3.4. La corrispondenza veicolare fra lingue della storia e lingue del discorso in film con
3.4.3. Viaggio, globalizzazione e interconnessione fra le persone
Come si è visto nelle sezioni precedenti (cfr. sezione 3.3.1) la guerra e il conflitto non sono ovviamente gli unici argomenti affrontati da quel cinema che vuole offrire al suo pubblico una rappresentazione più realistica di lingue e identità sullo schermo. Altri temi ricorrenti sono il viaggio, l'incontro interculturale, l'interconnessione e la globalizzazione del mondo. Su questo versante il primo film che all'interno del campione ha fatto ricorso al multilinguismo in maniera significativa sia dal punto di vista qualitativo (narrativo) sia da quello quantitativo (testuale) è certamente il film Le mépris / Il disprezzo (Jean-Luc Godard, 1963). Nei termini di Wahl (2005: 6) questo film di Godard rappresenta un esempio di “film esistenziale” in cui “la ricerca dell’identità, visualizzata da un viaggio (più precisamente da un'Odissea), così come la discussione filosofica intorno all’esistenza in una comprensione personale e generale costituiscono il cuore della narrazione.” (traduzione di Massimiliano Gaudiosi; cfr. anche Wahl, 2008: 342).
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Quando il dialogo è interamente in spagnolo, questo viene mantenuto in originale anche se uno degli interlocutori è un personaggio bilingue. Per esempio, quando la protagonista Carla rivede l'amico Rafael dopo tanto tempo, la conversazione in spagnolo fra i due è stata mantenuta in originale: in questo punto del film Carla ha la voce dell'attrice originale e non della doppiatrice italiana. In situazioni come questa è probabile che entri in gioco un fattore di tipo economico: quando è possibile, si cerca di evitare la spesa aggiuntiva che richiederebbe la reincisione di una parte di dialogo che poi si deve comunque sottotitolare. Queste riflessioni hanno preso il via da una serie di fruttuose conversazioni che l'autore ha tenuto con alcuni professionisti del settore durante e dopo il tirocinio svolto all'AIDAC (Associazione Italiana Dialoghisti e
Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia del 1954, il film è ambientato fra Roma e Capri. Il produttore americano Jeremy Prokosch (Jack Palance) assume lo sceneggiatore francese Paul Javal (Michel Piccoli) perché renda più commerciale il film che il regista tedesco Fritz Lang (che interpreta sé stesso) dirigerà sull'Odissea. Paul inizialmente sembra tollerare le insistenti avance che Prokosch si mette a fare alla moglie Camille (Brigitte Bardot), pensando di poterne trarre beneficio per il lavoro. La silente accondiscendenza di Paul turba Camille che inizia a provare disprezzo per il marito. Quando l'uomo finalmente decide di reagire, sarà troppo tardi: un tragico destino attende la coppia. I temi toccati dal film sono tanti: il piegarsi dinnanzi al dio danaro, l'indifferenza nei sentimenti, l'incapacità di comunicare, la necessità di traduzione. I personaggi del film sono di diversa nazionalità, ciascuno dei quali parla nella sua lingua. Personaggi come i coniugi Javal e il produttore Prokosch sono decisamente monolingue. A mediare linguisticamente fra loro ci penserà per tutto il film Francesca Vanini (Giorgia Moll), l'assistente / segretaria di Prokosch, che parla fluentemente italiano, inglese, francese e tedesco. Se a livello diegetico il personaggio poliglotta di Francesca sembra incarnare la quinta essenza della traduzione, nello stesso tempo a livello discorsivo, “she also, ironically, articulates a site of untranslatability. By fictionalising translation through the character of Francesca, Godard sought to make a film that was impossible to dub.” (Dwyer, 2005: 298-299).
Il doppiaggio italiano del film dimostra che Godard era riuscito nel suo intento. La versione italiana (Il disprezzo) si muove in direzione di una forte italianizzazione del film, non solo nella resa dei nomi dei due protagonisti che si chiamano Emilia e Paolo Molteni, come nel romanzo di Moravia, ma soprattutto nella decisione di doppiare tutti i dialoghi del film in italiano. La scelta di far parlare tutti i personaggi nella stessa lingua ha comportato la parziale riscrittura delle scene in cui in originale Francesca fa da interprete per gli altri personaggi. Privata del suo ruolo di mediatrice linguistica, il personaggio di Francesca perde totalmente di senso, assumendo una fisionomia molto diversa rispetto a quella che il personaggio possiede nel film originale. Ne Il disprezzo la zelante assistente non fa altro che ripetere, parafrasare, fornire informazioni non richieste e inutili su cose che altri personaggi hanno già detto chiaramente nella stessa lingua, rasentando il saccente e lo spocchioso (cfr. sezione 6.4.1 per un esempio). I dialoghi italiani del film suonano spesso ridondanti e poco plausibili, al limite del “grottesco” (Mereghetti, 2013).
