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4.3. Gli incontri interculturali in altre commedie multilingue fra omogeneizzazione

4.3.1. L'omogeneizzazione linguistica

Le prime due commedie del campione che hanno al centro del loro intreccio un incontro fra identità linguistiche e culturali sono The Emperor Waltz / Il valzer dell'imperatore (1948) diretto dallo stesso e I Was a Male War Bride / Ero uno sposo di guerra (1949) di Howard Hawks. I due film presentano caratteristiche simili. The Emperor Waltz, a metà strada fra la screwball comedy e la commedia musicale, è un film ambientato a Vienna nel 1901. L'americano Virgil Smith (Bing Crosby), commesso viaggiatore di fonografi, giunge alla corte dell'imperatore Francesco Giuseppe, dove conosce la contessa Johanna Augusta Franziska (Joan Fontaine) in cerca di un maschio con cui fare accoppiare la propria cagna di razza. Il bastardino dell'uomo, un simpatico fox terrier, crea scompiglio nel canile reale e avrà la meglio anche sul cane di razza dello stesso imperatore nella conquista della cagnetta. Nemmeno l'intervento di uno psicanalista riuscirà a impedire l'unione fra i due cani, unione che alla fine troverà il suo corrispettivo anche con i loro padroni che si innamoreranno a loro volta. Il riferimento allegorico a un matrimonio fra persone di estrazione sociale diversa e di nazionalità differenti (nobiltà austriaca vs. classe lavoratrice americana) è evidente e percorre tutto il film.

L'opposizione fra identità culturali, però, non passa mai attraverso la lingua: anche se le vicende sono interamente ambientate in Austria, i dialoghi sono praticamente tutti in inglese che tanto i personaggi austriaci quanto il protagonista americano parlano da madrelingua. Tantomeno si fa ricorso a un qualche tipo di accento straniero per segnalare la diversa nazionalità dei personaggi. In altre parole, le lingue della storia (tedesco, inglese e inglese L2 come possibile lingua di comunicazione fra i due gruppi) sono tutte sostituite da una sola lingua del discorso (l'inglese). Solo alcuni personaggi secondari hanno un leggero accento tedesco, come per esempio il veterinario e i due poliziotti alla locanda nelle scene che si svolgono in Tirolo. Allo stesso modo anche i due spasimanti di Johanna hanno un chiaro accento straniero (uno ungherese, l’altro spagnolo). Nella versione italiana intitolata Il valzer dell'imperatore tutti gli accenti sono stati neutralizzati, così che tutti i personaggi del film parlano in italiano standard senza nessuna traccia di accento: l'omogeneizzazione linguistica è dunque ancora più evidente rispetto all'originale.

Simile nella modalità di riproduzione delle identità e delle lingue rappresentate (l'inglese e il francese) è il film I Was a Male War Bride, commedia brillante diretta da Hawks in cui alle tematiche interculturali si intrecciano questioni legate al genere (l'umiliazione del maschio da parte della donna). I protagonisti del film sono il capitano francese Henri Rochard (Cary Grant) e il tenente americano delle ausiliarie Catherine Gates (Ann Sheridan), i quali nel corso di una rocambolesca missione che svolgono insieme in Germania alla fine della seconda guerra mondiale si innamorano e decidono di sposarsi. Quando la donna viene richiamata negli Stati Uniti, il novello speso fa di tutto pur di partire con lei, finendo con il travestirsi da donna per aggirare gli innumerevoli ostacoli burocratici che gli vengono interposti. A livello linguistico, il film sceglie la strada dell'omogeneizzazione: è praticamente tutto in inglese, con il personaggio di Cary Grant, che pur essendo francese (lo ribadisce lui stesso di continuo e lo ricorda sempre l'uniforme che indossa), parla un inglese da madrelingua e non ha nessun intonazione francese. La versione italiana segue quella originale in modo speculare.

