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Capitolo 3. Le fiabe in psicoanalisi e nella psicologia analitica

3.1 Le fiabe nelle opere di S Freud

Il mondo incantato di Bettelheim ha certamente costituito un rilevante punto di

riferimento nella riflessione psicoanalitica sulle fiabe, ma non il solo. In effetti, già negli scritti del fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud, possiamo notare la presenza di alcuni riferimenti a particolari narrazioni fiabesche, nonostante egli non dedichi una trattazione sistematica all‟argomento. Su di essi ci soffermiamo nel presente paragrafo, ricostruendo i differenti contesti in cui le fiabe vengono chiamate in causa da Freud.

A tal proposito, il primo testo freudiano da prendere in considerazione, secondo l‟ordine cronologico di stesura, consiste in Das Motiv der Kästchenwahl (Il

motivo della scelta degli scrigni)108, abbozzato nel 1912 e pubblicato nel 1913 sulla rivista “Imago” di Hanns Sachs e Otto Rank. Questo saggio prende spunto dalla riflessione sull‟elemento della scelta fra tre scrigni che si trova nell‟opera teatrale The merchant of Venice (Mercante di Venezia) di William Shakespeare: i pretendenti di Porzia devono scegliere lo scrigno giusto (contenente il ritratto della giovane) fra quello d‟oro, d‟argento o di piombo per poter ottenere il consenso del padre di costei a sposarla; mentre i primi due scelgono l‟oro e l‟argento e in tal modo sbagliano, il terzo, Bassanio, sceglie quello di piombo e riesce nella prova. Freud precisa: “Shakespeare non ha inventato questo oracolo

108

Questo saggio viene citato insieme ai successivi Materiale fiabesco dei sogni e Dalla storia di una nevrosi infantile nella nota 11 de Il mondo incantato di Bettelheim, quali trattazioni di Freud inerenti alle fiabe.

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della scelta fra tre scrigni, ma lo ha ricavato da un racconto delle Gesta

Romanorum nel quale la medesima scelta è compiuta da una ragazza per

conquistarsi il figlio dell‟imperatore. Anche qui il terzo metallo, il piombo, è quello che porta fortuna. Non è difficile intuire che si ripresenta così un vecchio motivo il quale ha bisogno di essere interpretato e ricondotto, attraverso le sue derivazioni, al significato originario”109

. Poiché nell‟ottica psicoanalitica lo scrigno costituisce un simbolo femminile, Freud riconosce nel motivo di quell‟opera la scelta fra tre donne, delle quali la preferenza cade sulla terza: si tratta di un elemento ricorrente nel panorama letterario, mitico e fiabesco, sul quale viene focalizzata l‟attenzione per pervenire ad un‟interpretazione del contenuto profondamente umano di tale materiale. La presenza della tematica di una scelta fra tre donne viene individuata, innanzitutto, in un‟altra opera di Shakespeare, ossia nel King Lear (Re Lear), in cui il sovrano decide di spartire le proprie terre fra le tre figlie, in corrispondenza al valore dell‟amore dimostrato da ciascuna di esse: la migliore risulta la più giovane, Cordelia, che si rifiuta di ridurre la sincerità dei propri sentimenti a un‟adulazione e che il re dovrebbe preferire proprio per questo alle altre due (ed invece in quel momento respinge, aprendo così le porte della propria ed altrui sventura). Trattandosi di un tema ricorrente, Freud passa poi a citare ulteriori esempi di questo motivo:

Altre scene tratte da miti, fiabe e poemi, che hanno per tema la medesima situazione, ci vengono subito in mente. Il pastore Paride è chiamato a scegliere fra tre dee ed egli dichiara che la terza è la più bella. Cenerentola è anch‟essa la più giovane delle sorelle che il figlio del re preferisce alle

due maggiori. Nella favola di Apuleio, Psiche, la più giovane e la più bella di tre sorelle, è da un

lato venerata come incarnazione di Afrodite, dall‟altro trattata da quest‟ultima come Cenerentola dalla matrigna; anch‟essa porta a termine il compito di assortire dei granellini sceverandoli da un

