• Non ci sono risultati.

Capitolo 2. Il mondo incantato di Bruno Bettelheim: il contributo delle fiabe all’infanzia

2.3 L‟integrazione psichica suggerita dalle fiabe

Come accennato, mettere in ordine nella confusione di sentimenti e percezioni interiori è una fase fondamentale da attraversare per poter arrivare alla costruzione di una personalità integrata e Bettelheim mostra come tale processo possa essere evocato dalle fiabe. Prima di entrare nel merito della sua riflessione sulle modalità con cui le narrazioni fiabesche rappresentano percorsi di integrazione psichica, ci soffermiamo sulla concezione freudiana delle tre istanze della psiche – Es, Io e Super-Io, già state citate nel paragrafo precedente – così da poter comprendere meglio le loro rappresentazioni rintracciabili nelle fiabe.

Con lo scritto Das Ich und das Es (L‟Io e L‟Es), steso nel 1922 e pubblicato l‟anno seguente, Sigmund Freud (1856-1939) perviene all‟elaborazione di una seconda topica, ossia rappresentazione spaziale dell‟apparato psichico: se nella prima aveva distinto la psiche nei sistemi Inconscio (il rimosso), Preconscio (il latente, capace di ridivenire cosciente) e Conscio, la pluriennale esperienza analitica lo porta a constatare l‟insufficienza di quella prima suddivisione e l‟esigenza di una nuova formulazione.

Freud riprende il termine Es dallo psicoanalista Georg Groddeck (1866-1934), fondatore della medicina psicosomatica, per indicare il polo pulsionale della personalità: con costui condivide la concezione secondo cui siamo vissuti da forze ignote sulle quali non abbiamo controllo, sottolineando un carattere di estraneità che è rimarcato dalla stessa scelta terminologica, poiché in tedesco “Es” equivale ad un pronome neutro. I contenuti dell‟Es sono espressioni psichiche di pulsioni e consistono sia in elementi ereditati filogeneticamente ed innati che in altri rimossi, tutti compresenti in una dimensione caotica. Freud sostiene, infatti, che nell‟Es

- 44 -

non vi sia un‟organizzazione unitaria: non c‟è negazione, né categorie spazio- temporali e si verifica che “impressioni accadute in un passato remoto permangano cristallizzate nell‟Es con l‟immediatezza del presente”62

; ad una tale atemporalità può porre rimedio solo il lavoro analitico, che affidando tali impressioni alla parola permette di ricollocarle nelle dimensioni del tempo e dello spazio che le hanno prodotte. Nell‟Es le pulsioni di vita (Eros) e di morte sono perennemente in lotta fra di loro: la prima comprende le spinte pulsionali sessuali, sia disinibite che sublimate, e la tendenza all‟autoconservazione, mentre le seconde tendono all‟aggressività e all‟auto-distruzione. Dal punto di vista economico, l‟Es è il serbatoio dell‟energia psichica, che tende ciecamente alla soddisfazione: “Il fattore economico o, se volete, quantitativo strettamente connesso al principio del piacere, domina tutti i processi. Investimenti pulsionali che esigono la scarica: ecco tutto ciò che, a parer nostro, c‟è nell‟Es”63

. Dal punto di vista dinamico, entra in conflitto con Io e Super-io, anche se si tratta di una contrapposizione solo funzionale, poiché queste due istanze sono derivazioni dell‟Es. Freud sostiene, infatti, che inizialmente la vita psichica sia costituita solamente dal polo pulsionale dell‟Es, da cui si sviluppa l‟Io per successive modificazioni: “Un individuo è dunque per noi un Es psichico, ignoto e inconscio, sul quale poggia nello strato superiore l‟Io, sviluppatosi dal sistema P come un nucleo”64

.

Se in un primo tempo Freud fa coincidere totalmente l‟Io con la coscienza, in seguito si rende conto che anch‟esso è in parte inconscio e si comporta in maniera inconscia, attraverso le resistenze che mantengono attive le rimozioni di certi

62

S. Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano, 1986, p 110.

63

S. Freud, “Lezione 31. La scomposizione della personalità psichica” in Introduzione alla psicoanalisi, Newton Compton, Roma, 2011, p 386.

