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Il film di guerra: prima e seconda guerra mondiale

3.4. La corrispondenza veicolare fra lingue della storia e lingue del discorso in film con

3.4.1. Il film di guerra: prima e seconda guerra mondiale

Il primo caso in cui all'interno del campione di riferimento56 si ha una rappresentazione veritiera e, per dirla con Wahl (2005: 2), “naturalistica” delle lingue, in cui cioè si realizza un'esatta corrispondenza veicolare fra lingue della storia e lingue del discorso è il film francese La grande illusion / La grande illusione (1937) diretto dal regista Jean Renoir, ambientato durante la prima guerra mondiale. Due aviatori francesi, il capitano de Boëldieu (Pierre Fresnay) e il tenente Maréchal (Jean Gabin), sono abbattuti dal barone von Rauffenstein (Erich von Stroheim), un asso dell'aviazione tedesca, e fatti prigionieri nel campo di detenzione di Hallbach. Qui con la collaborazione di altri connazionali, un attore, un professore, un ingegnere del catasto e un sarto, figlio di ricchi banchieri ebrei, chiamato Rosenthal (Marcel Dalio), progettano di costruire un tunnel sotterraneo per poter evadere. Sul più bello, il gruppo viene trasferito alla fortezza di Wintesborn, al cui comando è stato posto proprio von Rauffenstein in seguito a un suo ferimento in missione. Boëldieu escogita un piano di fuga, ma durante la sua esecuzione, il capitano francese sceglie di sacrificare la propria vita, pur di consentire ai compagni Maréchal e Rosenthal di portare a termine l'impresa. I due militari francesi trovano rifugio per qualche tempo in casa di Elsa (Dita Parlo), una contadina tedesca che si innamora di Maréchal, prima di riuscire a raggiungere il confine svizzero e a mettersi così definitivamente in salvo.

Il film presenta lunghi passaggi in lingua tedesca, lingua primaria nel film assieme al francese: i dialoghi in tedesco sono sistematicamente sottotitolati per consentire allo spettatore di poter seguire la prospettiva dei personaggi tedeschi. L'inglese e il russo (le lingue secondarie del film) sono tenuti principalmente sullo sfondo. In alcuni momenti Boëldieu e Rauffenstein si scambiano fra loro anche commenti in inglese, lingua che viene usata per accentuare il conflitto fra identità ed escludere gli altri personaggi presenti nelle scene interessate, come avviene ad esempio durante il ferimento di Boëldieu al momento del tentativo di fuga dal castello di Wintesborn. La conoscenza delle lingue straniere diventa per questi due personaggi di estrazione aristocratica un chiaro segno di

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“distinzione” (Bourdieu, 1983), una risorsa per marcare la loro comune appartenenza a un mondo in via di estinzione, a una nobiltà colta e “dalle buone maniere” (Elias, 1982), che ancora crede negli ideali dell'onore, della cavalleria e del rispetto dell'avversario. Questi due personaggi condividono, infatti, lo stesso codice comportamentale, che li avvicina spiritualmente, al di là delle barriere poste dal conflitto bellico: hanno le stesse abitudini, conoscono le stesse persone e parlano fluentemente più lingue (tedesco, francese e inglese).

Più che un mero film di gguerra, La grande illusion è nei termini di Wahl un “film di alleanza” (2005) o “fraternisation film” (2008), dove la solidarietà fra i personaggi sembra, in prima battuta, una solidarietà fra persone appartenenti alla stessa classe sociale (aristocratici, borghesi o proletari) pur se di nazionalità differenti, più che essere una solidarietà fra connazionali che provengono da classi distinte (cfr. Bordwell & Thompson, 2010a: 175). Nel film, però, non mancano esempi di solidarietà per così dire più interclassista e patriottica, come dimostra il caso dell'eroica morte del capitano francese Boëldieu che ha permesso al resto dei suoi compagni di scappare dal campo di prigionia tedesco. I temi della solidarietà fra le persone e dell'amicizia sembrano, dunque, pervadere il film, superando ogni barriera sociale o nazionale.

