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I BISOGNI DEGLI UTENT

3.3.10 FLESSIBILITà, ADATTABILITà, TEMPORANEITà

Nella città contemporanea sono diventati importanti tre concetti tra loro fortemente interconnessi: flessibilità, adattabilità e temporaneità. Sempre più spesso le ammi- nistrazioni chiedono ai progettisti uno spazio pubblico flessibile, frequentemente gli spazi pubblici che resistono sono quelli più facilmente adattabili e sono in aumento le progettazioni temporanee e low-cost.

Flessibilità

La flessibilità riguarda la capacità di uno spazio di far fronte adeguatamente a solle- citazioni esterne, note o imprevedibili. Le amministrazioni comunali (e in generale il settore pubblico) solitamente pensano di costruire uno spazio che abbia una funzione ben definita; è invece importante che gli spazi siano flessibili e che abbiano la possi- bilità di cambiare e adattarsi alle situazioni. Flessibilità non è progettare il luogo per tutte le funzioni individuabili, ma capacità di rispondere anche a ciò che non è preve- dibile. Inoltre spazi pubblici molto ben riusciti hanno la capacità di ospitare il singolo come la massa: di non sembrare vuoti quando vengono occupati da una sola persona, di non essere congestionati quando in molti vi convergono.

Una carta vincente per le città contemporanee è la capacità di rispondere alle diver- se esigenze di utilizzo degli spazi e al contempo assorbire i cambiamenti. Con que- sto si intende che, ad esempio, una piazza è utilizzata una volta a settimana per il mercato, due volte al mese per mostre ed eventi, e una volta all’anno per concerti, oppure che una strada alla domenica viene chiusa al traffico e attrezzata con banca- relle, ma al lunedì mattina è già di nuovo aperta e rispondente al traffico veicolare. La maggior parte degli spazi è utilizzata in modo differente nelle diverse ore del giorno: basti pensare che i bambini e i ragazzi la mattina solitamente sono a scuola, mentre i lavoratori spesso escono solo agli orari della movida. Riuscire a rispondere a diversi utenti e utilizzi contemporaneamente e/o nell’arco della stessa giornata è un fatto importante per uno spazio pubblico.

Molto spesso inoltre, a causa di progetti troppo rigidi, taluni siti risultano incompa- tibili con lo svolgimento di eventi e manifestazioni che richiedono strutture tempora- nee aggiuntive.

Adattabilità

L’adattabilità è la capacità di uno spazio di lasciarsi modificare nel tempo per rispon- dere a sopraggiunte esigenze e necessità. «[...] la linea di demarcazione oltre la quale siamo obbligati a ripensare il ruolo del progetto non passa tanto tra architettura e Figura 153. Milano, Piazza Duomo cambia faccia a seconda della necessità d’uso @DC.

urbanistica, ma tra problemi semplici e complessi, contesti stabili e instabili, progetti il cui scopo è quello di una sistemazione di esigenze già tutte chiare e manifeste e pro- getti per i quali la dimensione evolutiva è centrale» [Balducci, 1996].

Questo non è un concetto nuovo: «La genesi di una piazza storica, come piazza Navo- na a Roma, piazza del Campo a Siena, o piazza Prampolini a Reggio, è frutto di un lun- go dialogo tra forma e vita. Come sempre è la vita che continua a mettersi a confronto con le possibilità del tessuto urbano. La forma della piazza è in ogni caso una risposta alle abitudini sociali. Quindi la piazza che funziona è quasi sempre un adattamento a una situazione» [Ingersoll, 2008]. Gehl e Gemzoe [1996, p. 79] sottolineano come, mentre la struttura fisica del centro storico di Copenhagen è rimasta sostanzialmen- te invariata, l’immagine e le funzioni che vi si svolgono sono cambiate radicalmente, insieme alla società. «Places which continue to succeed despite changes in economic conditions, technology and culture do so because their built form is itself mixed and/ or highly adaptable63» [1998, p. 106].