109

S. Freud, “Il motivo della scelta degli scrigni” in Opere 1912-1914 vol. VII, Boringhieri, Torino, 1975, pp 207-208.

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mucchio in cui sono mescolati con altri, grazie all‟aiuto di uno stuolo di animaletti (colombi nella favola di Cenerentola, formiche in quella di Psiche).110

Ecco, dunque, il primo riferimento fiabesco contenuto nel presente saggio che, insieme agli altri, permette a Freud di sottolineare la peculiare caratteristica della terza donna, la quale risalta non soltanto per una spiccata bellezza: in tutti i casi è possibile rintracciare la convergenza verso una tendenza al mutismo, cui può essere ricondotto lo stesso atteggiamento di Cenerentola che si nasconde per tre volte, dopo aver ballato con il principe, al fine di non essere trovata. Freud mette in evidenza che la caratteristica del silenzio-nascondimento si confà perfettamente alla natura del piombo che nell‟opera shakesperiana risulta il materiale prediletto: la sua assenza di lustro, diversamente dall‟appariscenza dell‟oro e dell‟argento, può essere paragonata all‟affetto silenzioso e sincero di Cordelia, alla ritrosia di Cenerentola e all‟atteggiamento attribuito alla dea Afrodite nel libretto teatrale de

La Belle Hélène di Meilhac e Halévy del 1864, musicato da Jacques Offenbach, la

quale riceve il premio di bellezza proprio per non aver parlato. Appellandosi al simbolismo onirico, Freud ci informa che il mutismo – rappresentato dalla terza donna negli esempi letterari indicati – costituisce una consueta modalità di raffigurare la morte, e scrive a tal riguardo: “il nascondersi, il rendersi irreperibile, come Cenerentola fa tre volte nei confronti del principe della favola, è nel sogno un inequivocabile simbolo di morte; e lo è anche l‟accentuato pallore che richiama alla mente la „paleness‟ del piombo di una delle lezioni del testo di Shakespeare”111

. Per dimostrare che il mutismo vale come simbolo di morte anche al di fuori del contesto dei sogni, Freud utilizza una fiaba popolare dei Grimm, I

dodici fratelli. La storia inizia con la promessa di un re di mandare a morte i

110

Ivi, p 209, corsivo mio.

111

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dodici figli maschi nel caso in cui il tredicesimo discendente sia una femmina, così che l‟eredità del regno spetti a lei soltanto. Durante l‟attesa fa preparare dodici bare, mentre la regina, in preda alla preoccupazione, invita i figli a fuggire e trovare riparo nel bosco. Avendo appreso della nascita di una sorella, i dodici si accordano di vendicarsi dell‟impossibilità di far ritorno al castello tramite l‟uccisione di qualsiasi fanciulla che incontreranno, e si stabiliscono in una casetta nel cuore della foresta. Trascorsi gli anni, la principessa viene a conoscenza da parte della madre dell‟esistenza dei fratelli fuggiti e si mette alla loro ricerca; giunta presso la casetta nel bosco, vi trova il minore che la riconosce ed accoglie con gioia. Costui la mette al corrente della promessa vigente tra i fratelli ed ella si dichiara disposta a morire pur di liberarli, ma il fratello minore la persuade a nascondersi e a mostrarsi al momento giusto. Alla fine, anche i restanti fratelli le riservano una calorosa accoglienza e per un po‟ di tempo vivono tutti insieme, serenamente. Un giorno, la ragazza si reca nel giardinetto annesso alla dimora e vi coglie i dodici gigli presenti, con l‟intento di regalarli ai fratelli: compiuto tale atto, i fratelli si trasformano in corvi e spariscono, insieme alla casa e al giardino. Attorno a lei appare una vecchia, dalla quale apprende che l‟unico modo per riscattare i fratelli dalla trasformazione perenne in corvi consiste in un mutismo di sette anni. Come Freud nota, “Essa si sottomette a questa prova che la espone a pericolo di morte; in altri termini, essa muore per i suoi fratelli come già aveva solennemente promesso prima di incontrarli”112

.