64

- 45 -

elementi; a partire dalla svolta nella teoria metapsicologica, segnata dal citato scritto L‟Io e l‟Es, l‟Io viene concepito come quella parte dell‟Es che ha subito una modificazione per l‟azione del mondo esterno, di cui si fa rappresentante: come sostenuto nella “Lezione 31. La scomposizione della personalità psichica” in Introduzione alla psicoanalisi – nella seconda serie di lezioni del 1932 – “Il rapporto con il mondo esterno è divenuto decisivo per l‟Io, il quale si è assunto il compito di rappresentarlo presso l‟Es; fortunatamente per l‟Es, il quale, incurante di questa preponderante forza esterna, nel suo cieco tendere al soddisfacimento pulsionale non sfuggirebbe all‟annientamento”65

. Cercando di far valere l‟influenza del mondo esterno, l‟Io tenta di sostituire al principio di piacere, vigente nell‟Es, il principio di realtà: deve osservare e vagliare ciò che è obbiettivo dalle deformazioni conseguenti alle tendenze pulsionali, assumendo il compito di mediazione nel conflitto interpsichico, ossia fra esterno ed interno. L‟Io è un‟istanza psichica superficiale – anche se scaturisce dall‟Es e in parte vi si prolunga – ed è esso stesso la proiezione psichica di una superficie, quella corporea: difatti, è adibito alla funzione sensoriale e ricettiva degli eccitamenti provenienti dall‟esterno, oltre che dall‟interno della vita psichica. Questi ultimi vengono presi in esame dall‟Io, che sceglie se tollerarli o mettere in atto meccanismi per impedire a tali elementi l‟accesso alla coscienza. Si differenzia dall‟Es per il proprio carattere di sintesi ed unificazione dei processi psichici: mentre all‟Es manca un‟organizzazione unitaria, questa è fortemente presente nell‟Io, che rappresenta l‟aspetto razionale del soggetto. Grazie all‟organizzazione coerente, l‟Io evolve dalla sola percezione delle pulsioni alla capacità di padroneggiarle e può muoversi nella direzione del raggiungimento di un‟armonia

65

S. Freud, “Lezione 31. La scomposizione della personalità psichica” in Introduzione alla psicoanalisi, cit., p 387.

- 46 -

interiore; tuttavia, il rapporto con l‟Es resta problematico, ed è così metaforicamente descritto da Freud:

Il rapporto dell‟Io con l‟Es potrebbe essere paragonato a quello del cavaliere con il suo cavallo. Il cavallo dà l‟energia per il movimento, il cavaliere ha il privilegio di determinare la meta, di dirigere il movimento del poderoso animale. Ma tra l‟Io e l‟Es si verifica troppo spesso il caso, per nulla ideale, che il cavaliere si limiti a guidare il cavallo là dove questo ha scelto di andare.66

Nella funzione di mediazione dell‟Io sono inclusi non soltanto le richieste pulsionali dell‟Es e le pretese di obiettività della realtà, bensì anche i rimproveri del Super-io. Questa è considerata da Freud l‟istanza psichica che si genera come alterazione dell‟Io alla fine del complesso edipico: quando il bambino rinuncia alle prime scelte oggettuali, incestuose, giunge ad introiettare e fare proprio il sistema di valori, norme e divieti dei genitori, attraverso un meccanismo di identificazione che consiste in una modificazione dell‟Io, da cui si separa e differenzia il Super-io. L‟identificazione con le figure parentali è il mezzo con il quale l‟Io cerca di controllare l‟Es, portando alla desessualizzazione delle mete e alla loro sublimazione: la libido oggettuale è trasformata in libido narcisistica, cioè non più investita su un oggetto esterno (i genitori come oggetti d‟amore), ma ripiegata sull‟Io stesso. Il Super-io, frutto della prima identificazione dell‟Io ancora debole, è non soltanto un residuo delle prime scelte oggettuali, bensì una formazione reattiva ad esse che conduce al costituirsi di una coscienza morale, contrapposta all‟Io come istanza censoria. Esso è quella parte superiore della psiche che si erge a giudicare e criticare l‟Io, conservando il carattere autorevole ricavato dalla propria origine, come lascito delle identificazioni genitoriali; nato dall‟introiezione del sistema di valori e divieti delle figure parentali, nel corso