Gli spazi più adattabili sono quelli che meglio affrontano i cambiamenti, e secondo Carmona potrebbero essere questi i migliori spazi pubblici: «[...] one method to mea- sure success will be longevity, implying that those spaces that are most adaptable and amenable to change are the most successful64» [Carmona, 2012, p. 282]. Carmona

continua sottolineando che di certo le eccezioni non mancano e la varietà di casi che dimostrano o smentiscono questa affermazione è ampia; in ogni caso la capacità di adattamento di uno spazio è un fattore importante, come dimostrano le garden squa- res, nate come parcheggio per le carrozze, mutate in giardini privati per le famiglie benestanti, e ora (per lo meno alcuni) diventati parchi pubblici [2012, p. 284]. I vantaggi dei cambiamenti graduali

Sotto un altro punto di vista, l’adattabilità - intesa come capacità di adattamento - si può riferire anche alla popolazione, che talvolta ha bisogno di cambiamenti gradua- li. La vicenda della pedonalizzazione del centro storico di Copenhagen raccontata da Gehl e Gemzoe [2000, pp. 52-59] offre un ottimo esempio di questo.

Fino agli anni Sessanta, tutte le strade e le piazze di Copenhagen erano usate intensa- mente per il traffico automobilistico e per il parcheggio. La pedonalizzazione cominciò

63 “I luoghi che continuano a funzionare nonostante i cambiamenti nelle condizioni economiche, nella tecnologia e nella cultura lo fanno perché la loro forma costruita è essa stessa data dalla combinazione di multiple funzioni e/o altamente adattabile” (traduzione dell’autore).

64 “un metodo per misurare il successo [di uno spazio pubblico] sarebbe la longevità, implicando che quegli spazi

come esperimento con la strada principale, Strøget (1,1 km), nel 1962. Il dibattito, animato, cominciò molto prima della conversione della strada: molti pensavano che le strade pedonali non avrebbero mai funzionato in Danimarca (il motto era: “siamo danesi, non italiani”), sarebbero diminuiti i clienti nei negozi, e di conseguenza mor- to il commercio. Queste critiche erano supportate dal fatto che non c’era tradizione di vita pubblica all’aperto in Scandinavia.

Strøget diede subito prova di essere un grande successo come strada pedonale e si capì che un ambiente senza traffico incrementa notevolmente il volume d’affari. Pro- gressivamente il centro venne chiuso alle automobili e furono ridotte le possibilità di parcheggio, mentre venivano create condizioni per un miglior traffico pedonale e ciclabile.

La gradualità dell’espansione aveva tre vantaggi: i residenti hanno avuto il tempo di sviluppare una cultura urbana completamente nuova, scoprire e sviluppare nuo- ve opportunità; gli automobilisti hanno avuto tempo di abituarsi all’idea che stava diventando sempre più difficile guidare e parcheggiare nel centro città (i parcheggi nel centro storico sono stati ridotti del 2-3% ogni anno e il parcheggio reso sempre più caro), ma molto più facile utilizzare la bicicletta o il trasporto pubblico; era più facile per i politici prendere molte piccole graduali decisioni, anche grazie al successo delle misure precedenti. La graduale trasformazione della città dalla cultura dell’au- tomobile a quella del pedone ha reso possibile un graduale sviluppo di vita cittadina e di cultura cittadina. I cittadini si sono abituati alle nuove possibilità e hanno avuto il tempo e l’opportunità di sviluppare la versatile vita pubblica ora caratteristica di Copenhagen65.