La versione italiana del film segue da vicino quella originale: doppia soltanto i dialoghi che in originale sono in francese, mentre sottotitolata quelli in tedesco. Quando il tedesco è parlato da personaggi bilingue (oltre a Rauffenstein, anche Rosenthal e Maréchal in casa di Elsa), esso è stato sistematicamente reinciso dagli attori doppiatori italiani per non creare una discrepanza con la voce dell'attore originale. L'inglese e il russo sono stati in genere mantenuti in originale, tranne quando l'inglese è usato da Boieldieu e Rauffenstein, circostanza in cui l'inglese è stato reinciso dai doppiatori e sottotitolato in italiano. Soltanto in un'occasione si ha una parziale neutralizzazione del russo rispetto all'originale: si tratta dell'unica scena del film in cui questa lingua è più in primo piano. I prigionieri nella fortezza di Wintesborn hanno appena ricevuto una serie di pacchi dal fronte con quello che si suppone essere beni di prima necessità (cibo, tabacco, ecc.): al momento di aprire una delle scatole, però, un gruppo di soldati russi non riesce a trattenere la delusione nello scoprire che “Sono [solo] libri!”57. In questo caso, l'italiano con un accento russo ricostruito ad hoc dai doppiatori è usato in sostituzione della lingua straniera interessata: si

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Rispetto all'originale, la versione italiana adotta in questo caso un atteggiamento dichiaratamente “esplicativo” con l'obiettivo di garantire la comprensione da parte dello spettatore. In realtà, per il modo in cui la scena è costruita, e per il velato effetto umoristico di cui essa si carica, la situazione e il contesto appaiono più che sufficienti per cogliere il tono non esattamente entusiasta espresso nelle parole dei russi. L'originale, infatti, si affida esclusivamente a una traduzione contestuale.

tratta di uno stratagemma impiegato per tutta la durata del film per rendere la chiara intonazione straniera con cui i personaggi russi parlano francese. Al contrario, i personaggi tedeschi bilingue come Rauffenstein o il carceriere Arturo (che in originale hanno un francese fluente) non mostrano alcun tipo di accento straniero quando parlano italiano.

Altri film che si muovono in questa stessa direzione sono tutte pellicole italiane girate fra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, in pieno neorealismo, che hanno come tema centrale la seconda guerra mondiale e affrontano nello specifico la situazione italiana del secondo dopoguerra. Si tratta di Roma città aperta (1945), Paisà (1946) e Stromboli, terra di Dio (1950) di Roberto Rossellini, Senza pietà (1948) di Alberto Lattuada e Achtung! Banditi! (1951) di Carlo Lizzani. Roma città aperta e Achtung! Banditi! rappresentano l'opposizione fra la compagine partigiana e l'esercito tedesco sullo sfondo dell'Italia occupata dai nazisti: il primo film è ambientato a Roma fra il 1943 e il 1944, il secondo a Genova e sull'Appennino ligure più o meno negli stessi anni. Se nel primo film i dialoghi in tedesco sono sistematicamente sottotitolati in italiano, nel secondo film, invece, si sceglie di adoperare i sottotitoli solo quando i dialoghi in tedesco sono rilevanti in termini narrativi, preferendo invece ricorrere negli altri casi a forme di traduzione contestuale oppure intratestuale, nello specifico il personaggio del diplomatico58 che in una scena fa da interprete diegetico.

Paisà e Senza pietà offrono uno spaccato dell'Italia disintegrata dell'immediato dopoguerra, questa volta in pieno processo di liberazione da parte degli alleati anglo- americani. Le vicende di Senza pietà si svolgono a Livorno, dove la protagonista Angela (Carla Dal Poggio) fa amicizia con Jerry (John Kitzmiller), un sergente afroamericano della base di stanza sul posto: la prima finirà in un brutto giro di droga e prostituzione, il secondo verrà arrestando per contrabbando. Al pari di Paisà, il film mette in scena in modo realistico le difficoltà di comunicazione linguistica, le incomprensioni culturali, la reciproca diffidenza e lo sforzo per intendersi fra gli italiani e i membri delle forze alleate. Paisà è un film a episodi sull'avanzata degli alleati anglo-americani nel paese, dallo sbarco in Sicilia (primo episodio) fino alla lotta partigiana sul delta del Po (ultimo episodio), passando per Napoli (secondo episodio), Roma (terzo episodio), Firenze (quarto episodio) e un convento sull'Appennino emiliano (quinto episodio). Come messo in evidenza da Wahl (2005: 4):

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[...] la riconciliazione tra i soldati americani e la popolazione italiana, contemporanea alla liberazione in corso dell’Italia, è evidenziata dall’abilità di comunicare l’uno con l’altro, abilità che va migliorando passo dopo passo dal primo all’ultimo episodio del film. Il giovane soldato e la ragazza siciliana nel primo episodio non si comprendono per niente; il loro contatto conduce entrambi a una morte pietosa e senza senso. [...] Nell’ultimo episodio, i partigiani italiani e il prigioniero di guerra americano che parla fluentemente l’italiano sono anch’essi condannati alla morte, ma stavolta muoiono volentieri, consapevoli che il loro sacrificio non sarà vano (traduzione di Massimiliano Gaudiosi).