66

- 47 -

dello sviluppo il Super-io finisce per accogliere gli influssi di tutti coloro che subentrano al posto dei genitori in ruoli autorevoli, quali insegnanti ed educatori: in tal modo si configura come ideale dell‟Io, ossia il modello cui l‟Io aspira a conformarsi ed emulare da un punto di vista etico. Freud sostiene, per l‟appunto: “Il Super-io è per noi il rappresentante di tutte le limitazioni morali, l‟avvocato dell‟aspirazione alla perfezione; è, in breve, ciò che è divenuto comprensibile in termini psicologici di tutto quello che è „superiore‟ nella vita umana”67. Se l‟Io è il rappresentante del mondo esteriore, poiché agisce secondo il principio di realtà, il Super-io lo è di quello interiore, in quanto si genera dal declino del complesso edipico e giunge ad assorbire le acquisizioni filogenetiche depositate nell‟Es, quelle che permettono la trasmissione ereditaria di norme e valori e che sono configurazioni precedenti all‟Io. In tal modo, fra i Io e Super-io si instaura un conflitto definibile come contrasto fra reale e psichico, a proposito del quale Freud scrive:

Le vicende che caratterizzano la genesi del Super-io ci permettono di comprendere come gli antichi conflitti dell‟Io con gli investimenti oggettuali dell‟Es possano continuarsi nei conflitti con il Super-io che di tali investimenti è l‟erede. […] La lotta, già infuriata negli strati più profondi della psiche, e non risoltasi attraverso una rapida sublimazione e identificazione, viene ora proseguita in una regione più elevata, come nel quadro di Kaulbach sulla disfatta degli Unni.68

In sostanza, l‟Io si trova schiacciato fra le esigenze di tre padroni – Es, mondo esterno e Super-io – e mira ad una situazione di armonia, sforzandosi di soddisfarle contemporaneamente; in caso estremo, se incapace di non ammettere le proprie debolezze, l‟Io reagisce con l‟angoscia: si tratta di angoscia reale

67

S. Freud, “Lezione 31. La scomposizione della personalità psichica” in Introduzione alla psicoanalisi, cit. p 381.

68

- 48 -

dinnanzi al mondo esterno, di angoscia morale di fronte al Super-io e di angoscia nevrotica nei confronti della forza passionale dell‟Es. Distinto l‟apparato psichico nelle sue tre componenti, Freud tiene a specificare che la loro separazione è semplicemente a titolo esplicativo – ossia che non si tratta di aree marcate da confini netti, bensì confluenti le une nelle altre – e l‟impegno della terapia analitica deve essere rivolto ad un rafforzamento dell‟Io, nell‟intento di “renderlo più indipendente dal Super-io, di ampliare il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, così da poter annettere nuove zone dell‟Es”69

.

Tornando a Bettelheim, egli nota che le fiabe rappresentano significativamente il raggiungimento dell‟integrazione fra le tre componenti psichiche e che esse focalizzano l‟attenzione proprio sul corso del processo. Si sofferma in particolare su alcune fiabe dei fratelli Grimm, L‟ape regina, Fratellino e sorellina, e I tre

linguaggi, per mostrare come in esse venga illustrata la conquista

dell‟integrazione psichica.

Nella prima vengono narrate le vicende di tre fratelli, dei quali i due maggiori, partiti in cerca di avventure, vivono in modo dissoluto, mentre il minore è un ingenuo e sempliciotto che parte alla loro ricerca e, dopo averli trovati, si unisce al viaggio, venendo da costoro deriso a causa della sua stupidità. I tre giungono dapprima dinnanzi ad un formicaio, poi ad un lago e successivamente ad un alveare: in tutte le occasioni, il minore si oppone agli intenti dei fratelli di danneggiare gli animali presenti (sconvolgere il formicaio, prendere delle anatre da arrostire e soffocare le api con un fuoco in modo da estrarre il miele dall‟alveare). Il viaggio prosegue e i tre giungono ad un castello dove tutto è

69

S. Freud, “Lezione 31. La scomposizione della personalità psichica” in Introduzione alla psicoanalisi, cit., p 390.

- 49 -

tramutato in pietra o gettato in un sonno profondo, ad eccezione di un omino dai capelli grigi che offre loro una cena abbondante e una stanza in cui passare la notte. Il giorno seguente l‟omino convoca il maggiore affinché porti a compimento i tre incarichi grazie ai quali spezzare l‟incantesimo che è stato gettato sul castello. Il primo compito consiste nel trovare, nel bosco ed entro il tramonto, le mille perle della principessa ed il suo fallimento comporta la pietrificazione del soggetto. Il maggiore fallisce ed altrettanto accade al secondo, mentre il minore, inizialmente scoraggiato e in preda alle lacrime, riesce nell‟impresa grazie al soccorso delle formiche precedentemente salvate. Per il secondo incarico, egli deve recuperare la chiave della camera della principessa dagli abissi del lago: con l‟aiuto delle anatre da lui protette riesce a completare anche questa prova. L‟ultimo compito consiste nell‟individuare la più giovane e bella fra tre principesse addormentate, e in questo caso il ragazzo viene aiutato dalla regina delle api a scegliere quella giusta. Con l‟assolvimento dei tre incarichi, l‟incantesimo viene infranto e tutto torna alla normalità, mentre il giovane sposa la principessa scelta ed eredita il regno alla morte del suocero. Secondo Bettelheim, diversamente dai fratelli maggiori che falliscono in quanto agiscono solo in vista del soddisfacimento del piacere – conducendo un‟esistenza dominata dall‟Es – il minore diviene l‟eroe della storia perché sviluppa una personalità integrata. La fiaba, per lo psicoanalista, attraverso il fallimento e la pietrificazione dei fratelli maggiori suggerisce che tale è il destino di chi è sopraffatto dalla ricerca del piacere ed incapace di ubbidire a valori superiori, “così che la persona, essendo morta a tutto quello che la vita nel suo senso migliore comporta, potrebbe anche essere fatta di pietra”70

. Invece il minore

70

- 50 -

rappresenta un Io che si rivela capace di seguire le richieste morali del Super-Io, secondo le quali è sbagliato molestare ed uccidere, e che riesce ad affrontare la realtà poiché accetta positivamente la natura animale (rappresentata dalle formiche, anatre e api), ossia l‟inconscio. Solo l‟equilibrio fra le tre istanze della personalità, simboleggiato dalla riuscita nelle tre imprese, consente al giovane di ottenere la regalità, ossia un traguardo che, come nota Bettelheim, nel linguaggio fiabesco significa il divenire padrone del proprio destino.

Nella seconda fiaba in questione, Fratellino e sorellina, due bambini fuggono di casa per sottrarsi ai maltrattamenti subiti da parte della matrigna e giunti nel bosco si addormentano al calare del giorno, all‟interno di un albero cavo. Il mattino seguente riprendono il cammino, alla ricerca di acqua che possa soddisfare la sete del fratellino; trovata una sorgente, il bambino vi si avvicina, ma viene bloccato dalla sorella, la quale sente la fonte mormorare che chiunque vi beva si trasformerà in una tigre. Giunti ad una seconda sorgente si ripete la stessa scena: questa volta il rischio è una trasformazione in lupo. Alla terza fonte, però, il bambino non riesce a resistere alla sete e si china a bere, senza dare ascolto all‟ammonimento della sorella: così, si trasforma in un capriolo. Tutto ciò è dovuto al sortilegio della matrigna-strega, di cui i bambini non sono consapevoli. La sorella, cinto il collo dell‟animale con la propria giarrettiera d‟oro, lo assicura che non si sarebbero separati e che si sarebbe presa cura di lui. Giunti dinnanzi ad una casetta disabitata, i due vi trovano riparo e vi abitano a lungo in tranquillità, sino al primo giorno della battuta di caccia organizzata dal re. Al risuonare dei corni, all‟abbaiare dei cani e alle grida dei cacciatori, il cerbiatto diviene impaziente e chiede alla sorella di poter prendere parte alla caccia, sino a che costei acconsente. Quel giorno tutto va bene, e il capriolo fa ritorno alla sera

