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IL NUOVO REGIME DELLA «LIBERA CIRCOLAZIONE» DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE ED EXTRAGIUDIZIAL

B) La «circolazione» degli effetti esecutivi delle decisioni straniere 1 L’abolizione dell’exequatur e l’equivalenza esecutiva

3. Motivi ostativi al riconoscimento ed all’esecuzione delle decision

I motivi di diniego dell’efficacia di accertamento costitutiva/esecutiva della decisione sono individuati nel primo comma dell’art. 45 del reg. 1215/2012 e ricalcano in termini pressoché identici quelli enucleati nel vecchio regolamento. In virtù del combinato disposto di tale articolo e dell’art. 46, gli effetti delle sentenze straniere possono essere disconosciuti allorché (1) il loro riconoscimento sia «manifestamente contrario all’ordine pubblico nello

Stato membro richiesto»249 o se la decisione di cui si tratta (2) «è stata resa in contumacia,

qualora la domanda giudiziale o un atto equivalente non sono stati notificati o comunicati al convenuto in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, questi non abbia impugnato la decisione»250; (3) «è incompatibile con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro

richiesto»251; (4) «è incompatibile con una decisione emessa precedentemente tra le stesse

parti in un altro Stato membro o in un Paese terzo. In una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, sempre che tale decisione soddisfi le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiesto»252; (5) è in contrasto con «le disposizioni del capo II, sezioni 3, 4 e 5 nella misura in cui il contraente dell’assicurazione, l’assicurato, il beneficiario di un contratto di assicurazione, la parte lesa, il consumatore o il lavoratore sia il convenuto»; o «le disposizioni del capo II, sezione 6» 253.

Si deve rilevare che sulla eliminazione dei motivi ostativi si era sviluppato un ampio dibattito in sede di revisione del regolamento n. 44/2001. Malgrado la presa di posizione in favore della loro abolizione da parte della Commissione254, è infine prevalsa la posizione più

248 Nell’ordinamento italiano, l’art. 41, par.2 del Recast è da interpretare nel senso che non osta

all’applicazione, da parte del giudice dell’esecuzione, dell’art. 624 c.p.c., ove i «gravi motivi» che giustificano la sospensione dell’esecuzione siano da ravvisare nella verosimile fondatezza delle doglianze dell’esecutato concernenti, non già la mancanza originaria o sopravvenuta di un titolo esecutivo europeo in senso sostanziale (poiché al riguardo verrebbe in rilievo l’art. 44 della Refonte) ma, piuttosto, l’inesistenza del titolo sostanziale, dovuta ad esempio, al sopravvenuto adempimento dell’obbligazione, ovvero l’effettiva impignorabilità dei beni invece assoggettati ad esecuzione. Per una più ampia disamina, si veda S. M. CARBONE,C.E.TUO, Il nuovo spazio giudiziario europeo, op. cit., p. 339.

249 Art. 45, par. 1, lett. a) e art. 46, regolamento n. 1215/2012. 250 Art. 45, par. 1, lett. b) e art. 46, regolamento n. 1215/2012. 251 Art. 45, par. 1, lett. c) e art. 46, regolamento n. 1215/2012. 252 Art. 45, par. 1, lett. d) e art. 46, regolamento n. 1215/2012. 253 Art. 45, par. 1, lett. e) e art. 46, regolamento n. 1215/2012.

254 In particolare, la Proposta della Commissione, cit., pp. 6 ss., prevedeva l’abolizione dei motivi ostativi

all’esecuzione per tutte le decisioni rientranti nel campo di applicazione del regolamento, ad eccezione di quelle pronunciate nei casi di diffamazione e di ricorso collettivo risarcitorio, senza però far venir meno – sia nello Stato membro di origine che nello Stato richiesto – alcune garanzie procedurali poste a tutela dei diritti del convenuto.

