I BISOGNI DEGLI UTENT
MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL PROGETTO
3.6 AlCuNE CONSIDERAzION
3.6.2 INtEGRAzIONE E SPECIAlIzzAzIONE
Un elemento ricorrente di tutto il capitolo è il tema dell’integrazione. La Convenzione del Paesaggio [2000] al punto 5.d conferma la necessità di «integrare il paesaggio 115 “I luoghi non sono solo uno spazio specifico, ma tutte le attività e gli eventi che lo rendono possibile” (tradu- zione dell’autore). Buchanan sottolinea l’importanza della molteplicità di uso e non si riferisce solo alle attività previste dal progetto, ma alla vita del luogo nel suo complesso.
Figura 251. Ecological planning model, Steiner [2008, p. 11].
Figura 252. Disegno di Henriette Vamberg che presenta graficamente il processo progettuale di uno spazio pub- blico (Gehl Architects, How to study public life).
nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere cul- turale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle altre politiche che possono avere un’incidenza diretta o indiretta sul paesaggio».
«Non è solo lo zoning che ha prodotto questa schizofrenia urbanistica. I protocol- li legislativi e amministrativi operano tutti per addizione, senza alcun dialogo: un lampione non saprà mai nulla dell’albero accanto a cui è posto, né della strada che illumina, né tantomeno sarà collocabile rispetto agli altri arredi. Il metodo paesaggi- stico non segue una concatenazione deterministica dal generale al particolare come quella piano-progetto adottata negli ultimi decenni; è invece per sua natura intersca- lare, procede rispetto a un determinato intorno per sistemi di elementi, che possono anche essere parziali e discontinui, purché siano capaci di articolare un luogo con ordine sintattico percepibile. Dimensioni, scale di intervento, materiali e tecniche costruttive, comportamenti richiedono sempre di più competenze particolari. E che dire della storia?» [Zagari, 2006, pp. 25-26].
L’integrazione deve venire anzitutto tra grammatica, poetica e opportunità d’uso all’interno del progetto, che deve ben bilanciare queste componenti e comporle se- condo le necessità del contesto e la disponibilità economica. Queste componenti si influenzano continuamente a vicenda: ad esempio la potatura degli alberi appartie- ne alla manutenzione programmata (che rientra nel tema delle opportunità d’uso), ma influisce sulla grammatica (es. ombreggiatura e benessere termico).
«la riduzione dell’accessibilità a questione sociale particolare ha favorito la diffu- sione di eccessi di specializzazione funzionale e difetti di integrazione morfologica degli interventi mirati al cosiddetto “abbattimento delle barriere architettoniche”. Più che un’evoluzione del progetto, si è avuta un’addizione delle sue ottemperanze tecnico-giuridiche» [Paolinelli, in corso di pubblicazione]. Piani e progetti per l’ac- cessibilità - e non solo quelli - devono rispettare le caratteristiche dei luoghi in cui si collocano. «Si tratta dunque di pensare e costruire condizioni, luoghi e cose che con- servino queste qualità diverse e sostengano transizioni verso livelli minimi necessari di specializzazione e livelli massimi possibili di integrazione dei funzionamenti e delle rather than Exposed, at ease rather than stressed. Relph suggests that the more profoundly inside a place a person feels, the stronger will be his or her identity with that place. On the other hand, a person can be separate or alien- ated from place, and this mode of place experience is what Relph calls outsideness. Here, people feel some sort of lived division or separation between themselves and world—for example, the feeling of homesickness in a new place. The crucial phenomenological point is that outsideness and insideness constitute a fundamental dialectic in human life and that, through varying combinations and intensities of outsideness and insideness, different places take on different identities for different individuals and groups, and human experience takes on different qualities of feeling, meaning, ambience, and action» [Seamon, Sowers, 2008, pp. 45].
forme degli spazi aperti» [Paolinelli, in corso di pubblicazione].
I numerosi riferimenti incrociati all’interno del testo sono solo un esempio delle re- lazioni tra i differenti temi esposti: a titolo esemplificativo si riporta un esempio di integrazione tra il tema dell’accessibilità e quello della sicurezza urbana: passaggi e rampe per i disabili devono essere progettati tenendo conto anche della prevenzione della criminalità (CPTED); devono essere quindi visibili da strade, negozi e finestre, avere parapetti trasparenti ed essere bene illuminati. Allo stesso modo, la disposizio- ne dei corpi illuminanti non deve disturbare la vegetazione. Alcuni temi si pongono a cavallo tra due componenti, come ad esempio gli eventi, che necessitano di uno spazio con una conformazione fisica sufficientemente flessibile per accoglierli, e di una gestione dell’evento stesso e delle interferenze che questo potrebbe avere sul resto della città e dei cittadini (l’evento deve convivere il più pacificamente possibile anche con chi non vi prenderà parte, evitando di generare disagi).
