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I BISOGNI DEGLI UTENT

3.3.5 SICUREZZA REALE E PERCEPITA

La sicurezza è un requisito fondamentale perché le persone possano godersi gli spa- zi. È necessario garantire al cittadino, in ogni zona della città, una fruizione degli spazi il più possibile priva di pericoli e la protezione dalle forme di microcriminalità, fortemente influenti sul senso di sicurezza soprattutto negli abitanti più anziani. Le ricerche svolte in ambito internazionale39 segnalano due aspetti come fondamentali

per la sicurezza urbana: la sicurezza personale e quella stradale. Sicurezza personale

Le persone sono sempre più sensibili alla percezione del rischio sociale, inclusi i rischi di crimini e vittimizzazione. Il crimine e la paura del crimine possono influenzare il modo in cui funziona la città, così come l’attrattività e il funzionamento di alcune aree urbane. Quando le persone hanno paura, cambiano il proprio stile di vita e di conseguenza il loro modo di vivere la città. Alcune non escono alla sera, non utilizza- no il trasporto pubblico, evitano i parcheggi sotterranei, non usano gli spazi pubblici (piazze, parchi, ...) e si chiudono in gated communities. I settori della popolazione più vulnerabili sono gli anziani e le donne. La paura di crimini e violenze, soprattutto con- tro le donne, può causare che spazi pubblici apparentemente buoni siano inutilizzati [Franck and Paxson, 1989].

I primi studi sulla relazione tra l’ambiente urbano e la sicurezza furono scritti dalla antropologa Jane Jacobs nel testo “The Death and Life...” [1961]. Jacobs sostiene che, perché lo spazio pubblico sia sicuro senza che si rinunci al contributo indispen- sabile di vitalità, occorre che si verifichino tre condizioni: deve esserci una chiara delimitazione tra spazio pubblico e spazio privato; la strada deve essere guardata (il famoso “occhio sulla strada”, che appartiene tendenzialmente agli abitanti attra- verso le finestre delle case; ai negozianti attraverso le vetrine; ai passanti) perciò la strada deve essere strettamente relazionata agli edifici, attraverso un intenso rap- porto visivo, spaziale e d’uso; la strada deve essere guardata con continuità, senza larghe sacche di tempo nella giornata durante le quali la strada rimane deserta. La sorveglianza naturale è pertanto influenzata direttamente dagli stili di vita: oggi que- sto è un problema. Non c’è più la figura, descritta da Jane Jacobs, della casalinga che guarda fuori dalla finestra e controlla lo spazio pubblico (i fronti residenziali spesso non procurano più sorveglianza naturale); il commercio al dettaglio, funzione decisi- va per l’attivazione della vita pubblica nella strada urbana, è messo a dura prova dai grandi contenitori commerciali. Dall’altra parte, emergono nuove modalità di lavoro

39 Si veda la documentazione elaborata nell’ambito delle iniziative dell’European Forum for Urban Security.

che si possono svolgere anche all’interno dello spazio pubblico, ancora da compren- dere (ad esempio Kimmo Lapintie sta conducendo una ricerca sulla relazione tra nuove forme di lavoro e spazi pubblici).

Dieci anni dopo la pubblicazione del libro, Oscar Newman, Professore di Architettura alla Columbia University, trasformò la visione di sicurezza d Jane Jacobs in strumen- ti pratici per il progetto e la pianificazione40. In Defensible Space: Crime prevention

through urban design [1972] troviamo due supposizioni chiave:

• il concetto di territorialità: le persone difendono il territorio a cui sentono di appartenere41;

• la pianificazione e il progetto degli spazi urbani possono ridurre la criminalità nello spazio.

Alcune caratteristiche fisiche, come essere chiuso o aperto, visibile o nascosto, illu- minato o buio, accessibile o inaccessibile, pubblico o privato, permettono o preven- gono l’opportunità per un atto criminale. Questo nuovo approccio prende il nome di CPtED (Crime Prevention Through Urban Design)42 ed è supportato negli Stati Uniti

da prestigiose istituzioni come il Ministero della Giustizia; tra gli anni Ottanta e No- vanta ha prodotto una serie di interessanti esperimenti in tutto il paese.

