Capitolo 2. Il mondo incantato di Bruno Bettelheim: il contributo delle fiabe all’infanzia
2.5 Il materiale fantastico delle fiabe come guida nel processo di crescita
Bettelheim riconosce la rilevanza della fantasia come fondamentale sostegno alla capacità di affrontare la vita e le sue avversità e sostiene che essa debba essere alimentata proprio a partire dall‟infanzia. Lo psicoanalista spiega che il modo in cui i bambini pensano consiste nell‟intessere fantasie attorno ai problemi che tentano di comprendere: poiché elaborano pensieri fantastici, una prospettiva razionale non sarebbe loro di alcun aiuto e rischierebbe di impoverirne le facoltà immaginative. Tutt‟altro che limitata, la loro immaginazione dovrebbe essere stimolata: in questo senso, di notevole ausilio è il ruolo delle narrazioni fiabesche nel presentare in modo fantastico e simbolico situazioni che i bambini vivono a livello emotivo. Essi possono affidarsi alle scene ed alle immagini delle fiabe per elaborare fantasticamente ciò che difficilmente riuscirebbero da soli ad esprimere con la propria immaginazione e trovarvi le indicazioni da seguire per risolvere le angosce e i conflitti interiori che li agitano. Fantasticando su elementi narrativi in risposta a pressioni interiori, il bambino “adegua un contenuto inconscio a fantasie consce, che poi gli permettono di prendere in considerazione tale contenuto. È qui che le fiabe hanno un valore senza pari: offrono nuove dimensioni all‟immaginazione del bambino, dimensioni che egli sarebbe nell‟impossibilità di scoprire se fosse lasciato completamente a se stesso”91
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Per sottolineare la possibilità di accrescimento delle fantasie infantili che è garantita dalle fiabe, Bettelheim scrive:
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Noi incoraggiamo le fantasie dei nostri bambini; gli diciamo di dipingere quello che vogliono, o d‟inventare delle storie. Ma privato del nostro comune retaggio fantastico, cioè della fiaba popolare, il bambino non può inventare da solo storie che l‟aiutino ad affrontare i problemi della vita. Tutte le storie che può inventare sono semplicemente espressioni dei suoi desideri e delle sue ansie. Affidandosi alle proprie risorse, tutt‟al più il bambino può immaginare elaborazioni della sua situazione presente, dato che non può sapere quale direzione deve prendere, né come deve comportarsi durante il suo viaggio. È qui che la fiaba fornisce al bambino ciò di cui ha maggiormente bisogno: essa inizia esattamente dove il bambino si trova dal punto di vista emotivo, gli mostra dove deve andare, e come deve procedere. Ma la fiaba ottiene questo scopo per via indiretta, sotto forma di materiale fantastico da cui il bambino può attingere quanto gli sembra meglio, e mediante immagini che gli facilitano la comprensione di quanto è essenziale che capisca.92
Bettelheim evidenzia che tali narrazioni, proprio in virtù del carattere fantastico attraverso il quale rappresentano risoluzioni dei conflitti edipici e dispiegano trame in direzione della realizzazione dell‟autonomia individuale, evocano nei propri fruitori il compiersi di un processo di crescita e maturazione personale. Il motivo per cui le fiabe riescono a fare presa e svolgere efficacemente questo ruolo di guida nell‟infanzia non consiste semplicemente nella possibile conformità delle loro immagini con le situazioni interiori, quanto piuttosto nel fatto che “nonostante tutti gl‟iracondi e ansiosi pensieri concepiti dalla sua mente a cui la fiaba dà corpo e contenuto specifico – queste storie hanno sempre un esito felice, che il bambino non può immaginare da solo”93. Quando il fanciullo avverte come una sconfitta la sua incapacità di affrontare delle avversità – egli, nota Bettelheim, si sente spesso un inetto, un “sempliciotto” – può trovare rassicurazione nel lieto fine delle fiabe: poiché le peripezie del protagonista si concludono in modo positivo, tali racconti possono infondere la speranza di vittorie future, così da rendere tollerabili le situazioni problematiche del presente. Il trionfo dell‟eroe fiabesco comporta spesso la conquista di un regno, nella quale Bettelheim legge il
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Ivi, p 120.
