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Le fiabe nella psicoanalisi infantile post freudiana

Capitolo 3. Le fiabe in psicoanalisi e nella psicologia analitica

3.5 Le fiabe nella psicoanalisi infantile post freudiana

Il contesto fiabesco, per il suo insieme di personaggi fantastici, rivela una notevole sintonia con il mondo interno, così come concepito dalla psicoanalista unghere-austriaca-britannica Melanie Klein (1882-1960), figura di spicco nella psicoanalisi infantile post-freudiana.

Nella prospettiva kleiniana – una delle principali teorie delle relazioni oggettuali – la mente è concepita come un contenitore di oggetti248, i quali sin dall‟infanzia animano la vita psichica dell‟individuo. Essi consistono in parti corporee o intere figure dei genitori che vengono introiettate: questi oggetti interni non sono copie del reale, bensì rappresentazioni modellate a livello fantasmatico (ossia della fantasia), con cui il bambino entra in relazione e si identifica. La costruzione di un mondo interno popolato di oggetti prende l‟avvio dall‟introiezione del seno materno, che è il primo oggetto di relazione per il neonato in quanto è su di esso che sono dirette le prime pulsioni, quelle orali; ciò avviene nel corso della

247

Ivi, p 206.

248 Si parla di oggetti sia in senso pulsionale (come fa Freud) sia in senso psicologico (ossia come oggetti di

dipendenza, amore, odio…). Scrive Hanna Segal a questo riguardo: “L‟oggetto stesso, nella mente dell‟infante, assume aspetti psicologici, assume una personalità; e questo è vero per gli oggetti parziali come per le persone: gli uni e le altre possono essere percepiti come amanti, odianti, voraci, invidiosi ecc.” (H. Segal, Melanie Klein, Boringhieri, Torino, 1981, p 45).

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cosiddetta “posizione schizo-paranoide”, che si articola nei primi tre o quattro mesi di vita.249 Poiché per Klein le pulsioni freudiane di vita e di morte sono operanti sin dall‟inizio dell‟esistenza, la loro dualità si riversa sul seno stesso: esso è sia amato che odiato. In tal modo, il bambino si trova in una situazione di ambivalenza che genera angoscia, dalla quale si difende tramite il meccanismo della scissione dell‟oggetto in “buono” e “cattivo”250

. Il seno buono è quello che nutre, il seno cattivo è quello che non offre nutrimento, ritraendosi o rifiutandosi: il primo è assunto come modello di gratificazione, mentre il secondo di persecuzione. Spiega Klein, per l‟appunto:

Nello stadio della posizione schizo-paranoide – ossia nei primi tre o quattro mesi di vita – i processi di scissione del primo oggetto (il seno) e quella dei sentimenti nei suoi confronti, attingono il loro culmine. Allora l‟odio e l‟angoscia persecutoria vengono fissati al seno che frustra (cattivo) e l‟amore e la rassicurazione al seno soddisfacitorio (buono).251

Tutti gli oggetti con cui l‟infante entra in relazione – dapprima parziali e in seguito totali252 – vengono scissi allo stesso modo e sono interessati dalle stesse dinamiche: si ha la proiezione sull‟oggetto buono dell‟amore del bambino, mentre su quello cattivo della sua aggressività e l‟introiezione dell‟amore da parte

249

Secondo Klein lo sviluppo individuale si articola in: posizione schizo-paranoide (0 - 3/4 mesi) e posizione depressiva (4 mesi - 1 anno). Ella adotta il termine “posizione” al posto di “stadio” o “fase” per indicare uno stato di organizzazione dell‟Io rispetto alle relazioni con gli oggetti, alla caratterizzazione dell‟angoscia e alle difese attivate per controllarla. Sebbene le posizioni sia collocate temporalmente e lo sviluppo preveda la loro successione (poiché non c‟è posizione depressiva se non dopo i 3-4 mesi, ossia dopo quella schizo- paranoide), l‟oscillazione dall‟una all‟altra può ripresentarsi nel corso dell‟esistenza.

250

Come nota Galimberti si tratta di “aggettivi che la Klein scrive quasi sempre tra virgolette per indicare il carattere fantasmatico di queste due qualità che, trattate come oggetti reali, hanno poteri l‟uno rassicurante l‟altro persecutorio”. (U. Galimberti, Enciclopedia di psicologia, Garzanti, Torino, 1999, p 583)

251

M. Klein, “Sulla teoria dell‟angoscia e del senso di colpa”, in Scritti, Boringhieri, Torino, 1994, p 445. Klein precisa che i processi di scissione sono transitori già nella prima infanzia, in una situazione non patologica: “[…] sin dall‟inizio della vita l‟Io tende alla propria integrazione, che è contemporaneamente sintesi dei diversi aspetti dell‟oggetto. (Questa tendenza si può considerare un‟espressione della pulsione di vita). Perfino nei lattanti più piccoli compaiono stati transitori d‟integrazione - che si fanno più frequenti e duraturi con il progredire dello sviluppo – nei quali la scissione fra seno buono e cattivo è meno marcata” (Ibidem).