Alla fine degli anni Ottanta, il tradizionale approccio CPTED venne largamente ri- visto43: è l’inizio del nuovo approccio “Safe Cities”, che combina i principi base del

CPTED con un più ampio ragionamento sul modo in cui la città funziona e i modi in cui i cittadini utilizzano gli spazi e le attrezzature. L’attenzione non si concentra più su alcune aree specifiche, ma sull’intera città. Oggetto principale sono gli spazi pubblici e il trasporto pubblico, elementi essenziali per la vitalità della città, e particolare at-

40 Altri riferimenti più o meno espliciti assunti da Newman sono le ricerche di Elizabeth Wood ed Edward T. Hall. 41 Senso di appartenenza e identificazione: è dimostrato infatti che le persone tendono a rispettare e protegge- re i luoghi che sentono come propri. Ad esempio: è probabile che un negoziante intervenga in caso di rissa davanti al suo locale, perché considera tale area come il proprio “territorio”, mentre in uno spazio non definito, tra due grandi palazzi, nessuno si sente di intervenire proprio perché viene considerato “terra di nessuno”. Palazzi residen- ziali molto alti e isolati in vaste aree aperte o ripetitivi edifici a stecca creano un ambiente privo di identità, che le persone non percepiscono come proprio. Gli spazi pubblici fuori scala o privi di identità e carattere, o che hanno una scarsa definizione di funzioni e confini, sono percepiti come “terra di nessuno”; tendono quindi ad essere sia poco frequentati che poco curati come manutenzione: tutto questo porta ad una diminuzione del controllo spontaneo e al degrado.

42 Secondo Clare Cooper-Marcus, la CPTED nasce con la pubblicazione di due libri seminali: “Crime prevention through environmental design” di Jeffery C.R. (1971) e “Defensible Space: Crime Prevention Through Urban Design” di Oscar Newman (1973), che rimane il principale animatore di quest’area di ricerca.

43 L’innovazione arriva dalla città di Toronto, Canada, dove è stato condotto un importante esperimento sulla sicurezza urbana.

tenzione è data a donne, bambini, anziani e minoranze.

In Europa l’attenzione per questi temi inizia negli anni Novanta (importante il con- vegno del 1989 “Strategies locales puor la reduction de l’insécurité en Europe”). Nel 2001 la Justice and Home Affairs Council dell’Unione Europea concorda sul fatto che la CPTED è stata dimostrata come utile, effettiva e concreta strategia per prevenire il crimine e il senso di insicurezza. La CEN organizza un gruppo di lavoro sul tema “Pre- vention of Crime by urban planning” e nel 2007 è adottato il Technical Report CEN tR 14383-2. ll Technical Report, che si riferisce alla riqualificazione di aree esistenti, alla redazione di nuovi progetti e alla loro valutazione, si basa su due concetti fonda- mentali:

• la progettazione urbana ha un impatto sulla criminalità e sulla paura della crimi- nalità;

• i criteri di prevenzione della criminalità si devono applicare ai diversi livelli e alle diverse scale della progettazione: la città nel suo insieme, le infrastrutture, il dise- gno urbano, gli spazi pubblici, la gestione.

In particolare, l’allegato D offre un supporto pratico per gli interventi ed esplicita al- cuni “principi fondamentali”. Le indicazioni pratiche relative alla sicurezza riportate nel Manuale “Pianificazione, disegno urbano, gestione degli spazi per la sicurezza”44 si

articolano a diversi livelli (alla scala della pianificazione urbana e a quella del disegno urbano) e riguardano anche la gestione degli spazi.

Alla scala della pianificazione urbana, gli elementi chiave per la prevenzione della criminalità sono accessibilità, densità, mix funzionale, integrazione e vitalità. Le scelte all’interno degli strumenti di piano riguardano pertanto la distribuzione di funzioni ed attività, l’impianto delle infrastrutture, la localizzazione dei distretti commerciali e le loro caratteristiche. I progettisti devono inoltre prestare attenzione a non gene- rare spazi aperti che possano trasformarsi in terre di nessuno, e bisogna pertanto evitare spazi vuoti o fuori scala; ampie aree destinate ad un singolo uso (circolazione, parcheggio, passeggio, etc.); luoghi recintati con pochi accessi e scarsa visibilità dalle strade [European Commission, 2008, pp. 13-23].

Il disegno urbano45 è di fondamentale importanza per la sicurezza e la sensazione di

44 Il Manuale è uno dei risultati dell’Azione SAFEPOLIS co-finanziata dalla Commissione Europea – Direzione- Generale Giustizia, Libertà e Sicurezza (Contratto JLS/2006/AGIS/208)

45 Il disegno urbano, come inteso nella CPTED, si occupa dell’organizzazione degli spazi, dell’impianto degli edifici, dell’uso dei piani terra e dei piani superiori, della struttura di spazi pubblici e aree verdi, del tracciato delle strade, dell’ubicazione delle fermate del trasporto pubblico e delle aree a parcheggio.

