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Rappresentazione realistica con lingua primaria del film sostituita

3.2. Verso una resa più realistica di lingue e identità

3.2.2. Rappresentazione realistica con lingua primaria del film sostituita

diverse sul grande schermo che cerca di conciliare due principi apparentemente in opposizione fra di loro: una rappresentazione mimetica del reale, da un lato, e una spinta omogeneizzante verso la comprensione da parte del pubblico, dall'altro. In altri termini, si mette in scena una situazione multilingue (più spesso bilingue), in cui la lingua di uno dei due poli viene però sostituita con una diversa rispetto a quella che dovrebbe stare lì: la lingua dello spettatore del film. Un meccanismo di sostituzione di questo tipo avviene in film come The Pianist (Roman Polanski, 2002), Munich (Steven Spielberg, 2005), Persepolis (Vincent Paronnaud & Marjane Satrapi, 2007), Defiance (Edward Zwick, 2008), Slumdog Millionaire (Danny Boyle, 2008) e Invictus (Clint Eastwood, 2009). Si tratta di film che cercano di preservare l'opposizione fra lingue e culture differenti non solo a livello della storia (diegesi), ma anche a livello discorsivo (testuale), sostituendo però una delle lingue che entrano in conflitto con la lingua dello spettatore (il francese in Pesepolis, l'inglese negli altri cinque casi).

All'interno del campione di riferimento un precedente illustre di questo tipo di strategia è rappresentato da Germania anno zero (1948) di Roberto Rossellini. Il film, ambientato a Berlino nel 1946, fu girato con attori non professionisti che recitavano in tedesco. Fu successivamente doppiato in italiano a cura di Sergio Amidei. La versione con i dialoghi originali in tedesco non è contenuta nel DVD italiano (Flamingo Video, 2012), ma è disponibile soltanto in alcune versioni DVD per il mercato estero (tedesco e britannico)44. Nella versione italiana del film, l'italiano (lingua del discorso) sostituisce il tedesco (lingua

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Nella presente ricerca si è utilizzato il DVD tedesco del film (Deutschland im Jahre Null), distributio da Studiocanal (2012). La versione originale del film con i dialoghi in tedesco (e sottotitoli in inglese) è ora disponibile anche nel DVD per il mercato britannico (Germany Year Zero), distribuito da Bfi a partire dal

della storia). Da un punto di vista strettamente narrativo, il film appare monolingue in quanto tutti i dialoghi più rilevanti sono prodotti in una sola lingua. Tuttavia, per offrire una rappresentazione più realistica della presenza degli alleati nella città, il film contiene anche un paio di scene in cui compaiono militari francesi e americani che parlano nella loro lingua: la prima è ambientata nel bar dove Eva (Ingetraud Hinzf), la sorella del giovane protagonista, si reca tutte le sere a rimediare sigarette al fratello Karl Heinz; la seconda occasione avviene quando Edmund (Edmund Meschke), il ragazzino al centro della vicenda, cerca di vendere ad alcuni soldati americani un vecchio disco su cui è inciso un discorso pubblico di Adolf Hitler. Questa registrazione con la vera voce del leader nazista è l'unico caso in cui il tedesco non è stato doppiato in italiano: l'inconfondibile voce del Führer era troppo nota agli spettatori dell'epoca per consentire una qualsiasi forma di contraffazione o manipolazione, operazione che sarebbe apparsa in netto contrasto con i dettami del neo-realismo italiano nel cui quadro il film si inserisce.

