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Luce Irigaray: corpo, identità femminile e diritti sessuati.

LE TEORIE FEMMINISTE IN FRANCIA

1. Luce Irigaray: corpo, identità femminile e diritti sessuati.

Luce Irigaray, nata in Belgio nel 1930, è una psicoanalista, linguista e filosofa di lingua francese.

Ha fatto parte dell’ École Freudienne de Paris (Scuola Freudiana di Parigi) fondata dal filosofo e psicoanalista Jacques Lacan. La pubblicazione della sua tesi dottorale Speculum

de l’autre femme245 altamente critica nei confronti della psicoanalisi lacaniana le è costata l’espulsione dall’associazione psicoanalitica di Lacan. Dal 1964 Luce Irigaray è ricercatrice presso il Centre National de la Recherche Scientifique (Centro Nazionale della Ricerca Scientifica).

Irigaray è una delle teoriche più influenti del pensiero della differenza sessuale, da alcune considerata la fondatrice di tale corrente di pensiero, sicuramente punto di riferimento costante del pensiero della differenza sessuale italiano. I suoi libri sono stati tradotti da Luisa Muraro fondatrice della Libreria delle Donne di Milano e parte della comunità filosofica di Diotima246.

Nel suo saggio La democrazia comincia a due247 Luce Irigaray propone i diritti sessuati che

dovrebbero stare alla base di un codice di cittadinanza a livello europeo. Secondo l’analisi dell’autrice le donne necessitano di diritti differenti, perché hanno abitudini diverse rispetto agli uomini anche se ciò non significa sostenere che non siano equivalenti a questi ultimi. Di contro, ritiene che l’uguaglianza delle opportunità così come è stata concepita sino ad adesso non sia altro che un adattamento alla società degli uomini con un atteggiamento di assistenza alle mancanze di questo mondo maschile. Per l’autrice invece le donne dovrebbero entrare nel mondo maschile non adeguandosi allo standard di questi, ma esprimendo la propria specificità: il desiderio delle donne le spinge a contribuire al

245 Luce Irigaray, Speculum de l’autre femme, Editions de Minuit, Paris 1974 tr. It. (a cura di) Luisa Muraro, Speculum:

l’altra donna, Feltrinelli, Milano 1975

246 Sulla Libreria delle Donne, su Luisa Muraro e su Diotima vd. Capitolo Ottavo. 247 Luce Irigaray, La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, Torino 1994.

miglioramento delle relazioni intersoggettive, a creare posti, ambienti, luoghi di incontro, eccellono nell’organizzazione dell’architettura interna, la cura dei giardini delle città, e cose simili. Alle donne piace il lavoro sociale, di solidarietà umana, di legame tra i cittadini e di assistenza alla comunità, e sono competenti in queste attività. È evidente che per l’esponente del pensiero della differenza donne e uomini rappresentano due mondi differenti irriducibili l’uno all’altra. I motivi di questa differenza vanno ricercati nel corpo: una cosa è essere nati maschi da corpi di donne una cosa è nascere femmine da un corpo di donne; le donne possono concepire un altro essere vivente, invece gli uomini non possono; le donne generano all’interno di sé, invece gli uomini fuori di sé; le donne nutrono un altro vivente del proprio corpo invece gli uomini non hanno questa possibilità. Queste differenze corporee creano due identità differenti con due visioni del mondo diverse, e quindi l’uguaglianza negherebbe l’espressione della propria soggettività e la possibilità di rapporti vivi e fecondi fra uomo e donna.

Uomini e donne hanno anche un linguaggio differente: le prime preferiscono l’intersoggettività e il rapporto con l’altro genere, l’ambiente concreto, la natura; il tempo presente o futuro. I secondi invece prediligono la relazione di soggetto-oggetto, la costruzione di un’opera o di un mondo piuttosto che il rispetto di ciò che esiste indipendentemente da loro; l’uso dello strumento, la mano, il linguaggio e di tutte le mediazioni; i rapporti tra l’uno e il molteplice, fra cui le persone, gli altri, il popolo; l’astratto come la nozione di giustizia, le idee, come la verità, gli ideali come l’eguaglianza delle opportunità; il tempo passato facente legge per il presente e per il futuro.

Si noti quanto le tesi di Irigaray non siano molto diverse da quelle proposte dalla dicotomia

morale di Carol Gilligan248 che oppone il

maschile/astratto/razionale/individualista/strumentale al

femminile/concreto/irrazionale/relazionale/ espressivo.

Affinché la differenza sia rispettata sostiene Irigaray è necessario che cambino i modelli educativi che devono ripartire dal dato di fatto che “il soggetto è due non uno”249 quindi che bisogna elaborare due modelli educativi.