Un secondo passaggio è il contrasto alla specializzazione funzionale delle compo- nenti dello spazio pubblico, che va di pari passo con il concetto di diversità, perché laddove c’è specializzazione funzionale c’è omogeneizzazione locale. Osserva Whyte: «Alcune delle caratteristiche più utili degli oggetti di arredo stradale funzionano me- glio fuori da ciò che era stato previsto dal progetto. [...] Molte di queste attrezzature non sono pianificate. Perché non pianificarle?» [Whyte, 1988, p. 102].
Prendiamo come esempio uno dei componenti dello spazio pubblico più diffusi: la panchina116. Abbiamo visto nel paragrafo 3.3.8 la differenza tra sedute primarie e se-
condarie: c’è molta differenza tra uno spazio disseminato di panchine vere e proprie, e uno che mette a disposizione moltissimo spazio sedibile attraverso bordi di fon- tane, muretti e altri dispositivi. Il contraltare del cornicione di Palazzo Strozzi è una seduta, quando non vi è gente seduta lo si percepisce come parte dell’edificio, ma è sempre disponibile come spazio sedibile. Se ben pensate in relazione al contesto, le sedute possono diventare un connotato identitario dello spazio: si pensi al Jardin des Tuileries a Parigi, con le sedie disposte in ordine sparso. Le stesse sedie in un conte- sto differente potrebbero dare un senso di degrado o di anarchia.
In ogni caso si ricorda che il tema non è mai semplice, continuando con l’esempio si ricorda che gli anziani richiedono panchine comode, dotate di sedute e possibilmen-
116 Un altro iconema della specializzazione funzionale sono i gradoni delle arene, che negli ultimi anni sono state costruite in moltissimi spazi pubblici: quando non sono utilizzati incutono disagio, trasmettono un senso di non funzionamento e di degrado del luogo. La stessa cosa realizzata tramite una leggera inclinazione e un movimento di terra permette comunque d’estate di fare piccoli spettacoli, ma quando non è in uso la si legge come movimento di terra.
te anche di braccioli, e che - come loro - non tutti sono disposti ad adattarsi a sedute più informali. Quello che si richiede è un approccio più integrato al progetto dove le preoccupazioni ecologiche, economiche, tecnologiche, sociali e culturali siano com- binate nel processo di costruzione dello spazio aperto.
«Per risolvere i formidabili problemi della città non c’è bisogno soltanto della solita squadra di esperti - urbanisti, architetti, ingegneri di tutte le specializzazioni, economisti, specialisti dell’amministrazione e applicazione della giustizia, esperti del traffico e dei trasporti, educatori, legali, studiosi di sociologia e di politica -, ma anche di un nuovo gruppo di scienziati. Psicologi, antropologi ed etologi non sono quasi mai chiamati a far parte, in posizione preminente, delle commissioni per il piano regolatore della città, come invece sarebbe necessario. [...] Gli urbanisti, una volta che hanno preparato dei piani validi e realizzabili, non devono essere costretti ad assistere allo scempio e al tradimento della propria opera, così spesso permesso per ragioni politiche o di convenienza e interesse» [Hall, 1966 ed. 1968, p. 223]. Il progetto deve essere qualcosa di più della somma dei diversi temi illustrati nel capitolo. Stiles afferma che la riqualificazione di uno spazio esistente o il progetto di un nuovo spazio pubblico non sono solo questione di selezionare tra i diversi temi quelli più rilevanti per il sito, e metterli insieme. È necessario organizzare e comporre le differenti componenti spaziali e funzionali in un concept di progetto organico, fun- zionale e piacevole, assicurandosi che le funzioni compatibili siano vicine, e quelle eventualmente conflittuali il più separate possibili. La considerazione delle caratte- ristiche spaziali, delle funzioni degli spazi aperti, delle necessità di tutti i possibili utenti attuali e futuri, e dell’identità del luogo comportano un processo iterativo e il continuo alternarsi di momenti di progettazione, di revisione e di modifica. Il mo- mento più importante dell’intero processo progettuale è proprio l’integrazione di tutte le considerazioni in un singolo concept spaziale, che dovrebbe soprattutto in- corporare e trasmettere significati, e soddisfare le necessità e i desideri gli utenti. La Convenzione Europea del Paesaggio pone l’accento nello stesso modo sugli aspetti fisici e percettivi del paesaggio. Questa è una delle sfide più ardue per il progettista, che deve integrare sia gli aspetti materiali che quelli immateriali in una narrativa co- erente e convincente, che deve essere capace di trasmettere significati a un gruppo di stakeholders più ampio possibile. Il significato emerge dal rapporto tra gli utenti e il sito: quello che il progettista deve fare è generare il potenziale perché il significato emerga, e il miglior modo per raggiungere questo risultato è forse assicurarsi che il progetto del sito sia strettamente connesso al suo contesto [Stiles, 2010, p. 46].