• Non ci sono risultati.

Il femminismo Islamico in Egitto

Tra gli anni Ottanta e Novanta, nel panorama egiziano nascono diverse associazioni femministe che incorporano la religione, come il Women and Civilization Journal, e il

Women and Memory Forum, insieme a tutta una serie di riviste femminili incentrate sulla

condizione femminile.

Fondata nel marzo 1999 da Mona el-Fadl, professore di letteratura presso l'Università del Cairo, il Women and Civilization Journal fu una scuola di pensiero che puntò a creare e divulgare una coscienza femminista tra le donne musulmane; il suo orientamento è stato fortemente riformista, impegnato attivamente nel migliorare la condizione delle donne nella società egiziana. Tra le attività più importanti troviamo seminari, laboratori e pubblicazioni. Questa associazione rappresentò un luogo privilegiato dove donne con un diverso background culturale furono in grado di svolgere insieme studi femminili; infatti, in sintonia con il femminismo islamico, la loro ricerca tentava di decostruire e analizzare il Corano, il fiqh e la storia dell’Islam suggerendone letture alternative. Nel suo framework concettuale un posto privilegiato venne occupato dalla storia islamica, il cui studio risultò estremamente utile per riscoprire la propria tradizione e soddisfare quel bisogno di creare uno spazio di continuità con una certa fase della storia. Attenzione, questo non deve essere confuso come un semplice ritorno al passato, negazione di un presente infelix; piuttosto è necessario prendere in considerazione il passato, la tradizione

288 L. Sorbera, “Early Reflections of an Historian on Feminism in Egypt in Time of Revolution”, p. pp. 41- 42.

119

e le sue circostanze per affrontare al meglio il presente e ricostruire la storia delle donne.289

Il gruppo, dal 2000 al 2002, pubblicò su una rivista – il cui titolo ricalca il nome dell'organizzazione stessa - molti articoli incentrati sull'esegesi coranica, sulla storia delle donne nell'Islam e sulla teoria femminista. Nonostante alcuni scritti in lingua inglese, l’audience a cui si rivolge è essenzialmente nel mondo arabo, perché tenta di promuovere un cambiamento dall’interno, anche a costo di sacrificare la notorietà internazionale. I numeri editi sono tre e fortemente interdisciplinari, in quanto considerano la storia, la religione, la lingua, la sociologia e il genere.290 Qui le studiose si mostrano critiche nei confronti di diverse questioni; in primo luogo, affermano che gli strumenti occidentali non sono sufficienti a indagare o a risolvere la questione femminile nelle società a maggioranza musulmane perché non tengono conto delle diversità tra le civiltà. Criticano anche coloro che affrontano la questione femminile da un punto di vista esclusivamente laico, perché trascurano così le specificità (soprattutto religiosa) delle donne musulmane. Dei tre numeri della rivista, il primo si intitola “Verso una prospettiva islamica della conoscenza femminista”, il secondo “La biografia delle donne nella storia dell’Islam”, il terzo “La donna e il Corano”.

Il primo numero fonda l’epistemologia femminista. Le studiose ripensano il ruolo svolto dalle donne nel periodo della nahda e le prime iniziative femminili. Cercano di valorizzare la presenza attiva di alcune donne che hanno svolto un ruolo importante nella società egiziana del Novecento. La rilettura delle fonti, il recupero dell’ijtihad, la creazione di uno spazio per donne “sapienti e qualificati” sono gli strumenti utilizzati per correggere la traiettoria del pensiero contemporaneo. 291

Il secondo numero, invece, tratta della storia della donna. Al suo interno viene promosso un approccio che tenta di svelare il ruolo attivo delle donne, e il modo in cui venivano considerate in diversi periodi della storia islamica. E questo viaggio nella riscoperta della storia delle donne ha come punti di riferimento il Corano e la Sunna. Queste studiose si battono per svincolarsi da concetti consolidati, cercano di creare una conoscenza alternativa, un’immagine nuova di donna musulmana. Secondo loro, la civiltà

289 M. Picchi, “Egypt in Transition: What future for Islamic Feminism?” in Emerging actors in post

revolutionary North Africa, Vol. 15, 2016, p. 302-303.