112

Ivi, p 212. L‟esposizione al pericolo di morte a causa del mutismo, cui si fa riferimento, consiste nel fatto che la cattiva madre del sovrano sposato dalla ragazza (alla cui richiesta di matrimonio ella acconsente semplicemente con un cenno del capo) si prodiga in ripetute calunnie verso di lei in modo da riuscire a persuadere il figlio, che la condanna sul rogo. Essendo trascorsi i sette anni di silenzio, nel momento in cui il rogo inizia a divampare, la giovane è salvata dalla riapparizione dei dodici fratelli che accorrono in suo aiuto. Freud precisa brevemente che un analogo riscatto dei fratelli tramite il mutismo della sorella è presente in un‟altra fiaba popolare, I sei cigni. Anche qui una giovane mette a repentaglio la propria vita mantenendo il silenzio anche in presenza di oltraggiose accuse, pur di riuscire a salvare i fratelli.

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Basandosi sull‟associazione fra il silenzio e la morte, si ottiene la deduzione che la terza donna scelta, nella sua peculiare riservatezza, sia la rappresentazione della morte, e più precisamente la terza delle divinità del destino (conosciute come Moire, Parche o, nella mitologia germanica, Norne), ossia la Dea della Morte, dal nome Atropo che significa “l‟ineluttabile”. Questa conclusione porta ad un‟apparente contraddizione, come commenta Freud:

La terza sorella dovrebbe essere la Dea della Morte, cioè la Morte stessa, e invece, nel giudizio di Paride, essa è la Dea dell‟Amore, nella favola di Apuleio una beltà paragonabile a quella dea, nel Mercante la più bella e la più accorta delle donne, nel Lear la sola figlia fedele. Potrebbe immaginarsi una contraddizione più flagrante? Forse sì: per quanto possa parere inverosimile, il paradosso maggiore è ancora un altro. Quello per cui nel nostro tema si ha ogni volta una libera scelta fra donne e la scelta va invece a finire sulla morte, che pur nessuno sceglie e di cui si divien vittima per volontà del destino.113

Freud ci informa che l‟indagine psicoanalitica riesce a spiegare contraddizioni di questo tipo come formazioni reattive, ossia meccanismi attraverso cui l‟oggetto del desiderio è sostituito con il suo opposto. Dunque, quel che accade nel motivo in questione della scelta fra tre donne sarebbe un procedimento analogo: per mezzo della fantasia – attività che secondo Freud deriva dal tentativo di appagare desideri insoddisfatti – si attua una ribellione contro l‟ineluttabilità del destino – intuizione già insita nel mito delle Moire/Parche – e si assiste alla sostituzione della Dea della Morte con la prediletta Dea dell‟Amore e con tutte quelle raffigurazioni umane che vi possono essere assimilate. Si tratta, perciò, di un desiderio espresso tramite un‟inversione: la necessità è sostituita dalla libera scelta, come atto di vittoria dell‟uomo sull‟ineluttabile e sulla morte a cui sa di non potersi sottrarre. Freud scrive, per l‟appunto:

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La libertà della scelta sta al posto della necessità, dell‟inesorabilità del destino. In tale modo l‟uomo vince la morte che ha dovuto riconoscere con l‟intelletto. Non si può immaginare trionfo maggiore dell‟appagamento di desiderio. Là dove nella realtà si è costretti a ubbidire per forza, qui si sceglie; e colei che viene scelta non è la terribile ma la più bella, la più desiderabile delle creature.114

Freud spiega che quest‟inversione ricalca quella avvenuta nel panorama mitologico e che poggia su una primitiva ambivalenza nell‟identificazione della Dea dell‟Amore con quella della Morte: egli fa presente che le grandi divinità antiche, quale la stessa greca Afrodite, non sono prive di legami con il mondo infero e in alcuni casi riuniscono insieme le funzioni di generazione ed annientamento come le dee-madri dei popoli orientali. Da questa originaria ambivalenza della dimensione mitologica non si liberano completamente neppure le figure letterarie successive: Freud suggerisce che la predilezione della terza donna non sia in realtà così libera, bensì orientata al fine di non incorrere nelle tragiche sventure cui si assiste nel Re Lear a seguito del ripudio di Cordelia; inoltre, nella terza figura femminile permangono evidenti allusioni al legame mortifero, nella presenza di aspetti che richiamano qualcosa di inquietante. A tale proposito, riporto la nota di Freud, significativa in questo contesto per i riferimenti fiabeschi:

