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Il 27 Agosto 1424, da Bologna, Giovanni Aurispa mandava ad Ambrogio Traversari l’elenco dei manoscritti greci portati nel 1423 da Bisanzio. Vi figura, messo ben in evidenza, quicquid scripsit Plotinus364. Si è supposto che questo manoscritto possa identificarsi con l’attuale Laurenziano 87,3 a cui Ficino consegnerà le sue congetture sul testo. Pare che l’avesse acquistato il Niccoli e che dal Niccoli, tramite Cosimo, finisse alla Laurenziana365. Ad ogni modo, la data è importante, anche se non è quella del primo ingresso in Italia di Plotino nel secolo XV: in realtà pare che Plotino circolasse già. Il recupero di Plotino pare risalire al periodo fiorentino di fervore per gli studi greci, e bisogna sottolineare che questa curiosità per Plotino è certamente pre- ficiniana. La prima circolazione in Italia del testo di Plotino va dunque legata alla curiosità platonica dei primi decenni del secolo, in parte ancora di ascendenza petrarchesca, alimentata in Firenze dall’insegnamento del Crisolora e dei suoi discepoli366.

Il Concilio di Firenze prima, la caduta di Costantinopoli poi, segnano l’inizio di un nuovo periodo, caratterizzato da intense discussioni filosofiche e teologiche e da un’intensa circolazione d’idee. Le discussioni trinitarie di uomini come Giorgio Gemisto Pletone, il Bessarione, lo Scholarios, non potevano non richiamarsi alla grande filosofia ellenica, e dopo il Concilio assistiamo a una penetrazione sempre più efficace delle loro discussioni teoriche. Se la prima circolazione di Plotino, fino agli anni trenta, non determinò una eco culturale profonda, dopo il Concilio fiorentino “l’interesse dominante non è più erudito: al centro si collocano le forti preoccupazioni teologiche di uomini come il Pletone e il Bessarione”367.

Il contributo più rilevante recato dai dotti bizantini alla cultura umanistica fu senza dubbio la ripresa del pensiero di Platone e delle letture che ne avevano dato Plotino e Proclo, ripresa che consentiva finalmente l’esplicitazione di tendenze filosofiche e religiose messe ai margini e censurate dalla tradizione bizantina più ortodossa, e che faceva risaltare i contrasti che opponevano i greci ai greci, ovvero i

364 Carteggio di Giovanni Aurispa a cura di R. Sabbadini, Roma, Istituto Storico Italiano, 1931,

pp. XIX, 12.

365 Henry, P., Etudes plotiniennes, II, Les maniscript des Enneades, Bruxelles, Edition

Universelle, 1948², pp. 16-36.

366 Su questi argomenti vedi: Sabbadini, R., Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e

XV, op. cit.; Garin, E., Rinascite e rivoluzioni, op. cit., pp. 91 e sgg.

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difensori di Omero e dei tragici a quelli dei filosofi, i difensori di Aristotele contro quelli di Platone che apparivano più inquieti e più aperti. La disputa dei bizantini sull’eredità della filosofia greca ed ellenistica, che polarizzò l’attenzione di molti studiosi sui testi della tradizione platonica e che ebbe per teatro Firenze, Roma e Venezia, esercitò senza dubbio una notevole influenza sulla cultura umanistica italiana ma non si sovrappose, anzi finì con l’incrementare quelle nuove linee di ricerca le quali insistevano sull’acquisizione di codici e di strumenti di lettura e di interpretazione in grado di restituire il pensiero classico in tutte le sue articolazioni e nel rigoroso rispetto dei testi e delle testimonianze. Non è dunque Ficino ad avviare il processo, ma egli vi si inserisce, dopo il 1460, in un modo singolare, e collocando Plotino in una prospettiva assai diversa e deformante368.