65 Dal 1968 il Centre for Public Space Research presso la Scuola di Architettura di Copenhagen ha regolarmente registrato come lo spazio pubblico è utilizzato e altri studi (specialmente nel 1968, nel 1986 e nel 1995). Le conside- razioni derivate dagli studi sono state riportate nel libro “Public Space – Public Life, Copenhagen 1996”. Gli studi del 1968 mostrano che le strade pedonali erano popolari per lo shopping e il passeggio. Quando i primi musicisti di stra- da iniziarono ad esibirsi lungo queste strade (sfruttando l’assenza del traffico automobilistico) furono cacciati dalla polizia: si supponeva che le persone si recassero in questi luoghi per acquistare. Gli studi del 1986 mostrano la cre- scita di una nuova e più attrattiva cultura urbana, con la partecipazione di molte più persone. Lo spazio libero dalle automobili era diventato la più grande arena pubblica della nazione: un luogo che non richiede biglietto di ingresso, dove ciascuno può partecipare, intrattenere gli altri o essere intrattenuto. Le ricerche del 1995 mostrano che questo sviluppo è continuato e sono cresciute in particolar modo le attrezzature per le attività ricreative. Non è cambiato tanto il numero delle persone che si recano in questi spazi (che fin da subito sono stati pieni) ma si sono sviluppate tantissimo le attività non connesse al camminare (attività stazionarie e ricreative). Allo stesso tempo si è sviluppata la cultura dei bar e dei caffè: negli anni Sessanta i bar all’aperto erano praticamente sconosciuti a Copenhagen, men- tre oggi ci sono più di 5000 sedute ai tavolini, e nelle belle giornate sono tutte occupate. Il livello e la varietà delle attività nel centro di Copenhagen d’estate raggiunge livelli non ipotizzabili trenta anni fa, smentendo gli scettici che affermavano che i danesi non avrebbero mai utilizzato gli spazi pubblici. Il clima non è sicuramente dei più favorevoli, ma quando gli abitanti hanno cominciato a godersi gli spazi pubblici, la stagione per stare all’aperto si è sempre più

Temporaneità

«La contemporaneità non crede ad una condizione duratura delle proprie creazioni» [Moneo, 2005].

«[...] l’assenza di un progetto di spazio, è conseguente alla incapacità di immaginare un progetto in senso complessivo: il progetto di spazio è legato al progetto del tempo lungo, della tramandabilità, della prefigurabilità di una vita futura. [...] se risulta chia- ro come la perdita di una prospettiva certa e lineare del tempo che lega il presente al passato e al futuro, sia conseguente alla impossibilità di prevedere con certezza il tempo a venire, si innesta in maniera altrettanto evidente in questa situazione di profonda messa in discussione delle stesse condizioni umane di sopravvivenza, la spinta vitale e inarrestabile verso un desiderio di progetto che possa gestire proprio la imprevedibile varietà del domani. Vale a dire che il progetto assume la valenza di prefigurazione di un cambiamento a partire da una situazione di crisi verso un’altra situazione di probabile crisi» [Di Franco, 2008, pp. 7-8].

Con il termine “temporaneo” si fa riferimento a un progetto dal principio ideato per essere limitato nel tempo, la cui vita può variare notevolmente: da un’installazione effimera di qualche ora, a un allestimento dello spazio di qualche giorno o settima- na, fino a sperimentazioni low-cost destinate a una durata limitata (qualche mese, qualche anno) per i materiali poco durevoli utilizzati.

Progetti di questo tipo possono avere finalità differenti: microinterventi pop-up, come quelli del Park-ing day, mirano a risvegliare l’interesse dei cittadini nei confron- ti degli spazi pubblici, mostrando un’alternativa alla città fatta di parcheggi. Il Park- ing day, nato a San Francisco agli inizi degli anni 2000, ora è diffuso in tutto il mondo. Per un giorno gli spazi di sosta sono invasi dai pedoni e divengono parchi, piazze e aree gioco. Su questa linea è anche il Public Design Festival di Milano, in concomitan- za con il Salone del Mobile: si offre ai cittadini un’esperienza assolutamente diversa della città, con una implicita riflessione sui modi di vivere la città.

«Lo spazio pubblico contemporaneo, quello della società di massa, sempre più ne- cessita di forme per definire ed esaltare eventi effimeri. Il nostro vivere sociale ine- vitabilmente tende a produrre situazioni incentrate sulla aggregazione dipendente dallo spettacolo; la nostra società di minoranze si ricompatta proprio durante questi eventi e l’architettura si presta a dar forma a questo bisogno. Il fenomeno è così insito nel nostro tempo che alle volte si realizza senza un programma prestabilito, allungata e ora dura sette mesi, dalla primavera al tardo autunno (e alcuni parlano addirittura di arrivare a Natale).