Anche la Psiche di Apuleio ha conservato copiosi tratti che ne ricordano la relazione con la morte. Il suo matrimonio è allestito come cerimonia funebre; ella deve poi discendere nell‟Averno e quindi cade in un sonno mortale. […]

In un‟altra fiaba dei fratelli Grimm (N. 179: La guardiana delle oche alla fonte) si trova, come in Cenerentola, l‟alternarsi della bella e della brutta forma assunta dalla terza sorella, nel che si può vedere un‟allusione alla sua doppia natura: prima e dopo la sostituzione. La terza sorella è ripudiata dal padre dopo un esperimento che coincide quasi con quello del Re Lear. Ella deve con

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le altre sorelle dichiarare tutto l‟amore che ha per il padre, ma non riesce a trovare altra espressione al suo amore che paragonarlo al sale.115

Allo stesso anno della pubblicazione di Il motivo della scelta degli scrigni risale anche il saggio intitolato Märchenstoffe in Träumen (Materiale fiabesco nei

sogni), nel quale Freud presenta due casi di rappresentazioni oniriche in cui degli

elementi fiabeschi (tratti dalle narrazioni che hanno svolto una particolare rilevanza nella vita psichica del soggetto) emergono come ricordi di copertura116. Questi ultimi si riferiscono ad esperienze che, soggette alla rimozione, compaiono a livello della coscienza in una modalità mascherata: si produce una formazione di compromesso attraverso la quale i ricordi vengono sostituiti, secondo il processo dello spostamento, da altri contenuti connessi ai primi tramite un legame associativo.

Il primo sogno preso in esame in tale sede è quello di una donna, prodotto pochi giorni dopo la visita di suo marito, ed è così descritto nel testo:

Si trova in una camera tutta bruna. Da una porticina si accede ad una ripidissima scala, e su per questa scala entra nella camera uno strano omino piccolo, coi capelli bianchi, una vasta chierica e il naso rosso, danza su e giù per la scala. Ha una veste grigia che lascia intravedere tutte le forme del suo corpo. (Correzione successiva: ha una giubba nera con le falde e calzoni grigi.)117

La stessa signora vi riconosce un collegamento con la fiaba di Tremotino, associando il modo di ballare del personaggio fiabesco con l‟omino del proprio sogno. Nella fiaba tedesca, trascritta dai fratelli Grimm, la bella figlia di un mugnaio è messa alla prova dal re: deve tessere la paglia e farne uscire dell‟oro, poiché suo padre (mentendo) si è vantato di tale abilità della ragazza presso il

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Ivi, nota 1.

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Su questo tema si veda anche l‟accenno contenuto nel paragrafo “Fiaba e sogno” della presente tesi.

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sovrano; non sapendo come destreggiarsi, la giovane accetta l‟aiuto di un omino che compie l‟incarico al posto suo, in cambio di una collana, poi di un anello e infine della promessa di avere il suo futuro primogenito. Dopo aver superato per tre volte la prova, la ragazza diventa la moglie del re e l‟anno successivo, alla nascita del primo figlio, viene invitata dall‟omino a tener fede alla promessa. Quest‟ultimo, impietosito dai lamenti della regina, le concede di lasciarle il bambino nel caso in cui riesca a scoprire il suo nome entro tre giorni. Dopo il fallimento dei primi tentativi, al terzo giorno la regina viene informata dal proprio messaggero di aver visto, in una casetta nel bosco, un omino ballare e saltellare in modo buffo pronunciando la seguente filastrocca:

- Oggi fo il pane, la birra domani, e il meglio per me è aver posdomani il figlio del re.

Nessun lo sa, e questo è il sopraffino, ch‟io porto il nome di Tremotino.118

Grazie a tale informazione la regina scopre il nome dell‟omino, il quale, in preda alla rabbia per aver perso il diritto di ottenere il primogenito reale, batte il piede destro con una tale forza da finire per spaccarsi e squarciare il proprio corpo in due parti.