La strada dell'omogeneizzazione è imboccata anche dal film italiano La donna più bella del mondo (Robert Z. Leonard, 1955) che narra in forma romanzesca la vita della famosa cantante lirica italiana Lina Cavalieri (1874-1944), interpretata da Gina Lollobrigida, dai suoi esordi in piccoli teatri di provincia alla sua affermazione come cantante, fino al suo matrimonio con il principe russo Sergio (Vittorio Gassman). Anche se gran parte della vicenda si svolge a Parigi, con il finale del film ambientato in Russia, tutti i dialoghi sono in italiano, che resta l'unica lingua del discorso. Interessante è il fatto che le componenti

iconografiche del film (come insegne, cartelli o titoli di giornali) sono, al contrario, più verosimilmente non in italiano, bensì nella lingua del paese in cui tali componenti sono di volta in volta originate: principalmente in francese e, con meno frequenza, in inglese (per gli articoli di giornale a diffusione internazionale), secondo una strategia di rappresentazione che seguendo Bleichenbacher (2008: 73-78) si potrebbe definirebbe di “parziale presenza” delle diverse lingue rappresentate.

Una pressoché totale omogeneizzazione sul piano linguistico caratterizza anche altri due film che sono sempre ambientanti a Parigi: An American in Paris / Un americano a Parigi (1951), commedia musicale per la regia di Vincente Minnelli, e Parigi è sempre Parigi (1951), diretto da Luciano Emmer. Il primo film racconta la storia d'amore fra il pittore americano Jerry Mulligan (Gene Kelly) e la giovane commessa francese Lise Bouvier (Leslie Caron). Nel mondo della finzione il francese appare decisamente sottorappresentato rispetto a quanto non avverrebbe nella vita reale: gli unici elementi che suggeriscono o, per dirla con Bleichenbacher (2008), “richiamano” la presenza del francese sono, da una parte, alcuni brevi scambi che avvengono in francese che rivestono un peso narrativo contenuto nell'economia del film e, dall'altro, il leggero accento straniero della protagonista femminile che comunque parla un inglese piuttosto fluente. Il doppiaggio italiano ha ulteriormente ridimensionato la dimensione bilingue del film, non solo adattando tutti i dialoghi francesi in italiano, ma neutralizzando totalmente l'accento di Lise (Lisa nella versione italiana) che parla italiano standard come tutti gli altri personaggi.

Il punto più critico nella versione italiana del film è, comunque, rappresentato dalla scena in cui il protagonista insegna ad alcuni bambini del posto qualche parola in inglese facendo ricorso a una canzone. Il breve scambio fra Jerry e questi bambini avviene in francese e la combinazione linguistica è dunque francese-inglese. Nella versione italiana, invece, il personaggio di Gene Kelly che è un americano che utilizza sempre l'italiano per comunicare con tutti, francesi compresi, si trova a questo punto a “parlare in inglese” (come lui stesso dice a una fioraia89), creando un possibile non sequitur nello spettatore più attento. Questo “pasticcio” metalinguistico che rischia di mettere a dura prova la sospensione dell'incredulità linguistica, su cui il doppiaggio si basa (cfr. in particolare Paolinelli & Di Fortunato, 2005), costituisce una scelta obbligata, dettata dalla pratica

89

Nella versione originale Jerry lo dice in francese: “Bonjour. Nous sommes très intelligents. Nous parlons en anglais!”. Nella versione italiana il passaggio è doppiato in “Buongiorno. Noi siamo molto intelligenti. Parliamo in inglese!” in modo da creare un ancoraggio testuale ed essere coerente con le parti della scena che sono cantate in inglese.

consolidata che caratterizza la traduzione del genere musical per cui le parti cantate di un film sono in genere mantenute in lingua originale (accompagnate o meno da sottotitoli in italiano).