Figura 157. Roma, Parco Fe- ronia, area relax @DC. Figura 158. Time Square pri- mavera 2009 [Gehl, 2013]. Figura 159. Time Square estate 2009 [Gehl, 2013], in- tervento realizzato secondo la strategia LQC, “Lighter, Qui- cker, Cheaper”.

Figura 156. Differenti instal- lazioni temporanee durante il Public Design Festival (Mi- lano) www.publicdesignfesti- val.org @PublicDesignFesti- val.

Figura 155. Saint-Denis (Pari- gi), Piazza Jean Jaurès: «è un ampio spazio libero dedica- to al mercato tre giorni alla settimana, per il resto è uno spazio per la gioventù e per eventi e spettacoli. [...] Un pa- vimento policromo adotta un linguaggio che ‘descrive e tra- duce’, riproducendo sul suolo la forma in pianta dell’antica fiera del Lendit, che occu- pava questo spazio in epoca medievale, il contrappeso laico e profano alla basilica». www.francozagari.it

come colonizzazione spontanea dei luoghi che vengono riadattati per l’occasione senza un progetto predefinito. L’architettura a zero cubatura da sempre si occupa degli spettacoli a cielo aperto. Sin dagli inizi, il Moderno ha realizzato architetture effimere, manifestando nei confronti di queste ultime una particolare attrazione. La novità degli ultimi decenni è che è sempre più presente la volontà di somatizzare questi eventi, quasi nell’ipotesi, propria dell’utopia pop, di abbattere la distanza tra progetto e la sua fruizione» [Aymonino, Mosco, 2006, p. 361].

Progetti low-cost possono essere frutto di rivendicazioni cittadine, o semplicemente dichiarano la voglia di utilizzare uno spazio più o meno abbandonato anche in tempi di risorse economiche limitate. Per citare alcuni esempi “Eco-box” costruito nel 2001 a La Chapelle in Francia; LentSpace a New York nel 2009; “Parchetto Feronia” nel quartiere di Pietralata a Roma nel 2013 (vedi figura 157). Esperienze light o tempo- ranee sono fondamentali perché cercano di coltivare – quando non proprio di risve- gliare – la cultura dello spazio pubblico.

Le esperienze fin ora citate hanno tutte carattere di temporaneità, e non sempre permettono di avviare operazioni di una certa complessità così come di intraprende- re processi di monitoraggio strutturati. Vedere la città con occhi differenti, invadere gli spazi destinati al parcheggio o al traffico veicolare e utilizzarli in modo differente, attrezzarli con piccoli arredi anche autocostruiti, possono essere i primi step di un percorso maggiormente strutturato.

Le sperimentazioni a basso costo possono essere il primo passo di un processo più complesso, atto a verificare la risposta delle persone al progetto. Un esempio par- ticolarmente interessante è la strategia “Lighter, Quicker, Cheaper” (LQC) di Project for Public Spaces (PPS). LQC è una strategia di sviluppo locale a basso rischio e a bas- so costo, che sfrutta l’energia creativa di una comunità per generare efficentemen- te nuovi usi e rivitalizzare gli spazi. LQC può prendere numerose forme, richiedere quantità variabili di tempo, denaro e sforzi, e lo spettro degli interventi deve essere visto come mezzo iterativo per costruire cambiamenti duraturi. Spesso LQC inizia con installazioni e Public Art, seguiti da eventi e piccoli interventi, che conducono a sviluppare strategie per un cambiamento sul lungo termine. È infatti possibile osser- vare come le persone utilizzano lo spazio, e comprendere le loro vere esigenze, pri- ma di procedere con il progetto definitivo. Questi progetti offrono un potente mezzo di traduzione delle visioni degli stakeholders in realtà fisica; in questo modo il rischio di insuccesso del progetto a lungo termine è minimizzato.

3.4 AFFERRARE LA POETICA