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prudente, specie con riguardo a possibili violazioni di principi fondamentali dei singoli ordinamenti255 e si è mantenuto il seppur limitato controllo sulla «regolarità internazionale»

della sentenza. Tale circostanza, tuttavia, svuota in gran parte di novità la riforma ed il principio della equiparazione delle sentenze da essa ostentato.

Prima di individuare nello specifico il contenuto dei motivi ostativi al riconoscimento ed all’esecuzione e le novità introdotte dal nuovo sistema Bruxelles I bis, è necessario evidenziare che il loro scopo rimane sostanzialmente quello del sistema Bruxelles I, ovverosia di evitare l’«importazione» di un conflitto pratico di giudicati all’interno dello Stato richiesto dell’esecuzione. L’ambito di applicazione di tali motivi – anche con il nuovo regolamento – rimane residuale, considerato che la formazione di decisioni contrastanti nello Spazio giudiziario europeo dovrebbe essere preventivamente evitata, non solo attraverso la generale reciproca fiducia degli Stati ma, nello specifico, attraverso le regole sul coordinamento dell’esercizio della giurisdizione. In particolare nel nuovo sistema – come ci si augura che dimostreranno le applicazioni pratiche dello stesso – dovrebbe rivelarsi residuale anche l’applicazione del motivo ostativo concernente la contrarietà con una decisione proveniente dagli ordinamenti di Paesi terzi, in quanto – come detto – il regolamento n. 1215/2012 per la prima volta contiene una regola uniforme finalizzata a disciplinare proprio la litispendenza con procedimenti pendenti in questi ultimi Stati.

Invero, il perdurante rilievo che anche nel nuovo sistema viene attribuito ai motivi ostativi va valutato alla luce del nuovo contesto giuridico in cui oggi si collocano e, per i motivi indicati in overture, alla luce della giurisprudenza comunitaria256 maturata nell’ambito del sistema Bruxelles I.

La certificazione con cui l’autorità giudiziaria di origine correda valore e contenuto del titolo straniero non sopprime i controlli che il giudice dello Stato richiesto può essere chiamato a svolgere per verificare il c.d. merito processuale, vale a dire le condizioni ostative all’efficacia della decisione straniera pronunciata in un altro Stato membro.

Il mantenimento dei motivi ostativi e la loro sostanziale coincidenza con quelli contemplati dalla versione previgente della disciplina in esame sono espressione del favor

executionis cui tale regime si ispira, imponendo di accordare a detti motivi di un rilievo

255 Sul dibattito generato dalla possibile eliminazione dei motivi ostativi ed in particolare del controllo

sull’ordine pubblico, si veda P. SCHLOSSER, The Abolition of Exequatur Proceedings – Including Public

Policy Review?, in Iprax, 2010, pp. 102, ss.; G.BIAGIONI, L’abolizione dei motivi ostativi al riconoscimento

e all’esecuzione, op. cit., pp. 971 ss.; O.FERACI, L’abolizione dell’exequatur nella proposta di revisione del

regolamento n. 44/2001, op. cit., pp. 832 ss.

256 Sulla possibilità di trasposizione della disciplina convenzionale al reg. CE n. 44/2001 e che può, in

linea generale, essere a sua volta trasposta al regolamento Bruxelles I bis, si veda per tutte: Corte di Giustizia, sentenza del 23 aprile 2009, causa C-167/08, Draka NK Cables Ltd. e altri c. Omnipol Ltd.

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eccezionale, trattandosi per l’appunto di deroghe alla piena e completa «libertà di circolazione» dei prodotti giudiziari che il regolamento mira ad affermare all’interno dell’Unione europea257. L’elenco dei motivi in questione deve, pertanto, di interpretarsi

restrittivamente e di considerarsi esaustivo258, come tale non suscettibile di applicazione analogica259.

L’abolizione dell’exequatur, come detto, ha comportato uno spostamento in avanti dell’eventuale giudizio di accertamento dei motivi ostativi, implicando che, almeno nei casi in cui il giudizio sia di opposizione a tale riconoscimento, l’onere di introdurlo o di provare la sussistenza di uno o più dei motivi di cui all’art. 45 gravi sulla parte risultata soccombente nel procedimento di origine.

