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Capitolo 4. Il rapporto delle fiabe con i miti: motivi ricorrenti e linguaggio simbolico

4.2 Il motivo dello sposo animale

Nel rispetto delle specifiche strutture e caratteristiche di cui si è appena accennato, fra fiabe e miti intercorrono non solo differenze, bensì anche tematiche analoghe. Fra di esse possiamo annoverare il motivo dello sposo animale, particolarmente diffuso nel patrimonio fiabesco: La Bella e la Bestia, Biancaneve e Rosarossa, Il

principe ranocchio sono i titoli più celebri di un‟ampia gamma di narrazioni

fiabesche che possono essere citate in proposito. L‟elemento comune a tali storie consiste nella trasformazione del futuro partner matrimoniale dall‟iniziale sembianza animale in una persona bellissima, che rivela una discendenza da nobili origini: come nota Bettelheim, si tratta di un‟immagine significativa attraverso la quale viene trasmessa l‟idea che un radicale mutamento nell‟atteggiamento rispetto all‟amore sia necessario affinché tale sentimento possa realizzarsi pienamente. Egli sostiene, cioè, che all‟interno di tali fiabe sia implicitamente racchiuso un messaggio simile: la possibilità di uno sviluppo completo dell‟amore, sino alla forma più elevata e nobile, comporta la depurazione del sentimento dagli aspetti animaleschi (legati a percezioni immature della sessualità come qualcosa di brutale), sino alla loro sublimazione nell‟unione coniugale come un rapporto che, stretto al momento giusto, risulta fondato su un principio di eguaglianza e reciproco riconoscimento. Solitamente – sottolinea Bettelheim – è un‟eroina a liberare sia il principe dalla condizione ferina, in cui era stato costretto da una stregoneria, sia se stessa dall‟attaccamento edipico, così da trasformare l‟amore provato in forma infantile verso il padre in un sentimento maturo rivolto alla persona adeguata; in tal modo la protagonista compie un importante percorso di crescita personale. La testimonianza più

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eclatante di questa interpretazione psicologica è rintracciata ne La Belle et la Bête – la versione tramandatasi tradizionalmente e cui si fa riferimento nel presente contesto è quella di Madame Leprince de Beaumont (1756), sebbene la storia originaria, ben più lunga ed articolata, vada attribuita a Madame de Villeneuve (1740) – a proposito della quale Bettelheim sostiene:

L‟essenzadella storia non è semplicemente il fiorire dell‟amore della Bella per la Bestia, o anche il suo trasferimento del proprio amore per il padre alla Bestia, ma la sua crescita durante il

processo. Dalla convinzione che deve scegliere fra il suo amore per il padre e il suo amore per la

Bestia, la Bella passa alla felice scoperta che vedere questi due amori in opposizione costituisce una visione immatura delle cose. Trasferendo il suo originario amore edipico per suo padre al proprio futuro marito, la Bella dà a suo padre il tipo di affetto di maggior beneficio per lui. Questo è un toccasana per la sua malferma salute e gli consente di vivere felicemente accanto alla sua diletta figlia. Inoltre ciò reintegra la Bestia nella sua umanità, e allora diventa possibile una vita di beatitudine matrimoniale per lui e la Bella.277

In questo, come in tutti i racconti appartenenti al ciclo dello sposo animale, si assiste alla forza di una rivelazione: ciò che in un primo tempo appare mostruoso può dimostrarsi il fulcro della felicità, nel coronamento del caratteristico lieto fine fiabesco. Questo ribaltamento della prospettiva avviene sì all‟improvviso, ma si produce lentamente: il fluire di un certo lasso temporale sta ad indicare l‟esigenza di una maturazione personale, poiché solo al suo compiersi la vicinanza fisica con un altro potrà trasformarsi in un amore consapevole. Ne abbiamo un esempio nella narrazione tedesca Der Froschkönig (Il principe ranocchio), così come annotata dai fratelli Grimm. In questa fiaba una principessa (la più giovane di tre sorelle) si ritrova a dover mantenere, sotto ordine del padre, la promessa concessa ad un ranocchio in cambio del ritrovamento della propria preziosa palla d‟oro, smarrita nelle profondità di una sorgente: la ragazza deve fare dell‟animale il