252

Gli oggetti sono definiti parziali quando il bambino li percepisce come prolungamenti di sé e sono parti del corpo della madre, quale il seno; sono definiti totali quando sono separati e indipendenti dalla percezione che il bambino ha di sé, come la madre nella sua interezza.

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dell‟oggetto “buono” e della persecuzione da parte di quello “cattivo”, amore e persecuzione che il soggetto recepisce come rivolti verso se stesso. Il meccanismo difensivo della scissione è rivolto anche all‟Io del bambino: da un lato vi è un Io “buono” che cerca di difendersi dall‟angoscia provocatagli dall‟oggetto “cattivo” e dall‟altra un Io “cattivo” che tenta di indirizzare la propria aggressività sull‟oggetto “buono”. Questo avviene perché il neonato, che vive la relazione oggettuale a livello di fantasia inconscia (ossia come se l‟interazione si svolga al suo interno), finisce con l‟identificarsi con l‟oggetto stesso, scisso in buono e cattivo.

Possiamo constatare che la scissione che secondo Klein interessa l‟infante nei primi mesi di vita – e che può lasciare delle tracce anche nell‟adulto, in particolar modo in alcuni casi patologici – si manifesta nel contesto fiabesco tramite l‟opposizione di figure contrastanti, una benevola e l‟altra maligna253

, in uno scenario di personaggi antitetici che, come abbiamo visto, Bettelheim sostiene essere un elemento fondamentale della fiaba e un ausilio per il bambino nella possibilità di fronteggiare il caos della realtà e mettervi ordine. Dobbiamo rilevare, però, che nonostante Bettelheim riconosca la tendenza infantile a scindere i genitori in due immagini, una buona e l‟altra minacciosa, e metta in rilievo il supporto offerto dalla fiaba in tale contesto (ossia, in quanto proiezione sul piano fantastico di una realtà interiore), all‟interno de Il mondo incantato (1976) non fa mai un riferimento esplicito alla teorizzazione di Melanie Klein254,

253

La tematica della scissione nelle fiabe è trattata anche nel paragrafo “5.5 Simboli e archetipi nelle fiabe” della presente tesi.

254

Bettelheim si dedica all‟argomento nel paragrafo “La fantasia della matrigna cattiva”, partendo dalla fiaba

Cappuccetto Rosso, dove la nonna è sostituita dal feroce lupo: la sostituzione che avviene nel racconto

riflette lo stesso tipo di trasformazione che il bambino percepisce avvenire nell‟amabile nonna quando ella, all‟improvviso, cambia atteggiamento e lo rimprovera severamente per qualcosa. Bettelheim scrive, per l‟appunto: “Per il bambino, la nonna non è più la stessa persona che era appena un momento prima; è diventata un‟orchessa. […] Incapace di ravvisare una qualsiasi coerenza fra queste diverse manifestazioni, il bambino in realtà percepisce la nonna come due entità distinte: quella amorevole e quella minacciosa. Essa è

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mentre non manca di citare il contributo dato da Freud, con il concetto di “romanzo familiare”, all‟idealizzazione dei genitori attuata nell‟infanzia.

La tematica della scissione è ripresa dallo studioso e scrittore britannico Nicholas Tucker in The Child and the Book (Il bambino e il libro), testo del 1982 in cui la psicoanalista è, invece, espressamente citata e dove si legge:

[…] il bambino imparerà ad accettare il fatto che lo stesso genitore – o la stessa persona – possono sia dare che negare, oppure, nella fraseologia di Melanie Klein, può essere un oggetto sia buono che pericoloso; ma prima di raggiungere questo stadio, gli stati d‟animo del bambino possono andare da un grande affetto ad un sentimento ugualmente definito. Nella sua immaginazione, tuttavia, gli estremi di questi sbalzi d‟umore possono essere rappresentati dalla spaccatura delle figure genitoriali in oggetti di fantasia sia buoni che cattivi. In questo modo, una tal figura può essere amata ed ammirata e l‟altra detestata e temuta, senza che il bambino debba risolvere i problemi intellettuali ed emozionali dovuti al fatto che entrambe le figure simboleggiano aspetti diversi della stessa persona. Da qui l‟abituale accoppiamento degli estremi nell‟immaginazione e nelle favole: la principessa idealizzata e la strega spaventosa; il papà tenero e l‟orco selvaggio; il lupo cattivo e il taglialegna benevolo. Grazie a questa spaccatura, sostiene la Klein, l‟immagine infantile della “buona madre”, necessaria alla sicurezza psicologica del bambino, non è affatto spaventosa, in quanto tutte le impressioni negative di lei possono essere proiettate sulla figura odiosa ma alquanto comoda del furfante, spesso presente negli incubi infantili.255

