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I BISOGNI DEGLI UTENT

3.5 OPPORTUNITà D’USO

3.5.1 ORDINE E DISORDINE

Uno dei temi più complessi da affrontare è la ricerca dell’equilibrio tra sicurezza e spontaneità negli spazi pubblici. Montgomery [1998] afferma che la città non deve mai essere completamente prevedibile, troppo “sicura” o igienizzata (“sanitized”). In- vece di ordine visivo e certezza, i luoghi che funzionano bene permettono un certo grado di incertezza, disordine e caos. Ordine e disordine, pertanto, invece di essere opposti diventano parte di una stessa equazione: un’equazione non lineare che certa- mente dovrà essere ben gestibile, ma mai prevedibile.

Il tema della sicurezza può essere affrontato con l’approccio CPTED - e successive de- clinazioni (vedi paragrafo 3.3.5) - stando comunque attenti a non generare spazi sicuri ma insipidi e noiosi. Un altro modo di affrontare il tema è attraverso la sorveglianza, e si possono prevedere diverse modalità secondo le caratteristiche specifiche di uno spazio:

• sorveglianza spontanea: controllo informale esercitato dalle persone stesse; • sorveglianza formale: polizia, vigilanza privata, ecc.;

• sorveglianza tecnologica: strumenti o sistemi tecnologici utilizzati per monitorare e difendere uno spazio. Riguarda principalmente i sistemi di videosorveglianza, ma anche gli strumenti di controllo degli accessi o di difesa passiva, quali gli allar- mi.

In ottica di salvaguardare un buon equilibrio tra sicurezza e spontaneità, sicuramente il miglior approccio è la sorveglianza spontanea. «Il controllo spontaneo dipende dalle caratteristiche dello spazio, tuttavia è possibile prevedere strumenti per rafforzarlo quali, ad esempio, l’attivazione delle reti di vicinato o specifiche attività (feste di quar- tiere, ecc.). La sorveglianza spontanea va tuttavia trattata con cautela: il senso di ap- partenenza può portare ad un’appropriazione degli spazi da parte di un solo gruppo di utilizzatori, a danno degli altri e dell’idea stessa di spazio condiviso. Allo stesso modo, la ricerca di alta densità d’uso per incentivare il controllo spontaneo può portare an-

Regolamenti

Ogni spazio pubblico è dotato di una qualche forma di regolamento, che può essere di carattere generale (nazionale, comunale) o specifico del sito (es. divieti specifici affissi nello spazio). I regolamenti possono limitare notevolmente le attività, le funzioni e i comportamenti nello spazio pubblico, arrivando anche contraddire la conformazione fisica e le caratteristiche dello spazio.

L’accettabilità sociale - e di conseguenza i regolamenti - possono subire trasforma- zioni sia in senso permissivo sia restrittivo, sulla base del “clima” politico dominante, sensibile alle pressioni dell’opinione pubblica e alla logica del consenso elettorale. Un esempio in senso restrittivo lo vivono numerose città italiane da quando, a partire dal 2008, i sindaci hanno emesso ordinanze, motivate da ragioni di ordine pubblico, di sicurezza e di “decoro”, che impediscono di sedersi sui gradini di chiese ed altri edifici pubblici, di consumarvi cibo, oppure di bere in piazza da contenitori di vetro senza essere seduti ad un bar, o ancora di sostare ai giardini pubblici se si è in gruppo. Carmona [2012, pp. 284-285] suggerisce l’opportunità di adottare una Charter for Pu- blic Space Rights and Responsibilities a Londra - e non solo (vedi figura 192, p. 116). Questa carta si applicherebbe a tutti gli spazi pubblici, sia a quelli esistenti che a quelli previsti, che una persona ragionevole considererebbe come pubblici, che siano di pro- prietà pubblica o privata. Questo coprirebbe tutti gli spazi che durante il giorno sono (di solito) aperti e con libero accesso.

Il loose space

In un sistema di spazi pubblici non può mancare qualche loose space, espressione difficilmente traducibile in italiano. «Uno spazio loose è uno spazio sciolto, non imbri- gliato, libero, indefinito e in quanto tale passibile di una pressoché infinita varietà di significati ed usi» [Forni, 2010, p. 71]. Garantire e potenziare il carattere loose degli spazi pubblici «non si tratta di impresa facile, se non altro perché i benefici insiti ne- gli spazi loose non sono tanto evidente quanto i rischi, enfatizzati generalmente dai cittadini e dalle autorità municipali. Ciò trova una chiave di spiegazione proprio nel carattere multiforme, imprevedibile, incompiuto, che contrasta con il comune senso di bellezza, ordine, sicurezza e con il correlato valore immobiliare di una zona. Proprio sul terreno della bellezza gli spazi loose giocano a mio avviso un ruolo particolarmen- te innovativo: ci aiutano a prestare attenzione a ciò che va oltre i consolidati i con- fini dello sguardo e avere il coraggio di fare esperienza di mondi e spazi alternativi, percorrendoli, attraversandoli, per scoprire anche una bellezza “altra”. [...] In effetti, requisito e conseguenza degli spazi loose è la libertà. Essi offrono un’ampia gamma di Figura 192. “Charter for Public Space Rights and Responsibilities”, proposta di Matthew Car-

possibilità di espressione e di azione: politica, economica, culturale, artistica, perfino di mera sopravvivenza, quando, ad esempio, consentono ad un homeless di trovare un riparo per la notte, ad un esperto di giardinaggio di coltivare l’insalata in uno spiazzo erboso, e così via» [Forni, 2010, pp. 71-82].

