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Il femminismo per un futuro senza genere e la giustizia umanista.

IL FEMMINISMO UMANISTA DI SUSAN MOLLER OKIN

10. Il femminismo per un futuro senza genere e la giustizia umanista.

Okin afferma che il tentativo di proporre una teoria della giustizia in cui uomini e donne siano uguali è problematico per una serie di ragioni. Ogni essere umano vuole essere libero di vivere tipi di vita diversi; non c’è attualmente consenso su molti aspetti del genere; molte delle convinzioni correnti sulla differenza sessuale e sui ruoli sessuali sono frutto dell’influenza della società strutturata secondo il genere. Non vi è una interpretazione condivisa su cosa sia il genere, vi sono posizioni secondo cui le donne sono nate per coprire determinati ruoli differenti dagli uomini, altre che sottolineano il peso ambientale nella scelta delle attività, e via dicendo; di modo che è molto difficile coniugare sia la libertà personale sia la giustizia sociale.

La tesi di Okin è che una teoria della giustizia debba tendere ad una società senza genere. Affinché le donne escano dalla posizione subalterna, vi deve essere una pari condivisione fra uomini e donne del lavoro retribuito e non retribuito, produttivo e riproduttivo, e il compito del sistema sociale e politico è quello di garantire che vi sia tale condivisione. In una società giusta dal punto di vista del genere, l’appartenenza sessuale dovrebbe avere lo stesso peso del colore degli occhi; non vi dovrebbe essere ascrizione di ruoli “maschili” e ruoli “femminili” in base al sesso; il parto dovrebbe essere distinto dall’allevamento dei

figli, e non ci dovrebbe essere un genitore primario corrispondente alla madre. Così i posti di rilievo non sarebbero monopolio dell’uomo non sposato o sposato il cui contributo al lavoro domestico e di cura è nullo. Le decisioni sull’aborto, sulla violenza sessuale, sul divorzio non sarebbero prese da politici o giudici in prevalenza di sesso maschile che assumono queste cariche in virtù della posizione favorevole che hanno nella struttura di genere.

Tendere a tale tipo di società richiede riforme sia nella sfera privata sia nella sfera pubblica. Se alcuni riformatori hanno proposto la totale liberalizzazione del contratto matrimoniale e del divorzio, questa non sembra essere la soluzione idonea, perché data la struttura di genere, le donne partirebbero comunque da una situazione di svantaggio.

Una via che potrebbe essere intrapresa dalla legislazione è quella di non presupporre alcuna differenziazione sociale fra i sessi, e di incoraggiare la condivisione della cura genitoriale dei figli.

Asili infantili di buona qualità accessibili a tutti potrebbero essere utili, ma andrebbe anche riformata l’organizzazione del lavoro di modo che sia i padri sia le madri possano assumersi le responsabilità genitoriali. Questo richiederebbe un profondo cambiamento dell’assetto lavorativo per cui si presuppone che dietro ogni lavoratore ci sia qualcuno che curi i suoi figli e la sua casa.

Le politiche lavorative concernenti la gravidanza e il parto devono essere distinte da quelle concernenti il ruolo genitoriale, dato che è vero che soltanto le donne possono partorire, ma questo non significa che i padri debbano avere un ruolo di secondo piano a partire dalla nascita dei figli.

Secondo Okin la gravidanza e il parto dovrebbero essere considerate come ogni altra temporanea inabilità per l’ottenimento dei congedi. Questo non significa svalutare la gravidanza e il parto, ma equipararli ad altre condizioni di disabilità consente di tenere conto del fatto che i loro effetti in quanto variano da donna a donna, non corrispondono ad un tempo standard che si può stabilire a priori. Il congedo di paternità e di maternità dovrebbe essere disponibile per entrambi in genitori alle stesse condizioni, affinché ci sia la condivisione del ruolo genitoriale. Tutti i lavoratori dovrebbero avere il diritto, senza che ciò pregiudichi il posto di lavoro, l’avanzamento di carriera, e così via, di lavorare in modo flessibile o con qualche orario ridotto, almeno fino a che il bambino non raggiunga i sette anni. I lavori devono essere organizzati per non penalizzare ed escludere dall’avanzamento

di carriera chi si occupa anche dei figli e ai datori di lavoro deve essere richiesto di offrire un servizio di custodia diurna in loco per i bambini dalla prima infanzia sino all’età scolare. Lo stato dovrebbe fornire sussidi diretti per permettere che tutte le famiglie possano iscrivere i figli ad asili nido di alta qualità.

