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Il femminismo militante marocchino

La seconda fase della mobilitazione delle donne marocchine si caratterizza con l’emergere del “femminismo militante”. Infatti, è solo a partire dagli anni ’80 che si è creato un movimento femminista autonomo da partiti e sindacati, con rivendicazioni specificamente legate alle battaglie per l’uguaglianza di genere, come quelle relative ai diritti civili e alla violenza contro le donne. Una fase in cui la società civile raggiunse l’apice della sua maturazione impegnandosi nel movimento per la democratizzazione e in

156 Una scrittrice particolarmente attiva di questo periodo fu Khanata Bennouna. La sua prima raccolta di racconti, Down with Silence, fu pubblicata nel 1967, seguita da Fire and Choice nel 1968. Questa seconda collezione comprendeva anche il suo primo romanzo, a cui la collezione deve il titolo. Più o meno nello stesso periodo altre pioniere del racconto breve iniziarono la loro carriera, come Malika al-Fasi, Amina al- Luh e Rafiqat al-Tabi'a, pseudonimo di Fahmi, con una raccolta di racconti, A Man and a Woman (1969), e anche Fatima al-Rawi che pubblicò un romanzo nel 1967, Tomorrow the earth will change. Le costanti letterarie di queste scrittrici sono caratterizzate da due argomenti principali: la politica e la situazione delle donne; solitamente il personaggio principale è una donna alla ricerca di libertà, e i personaggi maschili le impediscono di raggiungerlo. Inoltre, questi romanzi e racconti brevi sono caratterizzati da una forte dose di realismo, considerati i molti riferimenti a diversi eventi che hanno colpito il Marocco e il mondo arabo, testimoniando che è possibile per una donna parlare nel nome del popolo, senza alcuna distinzione. Cfr. A. González Navarro & G. Fernández Parrilla, “From Khanata Bennouna to Leila Slimani: Moroccan Women Writers from the Margins to World Literature”, Dialogic Configurations in Post-colonial Morocco, 2019, pp. 291-309.

157 Infatti, sul versante accademico, nel 1979 venne fondata all’Università Muhammad V di Rabat l’Union

des Femmes Universitaires. Qui Fatima Mernissi, nel 1981, diede vita al collettivo Femmes, Famille et Enfants, un gruppo di riflessione informale destinato ad influenzare il dibattito nazionale sulla questione

delle donne. Queste esperienze rientrano nell’ambito del “femminismo intellettuale” marocchino, inteso come insieme di discorsi, analisi e teorie prodotti in supporto al “femminismo militante”, attivo nel campo più operativo della scena politica e sociale. Sebbene tale categorizzazione dicotomica sia utile per analizzare la differenza di piani d’azione delle esperienze femministe in Marocco, va osservata la diffusa interazione tra alcuni gruppi di ricerca universitari e associazioni. La stretta relazione tra femminismo intellettuale e femminismo militante è andata consolidandosi negli anni ’80, periodo in cui la società civile marocchina raggiunse l’apice della maturazione. Cfr. S. Borrillo, Femminismi e Isla in Marocco, p. 61-62.

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cui molte femministe cominciarono a prendere le distanze dai partiti politici, definiti incapaci di fornire un reale contributo alla causa femminista. Così, le femministe iniziarono a unirsi in formazioni indipendenti il cui scopo era la riforma di istituti e codici che supportavano e istituivano legalmente la diseguaglianza. In questi anni videro la luce associazioni come l’ADFM, Association Démocratique des Femmes du Maroc (Associazione democratica delle donne del Marocco), l’Union pour l’Action Féminine (Unione per l’azione delle donne), il Collectif 95 Maghreb Egalité (collettivo 95 Maghreb per l’uguaglianza), associazioni, queste, che credevano fermamente che l’uguaglianza di genere fosse una condizione inscindibile dei diritti umani e della democrazia, ed erano formate principalmente da insegnanti, studentesse e professioniste, provenienti dalle classi medie ed alte delle grandi città, quali Casablanca e Rabat.158 Attraverso dibattiti, gruppi di ricerca, riviste, molte donne ebbero l’opportunità di esprimersi liberamente. Proprio come accadde in altri paesi, la stampa rappresentò uno strumento privilegiato per la propagazione del discorso femminista su scala nazionale; al riguardo, un ruolo fondamentale è stato svolto da riviste di contestazione politica, come 8 Mars, apparsa dal 1983 al 1995 (scomparsa per più di un decennio prima di riprendere nel 2004), e la rivista

Kalima (Parola), fondata nel 1986 e chiusa dalla censura governativa nel 1988, il cui

obbiettivo era quello di dimostrare come i ruoli di genere, la sessualità e persino la divisione del lavoro non erano prescritti dalla natura, ma avevano un'origine storica.159 Nel corso degli anni ’90, fu soprattutto grazie al contributo di queste associazioni che venne costituito il Comitato nazionale di coordinamento per la modifica della