Figura 83. Mantova, progetto “Adotta una vetrina” contro il degrado e la spiacevole sensazione data dalle vetri- ne di attività dismesse; le vetrine divengono il supporto per esporre fotografie d’epoca della città @DC. Figura 84. Pisa, murales artistici sui pannelli di recinzione dei cantieri, contro il degrado visivo e la percezione di insicurezza che questi talvolta apportano @DC.

sicurezza dei cittadini. Una buona progettazione può aumentare la fiducia dei citta- dini e può rendere gli spazi pubblici più vivibili; all’opposto, un disegno urbano mal concepito può produrre spazi vuoti, ambienti squallidi, generare paura e attrarre comportamenti incivili e atti criminali46. Applicando i criteri di sicurezza al disegno

urbano, è possibile prevenire o controllare numerosi problemi di sicurezza: il con- trollo spontaneo risulta potenziato dall’uso e dal comfort degli spazi; si promuove il senso di responsabilità; viene migliorata l’azione di controllo delle forze dell’ordine e della vigilanza privata; è possibile organizzare meglio la gestione e la manutenzione degli spazi. Particolari elementi o configurazioni degli spazi pubblici, quali le rampe ai parcheggi sotterranei, le uscite anti-incendio, i cassonetti per l’immondizia, le sotto- stazioni elettriche, le rampe per disabili, se mal progettate, possono creare disturbi che riducono l’attrattività dell’area. Tutti questi elementi devono essere analizzati in dettaglio e inseriti nel progetto prima della sua definizione finale e non aggiunti a po- steriori. Oltre a diminuire l’attrattività (e quindi indirettamente la sicurezza), questi disturbi spesso generano problemi di sicurezza di altro genere: “trappole”, incendi, accumulo di rifiuti ed escrementi, ecc., tutti elementi che aumentano il degrado e il senso di insicurezza [European Commission, 2008, pp. 25-39].

Infine è fondamentale la gestione degli spazi: un luogo gestito bene trasmette un messaggio chiaro di cura e di sicurezza, elementi che insieme agiscono da deterrente rispetto al crimine e rassicurano gli utilizzatori. Una buona gestione riduce, inoltre, il senso di insicurezza intervenendo sulle conseguenze di atti criminali o vandalici. Per garantire la buona conduzione di un luogo, è necessario introdurre criteri di gestione e adottare scelte adeguate fin dalle fasi iniziali della pianificazione e della proget- tazione47. Gestire un luogo in termini di sicurezza significa confrontarsi con cinque

compiti generali: manutenzione dello spazio, controllo dei luoghi, regolamentazione dell’uso, comunicazione con gli utenti e misure appropriate per l’accoglienza di grup- pi vulnerabili. Tutte queste attività richiedono un lavoro di complessa interazione

46 Alcuni spazi vitali ed altamente frequentati ci danno una sensazione di benessere e di distensione; altri li attraversiamo nella totale indifferenza, mentre altri ancora ci respingono, ci danno una sensazione di angoscia e spesso ci trasmettono paura. Sono sensazioni che sperimentiamo tutti i giorni nel nostro uso dello spazio urbano e che influenzano il nostro comportamento. Cerchiamo di evitare gli spazi che riteniamo insicuri e questo di fatto limita la nostra libertà di movimento in città abbassando perciò la qualità della nostra vita.

47 Il modo in cui gli spazi sono progettati e attrezzati ha influenza sulla loro gestione; può renderla più semplice o complessa da attuare. La qualità di un progetto può essere valutata sulla base della sua capacità di facilitare il lavoro dei futuri responsabili della gestione. Ad esempio lo status chiaro delle proprietà e dei confini rende possibile determinare le diverse responsabilità rispetto alla manutenzione: chi si occupa di cosa? Chi interviene dove? Un fattore decisivo è l’accessibilità dei luoghi per i servizi responsabili della manutenzione. Riguarda ad esempio la col- locazione dei locali per la raccolta dei rifiuti domestici, o l’ampiezza delle strade per il passaggio dei mezzi di servizio.

con i portatori di interesse, nel quale un ruolo chiave viene svolto sia dal responsa- bile della gestione, sia da ogni altro soggetto coinvolto, ognuno per la sua parte di responsabilità [European Commission, 2008, pp. 41-53].