Senza dubbio Ficino aveva letto e studiato le Enneadi mentre traduceva l’opera platonica: si vede dall’uso che ne fa nell’elaborazione della Theologia platonica, nel lungo periodo di composizione dell’opera, tra il 1469 e il 1482. Tuttavia è solo nel periodo che va dal 1484 al 1487 che le Enneadi lo assorbono completamente. La traduzione ficiniana di Plotino deve collocarsi pertanto negli anni ottanta, verso la fine della carriera del filosofo fiorentino. Prima degli anni ottanta, Ficino si riferisce a Plotino come a uno della turba Platonicorum interpretum, il capo di una delle tante accademie peregrinae in cui si è dispersa la tradizione platonica. Quando, infine, Ficino si misurerà a fondo con Plotino, lo innesterà in una visione attraversata dalla lettura dei testi ermetici – non solo il Pimander e l’Asclepius, ma anche il Picatrix. E’ in questo quadro che si innesta la traduzione con il commento delle Enneadi, che, infatti, non a caso si intreccia alla traduzione di Giamblico, come leggiamo nell’Argomento nel libro di Giamblico:

“Porfirio, che tra i Platonici è detto filosofo per eccellenza, inviò in Egitto al sacerdote Anebo una lunga lettera, piena di varie e gravi questioni, concernenti tutte le varie parti della filosofia, ma soprattutto Dio, gli angeli, i demoni e l’anima, la provvidenza, il fato, i vaticini magici, i miracoli, i sacrifici e i voti. Alle domande di Porfirio risponde Giamblico, suo discepolo. Invero, dichiara che a rispondere a Porfirio sia il sacerdote d’Egitto Abammone, a difesa del suo discepolo Anebo, al quale Porfirio aveva mandato la lettera. Dunque, di tutta questa questione e della risposta in verità divina, per così dire, ancora eccessivamente occupato in Plotino, non ho tradotto per lo più le singole parole, ma il senso, dove era più lieve la perdita delle parole, in modo che il discorso non sembri meraviglioso e per caso spezzato, soprattutto nei principi stessi della

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disputa. Allora, di seguito anche il contesto delle parole certamente apparirà più chiaro”369.

Bisogna anche ricordare che il libro di Ficino con maggiore carattere magico, il

De vita coelitus comparanda, nacque proprio nell’89 come argumentum del terzo libro

della quarta Enneade (cap. II). In altre parole, il commento plotiniano degli anni ottanta è ben diverso da quello della Theologia platonica: collocato ormai oltre Ermete e Platone, questo Plotino è saldamente inserito fra Giamblico e Giuliano Imperatore, Psello e Gemisto: il momento in cui Ficino traduce Plotino è il momento della magia, quando si disse addirittura che nella sua villa di Careggi egli facesse esperimenti magici370.

L’efficacia della magia era in parte riconosciuta da Plotino - ma per lui la vera magia era l’armonia cosmica e non l’utilizzazione che di essa si poteva fare per fini personali. L’azione del mago, comunque, si limitava al mondo fisico, all’ambito governato dall’Anima del mondo. Il sobrio atteggiamento di Plotino nei confronti dell’irrazionale sarà in genere condiviso dai suoi discepoli diretti, Amelio e Porfirio, che ribadiranno la superiorità della purificazione intellettuale, l’ascesa puramente razionale al principio, tramite la dialettica, la parte più nobile della filosofia371. Tuttavia, il principio di corrispondenza plotiniano, per cui ogni idea è nello stesso tempo se stessa e tutte le altre, e conosce intuitivamente se stessa e le altre, comporta un sistema circolare di relazioni. Secondo l’insegnamento del Timeo, infatti, per Plotino l’universo è un vivente unico, fra le cui parti sussiste un legame universale di “simpatia”. A ogni evento e azione corrispondono eventi e azioni proporzionate, e su questa base è riconosciuta, con alcune limitazioni, l’efficacia della magia e della divinazione, come pure una certa influenza delle configurazioni astrali sul destino umano. Inoltre poiché l’Uno si sottrae