È appena il caso di ricordare che tutto ciò non incide sulla esclusione – già operata dal sistema previgente – del potere del giudice richiesto dell’accertamento di verificare d’ufficio la sussistenza dei motivi di diniego. All’autorità giurisdizionale investita del procedimento ex artt. 46 e ss. della Refonte –come al giudice dell’exequatur ex artt. 38 e ss. del regolamento n. 44/2001 – è, in altri termini, precluso di rilevare d’ufficio la presenza di uno o più dei motivi ostativi prefigurati dall’art. 45 del regolamento n. 1215/2012. Ciò perché – ai sensi di entrambi i regolamenti – la presenza di eventuali impedimenti alla «circolazione» delle sentenze è rimessa al controllo giudiziale su istanza della parte avente legittimazione al riguardo.

Prima, però, di effettuare qualsivoglia valutazione sul merito processuale della decisione straniera va verificato se sia dovuta nel caso concreto l’applicazione della disciplina regolamentare uniforme. Pertanto, bisogna innanzitutto accertare se la decisione straniera pronunciata in un altro Stato membro rientri nel campo di applicazione materiale del regolamento n. 1215/2012. La verifica va svolta dall’autorità dello Stato richiesto in autonomia da quanto stabilito nell’ordinamento di origine delle decisione.

Ne consegue che la riconoscibilità o eseguibilità ai sensi della normativa in esame del provvedimento straniero dovrà essere negata (in tutto o in parte) qualora esso risulti estraneo alla materia civile e commerciale limitatamente alla quale detta normativa trova applicazione.

257 Corte di giustizia, sentenza del 16 luglio 2015, causa C-681/13, Diageo Brands BV c. Simiramida-04

EOOD, par. 41.

258 Corte di giustizia, sentenza del 13 ottobre 2011, causa C-157/10, Prism Investments BV c. Jaap Anne

van der Meer, par. 33.

259 Corte di giustizia, sentenza del 26 settembre 2013, causa C-157/12, Salzgitter Mannesmann Handel

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Tale tipologia di controllo, così come per la disciplina previgente, avrà ad oggetto la valutazione e le qualificazioni delle circostanze utilizzate dal giudice dell’ordinamento di origine al fine di determinare se la sua decisione riguardi o meno una materia civile e commerciale ricompresa nella sfera di operatività della normativa in esame260.

È, peraltro, necessario ricordare che – essendo il sistema in esame fondato sul principio della reciproca fiducia nella giustizia tra gli Stati membri – il regime del riconoscimento, per come strutturato dal regolamento, impone che a statuire sul merito delle controversie rientranti nel suo alveo applicativo siano esclusivamente i giudici dello Stato dove dette controversie sono instaurate, con conseguente preclusione, per i giudici di ogni altro Stato membro, di rivederne o riesaminarne le statuizioni di merito. In questa logica si spiega sia il potere del giudice dello Stato richiesto di sospendere il giudizio di accertamento dei motivi di diniego del riconoscimento (ex art. 51), sia l’impossibilità che, attraverso l’impiego di tali motivi, sia messo in discussione, nel merito, l’esito della controversia decisa nello Stato membro di origine261.

Soltanto nei casi di controversie relative a contratti conclusi dalle c.d. parti deboli oppure riconducibili alla competenza esclusiva (assolutamente inderogabile) dei fori di cui all’art. 24 del nuovo regolamento, l’art. 45 ammette l’eccezionale possibilità di controllare la competenza del giudice da cui proviene la sentenza straniera, seppure con limiti e condizioni assai restrittivi.

Il regolamento precisa che la violazione delle suddette regole protettive in tanto rileva quale ragione ostativa del riconoscimento del giudicato estero, in quanto il relativo procedimento di origine abbia visto quale parte convenuta, a seconda dei casi, il consumatore o l’assicurato, ovvero il lavoratore. Se tali soggetti assumono, invece la veste processuale di attori, l’eventuale violazione di tali regole protettive non rileva.