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conseguimento dell‟autonomia e della padronanza di se stessi, come riscatto dall‟iniziale inettitudine:
Alla fine della storia l‟eroe ha superato tutte le prove e malgrado ciò è rimasto fedele a se stesso, o attraversandole ha raggiunto la sua autentica individualità. È diventato un autocrate nel miglior senso della parola: un padrone di se stesso, una persona veramente autonoma, non una persona che comanda sugli altri. Nelle fiabe, diversamente dai miti, la vittoria non è sugli altri ma soltanto su se stessi e sulla malvagità (soprattutto la propria, che è proiettata sotto forma dell‟antagonista dell‟eroe). Se ci viene detto qualcosa circa il regno di questi re e regine, è che fu saggio e pacifico, e che essi vissero felici. È in questo che la maturità dovrebbe consistere: nella capacità di governare se stessi con saggezza, e di conseguenza di vivere felici.94
Per Bettelheim il bambino, a qualsiasi età, è in grado di cogliere che dietro la conquista della regalità si cela questo significato di maturazione personale: in tal modo le fiabe possono essere considerate uno strumento capace di indirizzare il soggetto a maturare, ossia ad uscire dalla condizione infantile della dipendenza per divenire, in futuro, il sovrano di se stesso – non a caso, il capitolo del libro in cui vengono condotte tali riflessioni è intitolato Il superamento dell‟infanzia con
l‟aiuto della fantasia. Inoltre, già nell‟Introduzione Bettelheim afferma:
Questo libro cerca di mostrare come le fiabe rappresentino in forma fantastica in cosa consiste il processo del sano sviluppo umano, e come esse rendano attraente per il bambino questa esperienza di sviluppo. Questo processo inizia con la resistenza ai genitori e con la paura di crescere, e termina quando il giovane ha realmente trovato se stesso, ha raggiunto l‟indipendenza psicologica e la maturità morale e non vede più l‟altro sesso come minaccioso o demoniaco, ma è capace di entrare positivamente in relazione con esso.95
Il raggiungimento della maturità presuppone, per l‟appunto, anche il superamento del conflitto edipico infantile, che le fiabe rappresentano tramite il matrimonio
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Ivi, p 126.
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con un partner coetaneo, unione che solitamente sancisce la successione al trono: l‟attaccamento che legava il protagonista alla figura genitoriale viene sostituito con una relazione più adeguata – in grado di sopperire ad un rapporto insoddisfacente con il genitore, come quello, ricordato da Bettelheim, di Cenerentola con un padre debole – da cui scaturisce la felicità. Secondo lo psicoanalista, le fiabe suggeriscono ai bambini che la maturità sessuale e morale dell‟individuo – e quindi la soluzione della conflittualità edipica e il raggiungimento dell‟integrazione psichica e dell‟indipendenza – sono incoraggiate dagli stessi genitori. A questo proposito, Bettelheim cita come esempio la fiaba grimmiana Le tre piume, nella quale un sovrano, ormai vecchio e debole, decide di affidare la successione del regno a colui fra i suoi tre figli che sappia distinguersi e rivelarsi degno di una tale carica: inizialmente richiede di portare il tappeto più sottile, poi l‟anello migliore ed infine di condurre a palazzo la donna più bella. In tutti i casi, è il figlio minore a superare le prove nel miglior modo ed ereditare la posizione regale. In riferimento a tale fiaba, Bettelheim scrive:
Questa storia dice molto chiaramente che la conquista del regno equivale al raggiungimento della maturità morale e sessuale. Dapprima viene imposto all‟eroe un compito che egli deve svolgere per poter ereditare il regno. Quando l‟eroe ci riesce, ciò non si rivela sufficiente. Lo stesso avviene la seconda volta. Il terzo compito è quello di trovare e di portare a casa la sposa adatta; quando l‟eroe riesce in quest‟impresa, il regno è finalmente suo. Così, lungi dal proiettare la gelosia del figlio per il padre, o il risentimento del padre per le conquiste sessuali di suo figlio, la fiaba dice il contrario: quando il figlio ha raggiunto la giusta età e la maturità, il genitore vuole che egli entri in possesso di ciò che gli spetta anche sessualmente; in effetti, accetterà suo figlio come un degno successore soltanto dopo che egli avrà ottenuto questo.
