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L‟esteriorizzazione attraverso le fiabe: mettere ordine nell‟inconscio

Capitolo 2. Il mondo incantato di Bruno Bettelheim: il contributo delle fiabe all’infanzia

2.2 L‟esteriorizzazione attraverso le fiabe: mettere ordine nell‟inconscio

Bettelheim sostiene che le fiabe costituiscono il migliore strumento di cui il bambino può disporre per districare l‟insieme confuso dei contenuti dell‟inconscio ed imparare a civilizzare le passioni caotiche che in esso si radicano. Questa possibilità di messa in ordine del caos interiore costituisce un preliminare fondamentale per la comprensione di se stessi e per entrare in contatto con il

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mondo esterno, così da sviluppare una personalità integrata nelle sue componenti. Tale integrazione matura nel corso del tempo attraverso una distinzione progressivamente più chiara fra Es, Io e Super-Io: solo con l‟età adulta queste tre componenti psichiche giungono ad interagire senza che l‟una prevarichi sulle altre e l‟individuo – in condizioni di salute – riesce ad esercitare un maggiore controllo sulla loro interazione, mentre nell‟infanzia ancora non c‟è il senso di un‟identità definita ed equilibrata ed è frequente il venire alla ribalta dell‟inconscio. Bettelheim precisa che nel bambino sono presenti desideri inconsci contraddittori, i quali devono essere soddisfatti indirettamente, ossia senza la consapevolezza di trovarsi dinnanzi a proiezioni del proprio intimo. In effetti, l‟emergere alla coscienza delle pressioni inconsce getterebbe il bambino in un‟esperienza caotica, con il rischio che ne rimanga sconvolto; per tale motivo, scrive Bettelheim, “il fanciullo deve esteriorizzare i suoi processi interiori per poterne avere una certa comprensione, se non un controllo. Il bambino deve in qualche modo distanziarsi dal contenuto del proprio inconscio e vederlo come qualcosa di esterno a sé, per poter padroneggiarlo in qualche modo”57

. Lo psicoanalista spiega che l‟esteriorizzazione di processi inconsci è ciò che avviene nell‟attività ludica: nel giocare con una bambola od un animale il bambino può sfogare pressioni interiori che non saprebbe affrontare e gestire consapevolmente (come nel caso del desiderio di generare un figlio ed accudirlo, desiderio che può presentarsi in entrambi i sessi e di cui il soggetto deve rimanere ignaro per poterlo soddisfare in via indiretta). Laddove le pressioni interiori siano troppo complesse e problematiche per trovare espressione nel gioco, le fiabe possono costituire un valido ausilio: in tali narrazioni, in particolare se ascoltate più volte in modo da

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favorire una graduale appropriazione della storia, l‟efficacia dell‟esteriorizzazione è garantita dalla possibilità di identificarsi con la situazione dei personaggi ed accettare le soluzioni presentate. Poiché il loro contenuto riflette i complessi desideri infantili, Bettelheim riconosce che la fruizione delle fiabe consente al bambino di trattare esplicitamente quelle fantasie che, proiettate fuori di sé nella trama del racconto, può affrontare come qualcosa di esterno e in modo da non dover nascondere le sensazioni avvertite in relazione agli eventi fantastici o sentirsi in colpa per la produzione di simili pensieri. Familiarizzando con le vicende e i personaggi fantastici delle fiabe, il bambino può sentirsi rassicurato nel trovare una conferma della propria realtà interiore ed è stimolato a proseguire nelle esplorazioni della fantasia, avendo in esse una base sicura. Sebbene la sua mente contenga, come nota Bettelheim, “una collezione in rapida espansione d‟impressioni spesso male assortite e solo parzialmente integrate”58

distorte dalle pressioni interiori o dal sopperire dell‟immaginazione alle sue lacune conoscitive, il ricorso alle fiabe permette di mettere ordine al suo interno: favorendo l‟esteriorizzazione dei processi interiori, esse offrono elaborazioni di fantasie che il bambino avrebbe difficoltà a gestire consapevolmente. A questo proposito, Bettelheim scrive:

Da solo, il bambino non è ancora capace di ordinare i propri processi interiori e di darvi un senso. Le fiabe offrono dei personaggi in cui il bambino può esteriorizzare quanto avviene nella sua mente in modi controllabili. Le fiabe mostrano al bambino come può dar corpo ai suoi desideri distruttivi in un solo personaggio, ricevere desiderate soddisfazioni da un altro, identificarsi con un terzo, avere attaccamenti ideali con un quarto e così via, a seconda dei suoi bisogni del momento. Quando tutto il fantasticare di desideri miracolosamente realizzati dal bambino s‟incarna in una fata buona, quando tutti i suoi desideri distruttivi si incarnano in una strega cattiva, tutte le sue paure in un lupo vorace, tutte le richieste della sua coscienza in uno stregone incontrato durante un‟avventura, tutta la sua collera gelosa in un animale che strappa via col becco gli occhi dei suoi

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arcirivali, allora il bambino può finalmente cominciare a operare una cernita fra le sue contraddittorie tendenze. Iniziato questo processo, il bambino viene a trovarsi sempre meno inghiottito da un incontenibile caos.59

Bettelheim sottolinea che il bambino piccolo (in età preedipica) fa esperienza del mondo in un modo confuso, dal quale cerca di allontanarsi per raggiungere una maggiore chiarezza solamente con il sopraggiungere dei conflitti edipici: a questo punto inizia ad ordinare le proprie percezioni dividendole in opposti, sino ad arrivare in tarda età edipica o post edipica ad estendere questo meccanismo di scissione anche a se stesso. Lo psicoanalista prosegue il discorso scrivendo:

Il bambino, come tutti noi, si trova ad ogni momento in un marasma di sentimenti contraddittori. Ma, mentre gli adulti hanno imparato ad integrarli, il bambino è sopraffatto da queste sue ambivalenze interiori. Egli recepisce il miscuglio di amore e d‟odio, desiderio e paura che ha dentro di sé come un incomprensibile caos. Non è capace di sentirsi nello stesso momento buono e ubbidiente ma anche cattivo e ribelle, eppure è così. Non può comprendere le gradazioni, le sfumature, e per lui le cose sono completamente chiare o completamente scure. Una persona è tutta coraggio o tutta paura, la più felice o la più disgraziata, bellissima o bruttissima, intelligentissima o ebete; prova amore od odio, mai un sentimento intermedio.60

La fiaba armonizza con questo tipo di visione antitetica poiché presenta personaggi caratterizzati in modo unidimensionale: essi sono o buoni o malvagi, senza intermedie modalità di essere, e sono proiezioni distinte dei vari aspetti che risultano in contrasto nell‟interiorità del soggetto. È così che le narrazioni fiabesche offrono il loro contributo nell‟indirizzare il bambino “a separare i suoi complessi e ambivalenti sentimenti, che, prima in un confuso coacervo, cominciano a trovare ciascuno il suo posto distinto”61

, come riconosce Bettelheim.

59 Ivi, pp 66-67. 60 Ivi, p 75. 61 Ibidem.

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