in effetti la nonna e il lupo. Sdoppiandola, per così dire, il bambino può preservare la sua immagine della nonna buona. […] Lungi dall‟essere un espediente usato soltanto nelle fiabe, questo scindere una persona in due per mantenere incontaminata l‟immagine buona è impiegato da tutti i bambini come un sistema per risolvere una relazione troppo difficile da intrattenere o comprendere. […] La maggior parte dei bambini non sanno trovare la loro soluzione al problema apparentemente senza via d‟uscita posto da una madre che si trasforma improvvisamente in un „sosia impostore‟. Le fiabe, dove figurano fate buone che compaiono all‟improvviso e aiutano il bambino a trovare la felicità a dispetto di questo „impostore‟ o di questa „matrigna‟ consentono al bambino di non essere distrutto dall‟„impostore‟.” (B. Bettelheim, Il mondo incantato, cit., pp 67-69). Da qui, Bettelheim intreccia il discorso sulla scissione con il concetto psicoanalitico del romanzo familiare – per la cui trattazione rimando al paragrafo “3.2 La vita fantastica di primitivi, bambini e nevrotici a confronto” della tesi – e arriva ad affermare: “[…] il tipico espediente delle fiabe di scindere la madre in una buona madre (in genere defunta) e in una cattiva matrigna svolge un buon servizio per il bambino. Esso non è soltanto un sistema per conservare una madre interiore dall‟infinita bontà quando la vera madre non è infinitamente buona, ma permette anche di avercela con questa cattiva „matrigna‟ senza rischiare di alienarsi le buone grazie della vera madre, che è vista come una persona diversa. In questo modo la fiaba suggerisce come il bambino può controllare i sentimenti contraddittori che altrimenti sopraffarebbero a questo stadio della sua appena nascente capacità d‟integrare emozioni contraddittorie. La fantasia della cattiva matrigna non solo preserva intatta la buona madre ma fa anche sì che il bambino non sia costretto, per averle rivolto pensieri e desideri ispirati alla collera, a provare un senso di colpa che comprometterebbe gravemente i suoi rapporti con la mamma”. (Ivi, p 70).

255

N. Tucker, Il bambino e il libro: un‟esplorazione psicologica e letteraria, Armando Editore, Roma, 1996, p 94.

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Un‟altra concordanza delle fiabe con il mondo interno infantile kleiniano concerne l‟elemento dell‟aggressività. Tramite l‟analisi, Klein riscontra nei bambini la presenza di un‟innata tendenza aggressiva. Riprendendo la teoria freudiana dello sviluppo psicosessuale, ella sostiene che nel periodo pregenitale dello sviluppo il bambino sia dominato da impulsi sadici: Klein specifica che questi vengono soddisfatti tramite fantasie aggressive rivolte contro il corpo materno, le quali nella fase orale assumono un carattere cannibalico (il soggetto fantastica di divorare il seno o l‟intera madre) e in quelle anale ed uretrale – quest‟ultima è un‟aggiunta rispetto alla teorizzazione di Freud – consistono nell‟espulsione degli escrementi, che “sono visti come sostanze che bruciano e corrodono, come belve feroci, come armi di vario tipo”256 (gli atti escretori simboleggiano forme di violenza indirizzate al corpo della madre e al suo interno). Klein constata il manifestarsi della tendenza aggressiva infantile nell‟attività ludica e a tal proposito scrive:

L‟analisi del gioco mostra che quando le pulsioni aggressive e l‟angoscia del bambino sono al loro culmine, egli non si stanca mai di strappare, fare a pezzi, rompere, bagnare e o dar fuoco ad ogni sorta di oggetti – carta, fiammiferi, scatolette, giocattolini – che rappresentano i suoi genitori, i suoi fratelli e sorelle, il corpo e il seno materno […].257

Si può constatare che queste attività sono simili alle azioni ed intenzioni minacciose dei personaggi malvagi delle fiabe: in questi racconti il bambino può trovare la proiezione della propria stessa aggressività, compiendo quella trasposizione fantastica di cui Bettelheim ha sottolineato la rilevanza in Il mondo

256 M. Klein, “Il primo sviluppo della coscienza morale nel bambino” in Scritti, cit., p 288. Klein spiega

anche che secondo le prime teorie sessuali infantili mediante l‟atto della copulazione la madre incorpora molti peni e bambini, che l‟infante desidera divorare e distruggere.