Il disprezzo72 rappresenta un caso limite, in cui più che di versione italiana, si dovrebbe piuttosto parlare di vera e propria riedizione, considerato che, una volta varcati i confini nazionali, il film ha subito drastiche trasformazioni che vanno ben oltre le scelte operate in sede di doppiaggio. Il produttore italiano Carlo Ponti, infatti, impose una serie di cambiamenti, che hanno profondamene alterato la natura del film. Innanzitutto, la durata è stata ridotta di circa venti minuti, passando dagli originali 103 minuti a soli 84 minuti della versione italiana. Inoltre, sono state tagliate tutte le scene di nudo della Bardot, a cominciare dalla lunga sequenza iniziale, scene che pare fosse stato lo stesso Ponti a volere, con l'obiettivo di conferire al film un taglio più commerciale (cfr. Mereghetti, 2013). È stata anche censurata la scena in cui Camille trova nella tasca del marito Paul la tessera del Partito Comunista Italiano. Il film non è stato solo tagliato, ma anche ristampato su colori diversi da quelli previsti dal regista, con il risultato che visivamente Il disprezzo appare meno cupo rispetto a Le mépris. Allo stesso modo, anche la colonna sonora originale, musica per archi composta da Georges Delerue, molto in sintonia con l'atmosfera del film, viene sostituita con un motivetto jazz scritto da Piero Piccioni che conferisce al film un tono molto più scanzonato e vivace. Anche i titoli di testa sono stati ritoccati: se nella versione originale essi non compaiono sullo schermo ma sono semplicemente letti dalla voce fuori campo di Godard, diventando marche inequivocabili della sua autorialità, nella versione italiana essi tornano sullo schermo nella vesta grafica consueta di cartelli. Infine, il film è stato anche rimontato, in particolare nelle due sequenze finali che vengono invertite: Il disprezzo si chiude con la scena dell'incidente in cui perdono la vita Emilia e Prokosch invece che con la scena che mostra i membri della troupe proseguire le riprese del film, ignari dell'incidente. La scena finale originale che nella versione italiana appare dunque in anticipo è stata in parte riscritta, mostrando un Paolo più fiducioso di poter riconquistare la moglie rispetto a quella che era la realtà dei fatti nell'originale (a quel punto la donna era già morta). Dinnanzi a tutte queste profonde trasformazioni che il film subì nell'edizione italiana, Godard ne rinnegò in più occasioni la paternità (cfr. Shohat & Stam, 1985; Dwyer, 2005).
La neutralizzazione delle due lingue presenti nel film (francese e inglese) avviene anche nella versione italiana del film L'histoire d'Adèle H. (1975) diretto François Truffaut
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Nel DVD italiano (Cecchi Gori Home Video, 2006) è contenuta, accanto all'edizione italiana, anche la versione originale che può essere accompagnata, a scelta dell'utente, dai sottotitoli interlinguistici. I sottotitoli italiani non traducano mai le parti di dialogo in inglese, ma solo la traduzione che Francesca ne fa in francese, in modo da evitare di creare “un effetto eco” (dire la stesa cosa due volte), simile a quanto avviene nei dialoghi del film doppiati in italiano. In altre parole, il traduttore ha tenuto nella debita considerazione la dimensione semiotica dei sottotitoli (cfr. Tortoriello, 2012), facendo particolare attenzione
intitolata Adele H., una storia d'amore. Liberamente tratto dai diari di Adèle Hugo, secondogenita dello scrittore Victor Hugo, il film è il racconto di una storia d'amore finita e del sentimento ossessivo che tormenta la protagonista (interpretata da Isabelle Adjani), la quale abbandona la famiglia per seguire il suo amato, il tenente inglese Pirson (Bruce Robinson), fino alla cittadina canadese di Halifax, in Nuova Scozia. Il fatuo e altezzoso ufficiale inglese ormai non ama più Adèle (e forse non l'ha mai amata), motivo per cui la respinge con un secco rifiuto che colpirà profondamente la ragazza, portandola lentamente ad annullarsi e a perdere la ragione. La versione originale alterna dialoghi in francese e in inglese, lingua usata spesso anche dalla protagonista quando (realisticamente) si relaziona con i personaggi canadesi. I dialoghi in inglese sono sottotitolati in francese, esattamente come avviene anche per l'altro film in costume diretto da Truffaut presente nel campione, Les Deux Anglaises et le Continent, anch'esso ambientato nella seconda metà del XIX secolo.