Lo stesso meccanismo di sostituzione della lingua principale del film avviene anche per i film The Pianist e Defiance, ambientanti entrambi durante la seconda guerra mondiale. Il pianista a cui fa riferimento il titolo è Władysław Szpilman (interpretato da Adrien Brody), autore dell'omonimo libro autobiografico da cui è tratto il film. Vengono ripercorse le tragiche vicende che vanno dall'occupazione tedesca di Varsavia alla vita trascorsa per tre anni nel ghetto, dalla sua sopravvivenza fuori dal ghetto braccato come un animale fino alla liberazione della città per mano dell'Armata Rossa nel 1944. In questo film, l'inglese sostituisce il polacco nei dialoghi45, mentre il tedesco è parlato sistematicamente dai soldati tedeschi per tutto il tempo. In questo modo il conflitto fra identità passa anche attraverso il piano linguistico (inglese vs. tedesco): a differenza di Schindler's List, il film presenta lunghi dialoghi in tedesco in primo piano che, avendo un peso narrativo rilevante, necessitano della mediazione dei sottotitoli per consentire agli spettatori di seguire la prospettiva degli invasori. Allo stesso modo, i protagonisti di Defiance - I giorni del coraggio46 sono i fratelli Bielski (interpretati da Daniel Craig, Liev Schreiber e Jamie Bell), tre agricoltori bielorussi che nel film parlano in inglese (lingua del discorso) al posto del bielorusso (lingua della storia). Viceversa, le altre due lingue della storia, il tedesco e il russo, sono rappresentate sullo schermo in maniera realistica:

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In realtà, il polacco non scompare completamente dal film, ma viene relegato sullo sfondo, soprattutto nella prima parte che ha un taglio più corale e vede coinvolte anche la famiglia del protagonista e la comunità ebraica di Varsavia. In situazioni di aperto conflitto come le rappresaglie tedesche nel ghetto, è possibile sentire personaggi secondari piangere, implorare o lamentarsi in polacco.

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Il film è basato su fatti realmente accaduti, raccontati nel volume Defiance: The Bielski Partisans scritto da Nechama Tec nel 1993 e pubblicato in Italia con il titolo Gli ebrei che sfidarono Hitler. In occasione dell'uscita del film, il libro è stato ristampato con il titolo Defiance - Gli ebrei che sfidarono Hitler.

nel film ci sono lunghe e frequenti sequenze in una di questa due lingue che sono state sistematicamente sottotitolate. Gli stessi Bielski in alcuni momenti parlano in russo o in tedesco.

Un altro esempio in cui è soltanto la lingua principale (l'ebraico) a essere sostituita con un'altra lingua (l'inglese) è dato dal film Munich. La pellicola racconta in forma romanzata dell'operazione chiamata “Ira di Dio”, messa a punto dal governo israeliano per uccidere gli alti esponenti del terrorismo palestinese ritenuti responsabili dell'attentato di Monaco contro gli atleti israeliani alle Olimpiadi del 1972. A capo della missione segreta è posto Avner Kaufmann (Eric Bana), agente del Mossad, che viene affiancato da altri quattro ebrei provenienti da diverse parti del mondo47: un autista sudafricano, un esperto di esplosivi belga, un falsificatore di documenti danese, un ex membro dell'esercito israeliano che ripulisce le scene del delitto. La missione li porterà in diverse città d'Europa e del Medio Oriente (Roma, Parigi, Cipro, Beirut, Atene e Londra), mettendoli in contatto con persone diverse che parlano altrettante lingue diverse: il tedesco, il francese, l'italiano, l'arabo e il greco. Tutte queste lingue secondarie sono rappresentate in maniera realistica: alcune di loro (il tedesco, il francese e l'italiano48) sono piuttosto presenti in scena e sono sottotitolate solo nei casi in cui non sia possibile per lo spettatore ricavarne una traduzione contestuale

Il film d'animazione Persepolis rappresenta un altro caso in cui la lingua principale della storia (il farsi) viene sostituita con la lingua dello spettatore del film (il francese), mentre la lingua secondaria nella vicenda (il tedesco) è invece mantenuta anche a livello discorsivo. Il film è tratto dall'omonimo romanzo grafico scritto da Marjane Satrapi, disegnatrice, fumettista, sceneggiatrice e regista iraniana naturalizzata francese, che ha anche diretto il film insieme a Vincent Paronnaud. Il film, così come il romanzo a fumetti su cui si basa, è a sfondo autobiografico e racconta le vicende della Satrapi da quando era una bambina nell'Iran prima della rivoluzione del 1979 all'instaurazione della Repubblica islamica fondamentalista. Il francese prende il posto della lingua farsi nei dialoghi del film, la cui presenza in scena si riduce soltanto ad alcuni elementi tipici della lingua e della cultura iraniana che conservano il loro nome originale, come per esempio scià o

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Una provenienza così diversificata dei membri nel team di Avner potrebbe forse giustificare l'uso dell'inglese come lingua veicolare nei loro dialoghi. Anche se, a parere di chi scrive, sembra poco probabile che agenti segreti di origine ebraica che lavorano per Israele non conoscano la lingua ebraica. Anche in questo caso si è propensi a pensare a una sostituzione della lingua della storia con la lingua del discorso.

