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3.3. La rappresentazione realistica di lingue e identità in film con situazioni multilingue

3.3.2. La guerra, il terrorismo e oltre

Anche in film che sono ambientati sullo sfondo di un conflitto bellico come Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979), The Deer Hunter / Il cacciatore (Michael Cimino, 1978), Empire of the Sun / L’impero del sole (Steven Spielberg, 1987), Saving Private Ryan / Salvate il soldato Ryan (Steven Spielberg, 1998), The English Patient / Il paziente inglese (Anthony Minghella, 1997) o Au revoir les enfants / Arrivederci, ragazzi (Louis Malle, 1987), l'uso di lingue straniere diverse dalla lingua principale del film (l'inglese in tutti i film, tranne nell'ultimo caso in cui la lingua primaria è il francese) è sì realistico (da un punto di vista qualitativo), ma la loro presenza in scena risulta comunque contenuta, in termini quantitativi. Questo dipende dal fatto che la prospettiva con cui sono narrate le vicende è quella dei protagonisti, o per dirla in altri termini, perché la “focalizzazione” (Genette, 1976) si incentra soltanto su una delle due parti in conflitto (quella dei personaggi principali del film). In questo modo, i dialoghi del film in una delle lingue secondarie non sono sottotitolati: o perché esse restano principalmente sullo sfondo, come avviene per il vietnamita e lo khmer in Apocalypse Now, il vietnamita in buona parte di The Deer Hunter, il cinese e il giapponese in Empire of the Sun; o perché la traduzione è intratestuale, ovvero fornita direttamente in scena da uno dei personaggi del film che

funge da interprete (cfr. Baldo, 2009a, 2009b; O’Sullivan, 2007, 2011; Bleichenbacher, 2008; Şerban, 2012; Zabalbeascoa, 2012, 2014), come avviene in Saving Private Ryan con il caporale Timothy Upham (Jeremy Davies), che traduce per i suoi compagni di squadra dal tedesco e dal francese (cfr. Labate, 2013); oppure, ancora, perché una traduzione contestuale guida lo spettatore alla comprensione, quando le lingue secondarie sono più in primo piano, come avviene per il giapponese nella seconda parte di Empire of the Sun ambientata in un campo di prigionieri, per il tedesco e l'inglese in Au revoir les enfants, per l'arabo e il tedesco in The English Patient, le quali sono tutte piuttosto presenti lungo la durata dei rispettivi film in cui compaiono.

In merito alla traduzione contestuale, vale la pena soffermarsi brevemente su due esempi interessanti. Il primo è presente in un una scena del film The English Patient, in cui è lo stesso protagonista, il conte Almásy (Ralph Fiennes) a fornire agli spettatori un breve riassunto in inglese di quanto lui e un vecchio saggio si sono appena detti in arabo, attraverso una voce fuori campo che ne vocalizza il pensiero: “A mountain of a woman’s back” (“Una montagna che la forma di un dorso di donna” nella versione italiana) costituisce, infatti, l'informazione essenziale per poter seguire gli sviluppi successivi dell'intreccio. Nei termini di Baldo (2009a, 2009b), che segue Camarca (2005), questo rappresenta un caso di “cushioning translation”, una traduzione cuscinetto che ha luogo quando una parte dei dialoghi prodotti in una lingua secondaria del film sono accompagnati da una contestuale spiegazione, riformulazione o commento, nella lingua primaria del film (e in quella dello spettatore), sulla falsa riga di un dizionario o di un glossario.

Il secondo esempio appare più complesso: si tratta della scena della roulette russa a cui i protagonisti del film The Deer Hunter sono costretti a “giocare” da un gruppo di Viet Cong che li ha catturati. In proposito Kozloff (2000: 81) osserva che: “The foreign dialogue serves primarily as a marker of Otherness, and the fact that we, like the American characters, don't understand anything that the Vietnamese characters are wildly ʻjabberingʼ further vilifies them” (enfasi aggiunta). Certamente la lingua è usata qui come un veicolo di conflitto fra due identità, e certamente la prospettiva, la “focalizzazione” (Genette, 1976) è quella dei personaggi principali del film. Se la non comprensione della lingua vietnamita produce nello spettatore un iniziale senso di spaesamento, proprio l'immedesimazione con il punto di vista dei soldati americani (di cui condividono la lingua) li aiuta man mano a inquadrare la situazione comunicativa: i sequestratori stanno deridendo i loro prigionieri, li stanno umiliando, stanno intimando loro di premere il

grilletto. Le immagini, il comportamento non verbale dei vietnamiti (gesti, mimica facciale) e la reazione dei loro ostaggi sono tutti elementi la cui lettura integrata permette al pubblico di afferrare il senso complessivo di questa sequenza del film.

Diversamente in altri film di guerra come Pearl Harbor (Michael Bay, 2001) e The Good German / Intrigo a Berlino (Steven Soderbergh, 2006), anche se la prospettiva prevalente resta quella americana, i dialoghi prodotti nelle lingue della parte nemica (il giapponese nel primo caso, il tedesco nel secondo) sono costruiti in modo tale da avere un peso narrativo importante per lo sviluppo della storia e necessitano pertanto di essere sottotitolati per consentire allo spettatore di poterli seguire. Analogamente, il film The Good Shepherd (Robert De Niro, 2006), pur avendo un taglio internazionale, che porta i protagonisti ad affrontare eventi e a relazionarsi con persone provenienti da diverse parti del mondo, mantiene per tutta la sua durata esclusivamente il punto di vista americano. Il film ricostruisce in forma romanzata la storia della CIA, dalla sua nascita negli anni della seconda guerra mondiale fino al periodo dell'amministrazione Kennedy. In merito alla gestione delle lingue secondarie, viene adottata una soluzione a metà strada fra il polo della traduzione e della non traduzione: sottotitolando solo i dialoghi rilevanti in termini narrativi (quelli in spagnolo e in tedesco) e ricorrendo alla traduzione contestuale o intratestuale negli altri casi (per i dialoghi in russo). La versione italiana di questi tre film segue da vicino quella originale, doppiando solamente i dialoghi in inglese e mantenendo l'opposizione con le lingue secondarie.

Lo stesso avviene anche per tre film tedeschi: Die Stille nach dem Schuß / Il silenzio dopo lo sparo (Volker Schlöndorff, 2000), Der Baader Meinhof Komplex / La banda Baader Meinhof (Uli Edel, 2008) e Der Untergang / La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler (Oliver Hirschbiegel, 2004). I primi due film hanno come tema portante il terrorismo tedesco degli anni Settanta. L'uso in questi due film di lingue diverse dal tedesco è realistico, ma piuttosto contenuto in termini quantitativi, riducendosi solamente a quelle scene del film che sono ambientate fuori dalla Germania (in Francia, Svezia e Medio Oriente). Le lingue secondarie non sono mai sottotitolate, o perché il contesto guida alla comprensione o perché c'è un personaggio che fa da interprete. Der Untergang / La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler è un altro film che si occupa della seconda guerra mondiale: in questo caso viene sempre seguita la prospettiva tedesca, mentre la lingua degli avversari russi, che ormai sono alle porte di Berlino, viene lasciata sostanzialmente sullo sfondo, tranne nella scena in cui l'alto comando nazista negozia la resa tedesca con i sovietici, circostanza in cui il dialogo in russo è stato sottotitolato. Il doppiaggio di questi tre film

adatta in italiano solo i dialoghi in tedesco e mantiene inalterata la presenza in scena delle lingue secondarie.

3.4. La corrispondenza veicolare fra lingue della storia e lingue del