In entrambi i film i dialoghi in inglese sono sempre sottotitolati in italiano, in modo che lo spettatore possa avere un quadro più ampio rispetto ai personaggi coinvolti di volta in volta nel processo di comunicazione interculturale.

Un approccio diverso è, invece, seguito nel film Stromboli, terra di Dio in virtù del numero certamente più contenuto delle situazioni multilingue rappresentate nel film rispetto alle altre quattro pellicole italiane appena esaminate. La protagonista del film è Karin (Ingrid Bergman), una profuga lituana che, non avendo ottentuo il visto per emigrare in Argentina, accetta di sposare Antonio (Mario Virale), una delle guardie del campo di internamento che la sta ospitando. Giunta a Stromboli, l'isola dove Antonio fa il pescatore, però, la sua condizione di donna e di straniera comincia presto a pesare a Karin, che entra in contrasto con gli abitanti del paese e con lo stesso marito, geloso e tradizionalista. Rimasta incinta, la donna decide di fuggire con l'aiuto del guardiano del faro, ma, sola di notte sulle pendici del vulcano, è presa dallo sconforto. Il film si chiude con Karin che alle prime luci dell'alba invoca Dio, chiedendogli coraggio e comprensione: un nuovo inizio per la donna.

Il film è tutto giocato sul conflitto fra due culture difficilmente conciliabili, in cui la protagonista è la “straniera” agli occhi della piccola comunità di pescatori di Stromboli, una terra che agli occhi della donna sembra “dimenticata da Dio”. La marca più tangibile e immediata dell'alterità di Karin è rappresentata dalla lingua parlata dal personaggio, un italiano con un'evidente intonazione da straniera. In questo film la Bergman recita, infatti, in italiano con la sua voce, a dare un senso più veritiero all'opposizione fra le identità in gioco. In alcuni momenti, soprattutto quando si indigna per qualcosa o si arrabbia, il personaggio ricorre all'inglese, lingua usata in sostituzione del lituano per accentuare il conflitto e l'incomunicabilità fra le due parti. A volte, lo stesso personaggio chiarisce in italiano quello che ha appena detto in inglese59, altre volte si sceglie la strada della non traduzione (il contesto in generale aiuta gli spettatori nella comprensione). Il film si apre con una sequenza ambientata nel campo di raccolta per stranieri a forte impronta multilingue, con alcune delle compagne di Karin che parlano in tedesco, spagnolo e

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Seguendo Baldo (2009a, 2009b) si può definire un caso di “traduzione cuscinetto”. Seguendo Zabalbeascoa (2012, 2014) lo si può anche definire un caso di “traduzione intratestuale”.

francese. Il film non sottotitola nessuna delle battute pronunciate in queste tre lingue. Più avanti, nel corso del colloquio con l'ambasciatore argentino in Italia, la traduzione delle parti di dialogo in spagnolo è fornita direttamente in scena: uno dei collaboratori del diplomatico funge da interprete sia per Karin sia per lo spettatore.

La seconda guerra mondiale e le sue conseguenze è un tema piuttosto ricorrente all'interno dei film drammatici che compongono il campione. Nelle sezioni precedenti lo si è visto al centro di film come Casablanca, Arch of Triumph, Judgement at Nuremberg, Schindler's List, Amen., The Pianist, Defiance e Valkyrie (cfr. sezione 3.1 e 3.2), oltre che in film come Au revoir les enfants, Saving Private Ryan, The English Patient, Pearl Harbor, Der Untergang e The Good German (cfr. sezione 3.3.2). La seconda guerra mondiale ritorna come tema centrale di film come Hitlerjunge Salomon / Europa Europa (Agnieszka Holland, 1990), Miracle at St. Anna / Miracolo a Sant’Anna (Spike Lee, 2008) e Inglourious Basterds / Bastardi senza gloria (Quentin Tarantino, 2009), oltre che a fare da sfondo alle vicende dei film Another Time, Another Place / Another Time, Another Place - Una storia d'amore (Michael Radford, 1983) e Le chant des mariées / Il canto delle spose (Karin Albou, 2008).