Mudawwana e per la difesa dei diritti delle donne, cui si deve la riuscita della campagna

che raccolse più di un milione di firme, avviata l’8 marzo 1992, che dimostrò l'esistenza di una forte volontà di cambiamento da parte della società. La campagna del Comitato è stata molto attiva e fu in grado di portare alla riforma del Codice di Statuto Personale nel 1993, aprendo però profonde discrepanze tra le diverse forze politiche e l'opinione pubblica marocchina. Così, il 1° maggio del 1993 Hassan II (re dal 1961 al 1999) concesse una modifica limitata del codice. Infatti, la riforma si limitò ad accordare solo piccole

158 R. Pepicelli, “Genere e generazioni in transizione: il movimento delle donne in Marocco dall’indipendenza al post-rivolte arabe”, in R. Pepicelli, A. Vanzan (a cura di) Afriche e orienti: movimenti

delle donne in Nord Africa e Medio Oriente: percorsi e generazioni «femministe» a confronto, Vol. 1, 2016,

p. 18.

159 Sadiqi F., M. Ennaji, “The Feminization of Public Space: Women’s Activism, the Family Law, and Social Change in Morocco”, in Journal of Middle East Women’s Studies, II, Spring, 2, 2006, p. 99.

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concessioni: ad esempio, decretò che il matrimonio potesse essere contratto solo se la donna indicava il suo espresso consenso, mentre altre questioni considerate importantissime, come la poligamia e il ripudio unilaterale da parte dell’uomo, non venivano affrontate.160 Nondimeno, rappresentò un passo importante dal punto di vista delle associazioni delle donne, poiché affermava da un lato che era diventato possibile modificare un testo ritenuto a lungo “intoccabile” e che quindi occorreva proseguire nella lotta per modificare il codice, e dall’altro mostrava come la società civile stava emergendo come attore sociale in grado di avere un peso sulle scelte del Governo. Al centro del dibattito pubblico, adesso, si era imposta la questione di genere. 161 Temi che fino a poco tempo prima erano considerati veri e propri tabù, quali il divorzio, la poligamia, la violenza di genere, diventarono ben presto argomenti di pubblica discussione e priorità politiche.162 Inoltre, ricordiamo che nello stesso anno il Marocco ha ratificato la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW).

Successivamente, l’ascesa al potere di Mohammed VI nel 1999 e la vittoria elettorale del primo Governo di sinistra, danno il via a una nuova fase del movimento femminista in Marocco. In questo contesto, le associazioni femministe ripresero a rivendicare riforme, in particolare quella della Mudawwana. Obiettivo quest’ultimo che portò 26 associazioni di donne, rappresentative di tutte le regioni del Marocco, ad unirsi e a dare vita alla rete Printemps de l’Egalité (Primavera dell‘Uguaglianza). Nel frattempo, cominciò il processo di consolidamento del cosiddetto “femminismo di stato”, in cui il classico conflitto con le istituzioni, che aveva caratterizzato gli anni ‘70 e ‘80, cedette il posto a nuove alleanze che divennero il simbolo della relazione con la Monarchia e le istituzioni di Governo. Mentre diverse figure storiche del femminismo entravano a far parte delle istituzioni, ricoprendo ruoli anche molto importanti, come consulenti o membri del Governo, lo Stato si appropriava di parole e discorsi del movimento delle donne, deprivandoli della loro radicalità e indebolendoli. Insomma, sotto il Re Mohammed VI, il femminismo diviene una “fonte di legittimazione della

160 L. Feliu, "Feminism, Gender Inequality and the Reform of the Mudaww ana in Morocco", The Scientific

Journal of Humanistic Studies, Year 4, no. 6, 2012, pp. 109-110.

161 Alami M’Chichi H., Genre et politique au Maroc. Les enjeux de l’égalité hommes-femmes entre

islamisme et modernisme, L’Harmanattan, Parigi 2002, p. 125.

162R. Naciri, “Le mouvement des femmes au Maroc”, in Nouvelles Questions Féministes, vol. 33(2), 50- 52.

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modernizzazione politica”163. Fra i motivi di questo cambiamento da parte delle associazioni femministe negli anni ’90 va compreso il sempre più crescente peso dei movimenti islamisti nel Paese. Infatti, per compensare la loro influenza sulla società, il movimento delle donne scelse una politica di alleanza con le istituzioni e il Re.164 È in questo contesto che le associazioni del femminismo laico erano state coinvolte nell’elaborazione del PANIFID (Piano nazionale d’integrazione della donna allo sviluppo) presentato a Rabat nel 1999 che tuttavia non sarà mai approvato a causa dell’opposizione conservatrice.

In opposizione al Piano si schierarono infatti il cosiddetto islamismo moderato (rappresentato dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo) e quello radicale (rappresentato dal partito di Giustizia e Spiritualità). Nonostante alcune differenze, in via generale entrambi i gruppi utilizzano due idee comuni: in primo luogo, si rifiutarono di approvare il PANIFID per via della sua origine straniera. Secondo loro rappresentava una proposta politica che dava vita a una nuova forma di colonizzazione (e qui si riferiscono in particolare al coinvolgimento delle istituzioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale). In secondo luogo, il Piano attacca (o potrebbe attaccare) i valori islamici, costituendo un oltraggio verso l'Islam. Invece, a sostegno del PANIFID, si formarono due coalizioni: la prima è stata la Rete di Sostegno al piano d'Azione dell'integrazione femminile nello sviluppo (conosciuta come Chabaka), con sede a Rabat. La seconda, è il Fronte di difesa dei diritti delle donne marocchine (FDDF) con sede a Casablanca.165

Il rispettivo lavoro pro e/o contro il Piano arriva al culmine durante le manifestazioni di piazza svoltesi il 12 marzo 2000; da un lato, i settori favorevoli al piano, come il Partito per il Progresso e il Socialismo, diversi sindacati e 60 associazioni femministe, hanno organizzato una manifestazione a Rabat; dall’altro, a Casablanca, prende forma una contromanifestazione promossa dalle forze conservatrici che ha riunito non solo le due principali organizzazioni islamiste, il Partito di Giustizia e Sviluppo e Giustizia e Spiritualità, ma anche i principali partiti politici.166 La spettacolare mobilitazione sociale

163 S. Borrillo, Femminismi e Islam in Marocco, cit. p. 73.

164Z. Salime, “A New Feminism? Gender Dynamics in Morocco’s February 20th Movement” in Journal of

International Women’s Studies, vol. 13 n. 5, p. 109.

165 L. Feliu, "Feminism, Gender Inequality and the Reform of the Mudawwana in Morocco", The Scientific

Journal of Humanistic Studies, Year 4, no. 6, 2012, pp. 110-112.

166 J. Dieste, “Demonstrating Islam”: the Conflict of Text and the Mudawwana Reform in Morocco” in The

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generata da questo progetto di riforma dimostra la rilevanza politica di definire e controllare le relazioni di genere e parentela in Marocco. In questo contesto possiamo apprezzare una notevole convergenza e coincidenza tra gli eredi del riformismo modernista e le nuove correnti islamiste. A tal proposito, c’è chi sostiene che la presentazione del PANIFID – nonostante il suo fallimento – può essere letta come un “momento-movimento” che ha contribuito al riposizionamento dei discorsi e delle strategie di azione del movimento delle donne. Basti pensare che l’interazione e il confronto tra le attiviste islamiste e le femministe secolari è stato talmente costante da favorire un processo di “femminilizzazione degli islamisti e di islamizzazione del femminismo”167. Infatti, mentre le islamiste cominciarono a utilizzare pratiche e discorsi provenienti dal mondo del femminismo laico, è curioso notare come la crescente islamizzazione del discorso pubblico, in seguito all’affermarsi di un diffuso revival religioso in Marocco, come nel resto del mondo musulmano, spinse molte femministe a vedere l’Islam come un alleato necessario nelle battaglie per l’uguaglianza di genere, accanto al principio dell’universalismo dei diritti. Così, le interpretazioni progressiste dei testi sacri iniziarono a diventare per molte gli strumenti necessari per combattere gli islamisti sul loro stesso terreno.168

Dunque, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del nuovo millennio, all’interno del movimento delle donne si sono costituiti differenti posizionamenti e correnti, che spingono a suddividere il movimento delle donne in tre macro orientamenti.169 Il primo è quello in cui fanno parte le associazioni che lottano per l’universalità dei diritti umani in sintonia con le dichiarazioni internazionali, distaccandosi dall’Islam e invocando, invece, una netta separazione tra religione e sfera legislativa. Un altro è rappresentato da singole intellettuali e attiviste, come ad esempio Asma Lamrabet, che si battono per diritti partendo da una rilettura di genere dei testi sacri; le donne che rientrano in questa categoria sono spesso definite come femministe islamiche e adoperano in modo armonioso lo strumento dell’ijtihad (interpretazione indipendente dei testi sacri) con il riferimento costante alle leggi internazionali in difesa dei diritti delle donne. E infine, l’ultimo orientamento si è presentato in tempi recenti, e al suo interno troviamo donne

167 Z. Salime, Between Feminism and Islam, cit. p. 33. 168 S. Borrillo, Femminismi e Islam in Marocco, pp. 72-74. 169 S. Abdallah Latte, “Feminismes à l’heure révolutionnaire”.

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vicine ai partiti e movimenti islamisti, come Nadia Yassine, che a partire dagli anni 2000 hanno iniziato a imporre un’agenda di genere nelle organizzazioni di cui fanno parte.170