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Il velo è probabilmente uno dei temi più discussi relativo alla questione di genere e di Islam, tanto in occidente quanto in Medio Oriente. La traduzione italiana dell'hijab (che in arabo significa letteralmente tenda o 'nascondere, rendere invisibile’) è inadeguata a suggerire le complessità e i vari significati che il termine veicola. Alle origini dell’incomprensione manifestata dal mondo occidentale sull’uso del velo islamico troviamo una rappresentazione che associa principalmente questo indumento ad una condizione di soggiogazione e oppressione della donna musulmana nella sfera privata così come in quella pubblica. Dietro al velo e all’obbligo per molte donne di indossarlo si nasconderebbe “la convinzione della profonda diversità esistente tra uomo e donna e dell’inevitabile condizione di sottomissione della seconda al primo”54 Tuttavia, il dibattito sul velo islamico ha evidenziato una questione profonda: «il corpo femminile sembra diventare o ridiventare un luogo privilegiato in cui segnare gli argini tra ordine e

52 N. Göle, Musulmanes et modernes. Voile et civilisation en Turquie, Paris, La Découverte, 20032, pp. 128.

53 M. Miniati, “L'enigma Del Velo. Identità Femminile e Cultura Islamica Nel Dibattito Francese.” p. 402. 54 I. Acocella. “Il velo islamico e la pluralità dei suoi significati”, Studi Di Sociologia, vol. 49, no. 1, 2011, cit., p. 54.

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disordine sociale, tra diritto e guerra, tra appartenenza comunitaria ed autonomia individuale, tra senso morale e relativismo etico»55. Sono molte, infatti, le rappresentazioni attribuite a questo indumento a seconda di chi e come lo indossa e di chi e come lo guarda. Questo semplice pezzo di stoffa sta quindi divenendo un modo per veicolare sempre più diversi significati e simboli, così come la scelta di indossarlo appare un’azione che porta con sé diversi significati.

In primo luogo, dietro l’uso del velo si nasconde un rimando a pratiche quotidiane che riguardano il controllo della sessualità femminile, la separazione dei sessi e l’imparità giuridica vigente nella shari’a– e cioè il corpus di leggi desunto dal Corano e dagli hadith (tradizioni dei detti e delle azioni del profeta) – così come fu dettata al Profeta Muhammad, anche se di fatto nel Corano non ci sono riferimenti espliciti all’uso del velo e ai motivi di tale uso. Nel Corano, la Sura 33 al versetto 59, recita solo «o Profeta, di’ alle tue mogli, alle tue figlie e alle donne credenti che si avvolgano nei loro veli! Questo sarà il modo più semplice perché vengano riconosciute e non vengano offese»56, mentre in relazione alle parti da coprire troviamo scritto «di’ inoltre alle credenti che abbassino i loro sguardi e siano costumate, né mostrino i loro ornamenti, eccetto quelli esterni, gettino i loro veli del capo sopra i loro seni».57 Ma i versi del Corano vengono letti in un particolare tempo e spazio e pertanto risentono dei contesti storico-sociali del tempo. Esaminando la temporalità della Sura 33, Fatima Mernissi, in The Veil and The Male A

Feminist Interpretation of Women’s Rights, sostiene che una delle ragioni per cui l'hijab

è stato imposto era quello di proteggere le donne musulmane dalle molestie degli uomini che le hanno costrette a praticare il ta'arrud – commettendo un atto di adulterio. Pertanto, il precedente significato dell'hijab che ha funzionato come un segno di protezione e differenziazione diventa uno tra una miriade di significati da prendere in considerazione quando si esamina l’aspetto simbolico del velo.58

55 F. Bimbi., “Dietro il velo il corpo. Dietro l’immagine oggetti diversi di desiderio?”, in L. Trappolini. (a cura di), Gli altri e noi. Giovani, pluralismo culturale e diversità, Guerini, Milano, 2007, pp. 167-171 56 A. Bausani, Il Corano, Bur Rizzoli, Milano, cit., p., 311.

57 Ivi., cit., p., 255.

58 F. Mernissi, The Veil and The Male A Feminist Interpretation of Women’s Rights in Islam, Mary Jo Lakeland (trad.), Addison-Wesley Publication Company, Inc., Reading, Massachusetts, 1991, pp. 180-181. Mernissi ammette anche che il significato di Hijab non è chiaramente definito. Secondo il dizionario arabo Lisan al-' può designare numerosi capi di abbigliamento da una semplice camicia a un mantello. (...) può significare anche un pezzo di stoffa molto grande indossato da una donna; (...) un pezzo di stoffa che una donna usa per coprire la testa e il seno.