[…] la fiaba promette il massimo premio possibile - una vita felice e il regno – al figlio che attraverso le sue lotte ha trovato la giusta soluzione ai suoi conflitti edipici: quella di trasferire il proprio amore per la madre a una partner adeguata alla sua età, e di riconoscere che il padre, (lungi
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dall‟essere un minaccioso rivale) è in realtà un protettore benevolo che approva suo figlio per essersi realizzato come adulto.96
Secondo Bettelheim, soltanto nel patrimonio fiabesco – principalmente della tradizione popolare – i bambini possono trovare il giusto sostegno fantastico per affrontare con atteggiamento fiducioso le future sfide della vita, senza illudersi che gli avvenimenti narrati siano eventi effettivamente reali. I bambini stessi riescono a comprendere che le vicende fiabesche si sviluppano in un‟ambientazione incantata, in un paese che può essere perlustrato solamente con la mente, eppure è proprio l‟esplorazione immaginaria che contribuisce ad un arricchimento personale. Per Bettelheim, mentre storie di stampo realistico possono consentire di sfuggire solo momentaneamente alla pressione di problemi e conflitti interiori e non aggiungono nulla al livello immaginativo già raggiunto dal soggetto, le fiabe – la cui trama “promette il tipo di trionfo che il bambino desidera, e quindi è psicologicamente convincente come nessuna storia realistica può essere”97 – danno spazio alle fantasie infantili e, proiettandole su personaggi e situazioni inventate, ne permettono il pieno soddisfacimento, difficilmente realizzabile nella realtà. Per chiarire il concetto, Bettelheim fa l‟esempio delle fantasie vendicative che possono sorgere nella fase post-edipica, una volta che il bambino si sente meno dipendente dalla figura genitoriale, sottolineando il diverso effetto che narrazioni realistiche o fiabesche possono suscitare nel soggetto:
Una storia che incoraggi questa fantasia di concreta vendetta acuisce sia il senso di colpa, sia l‟ansia, e tutto quello che il bambino può fare da solo è reprimere tali idee. Spesso il risultato di
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Ivi, p 127.
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simile repressione è che una dozzina di anni dopo l‟adolescente sfoga nella realtà queste fantasie infantili di vendetta.
Il bambino non ha bisogno di reprimere tali fantasie: al contrario, può goderne nel modo più pieno, se è accortamente guidato a rivolgerle verso un oggetto che sia abbastanza vicino al vero genitore, ma chiaramente non il suo genitore. Quale oggetto più idoneo per pensieri di vendetta della persona che ha usurpato il posto del genitore: la matrigna o il patrigno della fiaba? Se si dà libero corso a feroci fantasie di vendetta contro questo malvagio usurpatore, non c‟è motivo di nutrire sensi di colpa né di temere rappresaglie, perché è chiaro che questa figura se lo merita.98
Nella narrazione fantastica delle avventure dell‟eroe il bambino può cogliere insegnamenti utili ai fini del proprio avvenire e della costruzione della propria maturazione: “che bisogna partire da casa per trovare il proprio regno; che esso non può essere conquistato immediatamente; che è necessario affrontare dei rischi, sostenere delle prove; che l‟impresa non può essere compiuta unicamente con le proprie forze ma è necessario l‟aiuto di altri; che per assicurarsi il loro aiuto è necessario soddisfare alcune delle loro richieste”99
, come riconosce Bettelheim.