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IL NUOVO REGIME DELLA «LIBERA CIRCOLAZIONE» DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE ED EXTRAGIUDIZIAL

B) La «circolazione» degli effetti esecutivi delle decisioni straniere 1 L’abolizione dell’exequatur e l’equivalenza esecutiva

2. Le formalità e la disciplina del procedimento di esecuzione

Come detto, l’abolizione dell’exequatur operata dall’art. 39 del regolamento Bruxelles I bis esclude la necessità di procurarsi la dichiarazione di esecutività della decisione straniera nello Stato membro, diverso da quello di origine, nell’ambito del quale si intende instaurare il procedimento di esecuzione forzata.

La Refonte ha rinunciato quasi del tutto a prevedere un autonomo ed uniforme procedimento in materia di esecuzione transfrontaliera; infatti, l’art. 41, par. 1, stabilisce che «fatte salve le disposizioni della presente sezione, il procedimento di esecuzione delle

decisioni emesse in un altro Stato membro è disciplinato dalla legge dello Stato membro richiesto». La gestione, dunque, dell’esecuzione transfrontaliera spetta direttamente ed

interamente all’«autorità incaricata dell’esecuzione» dello Stato membro richiesto, autorità da individuarsi sulla scorta delle conferenti norme di diritto processuale civile di tale Stato243. Nello specifico, si ricorre alle regole processuali nazionali solamente quando nulla sia disposto dal regolamento stesso244.

A tale autorità il richiedente deve presentare (a) una copia autentica della decisione e (b) l’attestato245 di cui all’art. 53 del regolamento stesso, compilato dall’organo

giurisdizionale dello Stato membro di origine del provvedimento utilizzando il formulario standard contenuto nell’allegato I al medesimo regolamento. In relazione a quest’ultimo requisito, la dottrina ha evidenziato come il regolamento (UE) n. 1215/2012 contenga degli elementi di «regresso» rispetto al precedente regolamento Bruxelles I, in quanto, mentre il nuovo art. 37 richiede la produzione dei medesimi documenti anche alla parte che voglia ottenere il semplice riconoscimento della decisione, nessun onere di questo tipo era invece

243 Si ricorda che qualora l’esecuzione debba svolgersi in Italia, si applicano le disposizioni del libro III

del codice di procedura civile.

244 Espressione concreta di tale disciplina è data dal terzo comma dello stesso art. 41, il quale, pur

escludendo l’obbligo per la parte che richiede l’esecuzione, di avere un recapito postale o un rappresentante legale nel Paese membro richiesto, fa comunque salva la differente disciplina eventualmente in vigore nell’ordinamento di tale Stato.

245 Si tratta di un modulo che contiene le informazioni principali sulla sentenza straniera e la

presentazione non dovrebbe poter essere dispensata da parte dell’autorità competente per l’esecuzione. Nel nuovo regolamento, infatti, non viene ripresa la vecchia norma (art. 55, par. 1) che consentiva all’autorità compente di accettare un documento equivalente ovvero di disporne la dispensa, nel caso in cui tale autorità avesse ritenuto di essere informato a sufficienza. Con riguardo la nuovo attestato, F.SALERNO, Giurisdizione

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prefigurato nel vecchio regolamento246. Invero, l’adempimento dell’obbligo di cui al punto sub (b) è sancito anche ai fini dell’esecuzione del provvedimento provvisorio o cautelare,

dovendo la parte istante fornire, altresì, la prova che il provvedimento in questione è stato notificato o comunicato al convenuto nei casi in cui la pronuncia sia stata resa in assenza di contraddittorio. Dal relativo attestato deve risultare anche la competenza per il merito, in base al regolamento, del giudice di origine del provvedimento medesimo247.

Sempre l’art. 37, al paragrafo 2, stabilisce che nel caso in cui l’autorità giurisdizionale o l’autorità innanzi alla quale è invocata la decisione emessa in un altro Stato membro può richiedere alla stessa parte che intende avvalersene di fornire la traduzione o traslitterazione del contenuto dell’attestato di cui alla lettera b) del primo paragrafo. Inoltre, se tale autorità non è in grado di procedere in assenza di traduzione, può chiedere – sempre alla parte che vuole avvalersi della decisione straniera – di produrre la traduzione della decisione stessa in sostituzione della traduzione del contenuto dell’attestato.