257

M. Klein, “La coscienza morale del bambino” in Scritti, cit., p 289. Questa citazione si trova pressoché identifica in M. Klein, “Criminalità” in Scritti, cit., p 294.

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incantato. Inoltre, proprio mediante questa proiezione delle tendenze aggressive

infantili sulle figure maligne, le quali subiscono una sconfitta da parte del protagonista buono, a mio avviso possiamo scorgere nelle fiabe la possibilità di offrire soluzioni di riparazione, andando incontro a quelle stesse esigenze che Klein descrive nel bambino: per l‟appunto, ella ritiene che, nel normale processo di sviluppo, l‟aggressività finisca con il suscitare nell‟infante, oltre all‟angoscia, un senso di colpa tale da spingerlo a provare il desiderio di riparare alle aggressioni fantasticate. La psicoanalista scrive a tal proposito:

Una conseguenza necessaria dell‟angoscia, del senso di colpa e dei sentimenti depressivi è il pressante bisogno di riparare. Sotto l‟oppressione del senso di colpa il bambino è spinto ad annullare l‟effetto dei suoi impulsi sadici con un diverso impiego della libido. I sentimenti d‟amore, che coesistono con gli impulsi aggressivi, vengono allora rafforzati dalla spinta a riparare. Le fantasie di riparazione vengono a configurarsi, spesso nei più minuti particolari, in modo diametralmente opposto alle fantasie sadiche, e al sentimento di onnipotenza sadica fa riscontro il sentimento di onnipotenza riparatrice.258

Come Klein nota, alla base della derivazione delle tendenze riparatrici al danno immaginario – e dei conseguenti desideri di aiutare gli altri – dal senso di colpa, sta la concezione dell‟onnipotenza del pensiero259

, per mezzo della quale le aggressioni fantasticate vengono confuse con quelle reali. L‟esigenza della riparazione sorge nella “posizione depressiva”, che si costituisce verso il quarto mese ed è superata entro il primo anno, anche se può ripresentarsi successivamente come depressione patologica: in questa posizione, la scissione dell‟oggetto fra buono e cattivo si attenua e i sentimenti contraddittori di amore ed

258

M. Klein, “Complesso edipico e angosce primitive” in Scritti, cit., p 398.

259 L‟onnipotenza dei pensieri è un concetto elaborato da S. Freud, il quale riconosce questa caratteristica nei

bambini, nei primitivi e nei nevrotici. Tale atteggiamento psichico consiste nel sentire di avere il controllo sulla realtà tramite i propri desideri ed è il principio che sorregge il pensiero magico-animistico. Si veda a questo proposito la sezione “Animismo, magia e onnipotenza dei pensieri” di Totem e tabù, a cui si fa riferimento in questa tesi nel paragrafo “2.2 La vita fantastica di primitivi, bambini e nevrotici a confronto”.

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odio avvertiti in relazione ad esso vengono riconosciuti dal bambino come effettive parti di sé; a questo punto il soggetto sperimenta un nuovo tipo di angoscia, legata alla sensazione di poter essere la causa di distruzione dell‟oggetto (la madre percepita nella sua totalità), in virtù del proprio sadismo. L‟angoscia depressiva, che getta il bambino nella sofferenza delle esperienze fantasticate del danneggiamento e della perdita della madre, dalle quali deriva il senso di colpa, viene superata con l‟avvio del processo di riparazione: è la vittoria della pulsione di vita, in quanto l‟amore per l‟oggetto potrà ricostituirlo, così come prima l‟impulso distruttivo lo aveva annientato. “Al riguardo i sentimenti (la fantasia) del lattante potrebbero essere così riferiti: „Mia madre sta per scomparire, forse non tornerà mai più, è morente, è morta. No, questo non potrà essere, perché io posso farla rivivere‟.”260

, spiega Klein.