Hitlerjunge Salomon, Miracle at St. Anna e Inglourious Basterds, al pari delle altre pellicole analizzate in questa sezione, offrono una resa veritiera delle diverse lingue e identità in gioco, realizzando quindi un'esatta corrispondenza veicolare fra le lingue della storia e le lingue del discorso filmico. Le situazioni multilingue rappresentate in questi film non sono solo quantitativamente numerose, ma anche qualitativamente significative (cioè, hanno un peso narrativo decisivo). Le parti di dialogo prodotte in una lingua diversa da quella dello spettatore sono sistematicamente sottotitolate, in modo da permetterne la comprensione. I film Hitlerjunge Salomon e Inglourious Basterds presentano, inoltre, anche un'altra caratteristica in comune: entrambi pongono l'accento sul fatto che in situazioni di conflitto la conoscenza di una o più lingue straniere possa diventare una risorsa di sopravvivenza essenziale per coloro che le parlano.

Hitlerjunge Salomon / Europa Europa60, tratto dal libro autobiografico Memorie di Solomon Perel, è la storia di Sandy (Marco Hofschneider), un quattordicenne polacco di origine ebraica, che fugge dall'invasione nazista rifugiandosi in un orfanatrofio sovietico dove impara il russo e la dottrina marxista-leninista. Catturato dai tedeschi, il ragazzo si fa

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Oltre al russo, sempre sottotitolato, il film Hitlerjunge Salomon presenta nella parte iniziale anche brevi passaggi in ebraico e in polacco che invece non sono sottotitolati (“traduzione contestuale”: Baldo, 2009a). La versione italiana del film doppia solo le parti in tedesco e mantiene in originale quelle nelle altre lingue.

passare per uno di loro e la sua conoscenza del russo gli consentirà di fare da interprete per i militari nazisti. Diventato involontariamente un eroe di guerra, il giovane viene arruolato nientemeno che fra la Gioventù Hitleriana. Solamente il pene circonciso sembra rappresentare un ostacolo alla sua trasformazione identitaria da ebreo a perfetto ariano. Una volta finito nelle mani dei russi, il giovane protagonista riuscirà di nuovo a salvarsi la vita grazie alla sua conoscenza del russo, che gli permetterà di spiegare di non essere un tedesco, bensì un ebreo polacco che si è spacciato per tedesco solo per non morire.

Allo stesso modo nel film Inglourious Basterds / Bastardi senza gloria61, ambientato nella Francia occupata dai tedeschi, parlare più lingue, soprattutto quella del nemico, diventa un'arma di potere che decide il destino (di vita o morte) dei personaggi (cfr. Mingant, 2010; Voellmer & Zabalbeascoa, 2014; Zabalbeascoa & Voellmer, 2014). Emblematico, in questo senso, è il caso del colonnello nazista Hans Landa (Christoph Waltz), noto per la sua abilità di scovare i nascondigli degli ebrei (è soprannominato il “cacciatore di ebrei”), ma che si distingue anche per le sue indubbie abilità poliglotte: il tedesco Landa, infatti, non solo padroneggia l'inglese e il francese quasi come un madrelingua, ma da anche prova di parlare un italiano molto fluente. Ottime abilità linguistiche dimostrano anche il sergente Hugo Stiglitz (Til Schweiger), il caporale Wilhelm Wicki (Gedeon Burkhard) e il tenente inglese Archie Hicox (Michael Fassbender). Hugo Stiglitz è un ex membro dell'esercito tedesco che viene reclutato nella squadra speciale dei “Bastardi” (“Basterds” in originale), messa insieme dal tenente americano Aldo Raine (Brad Pitt) della quale fanno parte otto soldati ebrei che hanno ricevuto l'incarico di eliminare ogni soldato tedesco che incontrano sul loro cammino. Wilhelm Wicki è un tedesco ebreo originario di Monaco, che in virtù del suo bilinguismo spesso fa da interprete durante gli interrogatori a cui i Bastardi sottopongo i prigionieri tedeschi, prima di ucciderli. Il tenente Hicox, grande conoscitore del cinema tedesco, viene inviato in Francia dall'esercito inglese per prendere parte al fianco dei Bastardi all'operazione Kino, missione che ha l'obiettivo di eliminare alcuni esponenti di spicco del Terzo Reich. Grazie alla sua padronanza del tedesco Hicox si finge un capitano tedesco e si reca, insieme a Stiglitz e a Wicki, alla locanda La Louisiane per incontrare l'attrice tedesca Bridget von Hammersmark (Diane Kruger), spia degli alleati.

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La versione italiana del film mantiene in originale i dialoghi in tedesco, sottotitolandoli in italiano, mentre doppia in italiano i dialoghi che in originale sono in inglese e in francese (tranne che nella scena di apertura del film quando il francese è stato mantenuto in originale e sottotitolato in italiano, perché in opposizione all'inglese). In questo modo, si conserva almeno l'opposizione fra nazisti e alleati.