3.1. (segue) Il «manifesto contrasto» con l’ordine pubblico sostanziale e processuale

Com’è noto, la prima causa ostativa alla «circolazione» delle decisioni è dettata dalla lett. a), primo paragrafo dell’art. 45, che stabilisce che la decisione straniera non deve contenere disposizioni che producano «effetti contrari all’ordine pubblico»262.

260 Sul punto, si veda la sentenza flyLAL-Lithuanian Airlines AS, cit., in particolare i parr. da 23 a 38. 261 Sentenza Salzgitter Mannesmann Handel GmbH, cit., parr. da 31 a 38.

262 Com’è noto l’ordine pubblico è un concetto elastico che muta nel tempo, con la sensibilità del giudice

ed è differente da Paese a Paese. Esso coincide con il complesso dei principi fondamentali che caratterizzano una comunità nazionale in un determinato momento storico.

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Il riconoscimento e l’esecuzione sono, dunque, negati se manifestamente contrari all’ordine pubblico. Il riferimento espresso alla manifesta contrarietà263 all’ordine pubblico

è stato introdotto nel regolamento n. 44/2001 e mantenuto nel regolamento Bruxelles I bis, proprio a richiamare l’attenzione dell’interprete sull’eccezionalità del ricorso a tale limite264.

Ai sensi della citata lett. a) rileva l’ordine pubblico dello Stato membro richiesto265. Affinché si possa parlare di violazione dell’ordre public è necessario che la decisione straniera produca effetti che siano in contrasto con una norma o un principio fondamentale dell’ordinamento dello Stato richiesto266, di talchè nessun rilievo assume la mera differenza

esistente tra i vari regimi giuridici, né una diversa valutazione che il giudice dello Stato richiesto avrebbe fatto di quella norma.

In linea generale, la nozione di ordine pubblico dipende dai principi informatori dell’ordinamento dello Stato in cui devono essere riconosciuti gli effetti della sentenza straniera, estesi anche a quelli dell’ordinamento comunitario e della CEDU; essa non è predeterminata in modo statico e immutabile ed è destinata a variare nel tempo in funzione dell’evoluzione delle concezioni economico-sociali proprie di tale ordinamento. Pertanto, la contrarietà della sentenza straniera all’ordine pubblico deve essere verificata al momento in cui viene richiesto il riconoscimento dei suoi effetti.

Al fine di stabilire quali siano i principi qualificabili come ordine pubblico e le condizioni alle quali è ammissibile farvi ricorso nel contesto della disciplina in esame, è necessario considerare la giurisprudenza evolutiva della Corte di giustizia già sotto la vigenza prima della Convenzione di Bruxelles del 1968 e poi del regolamento n. 44/2001, giurisprudenza che – data la sostanziale identità dei termini in cui la clausola è riprodotta nel Recast – è da intendersi ad esso interamente trasponibile267. A tal proposito, un primo

263 La Corte di Giustizia si è pronunciata sul carattere della manifesta contrarietà già prima dell’entrata in

vigore del regolamento Bruxelles I. In tal senso si vedano: Corte di Giustizia, sentenza del 11 maggio 2000, causa C-38/98, Régie nationale des usines Renault SA c. Mexicar SpA e Orazio Formento, in essa la Corte ha stabilito che «la lesione dell’ordine pubblico dovrebbe costituire una violazione manifesta di una regola di

diritto considerata essenziale nell’ordinamento giuridico dello Stato richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento giuridico»; Corte di Giustizia, sentenza del 28 marzo 2000,

causa C- 7/98, Krombach, cit.; Corte di Giustizia, sentenza del 10 ottobre 1996, causa C-78/95, Bernardus

Hendrikmn e Maria Feyen c. Magenta Druck & Verlag GmbH.