Il riferimento onirico al personaggio di Tremotino poggia su un‟esclamazione pronunciata dalla donna due giorni prima rispetto alla produzione del sogno e rivolta al marito, a causa di un litigio: “Lo spaccherei in due!”. Sulla base di questa associazione, Freud riconosce nell‟omino del sogno la rappresentazione del giovane sposo – che dopo alcuni mesi di assenza si ricongiunge alla moglie nel letto matrimoniale (simbolizzato dalla camera in legno bruno in cui si svolge la

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scena) – ma riconosce la particolarità della sua caratterizzazione: le sue sembianze corrispondono a quelle del padre, il suocero della sognatrice. Questo permette di cogliere alla base del sogno la preoccupazione della donna di un concepimento come conseguenza di tale incontro con il marito. A questo proposito, Freud nota:

Tremotino si collega con i pensieri onirici riferiti al presente – i residui diurni – mediante un nitido contrasto. Nella fiaba egli compare per portar via il figlio primogenito della regina; nel sogno invece l‟ometto appare in veste di padre perché probabilmente ha portato un nuovo bambino. Ma Tremotino ci consente anche di accedere allo strato più profondo, infantile, dei pensieri onirici. Quel bizzarro omuncolo di cui non si conosce neppure il nome, di cui si vorrebbe penetrare il segreto, che si esibisce in gesta così straordinarie (nella favola trasforma la paglia in oro); la rabbia che si nutre contro di lui, o meglio contro chi ce l‟ha ed è invidiato per questo suo possesso (l‟invidia del pene nelle ragazze): sono tutti elementi il cui rapporti con i fattori fondamentali della nevrosi può qui – come ho già detto – essere appena sfiorato. Al tema dell‟evirazione appartengono certamente anche i capelli tagliati corti che l‟omino porta nel sogno.119

Il secondo sogno presentato da Freud in questo saggio, come testimonianza del legame fra elementi fiabeschi e ricordi di copertura nei sogni, appartiene all‟infanzia del paziente del celebre caso clinico “dell‟uomo dei lupi”, analizzato in Aus der Geschichte einer infantilen Neurose (Dalla storia di una nevrosi

infantile), scritto l‟anno successivo rispetto a Materiale fiabesco nei sogni, anche

se pubblicato solamente nel 1918 (il rinvio della pubblicazione è motivato dallo svolgersi della prima guerra mondiale). In tale testo, Freud riporta l‟analisi di una nevrosi ossessiva infantile non direttamente osservata, bensì ricostruita in un secondo tempo, tramite il trattamento terapeutico di una nevrosi adulta del soggetto, un ragazzo russo di ventitré anni. La patologia sorge inizialmente come isteria d‟angoscia nella forma di una zoofobia – nello specifico come paura dei

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lupi – per poi sfociare in nevrosi ossessiva dal contenuto religioso, protrattasi fino ai dieci anni. Nello sviluppo patologico infantile, un ruolo centrale è giocato dalla scena di un sogno, risalente all‟età dei quattro anni, che provoca il risveglio in uno stato di angoscia. Tale sogno è così descritto dal paziente:

Sognai che era notte e mi trovavo nel mio letto (il letto era orientato con i piedi verso la finestra e davanti ad essa c‟era un filare di vecchi noci, sapevo che era inverno mentre sognavo, e ch‟era notte). Improvvisamente la finestra si aprì da sola, e io, con grande spavento vidi che sul grosso noce proprio di fronte alla finestra stavano seduti alcuni lupi bianchi. Erano sei o sette. I lupi erano tutti bianchi e sembravano piuttosto volpi o cani da pastore, perché avevano una lunga coda come le volpi, e le orecchie ritte come quelle dei cani quando stano attenti a qualcosa. In preda al terrore – evidentemente di essere divorato dai lupi – mi misi a urlare e mi svegliai.120

Il soggetto tende a relazionare la presenza dei lupi del sogno con l‟immagine di un libro illustrato di fiabe, di cui serba il ricordo della paura suscitata durante l‟infanzia e nella quale è raffigurato un lupo eretto, con una zampa protesa in avanti, le orecchie dritte e gli artigli sporgenti. L‟immagine viene inizialmente collegata a Cappuccetto Rosso, ma nel corso dell‟analisi il paziente è spronato a riconoscere l‟appartenenza dell‟illustrazione ad un‟altra fiaba: si tratta, infatti, del

Lupo e i sette capretti, che fornisce una connessione con la scena onirica

relativamente all‟elemento numerico. Freud scrive, per l‟appunto: