uguali davanti a Dio. Al contrario, il contenuto misogino nell'Islam non sarebbe iniziato nell'atteggiamento del Profeta, né nei versi del Corano, ma in seguito ad alcuni hadith la cui autenticità, come storie vere sulle azioni o le parole del Profeta, Mernissi considera altamente dubbia. A suo parere, sarebbero stati prodotti dopo la sua morte dai Compagni del Profeta, per

223 Ivi., p. 54

224 R. Pepicelli, Femminismo Islamico, pp. 72-73. 225 Ibid.

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contrastare il potere e l'autorità di Aisha, amatissima moglie del Profeta e figura decisiva nei primi anni dell'Islam.226 Dunque, secondo la studiosa, il Profeta non avrebbe mai avvalorato gli hadith portatori di un messaggio misogino, e l'imposizione del modello sociopolitico ispirato da questi hadith, rappresenta la prova schiacciante di un fallimento che colpirebbe non solo le donne, ma tutte le società musulmane.227

Un’altra opera importante è The Veil and the Male Elite: A Feminist Interpretation of

Women's Rights in Islam (1987) che offre una lettura alternativa delle interpretazioni

tradizionali (patriarcali) di importanti hadith, contestualizzate nei loro contesti storici e culturali. Inoltre, attraverso il supporto di teologi e studiosi del diritto islamico, Mernissi è stata in grado di indagare il ruolo di leadership che le donne ricoprivano nella prima società islamica, contribuendo alla stesura di Sultanes oubliées (1990). La studiosa descrive qui le vite delle donne yemenite ed egiziane che furono al potere; colloca con cura le loro biografie all'interno dei contesti rilevanti della politica dinastica, teologica e statale, affinché le donne musulmane possano prendere coscienza della propria ricca eredità di agency femminile, e così facendo sfidare l'egemonia patriarcale. Le donne scelte da Mernissi sono destinate ad essere esempi di ispirazione per tutte le donne musulmane, e le loro storie – in quanto esempi di donne musulmane che erano riuscite a sfidare le norme regnanti dell'obbedienza femminile passiva - non devono essere dimenticate ma riscoperte e riadattate ai nostri giorni.228

Inoltre, è interessante notare che la sua critica di genere non attacca esclusivamente la tradizione patriarcale colpevole di aver compromesso i testi sacri dell’Islam, ma si scaglia anche contro l’occidente, accusandolo non solo di continuare a guardare con pregiudizio

226 Un dibattito particolarmente interessante che si svolge oggi nel mondo musulmano riguarda l'esistenza o meno di un precedente storico nell’esercizio del potere politico da parte delle donne. Una delle figure principali utilizzata in questo contesto è quella di Aisha (614-679), la terza moglie del Profeta e figlia di Abu Bakr, intimo amico di Muhammad e tra i primissimi convertiti all’Islam, primo dei califfi successore del Profeta (regnò dal 632 al 634). Quando il Profeta morì nel 632, rimase politicamente inattiva fino al tempo di Uthmun (644-656, il terzo califfo) durante il cui regno giocò un ruolo importante. Condusse un esercito contro il suo successore, 'Alì, quando si rifiutò di consegnare alla giustizia gli assassini di Uthman, ma fu sconfitta nella battaglia del Cammello, il cui nome deriva dal feroce combattimento che ebbe luogo attorno al cammello montato da Aisha. In seguito, le fu permesso di tornare a Medina dove trascorse il resto dei suoi giorni studiando il Corano e dedicandosi alla trasmissione di Hadith. Le fonti tradizionali descrivono Aisha come una donna molto istruita, soprattutto nel campo della religione, che spesso si consultò con i più anziani Compagni del Profeta. A. Afsaruddin, “Aysha” in Encyclopædia

Britannica, 2020.

227 J. Cepedello Boiso, “Fatima Mernissi: un hito esencial en la historia del feminismo islamico”, Revista

Internacional De Pensamiento Político, 10, 2018, pp. 177-178.

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le donne musulmane, considerate vittime passive dell’Islam – nonostante i concreti sviluppi in termini di uguaglianza – ma anche di non riuscire a percepire i meccanismi di soggezione a cui sono sottoposte le donne occidentali. Secondo la studiosa, le donne occidentali sarebbero vittime inconsapevoli di una società maschilista che cerca costantemente di controllarle; prova schiacciante di questa sottomissione è rappresentato dall’ideale estetico maschile a cui le donne sono costrette ad uniformarsi e che viene definito come “tirannia della taglia 42”, un vero e proprio stile di vita che porta le donne a trasformare il loro corpo per soddisfare gli sguardi maschili.229 Un altro contributo importante è rappresentato da La peur-modernité. Conflit, Islam, Democràtie del 1992 (tradotto in italiano con il titolo Islam e democrazia), in cui scriveva:

“Ciò a cui assistiamo oggi è la rivendicazione da parte delle donne del loro diritto a Dio e alla tradizione storica. Ciò assume varie forme. Ci sono donne attive nei movimenti fondamentalisti e altre che studiano una reinterpretazione del retaggio musulmano come ingrediente necessario della modernità. La nostra liberazione avverrà attraverso la rilettura del nostro passato e la riappropriazione di tutto ciò che ha strutturato la nostra civiltà. La moschea e il Corano appartengono alle donne tanto quanto i corpi celesti. Abbiamo diritto a tutto questo, a tutte le sue ricchezze per costruire la nostra identità moderna”.230

Dunque, emerge chiaramente che l’Islam riletto da una prospettiva di genere assume i caratteri di una cornice ideale per rivendicare diritti e libertà in un mondo musulmano in costante trasformazione, in cui Mernissi è riuscita ad aumentare la coscienza delle donne della loro identità, soggettività e sessualità, e della loro caratterizzazione all'interno della società islamica. La subordinazione delle donne, per la studiosa, è anche dovuta alla definizione patriarcale musulmana della sessualità femminile attiva, che rende necessario il velo e la segregazione sessuale per controllare il corpo femminile. Così, sollevando tali problemi crea una coscienza femminista che sfida tutte le definizioni patriarcali sia del corpo femminile che della sessualità femminile. Anche se le donne marocchine hanno iniziato a smascherare le idee patriarcali sulla sessualità femminile sin dall’indipendenza nazionale, Mernissi è stata la prima che ha affrontato questo problema da prospettive psicoanalitiche, storiche e sociologiche. E negli scritti appartenenti alla sua ultima fase enfatizza ancora una volta l’importanza della religione che, se riletta da una prospettiva

229 R. Pepicelli, Femminismo Islamico, p. 74. 230 F. Mernissi, pp. 188-189.

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femminile, diviene uno dei più potenti strumenti di liberazione della donna nel mondo musulmano.231

231 A, Laaredj-Campbell, “Pre-assessment of Women’s Empowerment in Work, Politics and Islam” p. 199, in Changing Female Literacy Practices in Algeria. Empirical Study on Cultural Construction of Gender

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CAPITOLO IV

L’attivismo femminile in Egitto: storia ed evoluzioni

4.1 I primi passi del femminismo in Egitto

Roses and basil were on that day The only weapons on which they relied.

The hours of struggle seemed so long That embryos might have become grey-haired.

But then the women became feeble, For the fair sex has no physical strength.

They were defeated and fled, dispersed To their palaces. What a glorious army indeed!

What a victory, to have defeated women! (Hafiz Ibrahim, 1929)232

La nascita del femminismo in Egitto, come abbiamo in realtà già avuto modo di appurare nel primo capitolo, viene spesso attribuita alle idee e alle iniziative di un gruppo di intellettuali dell’Ottocento, come Muhammad Abdu, Gamal al-Din al-Afghani, e tra i più importanti Qasim Amin.233 Questi intellettuali cercarono di promuovere un movimento di riforma sociale e culturale, tra cui figurava anche l’attenzione verso la condizione femminile. Così, in questo discorso strettamente collegato al rapporto con le potenze coloniali e l’identità nazionale, si cominciò a parlare anche di donne. Cominciarono a

232 In questa poesia intitolata The ladies demonstration, il poeta cerca di descrivere in termini satirici la “vittoria” dei soldati britannici che, con l’uso della forza, stroncarono una manifestazione pacifica promossa dalle donne in opposizione al dominio inglese in Egitto.