290 Ivi., p. 177.

120

islamica giudicò l’essere umano da un punto di vista morale e non secondo la dimensione del genere, e ci raccontano storie di donne vissute in altre epoche, donne musulmane, che si occuparono di politica, di religione, di spiritualità, di poesie. Fin dal principio queste donne “dimenticate” svolsero un ruolo fondamentale nella formazione dell’identità femminile musulmana e nell’identità islamica in generale.292

Infine, ma non per questo meno importante, il terzo numero intitolato La donna e il Corano. Come facilmente intuibile dal titolo, si occupa del modo in cui le donne vengono rappresentate nel testo sacro. Le studiose in questo caso utilizzano un approccio olistico nella lettura del Corano. Il Corano viene quindi studiato e interpretato, attraverso una interpretazione libera dai pregiudizi patriarcali e che tenga in considerazione la giustizia, l’equità e la dignità. Tentano di dialogare con il testo, a lui vengono poste le domande, e soltanto da lui si aspettano delle risposte.293 Altri temi importanti che vengono trattati in questo terzo numero sono il matrimonio e il rapporto di coppia, la procreazione e le donne al potere. Anche in questo caso il Corano si presenta come un alleato prezioso per le donne nel decifrare la questione femminile.

Nonostante il successo e i risultati ottenuti dall’ASDEC nel diffondere una coscienza e una conoscenza femminista islamica, la pubblicazione della rivista è stata interrotta dopo soltanto tre numeri, riducendo drasticamente le sue attività dopo la morte della sua fondatrice, Mona el-Fadl. Malgrado la sua limitata esistenza, il Women and Civilization

Journal è ancora ricordato da molti come una delle più influenti associazioni femministe

islamiche in arabo. Inoltre, alcuni dei membri del gruppo – come Amani Saleh, professore di scienze politiche presso la Misr International University, e Hind Mustafa, scrittrice e ricercatrice per l'Organizzazione delle Donne Arabe – sono rimasti attivi, lavorando a stretto contatto con il Women and Memory Forum, e ora stanno pensando di pubblicare un quarto numero della rivista, focalizzato sugli hadith.294

292 Alcune studiose analizzano le biografie di molte giuriste, vissute tra il terzo e il tredicesimo secolo dell’Islam. Queste donne parteciparono alla fondazione delle scuole giuridiche e ci lavorarono. Furono maestre e predicatrici. In questa fase non vi era alcuna differenza tra uomini e donne nell’organizzazione della vita religiosa e sociale della comunità musulmana. Queste figure femminili godevano di libertà di movimento, anche negli spazi pubblici. Se così era in quell’epoca, allora è giusto mettere oggi in discussione le narrazioni “religiose” che cercano di limitare la donna in termini di movimento, di pensiero e partecipazione alla vita politica, sociale e religiosa. N. Elsakaan, Il femminismo islamico in Egitto, pp. 196-197.

293 Ivi., p. 202.

121

Un’altra importante associazione è il Women and Memory Forum (WMF), fondato nel 1995 da un gruppo di donne - accademiche, ricercatrici e attiviste - il cui scopo è lottare contro gli stereotipi femminili e produrre una conoscenza alternativa. Infatti, le opinioni culturali dominanti e le immagini stereotipate delle donne arabe, insieme alla scarsità di informazioni diffuse sul ruolo delle donne nella storia e nella società contemporanea, vengono considerate dal WMF come un grande ostacolo nel raggiungimento dei loro diritti. Al fine di sostenere e promuovere l'integrazione del genere come categoria di analisi nello studio e nell'interpretazione della storia araba e delle scienze sociali in generale, l’obiettivo a lungo termine della ricerca svolta all’interno del WMF è quello di produrre e rendere disponibili informazioni culturali alternative sulle donne arabe che possano essere utilizzate per responsabilizzare le donne e aumentare la consapevolezza sulle questioni di genere.295 Le studiose del WMF producono infatti una vasta gamma di studi arabi che mirano a rileggere le tradizioni intellettuali islamiche e arabe e a produrre letture alternative che sottolineano l'uguaglianza di genere e riportano in vita i ruoli sconosciuti, messi ai margini della storia, delle donne nella creazione e nello sviluppo di queste tradizioni. Questa documentazione delle voci femminili che hanno caratterizzato la storia araba è molto importante perché diventa un vero e proprio strumento utile a contrastare tutte quelle forze conservatrici che tentano di escludere la donna dalla sfera pubblica e dalla vita politica.296 L'organizzazione collabora a livello locale con molte ONG che lavorano alla riforma del diritto di famiglia, organizzando periodicamente molti workshop, seminari, convegni ecc. con l’obbiettivo di formare una consapevolezza che promuova al meglio i ruoli femminili sociali e culturali nella società; ma anche con organismi internazionali, come l’ONU, per creare un archivio online di voci femminili, in cui custodire e rendere facilmente fruibili i documenti riguardanti la vita e le esperienze di attivismo politico delle donne che hanno svolto un ruolo importante nella società egiziana. Pertanto, l'organizzazione diffonde le sue conoscenze non solo attraverso dense pubblicazioni teologiche e storiche, ma anche attraverso questi portali online linguisticamente accessibili al grande pubblico. Inoltre, molti studiosi di WMF sono ben informati e collegati con i progetti transnazionali del femminismo islamico e alcuni di loro si impegnano in tali progetti scrivendo in inglese e rivolgendosi al pubblico