264 O.FERACI, L’ordine pubblico nel diritto dell’Unione europea, op. cit., pagg. 203 ss.

265 Esso è da rinvenirsi sia nei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato richiesto la cui

applicazione sia ritenuta imperativa ed irrinunciabile, sia nei principi e nelle regole internazionali recepite da detto ordinamento giuridico.

266 Si leggano: Corte di Giustizia, sentenza del 28 novembre 2000, causa C-7/98, Dieter Krombach, cit.;

Cass. Civ., sentenza 6 dicembre 2012, n. 17349.

267 In generale sulla compatibilità della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’interpretazione

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criterio guida nell’interpretazione di siffatto limite è quello dell’«interpretazione restrittiva»268.

Se l’ordine pubblico rappresenta l’estrema difesa che un ordinamento nazionale può attivare per impedire l’ingresso di valori e principi insanabilmente contrastanti con quelli che presiedono all’armonia ed alla coerenza interna, di tale limite dovrà certamente farsi un impiego il più possibile eccezionale, e comunque circoscritto ai casi in cui non siano invocabili gli altri motivi ostativi ammessi dal regolamento269.

L’accertamento della violazione dell’ordine pubblico presuppone, infatti, una precisa analisi del sistema processuale dell’ordinamento di origine e deve trattarsi di un contrasto grave che mette in discussione i principi dell’ordine pubblico internazionale di cui l’ordinamento dello Stato richiesto non può tollerare alcuna lesione. Pertanto, il ricorso a tale motivo ostativo risulta possibile solo nel caso in cui «il riconoscimento o

l’esecuzione della decisione pronunciata in altro Stato contraente contrasta in modo inaccettabile con l’ordinamento giuridico dello Stato richiesto, in quanto lesiva di un principio fondamentale»270.

È proprio dall’affermazione del carattere necessariamente restrittivo dell’interpretazione da dare a tale limite che possono ricavarsi alcuni ulteriori corollari per il suo funzionamento. Innanzitutto, in linea con quanto affermato dalla Corte di giustizia nell’ormai celeberrimo caso Hoffmann il limite in questione può svolgere soltanto un ruolo residuale rispetto alle altre ragioni impeditive del riconoscimento o dell’esecuzione indicate dal regolamento (nel caso, chiaramente il riferimento era alla Convenzione)271. Ciò significa, quindi, che la possibilità di invocare l’ordine pubblico è preclusa nel caso in cui si intendano far valere motivi di rifiuto enucleati in altre norme del regolamento, di cui però non ricorrano i presupposti applicativi.

Dalla giurisprudenza della Corte risulta che essa, oltre ad essersi riservata il potere esclusivo di stabilire i limiti entro i quali i giudici nazionali sono abilitati ad invocare

vedano le conclusioni dell’Avv. Gen. Kokott del 26 aprile 2012, causa C-619/10, Trade Agency Ltd c.

Seramico Investments Ltd, sentenza del 6 settembre 2012, par. 71.

268 Valga per tutti il riferimento alla sentenza Meletis Apostolides, cit., in particolare al par. 36, in cui la

Corte ha escluso l’operatività dell’ordine pubblico quando la parte che lo invoca omette di dare specifica indicazione del valore fondante dell’ordinamento dello Stato richiesto che, nel caso di specie, sarebbe stato violato se gli effetti della decisione straniera fossero riconosciuti e/o eseguiti nel foro.

269 Il riferimento è alla sentenza Hoffmann, cit., par. 21; sentenza Hendrikmann, cit., par. 23. In dottrina,

O.FERACI, L’ordine pubblico nel diritto dell’Unione europea, cit., pp. 203 ss.

270 Ancora in tal senso si legga, Corte di Giustizia, sentenza dell’11 maggio 2000, causa C-38/98, Régie

nationale des usines Renault SA c. Maxicar SpA e Orazio Formento, par. 33; nonché Relazione Jenard sulla

Convenzione di Bruxelles del 1968, in particolare pp. 42-44.