Da questa antropologia irigarayana deriva che una politica democratica per essere tale non può basarsi sull’individuo astratto, che lei esemplifica nella formula dell’uno + uno, ma può

248 Su Carol Gilligan vd. Capitolo Terzo

basarsi soltanto sul due, ovvero sull’incontro di un uomo e di una donna che si rispettano nella loro irriducibile differenza250. È questo due il soggetto fondante della comunità, che si distingue dall’uno + uno, in quanto non è un soggetto astratto, ma concreto che richiede all’uomo e alla donna differenti nel corpo e nello spirito di incontrarsi e di rispettarsi reciprocamente. Anche “l’universale è due: è donna, è uomo”251. Per Irigaray è una mistificazione che la società sia fatta di uno+uno+uno individui neutri e separati, al contrario la società è composta di individui legati fra loro, attraverso relazioni sessuate. Per fondare una democrazia è necessario partire da questo dato di fatto, solo allora si potranno garantire i diritti dei cittadini e delle cittadine. Sino a quando non cambierà il rapporto fra uomini e donne e non diverrà un rapporto di reciproco riconoscimento, si continuerà ad avere un atteggiamento di dominio anche nei confronti della natura, nei confronti delle altre razze, nei confronti di cittadini di altri paesi e culture. Il riconoscimento della differenza fra uomo e donna è, pertanto, una via che apre al rispetto di tutte le differenze e quindi la differenza sessuale è il modello per una nuova epoca della storia. Attraverso tale riconoscimento si potrebbe passare da un’epoca contrassegnata dallo sfruttamento e dalla dominazione ad un’epoca contrassegnata dalla convivenza civile e dal rispetto dei limiti , e quindi ad una valorizzazione della ricchezza naturale e culturale.

L’apertura all’altro per Irigaray si manifesta con la messa in discussione del modello dell’essere umano: uno, unico, solitario, maschile, ovvero l’uomo occidentale adulto, ragionevole e competente. Secondo la visione del soggetto unico maschile la diversità è vissuta in maniera gerarchica, giacchè il molteplice è sottomesso all’uno. Al diverso prima del riconoscimento della differenza sessuale non spettava altro che diventare uguale all’uno e tale uguaglianza non partiva tuttavia dal riconoscimento della diversità del soggetto altro, bensì dall’omologazione al modello unico, alla cui soggettività ideale bisognava aderire, mettendo da parte la differenza di sesso, di età, di razza, di cultura. Per Irigaray per risolvere la questione dell’altro non bisogna pretendere di essere uguale al soggetto unico, ma al contrario riconoscere l’irriducibilità del soggetto altro e la sua pari dignità. Per le donne questo significa riconoscere la sua essenziale e irriducibile differenza femminile senza tentare di omologarla al maschile.

250 Ivi, p. 29 251 Ivi, p.31

Per uscire dal modello onnipotente dell’uno è necessario passare al due. Nel rapporto di questi due non vi deve essere gerarchia, ma riconoscimento della reciproca diversità. Il paradigma di tale rapporto si trova nella differenza sessuale in cui i soggetti hanno un rapporto orizzontale e preservano la specie umana e ne sviluppano la cultura attraverso il rispetto delle loro differenze252.

Per Irigaray per essere e divenire donne è necessario acquisire una dimensione civile adeguata all’identità femminile. Il punto di partenza di tale identità come è evidente da quanto prima è stato affermato è la differenza corporea, che esprime una specificità femminile, un diverso modo d’amare, di generare, di pensare e di desiderare. Di contro, ambire all’universale significa decondizionare le donne dall’identità femminile, per raggiungere una piatta neutralità. Dato che la vita è sempre sessuata, essere asessuati significa tendere alla morte che non manifesta la differenza sessuale. Il regno del neutro, dell’asessuato è il regno della tecnologia e della tecnocrazia, dell’individuo astratto, impersonale simile al robot. Invece il regno della differenza sessuale che si fonda a partire da due identità differenti, è il regno degli esseri viventi, quindi è il regno della vita253.

Analizzando il pensiero di Irigaray si può sostenere che l’autrice parte dal dato di fatto che esista una differenza corporea (sex) e che questa esprima già di per sé una differenza emotiva, culturale, morale e politica. In questo modo di procedere il sex non è distinto dal

gender, poiché il corpo differente deve riflettere la differenza in tutte le altre sfere dell’agire

umano, e natura e cultura sono inestricabilmente connesse, essendo l’una il riflesso dell’altra.

Per l’autrice per fare in modo che le donne possano esprimere la propria identità femminile è necessario garantire dei diritti di cittadinanza al femminile, ovvero dei diritti sessuati. Il primo diritto per raggiungere un regime democratico è il diritto ad esistere e ad essere se stessi con sovranità, che garantisce di essere estranee ad una relazione padrone-schiavo, il che significa uscire dalla dinamica di dominazione di un individuo su un altro. Questo significa garantire che l’uomo in quanto persona civile non valga più della donna. I valori maschili e femminili sono diversi e questa differenza, tutelata dalla civiltà, permetterebbe che vi sia un rapporto di reciprocità fra loro. Grazie alla reciprocità si può superare la

252 Ivi, pp. 115-116 253 Ivi, p. 39

dinamica servo-padrone. “La reciprocità obbliga ciascuna(o) a restare in se stessa (o) e a rispettare la sua irriducibilità e quella dell’altro”254

Attualmente questo diritto non è garantito alle donne, poiché esse sono semplicemente libere di essere o soggetti neutri oppure eguali agli uomini. Affinchè le donne abbiano un’identità civile in quanto donne è necessario affermare i diritti femminili, fra cui vi sono:

1) diritto ad una cultura al femminile con valori linguistici e religiosi propri; 2) il diritto alla rappresentanza e alla rappresentazione pubbliche;

3) diritti specifici per le madri nella tutela ed educazione dei bambini; 4) diritti femminili nel lavoro.