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proprio compagno, permettendogli dapprima di mangiare insieme, poi di essere accompagnato nella sua stanza e dormire con lei. È solamente a seguito di tale iter – alla cui ultima tappa la giovane, in realtà, finisce per ribellarsi – che si verifica l‟incredibile trasformazione: la principessa, disgustata dall‟idea di poggiare la viscida bestiola sul proprio letto, la colpisce ed in quel momento al suo posto appare un bel principe, il quale le spiega di aver subito l‟incantesimo di una strega che solo lei avrebbe potuto infrangere. Per Bettelheim anche la coincidenza fra il gesto ribelle della ragazza e il verificarsi del mutamento del principe non è casuale, bensì suggerisce come nella costruzione di un legame solido e maturo, quale l‟unione coniugale, sia necessario il coinvolgimento emotivo, segnato dal risveglio della sensibilità – seppure si tratti di un sentire negativo – in opposizione alla passività iniziale della giovane, piegata alla volontà paterna. Anche in questo caso, sotto una sfumatura diversa, si sta pur sempre affermando l‟esigenza di un processo di maturazione che coinvolga l‟eroina della storia nel suo modo di agire, sentire ed amare.

La tematica dello sposo animale che attraversa il panorama fiabesco ha una corrispondenza anche nell‟ambito della mitologia: seppure con qualche differenza, è presente nella celebre storia di Amore e Psiche, narrata da Apuleio nel II secolo d.C., a riguardo della quale va precisato che, sebbene sia presentata all‟interno del libro Metamorphoseon (Le metamorfosi) come una favola, riveste a pieno titolo i caratteri del mito278. In questa vicenda, non vi è un‟effettiva trasformazione da sembianze ferine ad umane, eppure possiamo rintracciarvi il motivo dello sposo

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A tale proposito Bettelheim precisa: “Cupido e Psiche è un mito, non una fiaba, anche se contiene alcuni elementi fiabeschi. Dei due personaggi principali, innanzitutto, uno è un dio e l‟altra diventa immortale, cosa che non succede mai al personaggio di una fiaba. Per tutta la storia gli dei prendono parte agli eventi, vuoi per impedire il suicidio di Psiche, vuoi per sottoporla ad ardue prove, vuoi per aiutarla a superarle. A differenza di quanto accade in altre storie del ciclo dello sposo o della sposa-animale, Cupido non è mai altri che se stesso. Soltanto Psiche, fuorviata dall‟oracolo e dalle sue malvagie sorelle – o dalla propria angoscia sessuale – immagina che egli sia un animale”. (Ivi, p 282)

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animale perché tale è la convinzione che a un certo punto si radica nella mente di Psiche: le sorelle, invidiose delle meravigliose ricchezze che la giovane ha ereditato da un misterioso matrimonio, fanno leva sulla profezia dell‟oracolo di Apollo – precedentemente ascoltata dai genitori, preoccupati per il futuro della figlia minore, ancora non maritata nonostante quella sua incredibile bellezza capace di attirare l‟ammirazione di visitatori provenienti da ogni dove – e riescono a persuaderla che, come annunciato dalla divinità, ella si sia effettivamente sposata con un essere serpentiforme, pronto a divorarla insieme al piccolo che ha in grembo. Le parole delle due donne gelose riescono a convincerla della loro veridicità poiché si insinuano fra le sue stesse preoccupazioni: va tenuto presente, in effetti, che Psiche non ha mai visto l‟aspetto dello sposo, il quale le concede l‟occasione della propria presenza solo di notte e la mette ripetutamente in guardia dalla curiosità di scoprire qualcosa in più su di lui, al di là della vicinanza e dell‟amore che le offre. L‟insediarsi dell‟idea di aver sposato un essere mostruoso è possibile, come nota lo psicologo junghiano Erich Neumann nel saggio Amor