La custodia diurna di qualità dei figli sarebbe costosa, ma permetterebbe alle madri che altrimenti si occuperebbero di loro a tempo pieno di lavorare, quindi sarebbero compensate da altri risparmi Sul lungo tempo i costi delle proposte avanzate sarebbero compensati dai benefici, ma anche se fossero molto costose renderebbero più giusto il rapporto fra i generi. Per quanto concerne le scuole queste sono molto importanti nella formazione di stereotipi di genere che vengono inculcati nei bambini. Nelle scuole elementari la maggioranza del corpo docente è di sesso femminile, mentre la maggioranza dei dirigenti scolastici è di sesso maschile, e questo influenza la formazione dell’idea secondo cui l’uomo è atto a comandare, mentre le donne si occupano dei bambini. Nell’ambito scolastico si deve tenere conto della politicità del genere, il che non significa soltanto inserire nel programma testi di cui siano autrici donne e in cui si parli dell’esperienza femminile, ma rendere consapevoli i bambini delle disuguaglianze fra uomo e donna. Bisogna diffondere la consapevolezza delle discriminazioni che attualmente subiscono le donne nel mondo del lavoro; delle ambiguità e delle incertezze del matrimonio; di ciò che viene imposto sulla base del genere. Questo al fine di offrire sin dall’istruzione elementare la possibilità di un futuro non determinato dal genere, in cui i bambini e le bambine possano essere più liberi di diventare ciò che desiderano, anche grazie all’occasione di mettere in discussione la divisione sessuale del lavoro di cui probabilmente hanno avuto esperienza in famiglia.

Per quanto concerne l’organizzazione del lavoro dei genitori la direzione potrebbe quella di diminuire l’orario lavorativo, di modo da avere tempo per prendersi cura dei figli. Per il restante tempo sarebbero necessari asili in generale, e asili presso le strutture lavorative materne, di modo che le donne che lo desiderano possano allattare anche durante il lavoro. Per quanto concerne i genitori single, le ragazze dovrebbero crescere più sicure di sé di modo da non percepire il proprio futuro ancorato al ruolo materno, e di modo che le gravidanze in età giovanile possano diminuire. Questo si otterrebbe anche attraverso l’educazione sessuale e la diffusione della contraccezione. Se anche gli uomini venissero responsabilizzati in quanto padri, i giovani farebbero più attenzione a non provocare gravidanze, poiché un figlio richiederebbe anche da parte loro di assumersi precisi doveri.

Alcuni studiosi hanno proposto l’obbligatorietà di stabilire la paternità di tutti i bambini di madri single al momento della nascita, e di imporre l’esigenza che il padre contribuisca al mantenimento per tutta l’infanzia, con la previsione di un sostegno statale se il padre non fosse nelle condizioni di mantenere i suoi impegni.

Le donne dovrebbero essere incoraggiate a formarsi l’aspettativa che il lavoro sia una parte importante del loro futuro, così come lo è per gli uomini, di modo che si possano dedicare meno ad occupazioni a bassa professionalità e possano diventare più indipendenti.

Un altro serio problema è quello dell’impoverimento del livello di vita delle donne divorziate con figli a carico: lo stato dovrebbe intervenire affinché a queste donne sia garantito lo stesso tenore di vita del marito divorziato.

Di fronte al fatto che la maggioranza delle donne si occupa dei lavori domestici non pagati di cui i mariti che fanno lavori salariati sono sollevati, affinché queste non siano dipendenti, si può introdurre per entrambi i compagni l’eguale diritto a tutti i redditi che entrano nella famiglia. Un modo pratico per realizzare questo diritto è indurre i datori di lavoro a dividere equamente gli stipendi fra il titolare e il compagno che provvede alla maggior parte dei servizi domestici non pagati. Ciò non farebbe altro che codificare un opinione sulla quale sembrerebbero tutti d’accordo: il reddito familiare è giustamente condiviso perché, in effetti, è congiuntamente guadagnato. L’uomo non mantiene la donna casalinga o la donna che lavora part-time più di quanto questa mantiene l’uomo, visto che lavora in casa, alleva i figli e svolge mansioni di cui il primo non si occupa. In tali coppie, in cui vige la divisione sessuale del lavoro, entrambi i partner potrebbero riscuotere gli assegni dello stipendio e depositarli su un conto congiunto, al fine di condividere realmente il reddito.