Per Irigaray le rivendicazioni delle donne che esprimono con il linguaggio dell’uguaglianza, ovvero che richiedono gli stessi diritti dell’uomo negano l’identità femminile, e non fanno altro che provocare un appiattimento da un punto di vista economico, culturale e politico sull’identità maschile. Negando l’identità femminile per le donne sia il sesso sia il genere divengono un peso.

Nel suo articolo Not woman enough, Irigaray’s culture of difference pubblicato nel 2001 da

Feminist theory255 Abigail Bray256 sostiene che le critiche di fallocentrismo al femminismo dell’eguaglianza mosse da Irigaray confondano le domande politiche per uguali diritti civili con la metafisica del medesimo o dell’identico, in cui la specificità ontologica della differenza sessuale delle donne è colonizzata dal fallocentrismo. L’autrice ritiene che l’idea che si neghi l’identità femminile quando si entra nella cultura dominata dagli uomini si basa su una serie di assunti problematici. In primo luogo si presuppone che esista un’identità femminile naturale che possa avere esistenza al di fuori della cultura generale; in secondo luogo presuppone che nella cultura vi sia soltanto il predominio sessuale maschile, e infine che l’identità femminile sia colonizzata una volta che le donne entrano nella cultura dalla potenza dell’identità maschile. Questo significa che per Irigaray nella cultura contemporanea non ci sia spazio per le donne reali.

Secondo Bray le ansie di Irigaray concernenti il femminismo dell’eguaglianza sono molto simili alle ansie dei conservatori anti-femministi. Inoltre, l’idea che le donne diventino mascoline se entrano nella sfera pubblica era avanzata dalle descrizioni apocalittiche del femminismo alla fine del Diciannovesimo secolo, che descrivevano il femminismo

254 Ivi, 94

255 Abigail Bray “Not woman enough. Irigaray’s culture of difference” Feminist theory, vol.2 n.3 2001, pp. 311-327. 256 Abigail Bray è ricercatrice presso l’Università di Murdoch in Australia ed è esperta in studi di genere.

egualitario come una perversione della natura. In altri termini l’ansia di Irigaray sugli effetti distruttivi del femminismo dell’uguaglianza richiama le ansie di coloro che ritenevano che il femminismo avrebbe portato all’estinzione della razza umana. Queste ansie riflettevano le paure che il femminismo avrebbe atrofizzato e neutralizzato la differenza sessuale femminile rendendo le donne aride e mascoline. Comune a entrambi è la paura che le donne sarebbero diventate uguali agli uomini se fossero entrate nella sfera della cultura, rompendo la loro intrinseca continuità con il mondo naturale da queste rappresentato e mediato. Le femministe egualitarie alla fine del Diciannovesimo secolo venivano a rappresentare la corruzione della natura e delle leggi naturali. In maniera similare per Irigaray il femminismo egualitario è sintomatico della patologia del medesimo e dell’identico che si dice caratterizzi la cultura fallocentrica contemporanea. Infatti Irigaray rappresenta il fallimento del femminismo dell’uguaglianza nel percepire e assumere la specificità della differenza sessuale come un errore nei confronti della natura, che chiama infedeltà verso il proprio sesso. La società egualitaria sarebbe la peggiore tirannia giacchè viola la legge di natura iscritta nella morfologia del corpo.

Il progetto di Irigaray può essere letto come parte di un’opposizione più generica di natura post-Romantica all’Illuminismo e agli effetti alienanti dell’industrializzazione. Richiama un’ideologia organicistica post-romantica che privilegia la natura e il sentimento sulla cultura e sulla ragione, e che idealizza la maternità e il femminile che riecheggia politiche reazionarie. La visione organicistica di un ordine mondiale naturale che caratterizza il discorso post-romantico dipende dal presupposto che la cultura moderna sia essenzialmente corrotta, e che questa corruzione dipenda dalla repressione del corpo naturale e istintuale. La critica all’Illuminismo idealizza la perdita della Natura al fine di opporsi agli effetti patologici dell’industrializzazione. La democrazia, l’egualitarismo, la scienza, la tecnologia e la razionalità strumentale vengono tutte accumunate come artefici della corruzione della Natura che comporta alienazione e morte.

In sintesi per Bray il progetto di Irigaray in quanto si basa sul’assunto problematico che le donne siano profondamente alienate in una cultura che è fallocentrica, può essere soltanto reattivo. Per un progetto alternativo che non sia semplicemente reattivo, è necessario invece considerare il contesto storico in cui il femminismo si innesta. Il femminismo egualitario offre un’analisi più complessa del rapporto fra donne e potere, ritenendo che le donne siano immerse nella cultura, infatti ritiene che donne non si nasca ma si diventa.

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