und Psyche (Amore e Psiche) del 1971, perché una simile impressione alberga già

dentro di lei e l‟affermazione delle sorelle suscita l‟effetto di risvegliarne la consapevolezza. È così che emerge il conflitto nel cuore di Psiche, la quale sente di odiare la belva ed amare il marito, ambivalentemente nella stessa persona. Proprio questo è ciò che la spinge ad entrare in azione: deve conoscere il vero aspetto dello sposo per poter salvare la bellezza dell‟affetto che crede di provare per lui, ed una tale conoscenza significa uscire dallo stato di inconsapevolezza in cui si trova racchiusa come in una gabbia d‟oro. Neumann mette in evidenza come la condizione vissuta da Psiche sino a quel momento, fra gli agi e le incredibili ricchezze del palazzo di Cupido e senza conoscere le sembianze del marito,

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equivalga ad una forma camuffata di prigionia. Concordando con questa concezione, Bettelheim vi individua un‟analogia con la situazione di Belle nel castello incantato della Bestia, dove ogni desiderio può trovare realizzazione, ma di fatto nulla accade ai fini dell‟evoluzione della storia: si tratta di una condotta narcisistica che, come traspare dalla fiaba, “benché apparentemente seducente non è una vita di soddisfazioni, ma un‟assenza di vita”279

. Solo uscendo da una tale opprimente condizione – Belle si allontana da palazzo per recarsi ad assistere il padre malato – la giovane si renderà conto dell‟affetto maturato per la Bestia, a cui farà ritorno con una nuova consapevolezza.

La situazione in cui si trova inizialmente Psiche è presentata così da Neumann:

Non è infatti la sua vita nel paradiso di piacere di Eros una vita estatica ma in realtà priva di ogni dignità? Non è una condizione di cieca, quantunque incantata, schiavitù contro la quale un‟autocoscienza femminile – e tale è l‟atteggiamento matriarcale del femminile – deve protestare e contro la quale deve a ragione sollevare tutti gli argomenti avanzati dalle sorelle? Quella di Psiche è un‟esistenza notturna avvolta dall‟oscurità, un‟estasi dei sensi che può essere senza dubbio descritta come un esser fagocitati da un demone, da un mostro. Eros, in quanto seduttore invisibile, è davvero tutto ciò che l‟oracolo di Apollo – al quale peraltro si richiamano le sorelle – ha affermato di lui, e Psiche è davvero la sua vittima.280

La mancanza di luce è la caratteristica simbolica della condizione esistenziale di Psiche, che vive nella negazione della vista e della conoscenza ed è prigioniera della dolcezza dell‟oscurità. Neumann fa notare che, così come nello sfondo della cultura matriarcale il matrimonio assumeva i tratti di un‟appropriazione da parte maschile vissuta in modo ostile dalla donna – sul modello del rapimento di Persefone da parte di Ade –, unendosi a Psiche, Cupido si impossessa della sposa, tenendola in proprio potere durante la notte ed immergendola nelle ricchezze e

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Ivi, p 295.

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E. Neumann, Amore e Psiche. Un‟interpretazione nella psicologia del profondo, Astrolabio, Roma, 1989, p 56, corsivo mio.

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negli agi del proprio palazzo. Il bisogno di liberarsi dal buio inizia ad imperversare, però, nella stessa Psiche e si manifesta come una graduale acquisizione di coscienza: si oppone alle richieste del marito di non incontrare le sorelle, esorcizza le proprie paure di rimanere intrappolata nell‟oscurità chiamando “mia luce” l‟invisibile sposo, sino a lasciar emergere la consapevolezza latente del proprio stato di prigionia e di vittima, risvegliata dalle parole delle invidiose sorelle.

Nel tentativo di mettere in atto il piano per ucciderlo, come da loro suggerito, nel pieno della notte, ella scopre la vera identità dello sposo: si tratta del bellissimo Cupido (Eros), di cui Psiche avverte tutto il fascino sino ad innamorarsene perdutamente. Questa acquisizione dell‟amore segna il trionfo della luce: come sottolinea Neumann, la Psiche che riconosce lo sposo e lo ama nelle sembianze di Cupido non è più l‟immatura ragazza stordita dai piaceri paradisiaci, né l‟incarnazione dell‟ostilità matriarcale verso l‟uomo; adesso l‟illuminazione garantita dall‟attivazione dell‟amore le consente di vedere distintamente e rendersi conto che in lui convivono l‟aspetto superiore del dio e quello inferiore dell‟amante notturno – ed ella ama entrambi, contrariamente alla precedente scissione.