Quando si intende procedere all’esecuzione della decisione proveniente da un altro Stato membro, l’attestato di cui all’art. 53 deve essere – ai sensi dell’art. 43 e del considerando n. 32 – comunicato ovvero notificato all’esecutato in un «tempo ragionevole

anteriormente alla prima misura di esecuzione». In modo specifico ed articolato, l’art. 43,

par. 1, del regolamento stabilisce che, in caso di richiesta di esecuzione della decisione emessa in un altro Stato membro, l’avente diritto deve notificare o comunicare all’esecutato il suddetto attestato «corredato della decisione qualora questa non sia già

stata notificata o comunicata a detta persona». La notificazione o comunicazione

dell’attestato nello Stato richiesto deve avvenire seguendo la procedura formale, non surrogabile con altre forme di acquisizione della conoscenza del suo contenuto. I termini della notificazione devono essere tali da consentire all’esecutato di valutare l’eventualità dell’opposizione all’esecuzione sul «merito processuale» e preparare, se del caso, la propria difesa.

Fino a che la traduzione (o traslitterazione) non è ricevuta dalla persona che ne ha fatto richiesta ai sensi della predetta disposizione, l’art. 43, par. 2 vieta di disporre alcuna misura di esecuzione nei suoi confronti, ad eccezione delle misure cautelari. È evidente, quindi, che per evitare un utilizzo dilatorio, da parte del debitore, della facoltà di chiedere

246 J. P. BERAUDO, Regards sur le nouveau règlement Bruxelles I sur la competénce judiciaire, la

reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile et commerciale, in Jour. dr. Int., n. 3/2013, p.

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la traduzione della sentenza esecutanda, conviene sempre aver assolto a tale adempimento già al momento della notifica o comunicazione della decisione medesima, se quest’ultima è in una lingua diversa da quelle indicate nell’art. 43, par. 2.

Analoga disposizione non è invece rinvenibile a proposito della traduzione dell’attestato; la ragione di ciò è probabilmente che si tratta di un modulo standard allegato al regolamento con perfetta corrispondenza, nelle diverse versioni linguistiche, delle varie voci in esso indicate.

Nulla è disposto dal regolamento in ordine a eventuali poteri di controllo e/o di verifica da parte dell’autorità giurisdizionale competente per l’esecuzione, circa il rispetto delle suddette formalità.

Secondo quanto si ricava dalla formulazione del modulo allegato sub I al regolamento, dall’attestato devono risultare, tra l’altro: l’esecutività della sentenza, o di parte di essa, nell’ordinamento d’origine e secondo le regole processuali ivi vigenti; le generalità della parte condannata e della parte a favore della quale è stata emessa la sentenza; l’importo principale oggetto della decisione, compresa la valuta ed il metodo di pagamento. In particolare, quindi, sulla base delle informazioni racchiuse nell’attestato deve potersi determinare l’importo del credito azionabile in forza della sentenza esecutanda.

Espletate tali formalità, come detto, l’esecuzione si svolge secondo le norme procedurali previste dall’ordinamento dello Stato di esecuzione. Il rinvio, però, che il regolamento fa in favore della disciplina della lex fori non è assoluto ed incondizionato.

Da un lato, infatti, l’art. 40 del regolamento Bruxelles I bis afferma che la sentenza anche solo provvisoriamente esecutiva nello Stato membro di origine dà diritto ad ottenere, nello Stato membro richiesto, i provvedimenti provvisori e/o cautelari ivi azionabili secondo la legislazione al riguardo rilevante. Dall’altro, in deroga all’art. 41, par. 1, il par. 2 della medesima norma precisa che «i motivi di diniego o di sospensione dell’esecuzione

previsti dalla legge dello Stato membro richiesto si applicano nella misura in cui non sono incompatibili con i motivi di cui all’art. 45» del regolamento. Ciò significa che la

disciplina sull’opposizione all’esecuzione in vigore nell’ordinamento dello Stato richiesto e ivi applicata alle decisioni nazionali opera anche nei confronti delle decisioni straniere provenienti da altri Stati U.E., purchè non restringa la «libertà di circolazione» oltre quanto è consentito sulla base dei motivi di diniego enucleati dal regolamento medesimo. In altri termini, le ragioni di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo contemplate dalla disciplina uniforme convivono con quelle ammesse dalle legislazioni processuali dei

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singoli ordinamenti nazionali ma, in caso di conflitto, sono queste ultime a doversi disapplicare248.

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