Diversamente da quanto avviene in Adele H., una storia d'amore, la versione italiana del film Les deux anglaises et le Continent intitolata Le due inglesi conversa sostanzialmente la dimensione bilingue che ne caratterizza l'intreccio. Tratto dal romanzo di Henri-Pierre Roché del 1956, il film è la storia di un triangolo amoroso fra due sorelle inglesi, Ann (Kika Markham) e Muriel (Stacey Tendeter), e il francese Claude (Jean- Pierre Léaud) che le due ribattezzano “il Continente” (le Continent), che si snoda fra la vita provinciale in Cornovaglia e una più sfrenata Parigi. Il film alterna, in modo realistico, dialoghi in francese con dialoghi in inglese. La versione italiana presente sul DVD si basa sulla versione francese tagliata dal regista all'epoca dell'uscita del film dalla durata di 118 minuti73: i dialoghi in francese sono stati doppiati in italiano, mentre quelli in inglese sono stati in genere mantenuti e sottotitolati in italiano. Nel caso delle due protagoniste l'inglese è stato in genere reinciso dalle due attrici che doppiano le protagoniste, in modo da garantire l'armonizzazione delle voci. Inoltre, i personaggi inglesi parlano italiano con una leggera intonazione straniera, esattamente come accade nella versione originale. La dimensione bilingue del film è stata, dunque, nel complesso mantenuta, in modo da non compromettere il senso complessivo del film, anche se è registrabile una parziale riduzione dei dialoghi in inglese rispetto all'originale, specie in alcuni punti salienti in termini narrativi. Questo accade, per esempio, nella scena in cui
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Il film inizialmente durava 132 minuti e si intitolava solamente Les Deux Anglaises, ma il regista lo ridusse quasi subito a 118 minuti e cambiò il titolo in Les Deux Anglaises et le Continent. La versione che fu doppiata in italiano durava ancora meno (108 minuti), perché la censura impose il taglio della scena in cui Muriel perde la verginità (cfr. Morandini, 2012; Mereghetti, 2013). La sequenza tagliata è stata ora reintegrata nell'edizione presente sul DVD (BIM, 2010) ed è sottotitolata in italiano.
Ann confessa a Muriel i suoi sentimenti per Claude, scena il cui dialogo originale avviene in inglese: si tratta di un momento intimo e privato fra due sorelle, una situazione in cui nella vita reale due persone userebbero la loro lingua madre, non certo una lingua veicolare74. Questo atteggiamento maggiormente “esplicativo” adottato nella versione italiana trova, a ben vedere, una sua possibile giustificazione testuale in altri punti del film, quando le due protagoniste parlano con se stesse attraverso la “voce dell'animo”: con questo espediente discorsivo i pensieri di un personaggio possono materializzarsi, farsi parola. In queste occasioni, le due inglesi spesso immaginano di parlare con Claude e lo fanno quindi in francese. L'uso di questa lingua in simili circostanze può essere stato, in parte, il motivo che ha spinto i responsabili dell'edizione italiana a doppiare in italiano anche la scena della confessione di Ann.
