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Seguendo gli interpreti neoplatonici di Platone, Ficino presenta il Parmenide come il dialogo che concerne la prima ipostasi, l’Uno, e il Sofista come il dialogo della seconda ipostasi, la Mente: Ficino vede nel Sofista una delle principali rappresentazioni date da Platone alla teoria delle Idee, e un dialogo strattamente legato al Parmenide, in particolar modo alla prima parte. Nel pensiero di Ficino i due dialoghi sono poi legati a un terzo, il Filebo: i tre costituiscono il cuore della metafisica platonica, il trionfo della teologia degli antichi. I tre dialoghi concernono diversi aspetti di questa teologia: il

Parmenide tratta dell’assolutamente trascendente e ineffabile principio delle Idee,

l’Uno; il Filebo invece concerne il passo seguente nella discesa metafisica: l’emergere dall’Uno dei due principi ultimi, il finito e l’infinito, dapprima argomento della speculazione pitagorica324:

“Proposito di questo libro è dissertare sul sommo bene dell’anima, che invero è detto sommo bene a condizione, mentre è detto sommo bene in assoluto il principio stesso di tutte le cose. In questo libro si discute intorno a quello che è detto bene a condizione; intorno a quello che è detto assoluto, si disputa nel Parmenide”325.

Bisognava comunque fare riferimento alla trattazione del Sofista, o comunque alla visione plotiniana del Sofista, per una buona comprensione di quanto esposto nel

Filebo. Ficino legge nel Filebo che l’essenza e l’esistenza insieme costituiscono la

mistura che è l’essere, e questo sembra implicare la preminenza, metafisicamente parlando, del Sofista sul Filebo: i quattro elementi del Filebo costituiscono le cause ultime di ogni essere, mentre il Sofista, come abbiamo visto, descrive i cinque elementi dell’Idea di essere326. Ficino lega insieme i cinque elementi del Sofista con i due principi fondamentali del Filebo, il finito e l’infinito, e con gli analoghi, ma ben più fondamentali principi esposti nel Parmenide, l’Uno e i molti.

I tre dialoghi insieme forniscono a Ficino tutti i concetti-chiave della teoria platonica dell’essere. In questa grande architettura, la teoria delle Idee esposta nel

324 Allen, M.J.B., Icastes. Marsilio Ficino’s interpretation of Plato’s Sophist, op. cit.

325 Marsilij Ficini Florentini in Philebum Platonis, vel De summo Bono. Argumentum, Ficino,

Opera, p. 1206: “Huius libri propositum est, de summo animae bono disserere, quod quidem summum

bonum cum conditione quadam dicitur, cum ipsum rerum omnium principium summum bonum absolute dicatur. De hoc igitur quod cum conditione bonum, hoc in libro: de eo quod absolutum, in Parmenide disputatur”.

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Filebo gioca un ruolo subordinato e di secondo piano di fronte alla testimonianza che Ficino trova in Platone della “comunione” esistente tra l’Uno e i molti. Mentre pertanto la teoria platonica delle idee ha per Ficino un interesse mediocre, nel Filebo Ficino esalta ciò che si riferisce alla natura volontaristica del bene, trattando questo tema con ampiezza e profondità. Nell’Argumentum al Filebo, si legge:

“Il bene emana dall’assoluto; come un lume discende dalla fonte stessa di tutte i lumi. Per la qual cosa, nel Fedone e nel Teeteto, fu detto da Platone che il sommo bene dell’anima è a immagine di Dio. In verità niente diventa simile al Sole, se non per una infusione del lume stesso. Quindi il bene dell’anima sarà totale conseguenza del lume divino. Questo lume discende, prima nella mente, poi nella volontà. Nella mente come verità, nella volontà come gioia: qui e nel Fedro, Platone la chiama ambrosia nella mente, e nettare nella volontà. Pertanto, pose il sommo bene dell’uomo nell’unione di sapienza e piacere”327.