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La versione italiana segue da vicino l'originale conservando l'opposizione lingua primaria vs. lingue secondarie. L'unica eccezione è naturalmente l'italiano che confluisce nel resto dei dialoghi doppiati dall'inglese all'italiano. L'italiano presente nell'originale è stato in genere reinciso e in parte modificato per

pasdaran, e contribuiscono a dare un sapore “esotico” e più veritiero al racconto. Nella parte del film ambientata a Vienna, dove la protagonista è mandata a studiare dai genitori per sfuggire alla situazione sempre più opprimente che attanaglia il paese, il tedesco è usato da quei personaggi che si mostrano più ostili nei confronti di quella che trovano una ragazza decisamente “esotica”: la padrona di casa di Marjane, Frau Schloss - un'insegnante di filosofia in pensione stramba e pedante - e la madre autoritaria del suo ragazzo di turno, l'inetto Markus. In tutti gli altri casi, i personaggi viennesi parlano nella lingua dello spettatore (francese o italiano), invece che nella loro, in virtù dell'espediente narrativo e discorsivo con cui è costruito il film49: quello che Kozloff (1988) chiama “narrating voiceover” vale a dire il fatto che la voce fuori campo della protagonista funge da narratore sulla falsa riga di chi sta scrivendo (nella propria lingua) un diario di memorie, introducendo sempre gli eventi agli spettatori e fornendo spesso anche informazioni aggiuntive di tipo esplicativo (cfr. anche O’Sullivan, 2011: 93-101).

Slumdog Millionaire presenta una situazione diversa rispetto a quelle descritte finora. Diretto dal regista scozzese Danny Boyle e prodotto nel Regno Unito, il film narra la storia di Jamal Malik (Dev Patel), un ragazzo cresciuto nelle baraccopoli di Mumbai, che diventa milionario partecipando all'edizione indiana di un famoso gioco a quiz. Il film si sviluppa lungo due assi narrativi distinti, intrecciati fra loro per mezzo di flashback: il passato (quando il protagonista è bambino) e il presente. Nel film i dialoghi nelle scene ambientate nel passato (con Jamal bambino) sono quasi interamente in hindi - ovvero una delle lingue locali dell'India -, mentre i restanti dialoghi (le scene ambientate nel presente con Jamal adulto) sono tenuti nella lingua dello spettatore a cui si rivolge il film, l'inglese, seppure nella sua variante indiana. In questo modo, l'uso combinato (o per meglio dire, alternato) di hindi e di inglese indiano - “the language of social advance” (Bruti & Bonsignori, 2014) - non compromette l'impronta realistica del film, ma agevola la comprensione dello spettatore, che deve ricorrere alla mediazione dei sottotitoli soltanto per quelle parti di dialogo che sono in hindi, i cosidetti “sottotitoli parziali” (cfr. O’Sullivan, 2007, 2011).

I sottotitoli di questo film50 meritano un breve approfondimento: essi si contraddistinguono per il fatto di non essere solamente un semplice dispositivo

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Fra i film dell'intero campione, lo stratagemma discorsivo della voce narrante fuori campo è presente anche nei film Spanglish (James L. Brooks, 2004) e Almanya - Willkommen in Deutschland (Yasemin Samdereli, 2011).