Le linee guide proposte dall’Handbook “Planning urban design and management for crime prevention” [European Commission, 2008] si applicano all’ambiente urba- no di città grandi, medie e piccole con un tessuto urbano compatto. Le reti sociali, le caratteristiche fisiche e il clima variano caso per caso ed interagiscono in modo diverso secondo le situazioni; queste devono pertanto essere analizzate in modo approfondito per adattare correttamente le linee guida agli specifici contesti. Allo stesso modo, per ogni singolo contesto e per ogni progetto dovrà essere valutato il delicato rapporto tra sicurezza/controllo e vitalità/imprevedibilità della scena ur- bana. Sarah Gaventa [2006] sulla questione della sicurezza afferma che «non puoi progettare uno spazio che lasci fuori tutte le disgrazie, ma puoi creare uno spazio che ostacola ogni tipo di interazione, e che sarà sicuramente monotono, insipido e non interessante. Non si può pensare che tutti gli spazi siano utilizzati da pesanti donne incinta su una bicicletta che trasportano una sporta di patate, non possiamo trattare gli spazi come bambini passivi, incapaci e stupidi. Il grande numero di persone che usa gli spazi pubblici oggi aiuta a prevenire che diventino raduni attrattivi per droga- ti, spacciatori, bande di giovani ecc. Spazi decaduti e impopolari sono più attraenti per queste persone anti-sociali. I proprietari di cani sono spesso tagliati fuori dallo spazio pubblico, in quanto il cane è visto come un problema. Alcuni spazi sono più dog-friendly in quanto hanno spazi dedicati per i cani. Ma come utenti regolari, con la pioggia o con il sole, dovrebbero essere maggiormente considerati nel progetto. Altri fattori di sicurezza includono una migliore illuminazione e percorsi chiari senza grossi arbusti o posti dove si possano nascondere rapinatori, e la presenza di sor- veglianza. La migliore misura per la sicurezza è uno spazio molto ben usato, dove il numero delle persone che lo usa rende i comportamenti antisociali meno probabili». Recinzioni e barriere

«Il defensible space non ha niente a che fare con l’innalzare recinzioni!» [Newman, 1972, ed. 1996, p. 3]. La recinzione produce tre effetti perversi:

• l’indifferenza verso il problema, una volta che questo è tenuto all’esterno; • la tendenza a delegare la questione sicurezza ad autorità formali esterne; • il progressivo ritiro dalla scena sociale della sua parte sana, l’abbandono dello

spazio pubblico e dunque il decadimento irreversibile della street-life, che con- duce ad un ulteriore aumento della criminalità.

Le barriere sono di due tipi: reali e simboliche; del secondo tipo fanno parte cancelli aperti, insegne leggere, piccole scalinate, piantumazioni, cambi nella pavimentazione. Sicurezza stradale

Il tema della sicurezza stradale è strettamente legato alle politiche per la mobilità lenta e presuppone un approccio teso ad affermare, nell’ambiente urbano, la priorità dell’uomo sulle automobili.

Un importante punto di svolta per la questione del traffico fu la crisi del petrolio inizia- ta nel 1973. Lo stallo dell’espansione dell’automobile permise ai pianificatori di limi- tare lo sconfinamento dell’automobile e riequilibrare il rapporto con gli altri mezzi di trasporto (bicicletta e mezzi di trasporto pubblico). «Quando si ritiene che sia innan- zitutto l’automobilista il legittimo utilizzatore della strada, come accadde in Francia alla fine degli anni ’60, le strade vengono ampliate e si creano corsie di scorrimento veloce. Oppure i centri cittadini possono essere trasformati in spazi pedonali. […] la maggiore coscienza ambientale che si è andata diffondendo tra le popolazioni fa sì che nelle grandi città vengano via via rinegoziati i luoghi destinati rispettivamente agli automobilisti, ai ciclisti e ai pedoni» [Veron, 2008]. Molte città in Europa (Germania e Scandinavia in primis) chiusero i centri delle città alle automobili e realizzarono condi- zioni migliori per i pedoni.

La politica di respingere le automobili e dare alla vita urbana condizioni migliori con- tinua a essere primariamente un fenomeno europeo, ma adesso un interesse si nota anche nelle strategie urbane del Nord e del Sud America, dell’Asia e dell’Australia. Generalmente in queste “visioni urbane” sono concentrate più tematiche: messa in sicurezza del traffico, cambiamenti nel modello del traffico, salute pubblica, riduzione dei consumi, del rumore e dell’inquinamento, rinforzamento della città come arena democratica.