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El Guindi, sostiene che l'Islam non ha inventato o introdotto l'usanza del velo. L’atto di velarsi per le donne era esistito nella regione prima dell'Islam – nelle culture elleniche, giudaiche, bizantine e balcaniche. Che si tratti di adozione, reinvenzione o invenzione indipendente, il velo si è evoluto in una funzione distinta e un significato caratteristico da quello delle regioni del Mediterraneo settentrionale.59 Inoltre, ci dice che nell'esaminare la concezione del velo così come rivelato nei passaggi del Corano, vanno presi in considerazione anche altri aspetti. Fattori come la privacy, le relazioni sociali e di parentela, i ranghi e gli elementi della costruzione di una nuova comunità (durante la vita del Profeta) sono tanto importanti quanto le nozioni di corpo e sessualità rispetto alla cultura. Comunemente per molti in Occidente il velo è immediatamente correlato con 'isolamento' e 'politicamente accusato di connotazioni dell'"altro" inferiore, implicando e assumendo una subordinazione e inferiorità delle donne musulmane.'60 Per queste ragioni diventa il simbolo più importante sia dell'oppressione delle donne (o, nella lingua del giorno, del degrado delle donne da parte dell'Islam) che dell'arretratezza dell'Islam.

Fin dai tempi del colonialismo, divenne bersaglio preferito delle autorità coloniali, considerato un simbolo di oppressione femminile e del degrado della società islamica. All'interno del discorso coloniale, dal momento che il velo è un simbolo di oppressione, il processo di unveiling diventa poi pesantemente associato al movimento di liberazione delle donne contro il dominio patriarcale, per migliorare il loro status. Tuttavia, poiché l’unveiling è proposto dall'Occidente coloniale, l'atto di ri-velarsi sarà poi utilizzato come simbolo anticoloniale e antioccidentale. Il ritorno al velo diventa un simbolo della resistenza all’occidente61. Ma dare un unico significato al velo come mero simbolo di oppressione per le donne musulmane è inappropriato, in particolare quando il velo è una questione di scelta personale. In alcuni paesi, dove recentemente c’è stato un ritorno massiccio all’uso del velo – come in Egitto, Turchia, Tunisia, Algeria, Palestina – questo indumento è indossato per mostrare il proprio dissenso verso i valori dissoluti e lascivi dell’Occidente che non salvaguardano l’integrità e la moralità degli individui in generale e della donna in particolare. In tal senso il velo è simbolo politico oltre che religioso: è un mezzo per respingere o attenuare certe forme di modernità troppo alienanti e decadenti e salvaguardare la propria identità culturale dalla minaccia di un Occidente impositore,

59 F. El Guindi, Veil: Modesty, Privacy, Resistance, Oxford, New York, 1999, p. 168. 60 Ibid., p. 155.

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che sta sempre alle porte62. A partire da questa prospettiva, il velo – anche se non è imposto ma scelto liberamente dalle donne – ritorna ad assumere un certo ruolo nella definizione di specifici modelli di genere: il corpo velato e il corpo svelato sono infatti rappresentativi di differenti modelli di identità e comportamento femminile.

Abbiamo assodato così che il significato del velo non è statico, ma cambia attraverso i suoi contesti e sottotesti all'interno dei quali sono le donne stesse che denotano il suo significato. Ma quali sono, ad esempio, le posizioni che il femminismo islamico adotta nei suoi confronti? Per quanto riguarda la questione del velo così come ad altri argomenti fondamentali nell’Islam, le posizioni al suo interno sono molteplici: da un lato, troviamo coloro che lo indossano perché certe che sia prescritto dal Corano, come la femminista islamica egiziana Omaima Abou-Bakr e la marocchina Asma Lamrabet, e dall’altro, coloro che non lo indossano, come la già citata Fatima Mernissi convinta che non sia invece richiesto dall’Islam. Oppure, c’è anche chi lo indossa in modo sporadico o esclusivamente in determinate occasioni, come Amina Wadud, convinta che indossare il velo non è un obbligo religioso ma una scelta dettata invece da uno specifico contesto. Per esempio, indossa il velo nelle occasioni pubbliche, quando tiene discorsi all’Università, ma lo toglie nella vita quotidiana. O ancora, al quarto Congresso internazionale del femminismo islamico che si è tenuto a Madrid dal 21 al 24 ottobre del 2010, tra le varie partecipanti erano presenti sia donne a capo scoperto che donne velate. Per quest’ultime il velo non rappresenta assolutamente un simbolo di sottomissione agli uomini e tanto meno la negazione di altri ideali e identità. Altre donne, invece, lo indossano soltanto durante la preghiera. Insomma, il velo non rappresenta una questione cruciale per il movimento femminista islamico, che invece concentra gran parte del suo lavoro per la riforma di codici e istituti patriarcali, la lotta ai pregiudizi contro l’Islam, cercando di produrre un discorso e una pratica che siano al tempo stesso femministe e islamiche.63

Tuttavia, se gran parte delle femministe islamiche lo ritiene non obbligatorio, tutte le attiviste islamiste lo indossano per affermare la loro identità musulmana, orientata alla carriera, moderna e velata, considerandolo un dovere delle donne musulmane. Molte donne musulmane hanno infatti scelto il velo come simbolo dell'islamizzazione e lo hanno

62 M. Kilani., Islam e modernità: alcune proposte di lettura, in A. Rivera. (a cura di) (2002), pp. 37-66. 63 R. Pepicelli, Il velo nell’Islam: storia, politica, estetica, Carrocci 2012, pp. 85-86.