In tempi più recenti altri film hanno posto l'accento sul tema della globalizzazione, del viaggio, dell'incontro interculturale e dell'interconnessione fra le persone, facendo un largo impiego di lingue diverse. Si tratta di film statunitensi come Lost in Translation (Sofia Coppola, 2003), Babel (Alejandro González Iñárritu, 2006), The Burning Plain (Guillermo Arriaga, 2008), Hereafter (Clint Eastwood, 2010) e film italiani come Le chiavi di casa (Gianni Amelio, 2004), La stella che non c'è (Gianni Amelio, 2006), Una vita tranquilla (Claudio Cupellini, 2010) e Tickets (Abbas Kiarostami, Ken Loach & Ermanno Olmi, 2005), una coproduzione fra Italia e Regno Unito. Fra questi film, Babel rappresenta il prototipo del “film di globalizzazione” (cfr. Wahl, 2008: 344): un singolo evento che avviene quasi casualmente in una parte del mondo ha ripercussioni sulla vita di altre persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza. Il film racconta tre storie parallele, che si sviluppano lungo assi narrativi e spaziali inizialmente separati che finiranno per incrociarsi, offrendo un ritratto di un'umanità sola e incapace di comunicare. Le vicende si svolgono in tre scenari differenti: le alture del Marocco, dove vive una famiglia di pastori berberi e dove gli americani Richard e Susan Jones (interpretati rispettivamente da Brad Pitt e Cate Blanchett) sono in vacanza nel tentativo di risolvere la loro crisi coniugale; l'America fra la California (San Diego) e il Messico (Tijuana), dove Amelia (Adriana Barraza), la domestica messicana dei Jones è alle prese con i figli della coppia nel giorno in cui sposa il figlio Luis; Tokyo, metropoli frenetica e alienante, dove la giovane sordomuta Chieko Wataya (Rinko Kikuchi) si sente emarginata e tremendamente bisognosa d'amore.
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Come il titolo fortemente evocativo del film suggerisce, con la chiara allusione alla torre di Babele, i veri protagonisti della vicenda sono la globalizzazione, il multilinguismo, il conflitto e l'incapacità di comunicare e di intendersi, anche quando si parla la stessa lingua (cfr. Cronin, 2009: 99-107). Nelle parole del regista Iñárritu:
“I wanted to try to capture the whole idea of human communication – its ambitions, its beauty and its problems with one word. I considered so many different titles, but when I thought of the story of Genesis, it made so much sense as a metaphor for the film. Each of us has our own different language, but I believe we all share the same spiritual spine.” (disponibile on-line75
).
Il film Babel è una vera torre di Babele, di lingue e di identità diverse, dove i vari personaggi parlano ciascuno la lingua della realtà da cui provengono: inglese, spagnolo, berbero, arabo, giapponese, lingua dei segni giapponesi. Nella versione originale i dialoghi tenuti in lingue diverse dall'inglese sono stati sottotitolati. La versione italiana del film ha una storia abbastanza articolata, con un finale molto poco felice. All'uscita del film nelle sale italiane nel 2006, il film fu solo parzialmente doppiato76: nello specifico si scelse di doppiare soltanto le parti di dialogo in inglese e in spagnolo (le lingue parlate in America) e di lasciare in originale i dialoghi nelle altre lingue (arabo, berbero, giapponese, oltre che ovviamente alla lingua dei segni giapponese).
Tuttavia, in occasione dell'uscita del film in DVD (01 Distribution, 2007), il film è stato interamente doppiato in italiano, lasciando i sottotitoli solo per le parti in lingua dei segni giapponese. Il risultato finale è che nella versione italiana attualmente disponibile ogni diversità linguistica, ogni tipo di intonazione straniera nei personaggi bilingue (la tata messicana, la guida marocchina) svaniscono totalmente in favore di un italiano standard, non solo sul piano fonologico, ma anche su quello sociolinguistico. I dialoghi italiani non fanno nessun tentativo per differenziare la lingua parlata da ragazzini marocchini cresciuti fra pecore e sciacalli in un isolato paesino del Marocco da quella usata da bambini bene che appartengono alla middle class americana. Un pallido sapore locale viene conservato attraverso le convenzioni tipiche dell'omogeneizzazione linguistica: qualche formula di saluto in arabo (Salam Ailechum!) messa in bocca sporadicamente ai personaggi marocchini e una sola frasetta mantenuta in spagnolo in tutto il film, precisamente durante la scena del matrimonio in Messico, quando il cantante della festa dice: “Esta canción va
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Babel (2006) IMAGINING BABEL: THE SCRIPT
<http://www.visualhollywood.com/movies/babel/about3.php> (ultimo accesso: 20/05/2015).
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La fonte di questo dato è la memoria dell'autore della presente ricerca che aveva visto il film all'epoca della sua uscita nelle sale italiane nel 2006. Nei casi di evidenti discrepanze fra la versione cinematografica e la versione contenuta nel DVD il ruolo del ricercatore come spettatore può venire in parziale aiuto.
dedicada de parte de Luis para Patricia, la mujer más hermosa de hoy!”77, frase che fa da presentazione alla canzone che inizia a cantare subito dopo (Mujer hermosa). Inoltre, la decisione di doppiare tutto il film in italiano ha portato alla riscrittura dei dialoghi in quelle scene in cui sono centrali il conflitto e l'incomprensione linguistica. In casi simili, i dialoghi italiani non suonano totalmente credibili, finendo con il mettere a rischio il significato complessivo di quelle scene. Questo accade, per esempio, tutte le volte che Anwar (Mohamed Akhzam), la guida turistica marocchina, fa da mediatore linguistico all'americano Richard Jones, dopo che la moglie Susan è stata ferita: la neutralizzazione della dimensione bilingue (inglese-arabo) delle scene cambia drasticamente la fisionomia del personaggio di Richard, facendo apparire l'uomo americano come un tipo tonto che chiede chiarimenti inutili e ridondanti (cfr. sezione 6.4.2 per un esempio).