- 51 -

presso la casetta; la giornata successiva l‟animale esce nuovamente, ma stavolta rientra ferito lievemente, dopo essere stato accerchiato da alcuni cacciatori. Uno di loro riferisce al sovrano di aver visto un capriolo con un collare d‟oro giungere alla porta di una casetta nel bosco e chiedere di poter entrare. Il re ordina che l‟indomani il cerbiatto sia inseguito, senza ferirlo; si apre così la terza giornata di caccia e al tramonto il sovrano si fa condurre dal cacciatore alla casetta. Aprendo la porta alla richiesta di entrare, la giovane trova davanti a sé il re, il quale, affascinato dalla sua bellezza, le chiede di sposarlo. Ella acconsente, a patto che il capriolo viva assieme a loro; per molto tempo i tre vivono serenamente a palazzo, fino al giorno in cui la regina partorisce un figlio, mentre il re è a caccia: la matrigna, venuta a conoscenza della sorte grandiosa toccata ai figliastri, si intrufola nel castello come dama di corte e invita la regina a riprendersi dai dolori del parto con un bagno caldo, ma in tale modo ne causa la morte. A questo punto, la matrigna fa sì che la propria figlia prenda le sembianze e il posto della regina, riuscendo ad ingannare il sovrano. A mezzanotte, per un po‟ di tempo, la vera regina riappare per allattare il figlio e poi riscompare. La bambinaia assiste ciascuna volta all‟apparizione, ma non osa riferirlo a nessuno; si decide ad avvisare il re solamente quando ella si ripresenta dicendo: “Che fa il mio bimbo? Che fa il mio capriolo? Verrò due volte ancora, e poi non verrò più”71

. Informato della situazione, la notte seguente il re si reca nella camera del figlio e assiste all‟apparire della regina, la quale porge le stesse domande e dichiara di tornare ancora una volta. Alla terza ed ultima apparizione, il re chiama la sua sposa, che in quel momento torna in vita e rivela l‟imbroglio della matrigna. Quest‟ultima e la finta regina vengono punite per le loro malefatte: la strega viene arsa nel fuoco

71

- 52 -

e la figlia sbranata dalle bestie feroci. Con l‟annientamento della matrigna, si spezza anche la stregoneria subita dal capriolo, che riacquista la forma umana: fratello e sorella possono finalmente ricongiungersi e vivere in felicità.

A proposito di questa fiaba, Bettelheim sottolinea come la contrapposizione fra il fratello-animale e la sorella-umana costituisca un‟immagine efficace nell‟esprimere la duplicità della natura dell‟uomo e la contraddittorietà fra le sue propensioni. La tendenza istintuale e l‟aspetto razionale devono essere integrate, affinché la felicità possa concretizzarsi. Riconoscendo l‟apporto che fiabe di questo tipo possano offrire al bambino nella comprensione di tale messaggio, Bettelheim scrive:

La constatazione che una certa cosa suscita in lui contemporaneamente due sensazioni diverse – per esempio quando il bambino vuole afferrare avidamente un biscotto ma vuole ubbidire a sua madre, che gli ha ordinato di non farlo – confonde il bambino. La comprensione di questa dualità richiede una percezione dei processi interiori che è facilitata dalle fiabe che descrivono la duplicità della nostra natura. Queste fiabe iniziano con un‟originaria mancanza di differenziazione tra i due fratelli: essi vivono assieme e provano gli stessi sentimenti; insomma, sono inseparabili. Ma poi, a un certo punto del processo di crescita, uno di loro comincia a vivere un‟esistenza animale, e l‟altro no. Alla fine della storia l‟animale riprende la forma umana; i due fratelli si ricongiungono, per non separarsi mai più. È questo il modo simbolico della fiaba di esprimere gli elementi essenziali dello sviluppo della personalità umana: in un primo tempo la personalità del bambino è indifferenziata; poi dallo stadio indifferenziato si sviluppano l‟Es, l‟Io e il Super-io. In un processo di maturazione essi devono essere integrati, nonostante tensioni contrarie.72

Nella fiaba Fratellino e Sorellina il processo di integrazione psichica è rappresentato come un percorso difficile, che prende l‟avvio dall‟abbandono della casa, perché solo staccandosi dall‟ambiente familiare e accettando di imbattersi nei possibili rischi del mondo esterno si può forgiare l‟identità personale ed autorealizzarsi. Rinunciare al precedente sistema di vita per addentrarsi in uno

72

- 53 -

nuovo può esporre il soggetto al rischio della disintegrazione psichica: secondo Bettelheim la fiaba mette in guardia da tale pericolo presentando l‟abbandono della casa parentale e la creazione di una nuova famiglia come momenti critici, nel primo dei quali viene colpito il fratello, trasformato in animale, e nel secondo caso è la sorella a venire travolta ed uccisa.

Fino a che le divergenti tendenze interiori vengono rappresentate in due personaggi contrapposti, ossia il fratello-cervo e la sorella-umana, non vi è integrazione: fino a quando le tre componenti psichiche non sono in equilibrio fra loro può verificarsi facilmente che una predomini, gettando il soggetto in una