295http://www.wmf.org.eg/en/about-us/

296 M. Al-Sharmani, “Islamic Feminism Transnational and national reflections” in Approaching Religion, Vol. 4, No. 2, 2014, p. 90.

122

accademico anglofono. Basti pensare che nel 2010, in collaborazione con il Danish

Centre for Gender, Equality and Diversity, è stato reso disponibile un database online dal

titolo “Who is She in Egypt? Che fornisce informazioni su molte donne egiziane contemporanee, fortemente attive e coinvolte nel migliorare la società.297 Un’altra iniziativa che ha riscosso molto successo a questo proposito è stata una conferenza dal titolo "Feminism and Islamic Perspectives: New Horizons of Knowledge and Reform" tenutasi al Cairo il 17-18 marzo 2012 con partecipanti provenienti non solo dal mondo arabo, ma anche dall’Europa. I documenti presentati alla conferenza sono stati poi raccolti in un volume curato da Omaima Abou Bakr, che è stato pubblicato in inglese e arabo.298 Ma in che modo tutto questo può essere utile al femminismo islamico? In primo luogo, il WMF rappresenta un luogo simbolo in cui le studiose hanno l’opportunità di incontrarsi e confrontarsi. Tra i membri più importanti e noti alla comunità internazionale è doveroso menzionare Omaima Abou-Bakr, uno dei membri fondatori del WMF, fortemente attiva negli studi ermeneutici del Corano, che cerca di far luce sui ruoli delle donne nella produzione di opere scientifiche religiose islamiche; Hoda El Saadi, anche lei membro fondatore, che si occupa sul ruolo delle donne nella produzione di scienze religiose islamiche classiche e sullo sviluppo di diverse istituzioni sociali nella storia islamica che hanno aperto la strada alla società civile. In particolare, si interessa sui ruoli e le rappresentazioni delle donne nelle tradizioni intellettuali arabo-egiziane contemporanee. Inoltre, il suo contributo in ambito femminista può essere diviso in tre macroaree che vantano un pubblico non solo locale, ma anche internazionale grazie all’utilizzo di una lingua veicolare come l’inglese. Seminari, pubblicazioni, convegni e workshop incentrati tutti sugli studi di genere scrutati dal punto di vista politico, religioso e sociale. Tentano di fornire ai giovani nozioni base di women and gender studies incoraggiandone una visione critica, per poter effettivamente applicarli nel loro contesto sociale e culturale.299

Insomma, nella società egiziana, il WMF rappresenta un esempio di trasformazione positiva e orientamento verso il futuro, una realtà mosaico – per usare le parole della studiosa Nesma Elseekan – laddove collaborano studiosi di tutte l’età, sesso e orientamento religioso. Una mescolanza di egiziani che credono nella libertà

297 Ivi., pp. 206-207.

298 Il volume in questione è O. Abou Bakr (ed.), Feminist and Islamic Perspectives: New Horizons of Knowledge and Reform, The Women and Memory Forum, Cairo, 2013.

299 M. Al-Sharmani, “Islamic Feminism Transnational and national reflections” in Approaching Religion, Vol. 4, No. 2, 2014, pp. 88-89.

123

dell’individuo e che cercano di migliorare e supportare la donna e la società attraverso la conoscenza. Nonostante non figuri esplicitamente tra i progetti, il femminismo islamico all’interno del WMF è ovunque. È qui che si incontrano donne, progetti, idee che tentano di rileggere e riscoprire la storia, soprattutto quella femminile, per riappropriarsi dell’analisi di genere, step fondamentali per raggiungere la tanto anelata giustizia di genere.