Ormai, però, le promesse rivolte al marito sono state infrante e l‟intento di tradimento diventa manifesto allo stesso dio nel momento in cui una goccia dell‟olio della lampada, tenuta dalla giovane, cade sul corpo di lui e vi procura un‟ustione. Svegliato dal dolore, egli fugge via, sottraendosi alle suppliche della sposa: la punizione che spetta alla ragazza per la bramosia manifestata è la lontananza dell‟amato, separazione capace di infliggerle un‟immensa sofferenza e di spingerla a girovagare senza sosta per ritrovarne le tracce. Un tale

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allontanamento – sottolinea Neumann – è inevitabile, poiché Psiche tradisce le aspettative dello sposo: mentre egli sperava di rimanere nell‟anonimato notturno, la donna è animata dal desiderio di conoscenza, da cui scaturisce il vero amore e con esso il dolore. D‟altro canto, amare si accompagna spesso a soffrire: mentre per Cupido, ferito dalla goccia d‟olio, si tratta di una sofferenza solo fisica, la ferita di Psiche è ben più profonda e di difficile guarigione, in quanto consapevolezza di dover colmare un vuoto immenso. Il dolore amoroso, in Psiche, diviene ricerca incessante nel tentativo di annullare la distanza, così come suggerisce il mito narrato da Aristofane ne Il simposio platonico, secondo cui l‟amore nasce come possibilità di ricongiungimento con la propria metà, nel desiderio di ricreare l‟unità perduta a causa dell‟intervento divino (gli uomini originari, per aver oltraggiato gli dei, sarebbero stati tagliati in due parti da parte di Zeus – dando vita alla forma umana attuale – così da indebolirne la potenza e impedire il ripresentarsi di una simile insolenza).

La separazione dall‟amato, causa di inestimabile sofferenza, è fondamentale ai fini dello sviluppo della storia: potremmo definirla il motore che consente l‟avvio dell‟agire eroico di Psiche. Come nelle fiabe citate, anche in Amore e Psiche assume una centrale rilevanza il processo di crescita intrapreso dalla protagonista, la quale, ormai addentratasi nella sfera dell‟azione, si ritrova ad affrontare una serie di prove che culmina nella discesa nell‟oltretomba. È Venere (Afrodite), madre di Cupido, a mettere alla prova la mortale che ha osato sfidarla doppiamente – sia in bellezza che nell‟aver ammaliato il prezioso figlio – esigendo il completamento di quattro compiti, dal superamento dei quali la giovane esce arricchita spiritualmente. Si tratta di un percorso che Neumann,

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nell‟ottica della psicologia junghiana, interpreta come un processo di individuazione femminile281.

Parafrasando quanto espresso da Bettelheim, ciò che Psiche deve affrontare sino alla discesa ed uscita dagli inferi – la quarta prova consiste nel giungere da Proserpina e farsi dare un unguento di bellezza da portare in dono a Venere – evoca l‟esigenza di una rinascita interiore dell‟individuo per stipulare il connubio fra i due aspetti dell‟essere umano, che nel mito sono personificati dai protagonisti stessi, ossia la sfera psichica (Psiche) e quella della sessualità (Cupido). Secondo tale prospettiva, altrettanto rilevante è la maturazione del dio, il quale si libera dalla seduzione di Venere (rappresentante la gelosia possessiva della madre per il figlio) e lotta per la propria indipendenza. È vero che sin dall‟inizio Cupido non rispetta l‟ordine della madre di punire Psiche per aver osato adombrare con la propria mortale bellezza quella eterna della divinità, presso i culti e gli onori terrestri; però, la richiesta di Venere di fare innamorare la giovane del peggiore degli esseri viene solo parzialmente aggirata. Come abbiamo mostrato, tenendo Psiche per sé, Cupido salva la ragazza dalla profezia delle nozze mortifere, ma finisce per divenire lo sconosciuto mostro-belva che la segrega nell‟oscurità, così da non riuscire a sottrarla al cupo destino annunciato dall‟oracolo di Apollo. Solamente quando Psiche “dissolve la partecipation mistique con il suo partner e fa precipitare se stessa ed Eros nel destino di separazione rappresentato dall‟irrompere della coscienza”282