Nel Philebum dunque Ficino scorge l’insegnamento cristiano per cui tutti i nostri sforzi debbono tendere ad avvicinarci al bene, cioè a rassomogliare a Dio328.

Via via che avanzava nell’esposizione del pensiero di Platone, Ficino credeva di potere esporre il senso più profondo della concezione cristiana. La concezione volontaristica del bene veniva messa ben in evidenza da Ficino, soprattutto nella sua traduzione delle Lettere di Platone, nelle quali l’Ateniese diventava l’esempio vivente con la sua vita e la sua dottrina della vera pietas: “Appunto per questo, Dio onnipotente, nei tempi stabiliti, mandò dall’alto il divino animo di Platone, che con la sua vita, il suo ingegno e il suo eloquio mirabile avrebbe illustrato la religione sacra presso tutte le genti”329. O ancora, leggiamo ad esempio nelll’Argumentum della nona Lettera:

327 v. Marsilii Ficini Florentini in Philebum Platonis, vel De summo Bono. Argumentum, op. cit.:

“Huius propositi librum est, de summo animae bono disserere… Ab absoluto autem hoc manat, quemadmodum lumen quoddam ab ipso luminis totius fonte dependet. Quamobrem in Phaedone et Thaeteto dictum est ab Platone summum animae bonum Dei similtudinem esse. Nihil vero solis fit simile, nisi quadam luminis ipsius infusione. Unde et animae bonum erit integra divini luminis consecutio. Id lumen in mentem primo, in voluntatem deinde descendit. In mente veritas, in voluntate gaudium: in mente ambrosia, in voluntate nectar, ab Platone hic et in Phaedro cognominatur. Itaque summum hominis bonum in sapientiae voluptatisque mixtione locavit”.

328 Vedi qui: Saitta, G., La filosofia di Marsilio Ficino, op. cit., pp. 62-67.

329 Marsilij Ficini Florentini in commentaria Platonis ad Laurentium Medicem virum

Magnanimum. Prooemium, op. cit.: “Itaque Deus omnipotens, statutis temporibus divinum Platonis

animum ab alto dimisit, vita, ingenio eloquioque mirabili, religionem sacram apud omnes gentes illustraturum”.

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“Nella lettera ad Archita di Taranto, filosofo molto impegnato negli affari di stato, Platone consiglia a lui, che contempla, di non abbandonare l’azione onesta e insieme necessaria. Infatti, chiama azione onesta e necessaria il giovare agli uomini, sia pubblicamente, che privatamente. Onesta, certamente, perché come qualsivoglia membro del corpo non è soltanto di se stesso, ma anche degli altri, soprattutto però di tutti, così gli uomini sono degli altri, e particolarmente della specie. Necessaria, certamente, poiché se non vivrai per gli altri, non potrai vivere per te stesso; se non aiuterai i familiari e la patria, certamente il patrimonio familiare e pubblico, o abbandonato si piegherà di fronte al nocchiero, o governato dai peggiori si troverà in pericolo e, infine, farà naufragio”330.

330 Argumenta in Epistolas duodecim Platonis. Argumentum in nonam epistolam, Ficino, Opera,

p. 1535: “In epistola ad Architam philosophum publicis rebus occupatissimum, consilium dat contemplanti, ne honestam simul et necessariam deferat actionem. Prodesse enim hominibus et publice et privatim, actionem honestam vocat et necessariam. Honestam quidem, quia quemadmodum quodlibet corporis menbrum non suiipsius tantum est, sed aliorum etiam, maxime vero totius, ita homines alii aliorum sunt, ac potissimum speciei. Necessariam vero, quia, et nisi aliis vixeris, non potest tibi vivere, et nisi domesticis patriaeque succurreris, res profecto familiaris et publica, vel destituta gubernatore nutabit, vel a deterioribus gubernata perclitabitur, ac denique faciet naufragium”.

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21. L’Argumentum dell’ottavo Dialogo sulla Giustizia [la Repubblica] di