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Ci si riferisce ai sottotitoli contenuti nel DVD per il mercato britannico (Twentieth Century Fox, 2009). Si noti che nel DVD italiano (Lucky Red, 2009) non sono presenti i sottotitoli parziali in inglese per le parti di dialogo in hindi: se lo spettatore sceglie di vedere il film nella versione con l'audio originale bilingue (senza

paratestuale che si colloca in una posizione predefinita dello schermo (in basso al centro) e che usa sempre lo stesso tipo di carattere, bensì un elemento che per dirla nei termini di O’Sullivan (2011: 45-50) si fa “testuale”, un elemento che si integra nel testo filmico, diventandone uno dei codici semiotici che lo compongono. I sottotitoli di Slumdog Millionaire hanno, infatti, l'aspetto delle nuvolette di un fumetto: appaiono in diversi punti dello schermo, seguendo la posizione del personaggio che sta parlando e utilizzando uno sfondo colorato che si armonizza con il colore prevalente delle immagini in cui essi si sovraimpongono. La versione italiana del film (The Millionaire) neutralizza la dimensione bilingue dell'originale, doppiando in italiano tutti i dialoghi del film e cancellando dunque ogni traccia di questi sottotitoli innovativi.

Simile è la logica di fondo alla base delle scelte linguistiche operate nel film di Clint Eastwood Invictus, ambientato in Sudafrica. La quasi totalità dei dialoghi è in inglese (la lingua dello spettatore del film), ma nella sua variante sudafricana, o quantomeno con un'intonazione che suoni sudafricana: il suo utilizzo, al pari dell'inglese indiano in Slumdog Millionaire, appare realisticamente plausibile in un contesto multilingue come il Sudafrica, dove spesso l'inglese funge da lingua franca fra persone di etnie differenti (Kruger, Kruger & Verhoef, 2007; Wallmach, 2013), come nel caso del presidente Nelson Mandela (Morgan Freeman) e il giocatore di rugby François Pienaar (Matt Damon). Resta, il fatto, però, che l'inglese viene usato nel film anche per i dialoghi che avvengono fra persone dello stesso gruppo etnico (per esempio da Mandela con i suoi collaboratori e da Pienaar con i membri della sua famiglia), laddove nella vita reale quegli stessi parlanti userebbero certamente la loro lingua madre invece che una lingua veicolare (la lingua xhosa nel caso di Mandela e l'afrikaans in quello di Pienaar). Nel film, la varietà multilingue della nascente nazione arcobaleno51, come spesso viene definito il Sudafrica, non viene cancellata del tutto: altre lingue parlate nel paese come l'afrikaans, lo zulu, lo xhosa e il sesotho sono presenti in alcuni momenti, in genere situazioni corali (come il tour che i giocatori della nazionale di rugby fanno fra diversi villaggi del paese) o in rapidi passaggi del film (poche parole).

avvalersi di sottotitoli interlinguistici in italiano), si ritrova così “lost in translation” quando i dialoghi del film sono in lingua hindi.

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Un film che, invece, mette in primo piano la ricchezza multilingue del Sudafrica è Tsotsi (Gavin Hood, 2005). Tratto dall'omonimo romanzo di Athol Fugard, il film è ambientato nella township di Soweto a Johannesburg. Il protagonista è il diciannovenne Tsotsi (Presley Chweneyagae), spietato capo di una banda di giovani criminali. La lingua del film è lo tsotsitaal o isiCamtho, uno slang diffuso soprattutto nelle baraccopoli di Johannesburg: si tratta di una lingua creola che mescola diverse lingue africane locali (zulu, sesotho, tswana, xhosa) con l'afrikaans e l'inglese (cfr. Pettit, 2011; 2014). Nella versione italiana del film (Il suo nome è Tsotsi) non essendo possibile riprodurre i tratti di una lingua così articolata si preferisce quantomeno, a parziale compensazione, connotare i personaggi del film sul piano diastratico attraverso l'uso

