• Non ci sono risultati.

Non si possono qui tacere altri probabili segni di un’influenza diretta di Gemisto su Ficino. Come abbiamo visto, anche Pletone aveva duramente condannato lo stato di corruzione della religione. Il bizantino aveva inoltre lasciato intendere che la causa principale di una tale decadenza si potesse rintracciare nel dilagante averroismo. Si ricorderà, infatti, come, all’inizio del De differentiis, Pletone avesse accusato Averroè di avere travisato il pensiero di Aristotele, attribuendogli la dottrina della mortalità dell’anima umana. Anzi, come lo stesso Pletone aveva poi spiegato nella Replica a Scholarios, con il suo opuscolo Gemisto aveva inteso mettere in guardia i filosofi occidentali proprio contro l’insidia averroistica, che inevitabilmente li avrebbe condotti all’ateismo materialista. Pletone aveva indi indicato la medicina contro la piaga

averroistica nella ripresa della teologia platonica, modellata sull’antichissimo esempio

di Zoroastro, e aveva così mostrato la “via del ritorno” ad una forma di religione più pura, giungendo ad opporre, alla concezione aristotelica del mondo, un’altra visione dell’umano e del divino.

Ficino, che conosceva bene sia il De differentiis sia la Replica a Scholarios e le altre opere di Pletone, fece suoi questi argomenti. Se già negli opuscoli giovanili, che avevano visto il giovane filosofo impegnato nell’analisi delle differenze dottrinali tra le sette dell’antichità, Ficino aveva indicato nell’averroismo un’interpretazione errata di Aristotele, più tardi ribadirà questo argomento con più fermezza teorica.

Nella Theologia Platonica (1484), l’opera principale del dotto fiorentino, Ficino condanna nel modo più chiaro l’interpretazione averroistica di Aristotele. Ci troviamo nel primo Capitolo del Libro XV della Theologia Platonica, intitolato “Cinque questioni sull’anima”. La prima questione riguarda il concetto d’intelletto unico per tutti gli uomini di averroistica memoria. Ficino argomenta contro la tesi averroistica e dichiara che “Averroè perverte più che converte il testo di Aristotele”202.

Ficino cita per la prima volta in un’opera a stampa Giorgio Gemisto Pletone proprio in un passo che riguarda Averroè: come, infatti, aveva dimostrato Gemisto Pletone, continua Ficino, il testo greco di Aristotele insorgeva contro l’interpretazione

202 Theologia Platonica de immortalitate animorum, ac aeterna foelicitate libri octodecim,

73

di Averroè, giacché Aristotele aveva sostenuto in realtà che le anime degli uomini sono multiple e immortali203.

Ficino sembra dunque seguire Pletone nel condannare Averroè, il commentatore arabo di Aristotele, come il principale artefice di un’errata e fuorviante lettura di Aristotele e di una diffusa empietà, conseguenza della negazione dell’immortalità dell’anima umana. Per questo motivo Ficino ritiene necessario, come Pletone, restaurare la pia philosophia degli antichi, considerata come l’unica via per combattere le concezioni empie di Averroè e di Alessandro d’Afrodisia. Come abbiamo visto, Ficino giungeva indi a trasformare le tesi del bizantino in un tema più familiare ai latini e più moderato, ma non per questo meno efficace, e auspicava a riformare sia la filosofia che la religione restaurando la docta religio degli antichi.

C’è infine un altro aspetto da non sottovalutare. Come abbiamo visto, Gemisto si era fatto campione del Platonismo contro l’Aristotelismo dominante. Tuttavia l’antiaristotelismo di Pletone non approdava ad una negazione totale della validità di Aristotele, bensì sfociava in un dichiarato antiaverroismo e nel riconoscimento della validità della fisica aristotelica: una volta depurata dall’interpretazione averroistica, considerata come la principale responsabile di un’errata e fuorviante lettura di Aristotele, la filosofia aristotelica poteva essere considerata propedeutica agli arcana

mysteria platonici.

E’ questo un tema che ricompare anche in Ficino: “Peripateticam doctrinam ad sapientiam platonicam viam esse, comperiet quisque recte consideraverit naturalia ad divina nos perducere”, scriverà più tardi Ficino in una lettera a Francesco Cattani da Diacceto204. Ma anche Cosimo in qualche modo contribuì a diffondere questa interpretazione. Infatti, negli stessi anni in cui si era fatto patrocinatore delle traduzioni platoniche, e, anzi, in apparente contraddizione con la promozione degli studi platonici affidati al giovane Ficino, Cosimo aveva chiamato a Firenze il dotto bizantino Giovanni Argiropulo, e lo aveva incaricato di insegnare Aristotele allo Studio Fiorentino: all’Argiropulo veniva assegnato il ruolo di divulgatore della filosofia aristotelica, considerata propedeutica agli arcana mysteria platonici.

L’Argiropulo era cosciente del ruolo che gli competeva, e anzi egli stesso aveva dichiarato più volte quale fosse la strada per raggiungere le più alte vette filosofiche:

203 Ibid.

204 Vedi Ficino, Epistole, 12 e 14; Ficino, Opera, p. 952. Lo stesso Garin ha qui posto l’accento

su un altro probabile debito di Ficino nei confronti di Pletone, vale a dire il riconoscimento della validità dell’Aristotele fisico, in funzione propedeutica alla teologia platonica. Vedi: Garin, E., Il ritorno dei

74

seguendo la tradizione bizantina, l’Argiropulo riteneva dovesse esserci un’ascesa graduale, dalla dialettica alla filosofia morale e fisica; solo allora si sarebbe passati “ex naturalia…ad mathematicam et per eam ad divinam”205. Un’ascesa che aveva dunque al suo apice la teologia, e i cui “gradini” erano costituiti dalle res mathematicae, intermediarie tra il sensibile e il sovrasensibile – secondo un’espressione di Platone che troviamo anche in Ficino206.

L’opera dell’Argiropulo nella Firenze di Cosimo sembra dunque rientrare in un più ampio progetto di restaurazione filosofica. Secondo Gentile “risultava anzi parte letteralmente fondamentale di un cursus studiorum – avente al suo apice la teologia platonica -, che il Ficino seguì personalmente”207.

205 Firenze, Biblioteca Nazionale, ms. II I 103, da una lezione di Giovanni Argiropulo sulla

Fisica del 1458; cfr. Garin, E., La cultura filosofica a Firenze nell’età medicea, op. cit., p. 106; Gentile,

S., Introduzione, op. cit., pp. XXVII-XXVIII.

206 Cfr. Ficino, Epistole, 1, 123, 92-96.

75