Le sue concezioni vengono riprese da Géza Róheim negli studi sulla mitologia delle popolazioni selvagge: nel caso degli aborigeni australiani egli riscontra la presenza di credenze incentrate sulle figure di “demoni-bambini” o “demoni- giganti” il cui significato psicologico può essere compreso alla luce della teoria di Melanie Klein sulle fantasie ed angosce infantili. In Gli eterni del sogno (1945) si legge, infatti:

Un demonio divora gli organi vitali degli esseri umani; penetra nelle loro viscere e ne provoca la morte. Spesso il demonio è un fanciullo, un fanciullo mostruoso; oppure un gigante. […]

Melanie Klein e i suoi discepoli hanno messo in luce un sistema assai arcaico di fantasie e di angosce. Il bambino desidera penetrare entro il corpo della madre e di distruggere ivi quelli che immagina essere i suoi contenuti, lacerandoli e divorandoli. Ma poiché il bambino si identifica anche con la madre, le sue angosce derivano da fantasie aggressive, nel senso che si vede minacciato, secondo la legge del taglione, da una punizione per le sue fantasie distruttive. Gli adulti temono il demonio-fanciullo poiché essi stessi sono stati demoni-fanciulli nella propria infanzia, oppure paventano il gigante-demonio a causa dell‟angoscia infantile di subire

260

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rappresaglie da parte degli adulti „giganteschi‟. L‟esistenza dei demoni è anche strettamente connessa con la precoce distinzione fra oggetti „buoni‟ e „cattivi‟. Dal punto di vista del lattante, il capezzolo materno è un oggetto „buono‟ quando è presente, ma, se assente, diviene il prototipo di tutti gli oggetti „cattivi‟.261

Anche il bisogno riparatorio analizzato e descritto da Klein viene individuato da Róheim presso la popolazione aborigena australiana, precisamente alla base della concezione della malattia e della funzione guaritrice dello stregone. Egli spiega che la malattia è determinata dall‟aver introiettato oggetti cattivi – che nella credenza australiana corrispondono a pietre o serpenti invisibili introdotti nel corpo da stregoni malvagi o demoni – e consisterebbe in una punizione per le precedenti fantasie di distruzione rivolte sul corpo materno. La cura delle malattie è affidata allo stregone, il quale è stato iniziato a tale ruolo proprio dopo aver subito la punizione per le personali fantasie aggressive, ossia per mezzo della rimozione degli intestini e l‟introduzione di nuovi oggetti invisibili (pietre, serpenti, ossa); l‟asportazione e la sostituzione pongono tale figura nella posizione di poter riparare alle proprie fantasie distruttive, estendendo la facoltà della riparazione dal proprio corpo a quello dei pazienti in cura. “Nel guarire i pazienti lo stregone guarisce se stesso, mediante una serie ininterrotta di atti riparatori”262, scrive appunto Róheim.

Volgendo lo sguardo verso le fiabe, possiamo trovare anche in queste narrazioni alcuni casi di distruzione corporea, persino dai tratti cannibalici, che appaiono affini alle fantasie infantili. Ne abbiamo un esempio nella versione grimmiana di

Biancaneve, dove la regina, infastidita dalla superiore bellezza della figliastra, non

si limita a desiderarne la morte: ella ordina al cacciatore di farsi portare il fegato e i polmoni di Biancaneve come prova della sua uccisione e quando costui fa

261

G. Róheim, Gli eterni del sogno, cit., p 284.

262

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ritorno con gli organi richiesti – che, in realtà, appartengono ad un cinghiale, poiché l‟uomo risparmia la vita alla giovane – la matrigna li mangia. Si hanno simili elementi distruttivi e cannibalici anche nella versione di Perrault de La bella

addormentata nel bosco: nella seconda parte di questa storia, viene narrato che la

madre del principe – colui che risveglia e sposa la principessa addormentata, dalla cui unione nascono due figli, Aurora e Giorno – discende da una famiglia di orchi divoratori di bambini. Costei viene a conoscenza solo in un secondo momento della famiglia del figlio, ormai divenuto re, ed a quel punto decide di sterminarla: in sua assenza, l‟orchessa ordina al cuoco di servirle per cena dapprima i nipoti e successivamente la principessa (ma il cuoco risparmia i tre e le offre cane di agnello, capretta ed infine cervo). Una figura distruttiva disposta ad un analogo atto cannibalico si ha in Hansel e Gretel dei Grimm: si tratta della strega che abita la casetta di marzapane in mezzo al bosco, cui fratellino e sorellina giungono dopo essere stati abbandonati dai genitori. Ella si presenta inizialmente come una vecchina accogliente e generosa, ma è in realtà una perfida strega nota per aver ucciso e mangiato molti bambini: questa è, infatti, la stessa sorte che sembra spettare anche ad Hansel e Gretel, divenuti suoi prigionieri.

In questa tipologia di personaggi possiamo individuare un‟affinità con le figure