Tuttavia, una volta arrivati alla locanda l'incontro fra i tre soldati infiltrati e la spia tedesca prende una piega inaspettata: l'insolito accento del finto capitano tedesco, impersonato da Hicox, attira presto l'attenzione di un soldato nazista presente, che non riesce a individuarne la provenienza. Sul più bello, Hicox finirà per smascherarsi da solo: mentre ordina altri tre bicchieri da bere, accompagna le parole con un gesto della mano per indicare il numero tre. Il maggiore della Gestapo Dieter Hellstrom (August Diehl), che si è unito al tavolo dei suoi presunti connazionali, nota subito che quel gesto non è stato fatto alla maniera tedesca. Così, quello che era stato fino a quel momento un momento gioviale si trasforma in una sparatoria, in cui i tre soldati infiltrati perdono la vita. Ciò che ha tradito il tenente inglese sottocopertura non è stato una cattiva competenza comunicativa sul piano strettamente linguistico e verbale, quanto piuttosto un errore commesso a livello di comunicazione non verbale, cioè nella resa gestuale di un elemento linguistico (la parola ʻtreʼ). I cosiddetti “gesti emblematici” o “simbolici” (Ekman & Friesen, 1969), cioè quelli che sono prodotti intenzionalmente da una persona in sostituzione delle parole e il cui significato è pertanto facilmente traducibile in parole, non necessariamente sono universali, ma spesso cambiano da cultura a cultura. Quello che il tenente inglese crede sia un gesto universale si rivela in realtà essere un gesto culturalmente specifico: con quel semplice gesto della mano è come se stesse dicendo “Io non sono tedesco.” (sull'importanza delle informazioni non verbali nel cinema multilingue cfr. Sanz Ortega, 2011)62.

Altri due casi che presentano una rappresentazione realistica di lingue e identità sono costituiti da altri due film che sono sempre ambientati nel periodo della seconda guerra mondiale, ma in un contesto geografico più periferico rispetto ai luoghi del conflitto: la campagna scozzese in Another Time, Another Place / Another Time, Another Place - Una storia d'amore (Michael Radford, 1983) e la Tunisia occupata dai tedeschi in Le chant des mariées / Il canto delle spose (Karin Albou, 2008). Another Time, Another Place è ambientato sul finire della seconda guerra mondiale in Scozia, dove tre prigionieri italiani di guerra vengono mandati presso una famiglia di agricoltori a lavorare come braccianti. A differenza del marito che li guarda con sospetto e li tratta in malo modo, la moglie Janie (Phyllis Logan) sembra provare più compassione e rispetto: fra la giovane donna e il napoletano Luigi (Giovanni Mauriello) nasce un tenero e fugace rapporto che però finirà per mettere nei guai soprattutto l'uomo, accusato ingiustamente di aver abusato di una ragazza del posto. Il film affronta due temi principali: l'incontro fra persone che

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appartengono a culture diverse, da un lato, e la difficoltà di sottrarsi, specie per la donna, ai forti condizionamenti sociali che regolano la vita di una piccola comunità, dall'altro. I dialoghi del film in italiano e in napoletano sono sottotitolati in inglese per gli spettatori britannici. In Italia il film è stato distribuito in versione sottotitolata (per le parti in inglese) in modo da poter preservare inalterato il conflitto fra le due identità, cominciando da quello che avviene a livello linguistico.

Opposizioni identitarie e questioni di genere si legano anche nel film Le chant des mariées. Ambientato a Tunisi nel 1942, il film vede protagoniste una ragazza musulmana, Nour (Olympe Borval), e una ragazza ebrea, Myriam (Lizzie Brocheré), vicine di casa e amiche fin dall'infanzia. Nour vorrebbe sposare Khaled (Najib Oudghiri) che il padre non vuole come genero finché il ragazzo non abbia trovato un lavoro, Myriam, viene promessa in sposa dalla madre a Raoul (Simon Abkarian), un medico ebreo benestante e filo- francese, molto più vecchio di lei. Le due amiche conservano un forte legame fra loro, fino a quando i nazisti, con l'appoggio dei francesi collaborazionisti, non inizieranno una campagna volta a mettere i musulmani contro gli ebrei con la promessa di concedere l'indipendenza al paese. Il film mette in scena un universo linguistico decisamente multilingue con personaggi che in genere parlano almeno due lingue diverse (arabo e