233 Qàsim Amin (1863-1908), si distinse per le sue idee progressiste nei confronti delle donne. Nelle sue opere, tahr al-mar'a (La liberazione delle donne) pubblicata nel 1899 e al-mar'a al-jadada (La nuova donna), pubblicata nel 1900, difendeva la necessità di un cambiamento nello status delle donne società. Ha denunciato l'incarcerazione e la claustrazione assoluta delle donne negli harem. Cercò di opporsi alla separazione di genere negli spazi pubblici, derivante secondo lui da un'abitudine sociale e un'errata interpretazione dei testi religiosi, introducendo gradualmente la diversità di genere. Ha inoltre sostenuto la limitazione della poligamia, l'accesso delle donne all'istruzione al pari degli uomini. Cfr., S. Monqid, “Mouvements féminins et féministes en Égypte: rétrospective et histoire d’une évolution (fin XIXème siècle

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interrogarsi sulla condizione femminile, sull’istruzione, sul matrimonio, sui ruoli sociali. Anche se non si può ancora parlare esplicitamente di un orientamento femminista, considerato che tutto questo aveva a che fare con la modernizzazione del paese, in cui le donne vennero viste come strumenti ai fini del progetto nazionale, quest’ultime non rappresentarono un oggetto passivo di queste riforme; anzi, alcuni studi negli ultimi decenni hanno evidenziato come la partecipazione delle donne a questo dibattito culturale fu molto attiva, tanto che l’intervento delle donne alle marce, agli scioperi e alle proteste del 1919 contro il dominio coloniale britannico nella lotta per l’indipendenza, vengono viste come una naturale continuazione ed estensione delle attività culturali svolte dalle donne nei decenni precedenti.234

È importante sottolineare come le donne non svolsero soltanto un ruolo di carattere logistico, ma a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, in molte contribuirono alla nascita del femminismo, grazie soprattutto all’esperienza del “giornalismo femminile”. Infatti, questi furono anni caratterizzati dallo sviluppo della stampa, l’incremento della produzione letteraria e l’affermarsi di salotti letterari femminili attraverso le quali le donne mettevano in discussione l’ordine patriarcale tradizionale, dando grande visibilità alla questione femminile.235 Basti pensare che tra il 1892 e il 1920 furono pubblicati una trentina di periodici femminili. Tra i giornali dell'epoca ricordiamo Al-fatat (la Giovane Ragazza) creata nel 1892 da Hind Nawfal (1860-1920), che fu uno dei primi ad essere gestiti da una donna.236 Il ruolo svolto da queste riviste femminili è di fondamentale importanza per la storia del femminismo egiziano, perché fornì alle donne l’opportunità di partecipare ai dibattiti del tempo che le riguardavano da vicino, e tra i temi più discussi ricordiamo: il matrimonio, il divorzio, l’istruzione femminile e il velo. Il bisogno di istruire le ragazze, soprattutto, fu il tema più caro alle scrittrici, convinte che l’istruzione fosse indispensabile per poter cambiare la società. Anche i salotti letterari hanno svolto un ruolo importante nella diffusione delle idee delle prime attiviste; erano un luogo di scambio, di dibattito e di libera espressione per le donne che lavoravano attraverso la letteratura e la stampa per difendere la loro causa e far sentire la loro voce; Anissa Mayy (1886-1941), conosciuta come Miss May,

234 N. Elsakaan, Il Femminismo Islamico in Egitto. Donne, religione e giustizia di genere, Aracne editrice, 2019, p. 134.

235 Ivi., p. 140.

236 A. Fénoglio, Défense et illustration de l’Égyptienne, aux débuts d'une expression féminine, Le Caire, CEDEJ, 1988, p. 7-18.

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fu la prima a tenere un salone letterario con cadenza settimanale nel 1911, aperto a uomini e donne, politici, poeti, giornalisti e scrittori, che si sono battuti per i diritti delle donne e hanno dialogato con loro su questioni politiche e sociali.237 Tale agitazione culturale consentì, negli anni seguenti, la crescita di un movimento con obiettivi apertamente femministi, sviluppatosi in seno alla lotta per l’emancipazione nazionale.

Il periodo che va dalla rivoluzione del 1919 al conseguimento della semi-indipendenza (1922) rappresenta un momento fondamentale tanto nella costruzione dell’identità nazionale egiziana quanto nella formazione di un movimento femminista. Diverse donne hanno dimostrato il loro coraggio durante la rivoluzione del 1919; questa prima mobilitazione di massa femminile è rimasta impressa nella memoria collettiva, come testimonia una delle poesie di Hafez Ibràhim238 (1872-1932) intitolata Mudhaharat nisa