In modo simile a Babel, anche film come Tickets, The Burning Plain e Hereafter78 sono accomunati dal fatto che le vicende dei loro personaggi si snodano lungo assi narrativi che restano separati per buona parte del film, per ricongiungersi e collegarsi fra loro soltanto nella parte culminante del film. Fra questi tre film, Tickets è l'unico che presenta le caratteristiche del film a episodi, inteso in senso canonico, in quanto ciascuno dei tre segmenti narrativi di cui si compone è diretto da un regista diverso (rispettivamente l'italiano Ermanno Olmi, l'iraniano Abbas Kiarostami e l'inglese Ken Loach) e costituisce un microcosmo narrativo a sé stante. Ciononostante, i tre episodi condividono uno spazio comune (il treno che sta viaggiando dal Centro Europa a Roma), un tempo comune (la durata del viaggio) e un tema comune (riscoprire le proprie responsabilità in quanto persone). Inoltre, per dare al film una maggiore coesione testuale, i personaggi protagonisti in uno dei tre episodi fanno rapide apparizioni di contorno anche in uno degli altri due. In ognuna delle tre storie, tutti i personaggi usano le lingue in modo assolutamente realistico: gli italiani parlano in italiano, gli scozzesi in inglese, gli albanesi ricorrono all'inglese come lingua veicolare per interagire con gli scozzesi. I dialoghi in inglese nell'episodio diretto da Ken Loach sono sottotitolati in italiano.
Tre storie parallele, disgiunte sia sul piano narrativo sia su quello spaziale, sono al centro del film Hereafter: una si svolge a San Francisco, una a Londra, una a Parigi. I tre protagonisti - George (Matt Damon), Marcus (interpretato dai gemelli Frankie e George McLaren) e Marie (Cécile de France) - hanno tutti in comune un'esperienza con la morte e
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Che significa: ʻLuis dedica questa canzone a Patricia, la donna più bella della giornata!ʼ. Il sottotitolo italiano rende la seconda parte con: “La sposa più bella del mondo!”.
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l'aldilà, esperienza che li porterà a incontrarsi nella parte finale del film ambientata a Londra. Allo stesso modo, The Burning Plain presenta tre storie separate sia in termini spaziale sia in quelli temporali che hanno come protagoniste tre figure femminili, che nella parte conclusiva del film si scoprirà essere nonna, figlia e nipote: Gina (Kim Basinger) che vive in Nuovo Messico, Sylvia (Charlize Theron) che vive a Portland e Maria (Tessa Ia), una bambina messicana che vive solo con il padre. La trama del film ruota attorno alle misteriose connessioni che legano questi tre personaggi, alla maniera del film Babel, cosa che non deve stupire, considerando che The Burning Plain è scritto e diretto da Guillermo Arriaga, già sceneggiatore dei film di Iñárritu, che in questa occasione fa anche il suo esordio alla regia. In Hereafter e The Burning Plain tutti i personaggi parlano le lingue in modo naturalistico: gli inglesi e gli americani in inglese (britannico e americano), i personaggi francesi si esprimono in francese, i messicani in spagnolo. I dialoghi prodotti in lingue diverse dall'inglese sono accompagnati dai sottotitoli. Le versioni italiane dei due film (intitolate rispettivamente Hereafter e The Burning Plain - Il confine della solitudine) ricalcano la versione originale: doppiano i dialoghi in inglese e mantengono in originale quelli in spagnolo, sottotitolandoli.
La stella che non c'è, Una vita tranquilla, Le chiavi di casa e Lost in Translation79 sono tutti film di viaggio, un viaggio che i protagonisti di questi film non compiono solamente in un altro paese, spazialmente e culturalmente lontano dal loro, ma anche e soprattutto un viaggio che essi intrprendono dentro sé stessi alla ricerca della loro identità personale. La