«Le conseguenze del traffico sulla vitalità degli spazi urbani si giocano su molti piani, ma su tre punti in particolare si sofferma Gehl: la sottrazione di persone dallo spazio pubblico48, la capacità inibitoria nei confronti delle attività umane49 e la modificazione

del paesaggio visivo50» [Porta, 2002, p. 85].

48 Lo spostamento in automobile riduce esponenzialmente la presenza umana nello spazio, anzitutto per la velo- cità (da 60 km/h a 6 km/h: ogni persona sarà presente nello spazio dieci volte più a lungo), poi perché se la destinazio- ne è un autorimessa privata, la presenza di quella persona nello spazio pubblico risulta nulla.

49 ad esempio i bambini devono camminare mano nella mano con gli adulti, gli anziani hanno paura ad attraver- sare la strada, ecc.

50 ad esempio il salto di scala nella maglia urbana e nella scena pubblica causate dall’aumento della velocità. Figura 85. Lisbona, indicazioni sulla pista ciclabile

Figura 86. Vico Morcote (CH), segnale allusivo, che fa immediatamente percepire il tipo di pericolo @DC. Figura 87. Chiasso, progetto “Andare a scuola a piedi”. Figura 88. Montegrotto Terme, statue dei bambini in prossimità degli attraversamenti pedonali vicini alle scuole ricordano agli automobilisti di rallentare @DC. Figura 89. Esiti della sperimentazione “Il prezzo della paura”: in Australia i bambini tra 0 e 6 anni non sono quasi mai liberi di camminare liberamente sui marcia- piedi delle strade trafficate, mentre la maggior parte dei bambini non sono tenuti per mano sulle strade pe- donali [Gehl, 1996].

«L’automobile è il più grande divoratore di spazio pubblico e personale che l’uomo abbia creato» [Hall, 1966, ed. 1968, p. 232]: consuma parcheggi, strade e corsie di scorrimento. «Questa situazione comporta altri gravi conseguenze: non solo la gente non ha più voglia di andare a piedi, ma anche quelli che lo desidererebbero non trovano più il posto per camminare. Così, gli uomini non solo si indebolisco- no fisicamente, ma restano separati, tagliati fuori dal prossimo. Andando a piedi, le persone imparano ad incontrarsi, e a conoscersi, se non altro di vista; ma con le automobili questo non è più possibile: lo sporco, il frastuono del traffico, il gas degli scappamenti, lo smog, le lunghe file di macchine parcheggiate hanno reso troppo sgradevoli e fastidiosi gli spazi cittadini. La maggior parte degli esperti, inoltre, con- corda nel ritenere che la mancanza di un esercizio fisico regolare, infiacchendo i mu- scoli e rallentando la circolazione sanguigna, rende l’uomo più facilmente soggetto agli attacchi di cuore» [Hall, 1966, ed. 1968, p. 232].

A partire dagli anni Novanta il tema del trasporto è stato al centro di un grande dibat- tito, relativo principalmente ai pro e ai contro del traffic calming, del trasporto pub- blico e della costruzione delle strade. Sicuramente le strade congestionate e il traf- fico soffocante sono un pericolo per le città, ma dall’altra parte è un pericolo anche osteggiare troppo le automobili (i commercianti richiedono che le loro attività siano facilmente raggiungibili, con più mezzi di trasporto; la vitalità della strada rischia di risentire della separazione netta tra i diversi flussi, ecc.). Infine per quanto sia buono il sistema del trasporto pubblico, ci sarà sempre il bisogno di fare un viaggio in auto- mobile (per motivi lavorativi, per uscire alla sera, per fare la spesa settimanale, ecc.) [Comedia, 1991]. Sicuramente si possono ridurre in molti modi gli spostamenti casa- lavoro in automobile o - come a Copenhagen - organizzare il sistema dei trasporti per “nodi” integrati. Il traffico automobilistico deve essere accettato all’interno della città, ma non bisogna permettergli di dominare o di imporsi. La messa in sicurezza della strada prevede la realizzazione di una serie di interventi diffusi, con particolare attenzione alle aree poste in adiacenza ai servizi pubblici principali ed ai grandi at- trattori di utenza urbana.

«Uno spazio pubblico è tanto più percepito come proprietà territoriale del pedone tanto più bassa è la velocità del traffico automobilistico, indipendentemente dal suo grado di congestione, poiché è la velocità, non la congestione, il fattore determi- nante. Tutto il resto, in fondo, viene di conseguenza: una maggiore aggressività nei Esempio di questo sono l’ingigantimento delle proporzioni delle masse edificate, dei segnali pubblicitari, delle at-