Questa proposta ha un significato importante per quelle coppie in cui il compagno (spesso uomo) che guadagna utilizza il proprio potere economico o per prendere decisioni individuali sulle spese da effettuare, o per non condividere il reddito o per maltrattare fisicamente e psicologicamente il compagno (spesso donna) che non guadagna, aumentando le possibilità che i maltrattamenti vengano subiti senza l’interruzione della relazione.

Nei casi di divorzio si dovrebbe prevedere un sostegno finanziario corposo per il compagno che non ha lavoro salariato, dato che questo che si è occupato del lavoro domestico non pagato si ritroverebbe senza un’entrata cospicua, a dispetto del compagno che non condividendo tali attività ha presumibilmente avuto un avanzamento di carriera. Non vi è infatti una ragione che è basata su principi di giustizia per cui una parte dovrebbe soffrire

più dell’altra della rottura di una relazione, la cui divisione del lavoro asimmetrica è stata reciprocamente concordata.

Queste proposte non sarebbero invasive per la privacy più di quanto lo sono gli attuali interventi dello stato sul matrimonio, sulla nascita, sulla dichiarazione dei redditi che prevede la registrazione del numero e dei dipendenti all’interno della famiglia. Potrebbe sembrare un intervento invasivo soltanto perché altererebbe le relazioni di potere esistenti fra i generi.

Secondo Okin, ci sono due opzioni: o partendo da una visione tradizionale della divisione sessuale del lavoro si considera l’attività familiare e domestica come un lavoro che quindi merita un riconoscimento nella distribuzione del reddito di chi percepisce un salario, oppure in modello di matrimonio privo di genere anche nel ruolo genitoriale si dovrebbe avere una condivisione completamente uguale del lavoro retribuito e non.

L’autrice pur proponendo due modelli, ritiene che la famiglia senza genere è la più giusta sia perché contribuisce maggiormente all’eguaglianza di opportunità per le donne e per i bambini di entrambi i sessi sia perché crea un ambiente favorevole alla formazione di cittadini di una società giusta. Aumenterebbe l’impegno delle donne in politica e il numero delle rappresentanti donne in parlamento e in altre cariche politiche. I bambini e le bambine cresciute in una famiglia senza genere sarebbero più liberi di diventare ciò che desiderano, poiché non interiorizzerebbero modelli di genere stereotipati. Avrebbero maggiore scelta su ogni cosa, dai ruoli e responsabilità da assumersi, all’abbigliamento, al linguaggio, al comportamento da adottare. Teorie come quella di Chodorow234, fanno pensare che se i genitori condividessero il ruolo di cura dei figli, senza che sia la madre ad essere il genitore primario, ci sarebbe meno differenza sessuale fra i bambini e la bambine, e gli atteggiamenti psicologici e comportamentali sarebbero meno correlati al loro sesso.

L’esempio di una famiglia in cui vi sono condivisione di ruoli, un’ equa distribuzione del lavoro, uguale rispetto, interdipendenza dei genitori, aiuterebbe lo sviluppo nei figli di un senso di giustizia in cui le persone sono uguali e non vi sono relazioni di dipendenza e di dominazione.

Se come si sostiene il fatto che sia la madre il genitore primario conduce le bambine a sviluppare una maggiore empatia e i bambini a sviluppare un maggiore distacco e capacità di astrazione, nella misura in cui il genere venisse ridimensionato attraverso l’educazione,

ci si dovrebbe aspettare che le capacità sarebbero armonizzate meglio nei bambini e nelle bambine, e quindi che ci sarebbe un miglioramento per tutti. Coinvolgere gli uomini nell’educazione dei figli potrebbe aiutare a far sorgere in questi una maggiore capacità empatica il che comporterebbe uno sviluppo morale più completo.

11. L’approccio della teoria femminista umanista di Okin e l’approccio delle teorie

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