L’esclusione delle attività moleste: adolescenti e skatepark

«[the] recent economic and political restructuring has created strict regulatory re- gimes to combat an unprecedented preoccupation with perceived and real security and “order”89» [Németh, 2011, p. 298]. Alcuni autori, riferendosi alla città americana,

sostengono che la crescente presenza di gated communities e suburban enclaves ri- sponda al desiderio di ordine e normalità nella vita quotidiana [Blakely, Snyder, 1997; Low, 2003]; ma si trova rispondenza di questo anche negli scritti di Carmona relativi a Londra e all’Inghilterra [Carmona, 2010a].

Il desidero di ordine si ritrova in parchi, piazze e strade: i pubblici ufficiali e i progettisti spesso privilegiano una particolare visione dello spazio pubblico e delle funzioni che vi si devono svolgere. È il caso dell’esclusione dello skateboard, spesso bandito dagli spazi pubblici attraverso norme e regolamenti, talvolta su tutto il territorio comunale [Strauss, 2002].

L’esempio dello skateboard bandito da LOVE Park a Philadephia nel 2003 è esem- plare; gli skateboarders sono stati riallocati al FDR Skatepark a South Philadelphia, e allontanati dal centro della città. «The story of LOVE Park is about much more than skateboarding. Rather, it is an important case with deep implications for how the uses and users of public space are treated in cities. [...] It is important to make clear that this issue has become so controversial and divisive because LOVE Park is the nexus of multiple groups, including homeless persons, skateboarders, local employees and tourists (Stratford, 2002). By defending the presence of certain groups while denying access to others, the City has prescribed a more narrow definition of the appropriate public for this public space90» [Németh, 2011, p. 315].

La storia di LOVE Park è indicativa del trattamento dei giovani negli spazi pubblici: 89 “La recente riconfigurazione economica e politica ha generato rigorosi regimi normativi per combattere una preoccupazione senza precedenti per la sicurezza reale e percepita e l’ordine” (traduzione dell’autore).

90 “La storia di LOVE Park va molto oltre allo skateboarding. Piuttosto, si tratta di un caso con profonde implicazio- ni su come gli usi e gli utenti vengono trattati nelle città. È importante chiarire che la questione è stata così controversa e dibattuta perché LOVE Park connette numerosi gruppi, inclusi senzatetto, skateboarders, impiegati e turisti. Difen- dendo la presenza di certi gruppi e negando l’accesso ad altri, la città ha prescritto una definizione più ristretta del pubblico appropriato per questo spazio pubblico” (traduzione dell’autore).

Figura 193. Macba, Barcellona. Nonostante il prestigio del museo, non si notano restrizioni nel suo intorno. I ragazzi sono liberi di utilizzare gli skateboards, e il forte grado di libertà è dimo- strato anche dalla presenza di alcuni clochard. Lo spazio mostra una grande varietà (di persone, di utilizzi, di edifici, ecc.) @DC.

Figura 197. Lugano, una par- tita a scacchi lungo la Rivetta Guglielmo Tell richiama un gran numero di passanti @ DC.

Figura 198. Carpi, chiacchie- re in piazza @DC.

Figura 199. Lugano, Piazza Marconi, spettacolo folclori- stico @DC.

Figura 194. Lugano, Piazza Marconi, una partita al gioco degli scacchi tra sconosciuti @DC.

Figura 195. Modena, in occa- sione di un processo parteci- pativo sul futuro del Villaggio Artigiano, l’attività di disegna- re insieme le proposte funge da collante tra i diversi citta- dini @DC.

Figura 196. Madrid, alcuni artisti all’opera sono poten- zialmente una eccellente atti- vità triangolante@DC.

gli spazi pubblici sono spesso visti come spazi per gli adulti, e a farne le spese sono adolescenti e bambini [Churchman, 2003]. LOVE Park era un luogo essenziale per gli adolescenti: «It was a place where teens could hang out without adult supervision, a place to see others and be seen91» [Németh, 2011, p. 308]. Era uno spazio dove i gio-

vani potevano sfuggire all’irreggimentazione della scuola o della vita domestica; in questo modo gli adolescenti imparavano e interiorizzavano competenze sociali vitali e costruivano culture sociali autonome [Katz, 2006, p. 115]. Questi spazi non istitu- zionalizzati e per il gioco libero stanno diventando rari; la maggior parte dei giovani oggi incontra i coetanei solo nei dopo-scuola e nei centri sportivi organizzati. Questi ambienti controllati e giochi supervisionati rappresentano altri siti «in the social and cultural landscape of childhood where adults try to shape children’s use of space92»

[Smith and Barker, 2000, p. 246].

Bisognerebbe invece permettere a bambini e adolescenti di scoprire e dare forma al loro ambiente di gioco, mentre i genitori stanno rubando ai bambini l’opportunità di sviluppare la propria comprensione del loro ambiente [Valentine, 2004, p. 74]. Studi hanno dimostrato che gli adolescenti e i teenagers preferiscono appropriarsi del proprio spazio invece di quello «formally designated and provided play site[s]» [Valentine, 2004, pp. 75–76]. Nonostante LOVE Park fosse stato progettato da archi- tetti e pianificatori con lo scopo di offrire un luogo per il relax, gli skaters lo avevano trasformato in uno spazio di creatività ed esplorazione e un’importante icona per i giovani. Lo avevano fatto proprio utilizzando le rampe, le panchine e i cordoli in ma- niera innovativa e che non era nelle intenzioni di progetto.

Inoltre, arrivando al parco con lo skate, gli adolescenti costruivano la propria geo- grafia delle strade delle città, tracciando itinerari alternativi differenti dai movimenti pedonali o veicolari [Valentine, 2004, p. 74]. La loro successiva esclusione da LOVE Park e dal centro città ha diminuito le loro capacità di sviluppare abilità spaziali e conoscenze geografiche [Katz, 2006, p. 115].