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Capitolo 2 – I drivers del work engagement

2.4 Formazione e Sviluppo

Come appena anticipato, le possibilità di crescita professionale e personale costituiscono uno dei driver cruciali dell’engagement. Questo non deve sorprendere in quanto, la dimensione dello sviluppo occupa un posto di rilievo nella maggior parte delle teorie motivazionali, rispondendo direttamente ai bisogni umani più elevati, quelli di stima, autostima e di autorealizzazione. D’altra parte, è facile intuire come il tema della crescita sia strettamente connesso all’ampliamento della sfera della competenza. In tal senso, la più recente Teoria dell’auto-determinazione (Self- Determination Theory – SDT), elaborata da Deci e Ryan (2000), ha dimostrato che gli ambienti sociali promuovono motivazione intrinseca quando soddisfano tre bisogni psicologici innati: oltre

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ai bisogni di autonomia e relazionalità (sui quali torneremo più avanti), il bisogno di competenza, cioè di sviluppare ed esercitare abilità che consentano di manipolare e controllare il proprio ambiente. Il collegamento appare evidente, dal momento che la crescita suppone un ampliamento della competenza e questa stessa possibilità genera a sua volta motivazione intrinseca ed engagement.

Dunque, le caratteristiche fondamentali, comunemente attribuite al concetto di competenza, sono: l’essere in rapporto diretto con l’attivazione di comportamenti e azioni che conducono a prestazioni di elevato livello; la dinamicità, cioè la possibilità di apprendimento e sviluppo mediante l’esperienza; la multidimensionalità, in quanto la competenza è riconducibile ad un insieme articolato di fattori (Laudadio, Mancuso, 2015). Difatti, in merito all’ultimo punto, si distinguono tradizionalmente: la conoscenza che riguarda il sapere dell’individuo in termini di informazioni e concetti acquisiti nel corso dell’esperienza, tramite lo studio o la professione; le capacità e le abilità che consistono nell’applicazione pratica delle conoscenze possedute e quindi riguardano il saper fare dell’individuo; infine le doti personali, cioè le caratteristiche peculiari, le attitudini comportamentali e motivazionali, i talenti e il potenziale dell’individuo che costituiscono il suo saper essere.

Chiaramente il contributo dei sistemi di HRM all’ampliamento delle competenze si concretizza nella progettazione e realizzazione degli interventi di formazione e sviluppo. In una prospettiva “centrata sull’organizzazione” lo scopo prioritario di tali interventi è rappresentato dall’allineamento delle competenze individuali con gli obiettivi e la strategia aziendale; in altri termini le competenze devono essere costantemente sviluppate in modo da sostenere il successo competitivo dell’organizzazione nel lungo periodo. Allo stesso tempo, però, gli interventi di formazione e sviluppo possono influenzare profondamente l’engagement dei lavoratori nella misura in cui riescono a generare un sentimento positivo di valorizzazione, ovvero la sensazione, nei dipendenti, che l’azienda ha una visione a lungo termine del loro valore (Robinson et al., 2004) e che intende coltivarlo. Tuttavia perché ciò accada è necessario che gli interventi di formazione e sviluppo siano diretti al raggiungimento di obiettivi non solo aziendali (produttività, qualità, efficienza, ecc.) ma anche individuali, e che quindi vertano non solo sulle dimensioni del sapere e saper fare, ma soprattutto sul saper essere. In tal senso, Schaufeli e Salanova (2008) sottolineano che le azioni di formazione e sviluppo devono porsi l’obiettivo di migliorare i comportamenti rilevanti per la performance individuale, intervenendo attivamente sugli atteggiamenti, le credenze e i valori. L’esempio classico riportato dagli autori riguarda le convinzioni di auto-efficacia: gli studi dimostrano che i lavoratori convinti di poter svolgere con successo le proprie attività lavorative entrano in una spirale di guadagno in cui l’auto-efficacia rafforza l’engagement, e

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viceversa. Ma lo stesso potrebbe dirsi per l’autostima, la proattività, la resilienza, la flessibilità, l’assertività, il locus of control interno: sono tutte risorse personali che concorrono al saper essere dell’individuo e che hanno un impatto notevole sui suoi risultati di performance, esattamente come le conoscenze e le capacità pratiche.