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accettato come simbolo pubblico a conferma della loro presa di posizione nel revival islamico. Per loro, il velo è liberatorio, non viene percepito come simbolo di segregazione, ma come strumento di identificazione spirituale.64 Esse sostengono che il velo permette loro di diventare le osservatrici e non le osservate; che le libera dai dettami dell'industria della moda e dalle esigenze del mito della bellezza. Nel contesto delle strutture patriarcali che modellano la vita delle donne, il velo è un mezzo per aggirare le molestie sessuali e "guadagnare rispetto".65 Infatti, l’adozione dell’hijab non simboleggia un ritorno al passato, anzi, rappresenta per loro una riappropriazione dell’Islam in quanto identità culturale. Il loro velo è diverso, è un simbolo della sottomissione a Dio e non agli uomini; vero e proprio simbolo delle virtù femminili e di opposizione politica, rende le donne visibili nella sfera pubblica. Per le donne dei movimenti islamisti, l’adozione dell’hijab non corrisponde a un ritorno al passato ma il segno della riappropriazione di un certo discorso islamico. Per esempio, per l’islamista marocchina Nadia Yassine, indossare il velo corrisponde a un atto politico che indica non solo un recupero della propria spiritualità, ma anche il riappropriarsi dello spazio pubblico e un atto politico di opposizione verso l’ordine stabilito.66

Pertanto, il significato del velo dovrebbe essere valutato a seconda del luogo in cui vivono le donne, del loro contesto e del modo in cui cercano di definirsi. In molti paesi in cui il velo non è richiesto per le donne, il movimento di ritorno al velo dà l'opportunità alle donne di definire la propria identità. Nella costruzione dell'immagine di una donna, si pone come un marcatore cruciale attraverso il quale una donna viene identificata, riconosciuta e percepita. Non solo il velo afferma un'identità femminile musulmana, ma richiede anche che un osservatore riconosca l'identità religiosa di chi lo indossa. Gli sviluppi contemporanei hanno dimostrato che il movimento velato sta diventando sempre più carico di simbolismo politico, dove le pratiche religiose e i simboli non religiosi sono difficili da separare. Il velo dovrebbe quindi essere inteso come "una funzione dell'attivismo sociale, politico, culturale ed economico diversificato e dello sviluppo di uno status raggiunto piuttosto che uno status attribuito a chi lo indossa67, piuttosto che come meccanismo di isolamento e oppressione. Dove l’atto di utilizzare il velo risulta

64 G. M., Muñoz, “Mujeres islamistas y sin embargo modernas”, in Del amo, El imaginario, la referencia

y la diferencia. pp. 75-89.

65 A. Haleh, ‘Islam and Feminism: An Analysis of Political Strategies’ in Feminism and Islam, p. 198. 66 R. Pepicelli, Il velo nell’Islam, pp. 69-70.

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volontario, il suo significato segna lo spostamento dei confini tra sé e l'altro, aumentando il libero arbitrio femminile. Come il velo era in origine il simbolo del controllo dell'uomo sulla donna, la giustificazione e la riappropriazione del velo islamico – nelle sue varie forme - e le sue pratiche discorsive enfatizzano il controllo femminile e l'indipendenza sfidando la visione tradizionale e patriarcale.68 Le donne che indossano il velo portano il diritto di essere rispettate per la loro scelta nel modo in cui segnano la loro religiosità e così fanno le donne senza velo. Le donne stesse hanno il diritto di decidere se indossare o meno l’hijab. All’interno di questo nuovo paradigma femminista, il velo si impone come spazio di libertà, punto di partenza di un cammino la cui vera meta finale è quella di una riformulazione del pensiero islamico che passi attraverso la storicizzazione e la contestualizzazione delle sue fonti, e in questo modo il velo non sarà semplicemente la declinazione al femminile dell’appartenenza islamica, ma una, tra le tante, declinazioni dell’essere donna nell’Islam.69

68 A. Karam, “Veiling, Unveiling and meanings of the veil”, in Thamyris: mythmaking from past and

present, 3, 1996, cit., p. 235.

69 N. Guessous Idrissi, “Féminisme musulman, féminisme islamique ou féminisme en terre d’islam?”,

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