369 Argumentum in librum Iamblichi, in Ficino, Opera, p. 1873: “Porphyrius, qui inter Platonicos

propter excellentiam philosophus appellatur, longam in Aegyptum misit epistolam ad Anebonem sacerdotem, variarum et gravium quaestionum plenam, ad omnes philosophiae partes spectantium, praesertim ad Deum, atque angelos, daemonesque, et animas, ad providentiam, ad fatum, vaticinia magicen, miracula, sacrificia, vota. Porphyrij quaestionibus respondit Iamblichus eius auditor. Introducit vero Porphyrio respondentem Abamonem Aegyptium sacerdotem, pro Anebone discipulo suo, ad quem Porphyrium misit epistolam. Huius ergo quaestionis totius, atque responsionis profecto divinae, tanquam in Plotino adhuc nimium occupatus singula ferme non verba, sed sensa traduxi, ut non mirum putari debeat, sicubi divulsa videatur oratio: praesertim inter ipsa disputandi principia ubi levior iactura verborum. Iam deinceps verborum etiam contextus, magis perpetuus apparebit”.

370 Kristeller, P.O., The First Printed Edition of Plato’s Works and the Date of its Publication

(1484), op. cit., pp. 171-172.

371 Pepin, J., Neopitagorismo e neoplatonismo, in Storia della filosofia diretta da Mario Dal Pra,

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alla conoscenza e si giudica impossibile cogliere per via intellettiva l’assolutà unitarietà del principio, l’unica possibilità di contatto con il principio della realtà è di natura sovrarazionale. Il pieno ricongiungimento al principio può avvenire soltanto attraverso l’esperienza metarazionale della unio mystica, l’unione estatica della percezione del divino.

Con l’interpretazione ficiniana di Plotino, così particolarmente orientata verso i risvolti magici e la ricerca delle “simpatie” che regolano i rapporti tra gli esseri dell’universo, la natura cominciava ad apparire come l’incarnazione dello spirito o come l’obbiettivazione stessa di Dio, che bisognava cercare di intendere o di svelare: da qui venne il fiorire della cabbala, dell’astrologia, dell’alchimia, che furono i primi tentativi di una scienza della natura372. Con Ficino si veniva preparando così il terreno per una nuova metafisica, in cui farà la sua apparizione la teoria eliocentrica dell’universo.

Il 16 gennaio 1486 le Enneadi erano state tradotte tutte, e, entro il termine dell''88, anche commentate. L’opera infine comparve a stampa nel 1492 con il titolo

Plotini Philosophi, de rebus Philosophicis libri LI373. Era questo il vero atto di restituzione di Plotino alla cultura dell’Occidente latino374. Tuttavia, la maggior parte del commento si addensava su temi magico-astrologici, sugli influssi celesti, sull’anima e la sua immortalità: non l’Uno e i suoi processi, ma la magia e l’astrologia. Il Plotino ficiniano, è, come ha affermato Garin, “l’ultimo frutto dell’estremo Quattrocento fiorentino teso fra i sogni irenici della pia philosophia e le più torbide fantasie magiche e teurgiche”375. Ed è questo Plotino quello che si diffonderà in tutta Europa, non solo nel Cinquecento, ma lungo il Seicento e il Settecento, fino alla meditazione dei romantici tedeschi, cercato con ansia curiosa non appena pubblicato. Vediamo qui come, ancora una volta, in Ficino il compito di storico, che accompagnava incessantemente quello di traduttore, avesse un’influenza diretta e viva nel circuito delle idee. Plotino torna e s’impone dunque alla fine del Quattrocento, ma s’impone nella visione di Ficino.

372 Saitta, G., Il pensiero italiano nell’Umanesimo e nel Rinascimento, Vol. I: L’Umanesimo,

Bologna, Zuffi, 1949, p. 526.

373 Plotini philosophi, de rebus philosophici libri LI in Enneados sex distributi, a Marsilio Ficino

Florentino ex Graeca linguam in Latinam versi, & ab eodem doctissimis commentarijs illustrati, omnibus cum Graeco exemplari collatis & diligenter castigatis, Florentiae, Miscomino, 1492.

374 Isnardi Parente, M., Introduzione a Plotino, Roma, Laterza, 1984, p. 179. 375 Cfr. Garin, E., Rinascite e rivoluzioni, op. cit., pp. 103-104.

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