Prima di proseguire oltre con l'analisi, è il caso di approfondire un aspetto che gli ultimi film discussi mettono bene in evidenza: si tratta di un meccanismo di rappresentazione della diversità linguistica e culturale che è molto comune nel cinema. Solitamente, un film tende a presentare gli elementi e i termini specifici di una data cultura nella loro forma originale (vale a dire nella lingua in uso nella realtà culturale di cui sono espressione), anche nei casi in cui sia in vigore un regime di omogeneizzazione linguistica, totale o quasi totale (cfr. 3.1). Il film Persepolis conserva in lingua farsi quegli elementi tipici della cultura iraniana che non hanno un equivalente in altre lingue. In generale, nei film finora considerati (e nel campione complessivo) gli esempi più ricorrenti sono costituiti da parole ed espressioni tedesche quali Führer, Reich, SS, Wehrmacht e Heil Hitler! che ormai sembrano essere entrate nell'uso comune anche in italiano, oppure ancora da parole ebraiche come Shabbat, Torah, Kasherùt (cibo kashèr), Kippah, Siddur, Amen e Shoah. Il loro uso è piuttosto frequente in quei film che hanno come denominatore comune il tema della seconda guerra mondiale, della Germania nazista, dell'Olocausto o della persecuzione degli ebrei. Al di là degli ambiti politico-militare o religioso, gli elementi culturali specifici possono investire anche altre sfere come i nomi di particolari istituzioni di un paese, specifiche usanze tradizionali, bevande e piatti tipici, diminutivi o nomignoli con cui sono chiamati certi personaggi (come lo spagnolo mamita, che si rivela decisivo nella parte conclusiva del film Manolete52).

Oltre che nei film di guerra, la forte presenza di elementi culturali specifici si registra anche in film che affrontano la questione dell'immigrazione e dell'integrazione delle minoranze, dove il conflitto fra identità diverse si fa altrettanto centrale (cfr. sezione 3.4.4). Elementi della cultura punjabi e pakistana sono presenti, per esempio, nel film Ae Fond Kiss... / Un bacio appassionato (2004) di Ken Loach (cfr. Monti, 2009, 2014; Bonsignori, 2012; Bruti & Bonsignori, 2014), mentre elementi della cultura cinese hmong appaiono in Gran Torino (2008) di Clint Eastwood (cfr. Monti, 2014). Molti elementi della cultura turca caratterizzano i due film del regista tedesco Fatih Akin (cfr. Mutman, 2008): Gegen die Wand / La sposa turca (2004) e Auf der anderen Seite / Ai confini del paradiso (2006). Elementi della cultura araba e islamica, invece, si ritrovano nei due film francesi Hors la loi / Uomini senza legge (Rachid Bouchared, 2010) e Un prophète / Il

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Mamita è il nomignolo con cui il protagonista (interpretato da Adrien Brody) chiama l'amante Lupe Sino (Penélope Cruz). Alla fine del film, ormai in punto di morte Manolete chiede di poter vedere Mamita, che i presenti fraintendono credendo che l'uomo stia parlando della madre. L'appellativo allocutivo ʻmamitaʼ e le sue varianti ʻmamiʼ e ʻmamacitaʼ sono molto comuni nel mondo ispanofono, dove vengono utilizzati dagli uomini per riferirsi a donne belle e sensuali da sedurre o già conquistate (simile nell'uso all'italiano ʻbellaʼ in espressioni come “Ciao, bella!”).

profeta (Jacques Audiard, 2009), in cui sono presenti anche elementi della identità corsa (cfr. King, 2014). Infine, elementi della cultura ebraica e yiddish contraddistinguono film come O ano em que meus pais saíram de férias / L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza (2006) di Cao Hamburger, A Serious Man (2009) di Ethan e Joel Coen e Le chant des mariées / Il canto delle spose (Karin Albou, 2008). Non mancano naturalmente anche esempi di commedie che fanno perno sull'immigrazione, come per esempio Spanglish (James L. Brooks, 2004), commedie sulle quali si avrà modo di tornare nel prossimo capitolo (cfr. sezione 4.3.2). In generale, la versione italiana di film sul tema dell'immigrazione tende a mantenere inalterati gli elementi culturali specifici presenti nell'originale (cfr. Monti, 2009, 2014; Minutella, 2012; Bruti & Bonsignori, 2014).

3.3. La rappresentazione realistica di lingue e identità in film con