Altro ingrediente fondamentale degli interventi di formazione e sviluppo, soprattutto nella prospettiva di un incremento dell’engagement, è il focus sui punti di forza della persona. Difatti, come insegna la Psicologia Positiva, “la chiave dello sviluppo umano è costruire su quello che già

siamo e possediamo” (Laudadio, Mancuso, 2015, p. 93), il che implica un’attenzione particolare

nell’aiutare l’individuo a scoprire e sviluppare il potenziale posseduto e nel trasferirgli strumenti e strategie che gli consentano di mettere in pratica i suoi talenti in più ambiti possibili. Più avanti entreremo nel merito di come tutto ciò sia possibile; per il momento ci limitiamo ad una semplice osservazione: valorizzare le persone attraverso la formazione significa investire sullo sviluppo delle loro conoscenze e capacità, ma anche delle loro risorse personali e dei loro talenti; ciò richiede un impegno costante, quotidiano, da parte di tutti coloro che hanno la responsabilità di gestire le persone all’interno dell’organizzazione, in primis gli operatori HR e i manager di linea. Da questo punto di vista, i risultati dell’indagine Cranet, se da un lato evidenziano significativi miglioramenti, dall’altro lato indicano che ancora molto può essere fatto. Ad esempio uno dei segnali positivi è rappresentato dall’incremento dell’investimento in formazione, soprattutto da parte delle aziende del settore privato: nel 2009 il 59% delle stesse investiva una percentuale uguale o inferiore all’1% del costo retributivo annuo; nel 2015 è risultato che il 63% delle aziende private investe oltre l’1% del costo retributivo annuo, mentre un ulteriore 23% di aziende ha dichiarato di investire oltre il 3%. Tuttavia questo incremento riguarda principalmente le aziende in crescita e questo suggerisce che la formazione è ancora concepita come una pratica legata “ai tempi buoni”, alla quale in “tempi di magra” si può tranquillamente rinunciare.

Altro segnale positivo, invece, è dato dall’aumento del numero medio di giorni di formazione annuali, soprattutto per quanto riguarda i ruoli esecutivi (impiegati e operai). Si è passati infatti dalla media di 3,6 giorni del 2009, a una media di 5 giorni nel 2015, assai più vicina al dato rilevato per le categorie di manager e professional (rispettivamente 5,1 e 5,3 giornate medie all’anno). Questo è sicuramente un bene perché dimostra che la formazione si sta finalmente diffondendo a tutti i livelli gerarchici. Tuttavia, pur volendo prescindere dai contenuti erogati11, quello che ci

chiediamo è se davvero una media che ruota intorno ai 5 giorni di formazione l’anno, sia sufficiente

11 L’indagine Cranet non prende in considerazione i contenuti della formazione erogata per cui non sappiamo se effettivamente tale formazione verta su tutte e tre le dimensioni della competenza (sapere, saper fare e saper essere) come necessario ai fini dell’engagement.

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per suscitare nei dipendenti quel sentimento di valorizzazione che facilita l’engagement. La nostra risposta è senza dubbio negativa, ma proprio per questo è necessario che lo sviluppo integrale dei lavoratori sia coerentemente perseguito al livello organizzativo (macro), attraverso la progettazione di interventi ad hoc da parte degli operatori HR, e al livello operativo (micro), attraverso l’azione quotidiana dei manager responsabili. Anche da questo punto di vista, però, i risultati dell’indagine non sono propriamente incoraggianti in quanto le pratiche di apprendimento e sviluppo restano collegate principalmente al job (formazione on the job, progetti di gruppo, job rotation, incarichi speciali, ecc.) invece di puntare sulle persone e le relazioni (coaching, mentoring, networking). Dunque, se l’apprendimento e lo sviluppo, rappresentano il territorio privilegiato su cui si gioca la partita dell’engagement, è chiaro che proprio su questo campo la partnership tra direzioni HR e management di linea deve mostrarsi ancora più solida e determinata nel fornire quotidiane occasioni di crescita, avvalendosi di qualunque risorsa a disposizione.