, per il dio si apre un cammino di crescita, proprio a partire dall‟allontanamento. Inizialmente si tratta di un solo dolore fisico legato alla scottatura che lo spinge a trovare riparo preso la casa della madre, ma in seguito egli avverte il peso della mancanza di Psiche e si avvia in volo alla sua

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Riguardo al concetto junghiano di individuazione rimando al paragrafo “3.4 L‟individuazione nelle fiabe”.

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ricerca. È a questo punto che Cupido conquista la propria effettiva indipendenza dal legame materno. Trovata la ragazza, egli diviene la fonte della sua salvezza: Psiche giace addormentata per aver aperto il vasetto donato da Proserpina283 – in una condizione che Apuleio descrive come una morte apparente, motivo peraltro rintracciabile anche nel panorama fiabesco, ad esempio nelle versioni de La bella

addormentata nel bosco – ed è l‟amato a liberarla dal sonno infernale – così come

nella fiaba è il principe a risvegliare la ragazza dal sonno centenario, frutto di un sortilegio – riponendolo nel contenitore ed invitandola a portare a termine l‟incarico ordinato da Venere. Grazie alle richieste di aiuto rivolte da Cupido a Zeus e da costui accettate, Psiche ottiene lo status di divinità e i due amanti possono sposarsi al cospetto di tutti gli dei.

Dunque, l‟evoluzione della storia è una rappresentazione dell‟anima che si divinizza, ossia si purifica dal mero soddisfacimento del piacere per elevarsi ed approcciare la sfera sensoriale in modo consapevole, nella costruzione di un legame maturo.

Sin qui, abbiamo concentrato l‟attenzione sul motivo dello sposo animale, ma è giusto ricordare che esistono anche casi di fiabe in cui le nozze vengono strette con una sposa ferina. Ne è un esempio Il principe che sposò una rana, narrazione trascritta da Calvino nella raccolta Fiabe italiane nella quale, poiché un re stabilisce che i figli debbano scegliere la propria sposa a seconda di dove cada la pietra lanciata con una fionda, il minore dei tre si ritrova impegnato con una rana,

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Neumann vi legge una sorta di fallimento di Psiche, poiché ella elude il compimento del quarto incarico, ma sostiene si tratti al contempo di una vittoria, in quanto proprio attraverso il giacere addormentata, nel quale si può rintracciare la rappresentazione simbolica della disposizione al sacrificio per amore, riesce ad intenerire Cupido. A tal proposito Neumann scrive: “Attraverso il sacrificio mortale di Psiche, l‟amante divino si trasforma da fanciullo ferito in amante e salvatore, perché in Psiche egli trova qualcosa che esiste soltanto nella sfera intermedia dell‟elemento terrestre e umano, posta tra il cielo e il mondo infero: il mistero femminile della rinascita attraverso l‟amore. Con nessuna dea Eros può sperimentare e conoscere il miracolo che gli capita con l‟umana Psiche, il fenomeno di un amore consapevole, pronto ad affrontare la morte”. (Ivi, pp 93-94)

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avendo centrato un fosso con il proprio lancio. Il giorno delle nozze la piccola creatura si trasforma in una bellissima principessa, stupendo il giovane: ella riprende le proprie reali sembianze, in quanto la possibilità di maritarsi con il figlio di un re prima che costui abbia conosciuto la sua bellezza spezza l‟incantesimo inflittole da una strega. Questo ci fornisce una testimonianza sull‟eguale pregnanza della tematica sia in ambito maschile che femminile.