Parigi è sempre Parigi offre uno sguardo divertito su “una piccola Italia provinciale” (Morandini, 2012) in trasferta all'estero allo snodo fra neorealismo rosa e commedia all'italiana (cfr. Giacovelli, 1995). Una comitiva di italiani arriva a Parigi per assistere alla partita di calcio Italia-Francia e si lancia alla ricerca dei piccoli piaceri offerti dalla grande città, tirando fuori il “lato migliore” dell,m 'italiano all'estero (in particolare nelle sequenze della visita ai locali notturni parigini). Nonostante l'ambientazione “esotica”, l'italianità è evidenziata all'ennesima potenza, a cominciare dalla lingua: i dialoghi del film sono praticamente tutti in italiano. Nel film le situazioni multilingue sono ridotte al minimo, con il francese decisamente sottorappresentato: qualche parola di francese viene messa in bocca di quando in quando ad alcuni personaggi del posto che entrano in contatto con il gruppo di italiani in trasferta, alcuni dei quali rivelano anche un tipico accento francese quando parlano un italiano in parte pasticciato - un miscuglio di italiano, francese e italiano francesizzato; in altri momenti il francese resta per lo più in sottofondo per creare un effetto da cartolina, per dirla con Wahl (2005, 2008). In un breve passaggio ambientato all'entrata dello stadio si utilizza addirittura la lingua corsa al posto del francese per creare una situazione di parziale confusione linguistica senza però compromettere la comprensione da parte dello spettatore, questo in virtù della grande affinità e dell'alto livello di intelligibilità di fra corso e italiano. Ricorrere a dialoghi in una lingua secondaria che contengano parole imparentate a quella dello spettatore o espressioni di facile comprensione, come spesso avviene in questo film, risulta una strategia piuttosto consueta nel cinema multilingue (cfr. in particolare Bleichenbacher, 2008: 178-180; ma anche O’Sullivan, 2011).

L'omogeneizzazione linguistica con una presenza solo limitata di situazioni multilingue si ritrova anche in altre commedie che mettono in scena un incontro interculturale: tre commedie americane interamente ambientate in Italia come Beat The Devil / Il tesoro dell'Africa90 (John Huston, 1953), Buona Sera, Mrs. Campbell / Buonasera, signora

90

Il doppiaggio italiano d'epoca non è più disponibile. Il film è stato ridoppiato per la distribuzione sul mercato dei DVD (Sinister Film, 2011). In questa nuova versione il chiaro accento che i personaggi italiani possiedono quando parlano inglese è stato in genere neutralizzato, tranne nel caso del proprietario del ristorante Le Blue Pavillon che ha un leggero accento francese (sic) e usa gli allocutivi Monsieur e Madame. Il maggiore Ross (Ivor Barnard) è diventato tedesco: non solo parla un italiano con “tipico” accento tedesco, ma dice anche brevi frasi in tedesco (inserite ex novo). Un'altra trasformazione di identità coinvolge la nurse della protagonista Gwendolen (Jennifer Jones) che per ben due volte da spagnola (“my old Spanish nurse”)

Campbell (Melvin Frank, 1968) e It Started in Naples / La baia di Napoli (Melville Shavelson, 1960). L'italianità nel film è conservata attraverso l'ambientazione e l'atmosfera (scenografia, costumi, situazioni), ma la lingua è sostituita quasi interamente dall'inglese che gli attori italiani in genere parlano in modo fluente, ma con un leggero accento e che viene accompagnato da una gestualità e da una mimica squisitamente “locale”. A cominciare dalle interpreti femminili, Gina Lollobrigida nei primi due film e Sophia Loren nel terzo.

Un meccanismo simile agisce anche in tre film italiani in cui i protagonisti si recano in un paese straniero (rispettivamente il Regno Unito, gli Stati Uniti e l'Angola): La ragazza con la pistola (1968) e La mortadella (1972) diretti da Mario Monicelli, Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968) di Ettore Scola. Vale la pena sottolineare il fatto che mentre nella prima parte de La ragazza con la pistola i personaggi britannici con cui la protagonista Assunta (Monica Vitti) si relaziona parlano in italiano con tipico accento inglese, man mano che la vicenda procede gli altri personaggi britannici (primo fra tutti, il Dr. Osborne alias Stanley Baker) lo parlano invece in forma standard senza accento, a segnalare che la lingua del discorso (l'italiano) sostituisce la lingua della storia (l'inglese).