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Il rapporto fra natura e cultura in Elisabeth Badinter

LE TEORIE FEMMINISTE IN FRANCIA

2. Il rapporto fra natura e cultura in Elisabeth Badinter

A partire dagli anni Sessanta sostiene Badinter nel testo l’Uno è l’Altra258 le donne si

battono per ottenere l’accesso alla contraccezione e all’aborto, rivendicando il diritto al controllo della riproduzione. Queste lotte afferma avranno esiti positivi, tanto da farle sostenere che la donna, “libera del suo corpo, padrona della sua vita, non è più un oggetto di scambio fra uomini”259, e che i pilastri del patriarcato in Occidente siano stati abbattuti. A partire dagli anni Settanta continua l’autrice aumenta il numero delle donne e delle madri lavoratrici, con una tendenza simile in tutto l’Occidente, escluso nei paesi di impronta cattolica, come l’Italia e la Spagna, e nei paesi con pochi asili nido.

Attraverso il lavoro le donne entrano nel mondo esterno, spazio una volta riservato soltanto agli uomini, e pongono fine alla divisione sessuale del lavoro che vedeva la donna addetta alla funzione di casalinga e l’uomo addetto al lavoro salariato o con reddito. Il sesso femminile non è più associato esclusivamente alla maternità e alle attività domestiche come avveniva nelle società patriarcali e i lavori perdono sempre di più la specificità sessuale. Badinter sostiene che se si analizza il numero delle donne nelle professioni tradizionalmente maschili come quella dell’ingegneria, si potrebbe pensare che i risultati siano insufficienti, ma se si guarda invece all’aumento percentuale delle donne nel corso degli anni si rivela un andamento positivo.

Nel periodo antecedente la Prima Guerra Mondiale le donne avevano accesso soltanto a lavori faticosi e ripetitivi ed erano più sfruttate degli uomini e meno pagate di questi. Il lavoro femminile era considerato soltanto come un integrativo del bilancio familiare ed era percepito socialmente come un fallimento dalla società borghese che lo considerava un allontanamento dal focolare domestico pregno di conseguenze negative: se la donna lavora

257 Elisabeth Badinter (Boulogne-Billancourt, 1944) è una filosofa femminista francese, vicina al Mouvement de

libération des femmes e studiosa dell’Illuminismo. È autrice di: L’amour en plus: histoire de l’amour maternel (17-20 siecle), Flammarion, Paris 1980; tr.it. L’amore in più, storia dell’amore materno, Longanesi, Milano 1982; L’un est l’autre: des relations entre hommes et femmes, Librairie generale francaise, Paris 1994; tr. It. L’uno è l’altra, Sulle relazioni tra l’uomo e la donna, Longanesi Milano 1987; XY, de l’identité masculin, Odile Jacob, Paris 1992; tr.it XY: l’identità maschile, Longanesi, Milano 1993; Fausse Route, Odile Jacob, Paris 2003; tr.it. La strada degli errori; il pensiero femminista al bivio, Feltrinelli, Milano 2003.

258 Elisabeth Badinter, L’uno è l’altra, Sulle relazioni tra l’uomo e la donna…cit. 259 Ivi, p. 167

fuori casa significa che il marito non è in grado di mantenere lei e i figli e che questi non avranno una buona madre.

Il lavoro è attualmente considerato condizione dell’autonomia femminile e della realizzazione personale che non si può più ricercare fra le mura domestiche: non è più simbolo di fallimento, al contrario è simbolo di successo sociale, economico e personale. Vi sono donne che lavorano per un salario modesto svolgendo un’attività non soddisfacente, ma ciò dimostra che il lavoro esterno che può essere monotono e faticoso come le incombenze domestiche, compensa più che le attività in casa, in quanto si tessono reti sociali. Le donne si confrontano con il mondo esterno e escono dalla sfera naturale e concorrono con l’altro sesso negli ambiti prima considerati esclusivamente maschili, facendo sì che gli uomini perdano il monopolio del prestigio risultato della padronanza del mondo esterno.

Un ulteriore tappa dell’emancipazione femminile riguarda il controllo della fertilità e la libertà sessuale. Nel 1960 grazie alle sperimentazioni di Pincus negli Stati Uniti viene venduta la prima pillola. In Francia il movimento francese per la pianificazione familiare si è battuto per sei anni per ottenere l’autorizzazione della pillola (1967), e per abrogare una legge del 1920 che impediva alle francesi, con il divieto dell’uso del diaframma, ogni possibilità di contraccezione. La destra, il consiglio d’Ordine dei medici e la Chiesa Cattolica erano contrari; la sinistra, gli intellettuali e la maggioranza delle donne erano favorevoli alla contraccezione. Vi era chi temeva il diffondersi del libertinaggio femminile e di perdere il controllo sulla sessualità delle figli e delle mogli; e chi invece metteva in evidenza le conseguenze negative della maternità indesiderata. La legge per l’autorizzazione fu votata anche in virtù del fatto che avrebbe posto fine alla clandestinità degli aborti. All’incirca a partire dallo stesso anno negli Stati Uniti e più o meno in tutta l’Europa i movimenti femministi lottavano per la legalizzazione dell’aborto, la cui clandestinità metteva a repentaglio la vita di centinaia di migliaia di donne per ogni paese. Negli Stati Uniti la legalizzazione dell’aborto avvenne nel 1973, in Francia nel 1975, in Italia nel 1978 e nella maggioranza dei paesi occidentali più o meno negli stessi anni.

I risultati di questo cambiamento sono notevoli. La donna ha il controllo della fertilità, può decidere quando e se divenire madre, e liberata dall’obbligo di procreare non viene identificata più esclusivamente come madre. La sua identità non è più considerata immutabile ed eterna in quanto iscritta nella natura biologica.

Avere a disposizione la contraccezione significa anche distinguere fra atto sessuale e procreazione, e quindi sfuggire alla tradizionale repressione della sessualità imposta alle donne.

Un ulteriore colpo sferzato al patriarcato è costituito dal cambiamento della percezione dell’unione matrimoniale. Se sino a poco tempo fa il matrimonio garantiva alle donne sicurezza, rispettabilità e fecondità, oggi non è più così. Grazie al lavoro salariato, sostiene Badinter, le donne non devono più ricorrere al matrimonio per garantirsi la sicurezza economica.

Il matrimonio non è più concepito come la condizione della rispettabilità femminile e infatti oggi essere single non comporta alcun discredito e per avere rapporti sessuali è socialmente accettato che una coppia non si sposi, e quindi conviva o elabori altre forme di incontro. L’aumento delle convivenze e l’aumento del divorzio contribuiscono a svalutare il matrimonio, che non è più necessario per formare una famiglia.

I genitori oggi non hanno più i mezzi e l’autorità per costringere i figli e le figlie a sposarsi, e non possono altro che accettare le decisioni prese da questi.

L’autrice ritiene, a mio avviso in maniera un po’ troppo ottimistica, che l’asimmetria dei sessi non caratterizza più la società attuale e gli uomini non si scambiano più le donne per acquisire i cognati, ovvero alla fine del II millennio non sarebbe più applicabile il sistema descritto da Lévi-Strauss. E più esplicitamente ritiene che oggi non sono gli uomini a scambiare le donne, ma le donne sono diventate pienamente padrone della loro vita. In sintesi per l’autrice le società occidentali hanno minato sempre di più il patriarcato.

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