271 Sentenza Hoffmann, cit., par. 21; nello stesso senso si veda, Corte di giustizia, sentenza del 10 ottobre

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l’ordine pubblico quale motivo ostativo all’ingresso, nel proprio ordinamento, degli effetti prodotti da decisioni giudiziarie provenienti da altri Stati membri, ha altresì via via consolidato un nucleo portante di principi – di natura non solo sostanziale ma anche procedurale – di ordine pubblico «comunitario» che, come tali, impongono al giudice nazionale di rifiutare il riconoscimento della decisione straniera i cui effetti si dimostrino con essi irrimediabilmente contrastanti272.

La Corte di giustizia, ai fini dell’applicabilità del limite dell’ordine pubblico, ha evidenziato la necessità di una ulteriore condizione, ovverosia il previo esaurimento dei mezzi di ricorso esperibili nello Stato membro di origine, al fine di impedire, a monte, una violazione dell’ordine pubblico273. Ciò significa che la clausola dell’ordine pubblico non è

applicabile se la parte che intende avvalersene, pur legittimata a presentare un ricorso nello Stato di origine per la violazione dei diritti tutelati da tale clausola, abbia lasciato colpevolmente scadere il termine di impugnazione, scegliendo di far valere la corrispondente difesa soltanto in sede di riconoscimento della sentenza straniera.

La stessa Corte prescrive che l’incompatibilità degli effetti del riconoscimento e dell’esecuzione della decisione straniera con l’ordine pubblico interno dello Stato richiesto deve presentare un certo livello di gravità, il quale va apprezzato anche in ragione del grado di prossimità tra la fattispecie riguardata dalla decisione straniera e l’ordinamento del foro; quanto maggiore è il collegamento della lite con lo Stato membro richiesto del riconoscimento, tanto più giustificato ed intenso sarà il controllo di compatibilità da parte del giudice ivi situato274.

Quanto ai contenuti della clausola dell’ordine pubblico, si distingue tra «ordine pubblico c.d. sostanziale» ed «ordine pubblico c.d. processuale».

Com’è noto, nell’ambito della nozione «sostanziale» di ordine pubblico, sia in dottrina che in giurisprudenza, da sempre si è affermato che spetta al giudice nazionale investito del riconoscimento della sentenza straniera definire, sulla base di quanto previsto nel proprio ordinamento, il contenuto di siffatta clausola. Valga per tutti quanto affermato dalla Corte di giustizia nel caso Dieter Krombach, ove essa, pronunciandosi proprio a riguardo del contenuto del limite dell’ordine pubblico prefigurato dalla disciplina del regolamento Bruxelles I, ha offerto un interessante chiarimento circa l’effettiva ampiezza della valutazione che il giudice nazionale è abilitato a compiere al fine di rilevare i principi

272 Il riferimento è in particolare alla sentenza Régie nationale des usines Renault SA, cit., parr. 31-33. 273 Da ultimo, Corte di giustizia, sentenza Diageo Brands BV, cit., par. 64. Si veda anche, sentenza Régie

nationale des usines Renault SA, cit., par. 33.

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di ordine pubblico del foro suscettibili di impedire l’ingresso dei «prodotti giudiziari» provenienti da altri Stati dell’Unione europea. Gli Stati membri restano, tuttavia, liberi di determinare le «esigenze del loro ordine pubblico» ma siffatta libertà deve essere esercitata entro i «limiti consentiti dall’ordinamento dell’Unione europea», di talchè, spetta alla Corte fissare le condizioni alle quali i giudici nazionali possono ricorrere a tale nozione per negare l’accesso, nel proprio ordinamento, a una decisione straniera sulla base dell’art. 45, par. 1, lett. a) del regolamento in esame275.

Sulla base di tali premesse, la Corte ha affermato che il ricorso alla clausola dell’ordine pubblico è ammissibile «solo ove il riconoscimento della decisione pronunciata

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